SE iL DESTINO E' CONTRO DI ME... PEGGIO PER LUI

A volte ci si dimentica che esiste ancora la squola ........

Alla stampa e alle forze di polizia si sono presentati come vittime, dicendo di essere stati aggrediti dai fascisti. Ma poi, dalle loro stesse ricostruzioni, emerge una realtà diversa. Al liceo Tenca di Milano i collettivi hanno riproposto contro il Blocco studentesco uno schema rodato, anche se ormai anche piuttosto usurato: sfoderare i metodi violenti dell’antifascismo e poi lamentarsi di aver avuto la peggio.

«Questa mattina diversi studenti milanesi, tra cui un militante dell’UdS, sono rimasti feriti durante un’aggressione fascista davanti al liceo Tenca», si legge nel comunicato dell’Unione degli studenti, con cui è stata denunciata la presunta aggressione, ma nel quale si legge anche che «i fascisti hanno distribuito volantini e tentato di appendere uno striscione prontamente staccato da una ragazza del collettivo». Dunque, la stessa Uds ammette che la scintilla è stata accesa dai collettivi, da parte dei quali, nell’ipotesi di minima, c’è stata una provocazione in piena regola (perfino rivendicata nel comunicato) e, nell’ipotesi più grave, un’aggressione vera e propria, come per altro riferito nella ricostruzione dei militanti del Blocco studentesco, che nella scuola hanno diversi interni. «Alla netta opposizione dei ragazzi del Blocco studentesco (al tentativo dei collettivi si strappare lo striscione, ndr), è seguita un’aggressione da parte di questi individui che si definiscono democratici ma, allo stesso tempo, cercano in tutti i modi di limitare le attività di chi non la pensa come loro».

Poteva finire così, con una scaramuccia tra studenti in cui ognuno, chi a torto chi a ragione, difendeva le proprie posizioni. Invece, i collettivi sono voluti andare oltre, con una sorta di “maestra, li vedi quelli” rivolto al preside. Dopo l’incidente fuori dall’istituto, sono andati dal dirigente scolastico a chiedere una presa di distanza. Di fronte al rifiuto e al rimbrotto per aver voluto impedire ad altri di esprimere le proprie idee, queste perenni “vittime” hanno deciso di inscenare un corteo interno alla scuola e minacciare di fatto il preside, come un loro rappresentante ha per altro candidamente ammesso nel corso di una telefonata sulla radio di riferimento, Radio onda d’urto. A quel punto, il preside ha emanato una circolare di condanna contro il Blocco studentesco, poi sbandierata dai collettivi come un atto dovuto. Piccolo dettaglio: lo striscione al centro della contesa era contro le politiche del governo Renzi, di cui evidentemente, al di là dei proclami buoni per agitare la piazza, i collettivi amano farsi gendarmi. Ovviamente sempre in nome della religione dell’antifascismo, che tanto tutto giustifica e assolve.
 
Roma, i due clandestini che tentano di disarmare i militari al grido di «Allah è grande»

Non è stato facile immobilizzarli: i due infatti, nel tentativo di sottrarsi all’arresto, hanno cercato di coinvolgere e far intervenire in loro aiuto, altri stranieri presenti nelle vicinanze della Basilica. Ma gli altri extracomunitari li hanno ignorati. Il tunisino e il palestinese hanno inveito anche contro i poliziotti intervenuti sul posto, sia con minacce verbali che fisiche. Un atteggiamento che hanno reiterato anche negli uffici del commissariato Viminale, proferendo frasi contro le forze dell’ordine, l’Europa e il Papa. Poi è scattato l’arresto per resistenza e minacce a pubblico ufficiale e istigazione a delinquere con finalità di terrorismo. I due sono stati raggiunti anche da un nuovo decreto di espulsione. Dalle verifiche effettuate dagli investigatori, è emerso che i due stranieri, destinatari di diversi provvedimenti di espulsione, non avevano mai ottemperato a tale ordine. Ora si trovano nel Cie di Bari in attesa di essere rimpatriati, ma si indaga sul loro comportamento per capire se dietro a quanto accaduto ci sia anche il coinvolgimento di altre persone. Il presidio di militari a Santa Maria Maggiore è stato predisposto nell’ambito dei servizi di sicurezza previsti per tutta la durata del Giubileo. In tutto vengono presidiati circa 150 siti sensibili e vengono impiegati 2.250 uomini delle forze armate che supportano il lavoro delle forze dell’ordine
 
:D democrazia :D

Lorenzo Andraghetti, che ha osato sfidare Max Bugani proponendo a Bologna le primarie M5S, è stato espulso dal Movimento 5 stelle:
Lo dicevo ieri in un video: “Bugani elimina ed eliminerà quelli che lo criticano”. Detto fatto. Bugani ha dato l’ordine. Casaleggio ha eseguito. Mi è arrivata la mail dallo “Staff”. Sono stato espulso.
 
Il Movimento 5 Stelle non si è lasciato sfuggire nemmeno l’occasione della morte del faccendiere più famoso d’Italia per rivolgere accuse pesanti agli avversari politici.

Protagonista dell’ultimo messaggio è stato il deputato grillino Giuseppe L’Abbate, che su Twitter ha postato un’immagine di Gelli e Renzi accompagnate da un messaggio inequivocabile: «#LicioGelli è morto in pace, sa di aver trovato un degno erede».
 

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Fa piacere leggere queste informazioni......

«Mai dire a una persona estranea alla famiglia quello che c'hai nella testa» diceva Don Vito Corleone ne Il Padrino. Figuriamoci poi se le famiglie sono tre. O anche di più. Intorno a Matteo Renzi, infatti, ruota una famiglia, per così dire, allargata che dalla sperduta provincetta toscana arriva a ricoprire i ruoli chiave del governo. Ciascuno di questi personaggi che fino a ieri erano grigi funzionari o professionisti, con una carriera fulminea hanno iniziato a ricoprire incarichi importanti, nomine prestigiose, partecipazioni eccellenti che rimandano sempre allo statista di Rignano sull'Arno.

C'è naturalmente la sua famiglia naturale, quella dell'amico fraterno e sponsor Marco Carrai e quella dei fedelissimi dell'ormai famigerato Giglio magico. Ognuno di loro poi, porta con sé mariti, fidanzate, fratelli, cognati. Un albero genealogico molto ramificato che inizia a crescere in sconosciuti luoghi della Toscana rurale per attecchire nei palazzi del potere. È la storia di tre ragazzi di paese, Matteo, Luca e Maria Elena che dalle rispettive parrocchie si sono ritrovati insieme al governo del Paese e le loro famiglie, chissà perché, intrecciate in interessi e affari più o meno trasparenti. Che sia Rignano sull'Arno (8.700 abitanti), Montelupo Fiorentino (14mila) o Laterina (3.500) il risultato non cambia. I tre babbi, che si ritrovano oggi con tre figli al governo si differenziano solo per l'aspetto fisico. Le caratteristiche di fondo non cambiano, tant'è che le loro vite si sono inevitabilmente incrociate.
 
La famiglia di Renzi è cristiana e numerosa. Il papà Tiziano (64 anni, coetaneo di Bersani) e la madre Laura Bovoli (65 anni), nata a Massa da padre romagnolo, dirigente dell'Enel, entrambi capi scout, hanno quattro figli (Matteo è il secondo) e nove nipoti. C'è Samuele, terzogenito, laureato in Medicina a Firenze che vive in Svizzera e fa il pediatra. Matilde, la minore (31 anni), l'unica che abita vicino ai suoi. Benedetta (43 anni), la maggiore, residente a Castenaso, comune dell'hinterland bolognese, laureata in Scienze politiche alla «Cesare Alfieri», indicata come assessore alla Scuola. Il sindaco renziano ha garantito che la scelta «non è dipesa dal cognome che porta». Le sorelle e la mamma sostengono la carriera politica di Matteo, ma quella che forse lo appoggia di più è nonna Maria Bovoli, 95 anni, che ha sempre votato il nipotino alle primarie. Matilde e Benedetta detengono anche il 36% ciascuna dell'azienda di marketing di famiglia la Eventi6 Srl e la madre l'8%. Andrea Conticini (34 anni), bolognese, laureato in teologia, marito di Matilde è agente di commercio sia per la Eventi6, sia per la Dotmedia Srl di cui, nel febbraio del 2011, diventò socio, al 20 per cento, proprio il fratello Alessandro. La Dotmedia è un'azienda di comunicazione e marketing nata nel 2008 che ha disegnato il sito della Eventi6 e segue le campagne elettorali di Renzi. Tiziano fonda la società nel 1994. Inizialmente si chiama Chil Srl, poi ricostituita nel 2007 come Eventi6. Tutti i figli della famiglia Renzi, ad eccezione di Samuele, hanno seguito la passione per lo scoutismo, tramandato da babbo Tiziano, carattere burbero e schivo, tutto partito, chiesa e affari. Ogni domenica suona l'organo e canta alla Messa e due volte l'anno, con la moglie, fa visita alla Madonna di Medjugorje. Tiziano ha alle spalle oltre trent'anni di politica, dalla Dc (consigliere comunale dal 1985 al 1990) al Ppi, alla Margherita, per approdare, infine, al Partito democratico (consigliere e capogruppo dal 2007 al 2012), di cui è stato segretario locale. Ha cominciato alla metà degli anni Settanta, ai tempi della Dc di Moro e Zaccagnini e del compromesso storico. Tiziano era allora uno dei pochi sostenitori dell'accordo con il Pci di Berlinguer. Un ventenne che muoveva i primi passi nella Dc. Quando nella sua sezione si discusse della possibilità di fare un governo con i comunisti, tutti erano contrari. Lui si alzò in piedi e votò a favore. Anche se è stato sempre un Dc di sinistra (i suoi riferimenti sono stati Moro, Zaccagnini e persino Rosy Bindi), non ha mancato di polemizzare con il Pci e poi i Ds. La gente del paese dice che quando in consiglio comunale litigava con il sindaco comunista, poi smetteva di andare a fare la spesa alla Coop per una settimana.
 
Figlio di un funzionario della Banca di credito cooperativo di Pontassieve, Marco Lotti (59 anni) e nipote del terracottaio Gelasio, Luca (33 anni) è cresciuto a Samminiatello, frazione di Montelupo. I destini dei Renzi e dei Lotti si intrecciano ulteriormente fino a coinvolgere le loro famiglie. Ventidue giugno 2009. Matteo Renzi diventa sindaco di Firenze. Nelle stesse ore la Bcc di Pontassieve, concede alla Chil dei Renzi (poi fallita per bancarotta fraudolenta) un mutuo da 697mila euro. A firmare le carte proprio Marco Lotti, che conosce il padre del futuro datore di lavoro del figlio. Il funzionario nel suo report evidenzia la venticinquennale «attività» dei Renzi nel settore del marketing editoriale: «Potremmo diventare la banca di riferimento della richiedente (...) Ci proporremo per la sottoscrizione della domanda a socio per l'azienda in esame», annota. Il 1° luglio Luca viene assunto, a chiamata, come responsabile della segreteria del sindaco, e nove giorni dopo, il 10 luglio, lo segue pure la moglie Cristina Mordini (39 anni), impiegata nello stesso ufficio. Quando si dice i casi della vita. Oggi Lotti junior siede nel cda della fondazione Open, cassaforte personale di Renzi, e nei palazzi cura i dossier più delicati come le forze dell'ordine, i servizi segreti oltre alla delega fondamentale per chi ha fatto della comunicazione la sua fortuna: quella all'editoria.Matteo e Luca si conoscono un freddo pomeriggio del dicembre 2005. Renzi, allora presidente della Provincia di Firenze, viene invitato alla festa della ceramica a Montelupo Fiorentino. Dopo il giro istituzionale, passa dal Comune per un saluto al sindaco che gli presenta un giovane consigliere. È Luca, Lotti, detto «lampadina» (soprannome inventato dagli amici di paese) non si sa se per la sua astuzia, o se per quei capelli biondi sempre scarruffati (e in caduta libera). Ha 23 anni, milita nell'Azione cattolica, e come Renzi ha in tasca la tessera della Margherita. Alle elezioni comunali viene eletto, dice lui, anche raccogliendo voti di amici di centrodestra. Luca ha sette anni meno di Matteo, ma i due si capiscono al volo. Iniziano a chiacchierare, si scambiano battute, ridono. Renzi chiede a Lotti se può dargli un passaggio. Salgono sulla Golf del consigliere e continuano a chiacchierare. Da allora non si sono più lasciati. Due giorni dopo Renzi lo chiama e gli propone di entrare nel suo staff. «Oh Luca, senti, sto rimettendo a posto il mio staff. Perché non vieni a lavorare con me in Provincia?». «Non so Matteo, ci devo pensare». «Hai tutto il tempo che vuoi. Fammi sapere entro dopodomani». Lotti si è laureato da poco in Scienze di governo, amministrazione e gestione delle risorse umane e ha ricevuto l'offerta di un posto in banca (lo stesso lavoro del padre). Ne parla coi genitori che gli consigliano di scegliere la banca. Lui decise di saltare in collo a Renzi. Oggi è «il Lotti», traduttore simultaneo del «matteorenzismo».
 

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