SE iL DESTINO E' CONTRO DI ME... PEGGIO PER LUI

Buongiorno a tutti :)

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:lol::lol::lol::lol: e c'è chi lo vota.

Non c'è dubbio, un ottimo affare. Comprare l'ex Teatro Comunale di Firenze, 25mila metri quadri in centro storico valutati pochi anni fa 44 milioni di euro, quasi a metà del prezzo (25 milioni) è stato un bel colpo per la società che si è aggiudicato l'ex immobile comunale, l'estate scorsa.
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A venderlo, per la precisione, non era più Palazzo Vecchio, ma la Cassa depositi e prestiti (ministero dell'Economia), che rilevato il palazzo dal Comune di Firenze lo ha messo sul mercato. Ma la domanda è un'altra. A chi l'ha venduto?La risposta conduce ancora una volta a Tiziano Renzi, il padre del premier, e poi, tramite un incastro complicato di società e partecipazioni, a personaggi legati al caso Banca Etruria. L'acquirente dell'ex Teatro comunale, comprato per realizzare 120 appartamenti di lusso più centro commerciale, è infatti una società, la Nikila Invest, guidata da Luigi Dagostino, manager che si vanta d'essere amico personale di Matteo e Tiziano Renzi «da ben 25 anni». Ma di mezzo non c'è solo l'amicizia. La Nikila Invest, infatti, ha il 40% di un'altra azienda, la Party srl, che - in base alle visure camerali fatte dal capogruppo toscano di Fdi, Giovanni Donzelli - risulta amministrata da Laura Bovoli, la madre di Matteo Renzi, e dove poi il papà del premier ha una quota del 40%. Sempre la Invest, poi, ha ai suoi vertici l'ingegner Ilaria Niccolai, che è socia altrove di Lorenzo Rosi, l'ex presidente di Banca Etruria indagato per dissesto.Dunque Tiziano Renzi, e sua moglie, sono soci del nuovo proprietario dell'ex Teatro Comunale di Firenze, la Nikila Invest, impegnata in diversi progetti immobiliari.
 
«La stessa Nikila dopo aver realizzato il maxi outlet del lusso a Reggello, ora punta a costruire strutture analoghe anche in Puglia e a Sanremo - scrive il Corriere fiorentino -. Proprio nella città del festival, nei mesi scorsi, durante una riunione in Comune per la discussione del progetto, era presente lo stesso Renzi senior, in qualità di consulente marketing della stessa Nikila». È lo stesso sindaco di Sanremo a riferire che Tiziano Renzi gli era stato presentato come «consulente per gli aspetti riguardanti il marketing».La vicenda della vendita dell'ex Teatro comunale fiorentino è stata al centro di uno scontro a Palazzo Vecchio, con uno scambio di accuse dall'opposizione verso la maggioranza Pd del sindaco renzianissimo Dario Nardella. Anche perché proprio oggi il consiglio comunale di Firenze deve votare la vendita di un altro prestigioso immobile pubblico, Palazzo Gerini, sempre all'«intermediaria» Cassa depositi e prestiti, guidata fino a luglio dal piddino Franco Bassanini (nuovo consigliere del premier e ospite alla Leopolda lo scorso week end) e ora dal renziano Claudio Costamagna.Secondo il M5S fiorentino «quando Matteo Renzi era sindaco, il Teatro Comunale era stato inserito nella lista degli immobili da vendere al valore stimato di 44 milioni di euro». «Quali sono gli intrecci tra Comune di Firenze, la famiglia di Renzi e la società Party Srl che è in affari con Nikila Invest, tra i cui soci c'è Tiziano Renzi?» chiede invece il consigliere di Sel Tommaso Grassi: «L'amministrazione non risponde nel merito, è una vergogna».
 
Quanto più si è vicini al Re Sole, invece, tanto più ci si avvantaggia del suo benefico calore. Pensate a Toscana Aeroporti, società che gestisce gli scali di Firenze e Pisa, presieduta dall'alter ego del premier Marco Carrai. In Stabilità è saltato l'emendamento che avrebbe reso le valutazioni di impatto ambientale una formalità, ma l'anno scorso il governo ha garantito 200 milioni per le nuove infrastrutture dei quali 50 milioni grazie allo Sblocca-Italia. E se Renzi per far l'ecologista blocca le trivellazioni entro le 12 miglia dalla costa, ne salva una (denunciano gli ex grillini di Alternativa Libera), quella di Gela, operata da Eni ed Edison. Il cane a sei zampe non è solo uno dei simboli dell'Italia nel mondo, ma è anche un centro nevralgico del renzismo.
Non a caso il premier ha «infilato» nel collegio sindacale Marco Seracini, commercialista fiorentino e fondatore della Leopolda.La kermesse che si è chiusa domenica scorsa è l'immagine più nitida di un fatto storico: la presa del Palazzo d'Inverno da parte di un manipolo di fedelissimi. Negli anni molti oratori o hanno trovato spazio nel governo (due nomi su tutti Luca Lotti e Maria Elena Boschi) o nelle aziende di Stato (Antonio Campo Dall'Orto in Rai, Fabrizio Landi a Finmeccanica, Alberto Bianchi a Enel). Senza contare l'ampio spazio di Eataly dell'amico Oscar Farinetti a Expo. Eataly dove è approdato l'ex consigliere di Palazzo Chigi, il manager Andrea Guerra. Gli sponsor, invece, non sono stati dimenticati: il gruppo Gavio, ad esempio, ha beneficiato dell'allungamento delle concessioni autostradali garantito dallo Sblocca Italia.Un'equazione che vale ancor di più per coloro che possono contemplare da vicino «la gloria di colui che tutto move».
 
E sempre per restare in tema: la partnership con i cinesi di Rosewood per trasformare in hotel extralusso il palazzo della Zecca a Roma valorizza un patrimonio al 75% di Cdp Immobiliare e al 25% del gruppo Fratini nel quale opera Iacopo Mazzei, banchiere renziano della prima ora con la passione degli outlet. In Cina, non a Sanremo o a Fasano e l'ex direttore generale di Cdp Matteo Del Fante, è oggi ad di Terna.
 
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Il candidato sindaco di Platì? Insignita sul palco della Leopolda, ma è una bersaniana.
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Per il paese d'Aspromonte dove la ndrangheta è padrona da sempre, tanto che dopo il duplice scioglimento per mafia del Comune non si riesce ad eleggere un sindaco perché alle urne la gente neppure ci va, il premier ha scelto. La sua mano s'è posata su Anna Rita Leonardi, 30 anni, per metà spesi proprio nel Pd, ma all'ombra della Ditta. E al congresso calabrese del 2014 schierata con l'ala Bersani, tanto da finire nell'assemblea regionale in quota agli smacchiatori di giaguari. Indice dell'ansia da prestazione comunicativa del rottamatore, anche nella vetrina fiorentina impegnato a pigiare sul tasto del cambiamento radicale e poi costretto a ripiegare. Sui virgulti di scuola bersaniana, per assicurare linfa vitale al partito sul territorio.La Leonardi, per l'appunto. «Sono sempre stata nello stesso partito, prima Ds, poi Pd. Ho attaccato manifesti, fritto patatine, fatto banchetti, organizzato manifestazioni», dice di sé su Facebook, affondando come da Leopolda style - gli artigli nella carne dei giornalisti, per la precisione dei «fortunatamente pochi pseudogiornalisti gossippari, amministratori esaltati, social politicanti da libro paga, persone che fino a due giorni fa di Platì non avevano mai sentito parlare» e che ora non le risparmiano attenzioni. Ricordando i suoi trascorsi politici al fianco di Massimo Canale, fiero antirenziano riciclato alla calabrese. E quel contratto da collaboratrice del deputato calabro-lombardo (nativo di Oppido Mamertima, bresciano d'adozione) Luigi Lacquaniti, plurifolgorato sulle vie di Damasco: tesserato Dc, quando la Balena Bianca si spiaggia passa nel Ppi, quindi nella Margherita e nei Ds, prima di confluire in Sinistra democratica, figurare tra i padri costituenti di Sel, entrare in Parlamento coi vendoliani e lasciarli un anno fa per il più sicuro porto del Pd.«Sono fiera e orgogliosa di me, della mia storia politica e del mio impegno per Platì, della vicinanza del premier Renzi e del mio partito», ribatte a distanza Anna Rita Leonardi mentre su internet già gira il sito da cui si mostra sorridente nella sede del comitato inaugurato a Platì. Non fosse fallita la Ditta, avrebbe potuto utilizzare la sezione, come da liturgia aziendale. Del resto, per dare conferma della presenza del Pd nel giorno della festa della Repubblica gli astri della galassia democratica s'erano dati appuntamento nella piazza principale del paese per inaugurare un circolo attorno a cui giuravano e spergiuravano costruire il riscatto della comunità. «Il partito a Platì non esiste», rompe adesso le uova nel paniere la giovane dirigente regionale Pd Maria Grazia Messineo: «Non mi risulta sia stato formalizzato un direttivo. Il tesseramento non è partito. Non s'è fatto nulla. Neppure la festa dell'Unità». In compenso, a giugno si faranno le elezioni. E il partito che non c'è correrà con l'unta del premier.
 
Ormai non viviamo più in uno stato diritto e neppure lontanamente in una democrazia .......

Quattro mesi di reclusione per aver rimosso una giornalista dalla conduzione in video. È questa la pena affibbiata all'ex direttore Augusto Minzolini «colpevole» di aver deciso nel 2010 che la collega Tiziana Ferrario non dovesse più leggere il Tg1 delle 20.

I giudici della quarta sezione del Tribunale penale di Roma ci sono andati giù pesante con l'attuale senatore di Forza Italia, condannandolo per abuso d'ufficio. Non è la prima volta che la magistratura prende posizione, mettendo in discussione le facoltà di chi viene chiamato a traghettare una redazione. Ma non era mai accaduto fino ad oggi che un direttore venisse bacchettato per aver «sottratto» una poltrona a una giornalista, che ci stava seduta da 28 anni.
 
E' paragonabile ad un direttore di banca che sposta un funzionario da un ufficio all'altro, oppure un direttore di stabilimento che sposta una mansione dell'impiegato o dell'operaio e questi venisse sanzionato da un giudice. FOLLIA
 

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