SE UNA PERSONA NON HA PIU' SOGNI, NON HA PIU' ALCUNA RAGIONE DI VIVERE. SOGNARE E' NECESSARIO, ANCHE

Finisce così la libertà di espressione. Loro ne sono i depositari ? l'anpi ? il pd ?

In futuro sarà necessario dichiararsi formalmente antifascista per poter chiedere spazi pubblici e sale comunali
uno scontro politico per la libertà d'espressione, cioè per la libertà d'opinione e critica fuori e contro le potenze di cui sopra.

“Dove sta scritto che per avere degli spazi pubblici si deve giurare sulla Costituzione?
La libertà di esprimersi non va tolta a nessuno se si rispettano le regole.
Io rappresento un movimento in cui i propri esponenti hanno pagato anche con la galera per aver espresso le proprie idee”
ha bollato il provvedimento come una “strumentalizzazione, la legge già sancisce questi principi”, “totalmente inapplicabile”

“Chi solitamente usa le nostre sale sono associazioni come Telethon, gruppi sportivi e parrocchie,
pare quantomeno fuori luogo chiedere anche a questi enti di dichiarasi antifascisti.

Il termine ‘nuovi fascismi’ lascia libertà di interpretazione, cosa significa?

Lasciamo che siano Prefettura e Digos a chiarire e fermare chi non ha le carte in regola”.

 
Meno male che c'è ancora qualcuno che il cervello ce l'ha nel posto esatto.

"Difendiamo la libertà di importunarci".
Catherine Deneuve è tra le cento firmatarie di una lettera aperta pubblicata su Le Monde in cui si contesta quello che viene definito un "nuovo puritanesimo" emerso dopo il caso Weinstein.

"Lo stupro è un crimine. Ma tentare di sedurre qualcuno, anche in maniera insistente o maldestra, non è un reato, né la galanteria è un'aggressione del maschio"
scrivono le donne del collettivo, condannando la "caccia alle streghe" che è seguita allo scandalo a Hollywood e che minaccia la libertà sessuale.

Femminismo non significa "odiare gli uomini e la sessualità", proclamano in una "tribuna" pubblicata dal quotidiano le firmatarie dell'appello,
tra cui la giornalista Elisabeth Levy, le scrittrici Catherine Millet e Catherine Robbe-Grillet, l'attrice Ingrid Caven (ex moglie del regista Rainer Werner Fassbinder), l'editrice Joelle Losfeld.

Tutte d'accordo sul fatto che le iniziative come #MeToo abbiano contribuito a "liberare la parola" insieme a una
"legittima presa di coscienza delle violenze sessuali esercitate sulle donne, in particolare in ambito professionale".

Ma sono tutte altrettanto decise nel condannare che #MeToo abbia "comportato, sulla stampa e sui social network,
una campagna di delazioni e accuse pubbliche di individui che, senza che si lasci loro la possibilità di rispondere o di difendersi,
vengono messi esattamente sullo stesso piano di violentatori.

Questa giustizia sbrigativa - continuano le donne nella loro denuncia - ha già fatto le sue vittime,
uomini puniti nell'esercizio del loro lavoro, costretti a dimettersi, avendo avuto come unico torto quello di aver toccato un ginocchio,
tentato di strappare un bacio, o aver parlato di cose intime in una cena di lavoro, o aver inviato messaggi a connotazione sessuale a una donna che non era egualmente attirata sessualmente".
 
Un attacco al femminile in difesa della libertà sessuale per la quale, ricordano, è "essenziale la libertà di sedurre e importunare".

Da qui, la convinzione che "questa febbre di inviare i 'maiali' al macello, lungi dall'aiutare le donne a rafforzarsi,
serve in realtà gli interessi dei nemici della libertà sessuale, degli estremisti religiosi, dei peggiori reazionari
e di quelli che credono che le donne siano esseri umani a parte, bambini con il volto adulto, che pretendono di essere protette".


La battaglia delle cento donne si concentra sulla distinzione netta fra la "violenza sessuale", che è "un crimine", e il "rimorchio" che "non è neppure un reato":

"Noi difendiamo la libertà di importunare, indispensabile alla libertà sessuale", siamo
"abbastanza mature per ammettere che la pulsione sessuale è per sua natura offensiva e selvaggia,
ma siamo anche sufficientemente accorte per non confondere il corteggiamento maldestro con l'aggressione sessuale".

Le firmatarie gridano il loro desiderio di "non riconoscersi in questo femminismo che, al di là della denuncia degli abusi di potere, assume il volto dell'odio verso gli uomini e la sessualità".

Niente a che vedere con le battaglie giuste e sacrosante, ma la confusione si ritorce contro le stesse vittime:

"La donna, oggi, può vigilare affinché il suo stipendio sia uguale a quello di un uomo,
ma non sentirsi traumatizzata per tutta la vita se qualcuno le si struscia contro nella metropolitana".
 
Analizzare il corpo prima ? Troppo facile direte Voi.

MILANO – C’erano 4 peli pubici sul corpo di Lidia Macchi e nessuno di questi è riconducibile a Stefano Binda,
unico imputato per l’omicidio della studentessa di Varese, avvenuto 30 anni fa a Milano.
Il colpo di scena è emerso martedì nell’aula gip del Tribunale di Varese, dove i quattro periti incaricati di esaminare la salma riesumata di Lidia Macchi, hanno esposto i risultati della loro relazione.

Binda, ex compagno di liceo della giovane era stato arrestato a gennaio 2016 e rinviato a giudizio con l’accusa di aver violentato
e massacrato la giovane con 29 coltellate, forse accecato dal suo credo religioso.
Le spoglie di Lidia Macchi sono state riesumate per cercare elementi di dna riconducibili all’uomo.

Così sono spuntati i quattro peli, senza bulbo, che i periti incaricati dal gip hanno trovato nella zona pubica:
appartengono tutti alla stessa persona e secondo gli esperti non sono riconducibili né a Stefano Binda né a un familiare della ragazza.

Sono quindi di uno sconosciuto e con molta probabilità si trovavano in quel punto per effetto di un rapporto sessuale, consumato poco prima del delitto.
Il primo della sua vita, e consenziente, che Lidia avrebbe avuto proprio quella tragica notte di gennaio del 1987.


L’analisi è stata effettuata dall’anatomopatologa forense Cristina Cattaneo,
dal colonnello del Ris di Parma Giampietro Lago,
dal maggiore del Ris Alberto Marino e
dalla professoressa Elena Pilli, del dipartimento di biologia evoluzionistica dell’università di Firenze.

I periti, in aula, hanno parlato di unicum nel panorama forense, per l’enorme mole di materiale analizzato su un cadavere riesumato dopo 30 anni.
Una volta trasportata la salma in laboratorio, gli esperti hanno dovuto attendere che i resti si asciugassero, poiché erano impregnati d’acqua.
Ma a proteggere i reperti è stato proprio il vestito con cui era stata avvolta la salma, un abito da sposa.

Secondo gli esperti inoltre la ragazza sarebbe stata uccisa in un lasso di tempo compreso tra 30 minuti e 3 ore dalla fine del rapporto sessuale.
 
Il fare, non il dire.

MILANO – Il filobus si ferma improvvisamente in mezzo alla strada per colpa di un cavo elettrico che non funziona.
I passeggeri scendono e si mettono a trainare il mezzo pesante fino a farlo ripartire a spinta.
Accade in viale Tibaldi a Milano, lunedì mattina, poco prima delle 8. Le foto sono finite su Twitter.

A raccontarlo è Repubblica che scrive:

“La linea filoviaria 91, quella che corre da piazzale Lotto verso piazzale Lodi, improvvisamente ferma.
Come ogni giorno di buon ora, con il suo carico di studenti, lavoratori e bisognosi che scendono in viale Toscana,
per chiedere un pasto all’associazione Pane Quotidiano, alle spalle dell’area dove grandi gru,
come mani d’acciaio, stanno finendo di modellare il nuovo quartiere della Bocconi”.

Ed è sempre lo stesso quotidiano a scrivere la risposa dell’Atm, l’azienda che gestisce i trasporto a Milano:

“La vettura si è fermata sotto a un separatore (un tratto molto circoscritto di cavo non alimentato da corrente).
I nuovi filobus in circolazione (ne acquisteremo altri 80 per rinnovare la flotta), avendo anche la batteria, sono in grado di non subire questo inconveniente”.
 
Ed ecco spiegato un perchè ed un percome.

NEW YORK – Presidentessa Winfrey: Oprah sta “pensando concretamente” alla sua candidatura alla Casa Bianca
e per mesi ha discusso l’idea, hanno svelato due suoi stretti amici alla CNN
dopo che il suo discorso ai Golden Globes ha fatto emozionare fino alle lacrime i presenti in sala.

Oprah Winfrey, scrive il Daily Mail, ha come obbiettivo lo Studio Ovale.
Due degli amici più stretti, dopo la serata dei Golden Globles, hanno parlato con la CNN e riferito le intenzioni della Winfrey,
l’idea è stata discussa per diversi mesi e la stanno incoraggiando a correre.
 
:mmmm: :fiu::fiu:b:pig::pig::pig:

BRASILIA – In Brasile una scena a luci rosse che ha sconvolto i molti passeggeri di un autobus pubblico di linea.
Una giovane ragazza, sprovvista del biglietto al momento della verifica del titolo di viaggio da parte del controllore,
ha proposto all’uomo di fargli un “servizietto”
orale in cambio di non ricevere la multa.
Il controllore ha accettato la proposta della giovane e davanti a tutti gli altri passeggeri, rimasti increduli, è accaduto l’episodio agghiacciante.

La ragazza, come si vede dal filmato, ha fatto sesso orale con l’uomo che non ha battuto ciglio, né ha avuto qualche ripensamento.
 
Per sentito dire. L'Abruzzo costa meno all'origine, ma per smaltire completamente deve poi riconsegnare
il semilavorato per la fusione. Boh.

ROMA – La questione dei rifiuti di Roma piomba sulla campagna elettorale delle politiche del 4 marzo.
Luigi Di Maio, candidato premier del M5s, a Porta a Porta attacca senza mezzi termini Emilia Romagna e Abruzzo,
le due regioni tra le papabili ad accogliere la “monnezza”, entrambe governate dal Pd:

“La regione Emilia ha un costo di 180 euro a tonnellata, l’Abruzzo di 150 euro a tonnellata.
Noi per far risparmiare i romani scegliamo quella che ha meno costi – contrattacca il candidato premier M5S Luigi Di Maio -.
I presidenti di Emilia-Romagna, Abruzzo e Lazio sono dello stesso partito (Pd, ndr);
usano i romani, temporeggiando maliziosamente, per la campagna elettorale”.
 
“L'arroganza dell'assessore Buschini è incredibile. In cinque anni non è riuscito a varare un piano rifiuti
e ora si sveglia e vuole scaricare la colpa sugli altri.
Dica apertamente ai cittadini dove, nel Lazio, vuole realizzare discariche e inceneritori".

“Il Piano Regionale di gestione dei rifiuti è in via di aggiornamento, ma fermo a causa delle mancate risposte di Roma Capitale
e della sua Città Metropolitana, che dovevano arrivare entro il 30 settembre 2017.
La legge impone ai Comuni e alle Province di scegliere i siti di smaltimento e alla Regione di includerli in un piano regionale”.

“La controversia tra Regione e Comune non porta a nulla se non a generare grande confusione e irritazione dei cittadini che si vedono presi in giro.
La Regione Lazio in realtà ha individuato gli impianti disponibili, il Campidoglio deve fare riferimento a questi.
La capacità impiantistica di trattamento per conferire i rifiuti nel Lazio c'è, non vedo dov'è il problema"

“Gli operatori dell'Ama ce la stanno mettendo tutta ma il problema è che si vede che manca una regia che pensi a una soluzione.
Forse si paga lo scotto di non conoscere né l'azienda né le parti critiche delle periferie.
Se poi Roma viene considerata solo nel suo centro storico allora l'amministrazione ha fallito nel suo intento.
Se si mettono da parte i proclami e le lotte politiche e si ascoltano gli operatori la soluzione c'è, ma non vogliono vederla.
Basta andare a vedere sul sito della Regione le autorizzazioni agli impianti presenti che lavorano nel Lazio e fare gli accordi dovuti”

“A guardare lo stato degli impianti, girando per le officine e conoscendo l'azienda si direbbe che siamo sempre nella stessa situazione:
la Capitale è costantemente a un passo dall’emergenza e si è abituata a un ciclo dei rifiuti inefficiente.
Roma regge a stento e solo perché conserva nella pancia degli impianti Ama un'enorme quantità di rifiuti, mandando oltre il 25% a smaltire fuori dal proprio territorio”

“Questa Giunta avendo abbandonato per ideologia una prospettiva industriale senza predisporre un piano
per la differenziata all'altezza della sfida, rischia di condannare la città a una costante emergenza. Servono impianti per rendere la città autonoma”.

“Gli impianti dove conferire i rifiuti di Roma sono insufficienti quindi, ci auguriamo che l'Abruzzo dia il via libera alla richiesta di accogliere rifiuti in impianti di Trattamento Meccanico Biologico”

“Noi vogliamo conoscere le quantità, i tempi e quello che si sta facendo a Roma per riorganizzare il ciclo dei rifiuti.
Cioè quanto deve durare questa solidarietà che noi vogliamo mettere in campo e soprattutto qual è lo sforzo straordinario
che sta facendo Roma per non trovarsi permanentemente nell'emergenza”

“Dal Comune di Roma e dall'Ama non abbiamo ricevuto nessuna richiesta ufficiale per avviare il trattamento dei rifiuti nei nostri impianti".

“A poco serve dire "siccome la gente si arrabbia perché la città è scarsamente illuminata o perché ci sono cumuli di immondizia" la cosa non ci riguarda.
Ci riguarda eccome, ci riguarda qualsiasi forma di malcontento cittadino”.

“Roma non può permettersi un'emergenza rifiuti come quella che si sta prefigurando ancora una volta.
Se da una parte vedo tanta solidarietà istituzionale da alcune Regioni, penso innanzitutto all'Emilia Romagna come anche all'Abruzzo,
dall'altra devo segnalare logiche che nulla hanno a che vedere con la gravità e l'urgenza del problema"

"Il Ministero ha promosso in questi mesi un tavolo tecnico con Regione e Comune per affrontare i nodi strutturali
che compromettono la chiusura del ciclo integrato dei rifiuti: da lì è emerso ciò che è chiaro a tutti,
ovvero la cronica carenza impiantistica, che determina una situazione particolarmente delicata nella Capitale.
La mia disponibilità a cercare una soluzione non è mai mancata: ma se il ragionamento di partenza è dare un colore politico ai rifiuti, si rischia grosso".

Il prossimo giovedì 11 gennaio è prevista una riunione straordinaria del Consiglio comunale dedicata al problema rifiuti.
 
Ho sempre scritto - da quando lessi la legge - che questa tornata elettorale avrebbe portato dei risultati "speciali",
incomprensibili per larga parte del popolo bue - mai espressione fu più corretta in tema elettorale - .
Ecco un articolo che esemplifica una parte della legge, "more constructum".

Lo sa bene Pier Luigi Bersani quante volte gli si è rivolta contro quella frase pronunciata subito dopo le elezioni del 2013,
quel sincero e per certi versi disarmante «abbiamo non vinto»

In quante occasioni proprio Matteo Renzi ha ricordato che tutto ciò che è successo dopo
- a cominciare dal governo di larghe intese con Pd e Pdl - fu colpa di quell'esito elettorale.

Eppure, il prossimo 4 marzo è proprio una «non vittoria» la carta su cui il segretario del Pd sta disperatamente puntando il tutto per tutto.
Per salvare se stesso ed ottenere il massimo beneficio da una tornata elettorale che per Renzi e tutto il Pd si annuncia davvero ostica.

I sondaggi, infatti, continuano a registrare un trend decisamente negativo per i dem.
Un vero e proprio tracollo, iniziato bruscamente alla fine dell'anno, quando i riflettori sono tornati improvvisamente sulla vicenda Banca Etruria e su Maria Elena Boschi.
Nonostante la querelle bancaria si sia andata silenziando, il calo è continuato inarrestabile e a inizio di questa settimana
alcune delle rilevazioni riservate nelle mani delle segreterie dei partiti davano il Pd addirittura al 22%.

Ben al di sotto, dunque, del 25% portato a casa da Bersani nel 2013.
Per il Pd sono numeri preoccupanti, soprattutto se letti insieme alla contestuale crescita dei Cinque stelle, sempre più primo partito con il 28%.
È proprio verso M5s, infatti, che si sarebbe spostato un pezzo dell'elettorato dem.

Alle elezioni, però, si può correre da soli come i Cinque stelle o in coalizione come faranno centrodestra e centrosinistra.

E i sondaggi danno decisamente avanti l'alleanza tra Forza Italia, Lega, FdI e i centristi di Noi per l'Italia,
con il Pd e i suoi alleati costretti a inseguire a diverse lunghezze.

Eppure, nonostante si prospetti per Renzi una sonora sconfitta, il segretario dem potrebbe riuscire a ottimizzare i vantaggi del Rosatellum incrementando voti e seggi.

La nuova legge elettorale, infatti, prevede che in una coalizione possano accedere alla ripartizione dei seggi solo le liste che superano il 3%.

E per queste liste entra in funzione una sorta di moltiplicatore,
visto che gli vengono assegnati in modo proporzionale anche i seggi dei partiti presenti in quella stessa coalizione
che non arrivano però alla fatidica soglia del 3%
(purché superino l'1%, altrimenti i voti non vengono comunque computati).

Nel centrodestra saranno almeno tre i partiti che supereranno lo sbarramento (solo Noi per l'Italia è sul filo),
accedendo così tutti insieme all'eventuale moltiplicazione dei voti nel caso ci siano in coalizione liste sotto il 3%.

Diverso, invece, è il discorso per il centrosinistra dove il Pd sarà con ogni probabilità l'unico partito a superare la soglia,
accaparrandosi da solo il moltiplicatore per le altre tre liste che fanno parte della coalizione:
+Europa di Emma Bonino e Bendetto Della Vedova,
Civica popolare di Beatrice Lorenzin e
Insieme (la lista del Partito socialista e dei Verdi).

Un pacchetto di voti da non sottovalutare visto che, sondaggi alla mano, i cosiddetti «altri» della coalizione di centrosinistra sono quotati al 4-5%.

Questo significa che se anche Renzi riuscisse nell'impresa di portare il Pd sotto la quota Bersani,
magari sprofondando fino al 22% che gli attribuiscono oggi alcune rilevazioni,
potrebbe comunque contare su un numero di parlamentari «gonfiato» anche del 4-5% in virtù del Rosatellum.

Il che gli permetterebbe - nonostante una oggettiva débâcle - di portare a casa un risultato non di poco conto:
in quanto a numero di deputati e senatori, infatti, il Pd potrebbe perfino essere il primo gruppo parlamentare di Camera e Senato.

Ed è su questo che punta Renzi per poter dire nonostante tutto di non aver perso.
 

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