Un po' di storia non questa mai ......
«Io ti saluto e vado in Abissinia…» era una tra le più famose canzoni delle truppe italiane, nata ai tempi dell’Africa orientale: dopo Faccetta nera era certamente la più amata dagli italiani.
La scrisse Pinchi, nome d’arte di Giuseppe Perotti, paroliere molto noto dagli anni Trenta in poi: oltre a canzoni patriottiche, dopo la guerra scrisse anche testi che saranno cantati da Celentano, Mina, Achille Togliani, Fausto Cigliano, Nilla Pizzi. Nel 1965 vinse anche lo Zecchino d’Oro con la canzone Dagli una spinta, che i meno giovani certamente ricorderanno.
I nostri soldati la cantavano anche il 5 maggio 1936, 80 anni fa, entrando vittoriosi in Addis Abeba, la capitale dell’Etiopia, e dando di fatto inizio all’Impero italiano, che sarà annunciato il 9 maggio successivo da Mussolini.
Quella guerra cambiò profondamente il costume italiano: per la prima volta i nostri connazionali sentirono e impararono nomi esotici, evocanti luoghi lontani, personaggi da favola, dai nomi spesso impronunciabili, come Gondar, Negus, Heilé Selassié, Tembien, Amba Alagi, passo di Uarleu, Sciré, Dire Daua…
Come i romani sanno, nella capitale vi è un quartiere, detto appunto l’Africano, in cui le strade ricordano quelle epiche gesta: via Tigré, viale Libia, viale Eritrea, viale Somalia, via Tripolitania, e probabilmente i loro abitanti, soprattutto i più giovani, non si rendono conto di abitare in strade importantissime anche dal punto di vista storico.
E a questo proposito, dopo 80 anni, forse si possono chiarire i sommi capi della vicenda dell’Africa orientale, per la quale ancora oggi l’Italia è messa spesso sotto accusa da varie parti.
Innanzittutto va precisato che il fascismo questa vicenda la ereditò: le radici del conflitto tra Italia ed Etiopia risalivano addirittura al 1889, ai tempi del negus Menelik II (ribattezzato subito dalgi italiano “Menelicche”).
Le schermaglie andarono avanti per anni, fino alla famigerata disfatta di Adua, nel marzo 1896, quando le truppe italiane subirono una sonora sconfitta. Sconfitta che però non sarebbe stata dimenticata.