SI PUO' CHIUDERE GLI OCCHI SULLA REALTA' , MA NON SUI RICORDI

Iroso è morto.
Il mulo più vecchio di Italia, l'ultimo a essere stato in forza alle truppe alpine se n'è andato all'età di ben 40 anni, che equivalgono a 120 anni per un uomo.

Lo scorso gennaio, gli Alpini avevano festeggiato l'ultimo compleanno del mulo, insieme ai proprietari,
che lo avevano preso all'asta quando l'esercito passò dai muli ai mezzi cingolati.

A dare la notizia della morte di Iroso, che viveva a Cappella Maggiore, in provincia di Treviso,
è stato Francesco Introvigne, presidente della sezione Ana di Vittorio Veneto.

"Tante volte ci siamo incontrati con Iroso- ha ricordato su Facebook il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia-
e ogni volta era come ritrovare un vecchio amico, non solo un animale di accarezzare e rispettare.
Un amico degli alpini, di noi grandi come dei tanti bambini che se ne innamorarono incontrandolo,
all'adunata degli Alpini di Treviso 2017, come in occasione del suo compleanno che festeggiammo a Vittorio Veneto.
In lui c'è stata una fierezza straordinaria, con la quale ha rappresentato tanti valori:
l'alpinità, la storia del nostro territorio, l'identità del Veneto e delle genti di montagna".

Nell'addio al mulo, con la matricola 212 ancora stampigliata sullo zoccolo, Zaia non parla di morte,
perché Iroso"è semplicemente andato avanti, per restare comunque per sempre nei nostri cuori".
Ora, conclude il governatore, "è bello immaginarlo lassù, forte e vitale come un tempo,
a sfidare di nuovo un sentiero impervio di montagna, perché Iroso non è morto, è andato avanti su quel sentiero".
 
E’ un rinnegato. Non lo dice di sé, lo dicono. “Lui” è Giampiero Mughini,
“loro”, coloro che gli danno di rinnegato e che vengono scoperti nella pagine
della sua ultima fatica letteraria, “Memorie di un rinnegato”, appunto, uscita per Bompiani.

Daniele Capezzone l’ha intervistato sul quotidiano “La Verità” e, fra amarezze
(“ho ricevuto dei messaggi in cui altri, che pure ritenevo amici, discutevano di un mio libro come se fossi un estraneo totale […]
in questo mondo giornalistico, è più facile essere rivali che amici”), confidenze profetiche
(“al mattino leggo cinque quotidiani, e mi sento quasi in colpa perché vorrei leggerne sette o otto.
Non riesco a immaginare un mondo senza carta stampata. Sarà una nicchia, ma la “preghiera del mattino” ci sarà ancora a lungo”)
e considerazioni sul Fascismo (“[…] devi ricostruire la fisionomia di un uomo reale, i suoi torti, le sue caratteristiche.
Non un mostro: a meno di ritenere che fossero mostri quasi tutti gli italiani di allora.
Ma mio padre, che era fascista, non era un mostro”), si ri-conferma come intellettuale fuori dal coro,
non tanto e non solo per le sue affermazioni controcorrente, ma soprattutto perché, a dispetto del titolo del suo ultimo libro, lui non rinnega nulla.
E forse questo gli è valsa una certa solitudine e forse anche una certa sensazione di inutilità a spiegare certi dati di fatto,
come ad esempio il fatto che lui non fosse “uno di Lotta Continua”, ma semplicemente il firmatario affinché il giornale Lotta Continua potesse uscire.
Intanto vi proponiamo questa sua intervista (di Davide Brullo, pubblicata dai nostri amici di “Pangea”)
in cui, a proposito del ’68, non si smentisce dal suo essere “À rebours“. (Redazione)

Dettaglio oracolare. Numero 20 di Giovane critica. “Primavera 69”. Copertina. Faccione oleografico di Stalin, a mo’ di ‘santino’.
Dai capelli perfettamente lucidi – degna parrucca di Elvis – s’eleva un fumetto: “Sarei splendido con le basette!!”.

Il dettaglio ci dice l’incanto del ‘contesto’. Ragazzi sagaci, che leggono e che sanno
(dalla copertina medesima s’innalza, verticale, sulla costa, la promessa dell’approfondimento: “due diverse concezioni della costruzione dell’organizzazione rivoluzionaria”),
devoti al ribaltamento dei valori, che spiantano i ‘potenti’ e i potentati – dai politici ai padri, dai parlamenti all’istituto familiare – con un guizzo, direi, ‘dada’, da lingua fuori.

Il Sessantotto. Ora. Gli anniversari vanno usati come una cassa di vodka, strabiliandosi di malinconia.
Oppure come barattoli di latta sulla testa del vicino di casa: vince chi li disintegra – barattolo&vicino – con una fucilata.

Eppure. Ha ragione Giampiero Mughini, che nel suo personale mémoire e reportage a posteriori e anamnesi storica,
Era di maggio (Marsilio 2018, pp.128, euro 16,00; indicativo il sottotitolo: “Cronache di uno psicodramma”) esordisce così,

Già trascorsi cinquant’anni, porco mondo. Cinquant’anni che non la smettiamo di ruminarci sopra. Su quelle tre inaudite settimane di un dolce e furibondo maggio parigino”.

Nel cuore di quell’inaudito, a Parigi, 50 anni fa, Giampiero Mughini, 27 anni – allora – da Catania – guai a dirgli “catanese” –
direttore e fondatore di Giovane critica, “una delle riviste che hanno covato e modellato il Sessantotto” (parole sue), come si dice, c’era.
Così, con lungimiranza ironica (esempio: nel capitolo Quando mi arrivò la lettera della Br, per ‘Br’ s’intende “Bionda Ragazza”),
senza la marcetta dell’accademico o il valzer del nostalgico, Mughini ci penetra in quei giorni, ne allestisce per noi, con nomi e tensioni e cagnara
(tra situazionisti, maoisti, anarchici, “le sfumature di rosso non erano cinquanta ma duecento”), la scenografia.

Proprio questa è la parola. ‘Scenografia’.
Il Sessantotto francese, in fondo, fu un memorabile coup de théâtre.
Mughini insiste ferinamente sulla dimensione ‘teatrale’ dei maggio francese, sulla sua natura di happening

– che andava tanto di moda, allora – di mobilitazione free jazz, di colto fancazzismo
(un paio di capitoli, Marxisti? Sì, ma alla maniera di Groucho Marx e Non avevamo nulla da dire, volevamo dirlo a tutti i costi, sono piuttosto indicativi).

Una fotografia blocca un ragazzo, riccamente vestito, che impugna un sampietrino.
La dida di Mughini è esplicita: “Un ragazzo che potrebbe essere un ballerino da quanto è elegante sta lanciando un pavé”.

Dalla messa in scena, poi, s’è passati al fenomeno di massa; dalla boutade al tradimento;
dal ribaltamento dei valori alla riabilitazione delle poltrone; dalla lotta d’amore alla lotta armata
.

Anche dentro queste ferite – e sulla distanza tra cosa è diventato il Sessantotto francese e cosa è stato quello ‘all’italiana’ – Mughini penetra, con tenace libertà.


Jean-Pierre Rey, La Marianne de Mai 68, Francia, 1968
Arriviamo al Sessantotto. In diversi passaggi del libro metti in rilievo la dimensione ‘teatrale’ del maggio francese.
Ne cito alcuni.
“Che ci fossero delle bellissime ragazze lì nel bel mezzo dei cortei era un formidabile strumento di comunicazione e attrattiva massmediatica”;
“Nelle prime settimane di maggio gli scontri e le violenze di strada ebbero a Parigi l’andamento di una pièce teatrale”;
“eravamo tutti degli splendidi attori”;
“Uno che fra cento anni guardasse quella foto, penserà che si tratti dell’embrione di una rivoluzione socialista o non penserà piuttosto a una perfetta rappresentazione teatrale?”.

Allora, cosa è stato il ’68 francese? Una meravigliosa ‘messa in scena’?

È stato innanzitutto uno show, sì, uno spettacolo teatrale sublime e irriproducibile.
Lungo quei viali infiniti di una delle città più belle del mondo, scorrazzavamo i 130mila studenti universitari provenienti da tutta Europa.
Nei cortei c’erano neri americani alti così, sudvietnamiti piccoli così, tedeschi come Dany Cohn Bendit,
italiani che venivano da Torino o da Bologna o da Catania (il sottoscritto), ragazzi e splendide ragazze del nord Europa.

Parole tue. “Di quel pandemonio che vi sto raccontando non rinnego nulla di nulla, né un gesto né una parola”.
Ora, però, ti dici “Un liberale che di risposte compatte ai problemi dell’oggi non ne ha nessuna,
uno che preferisce tirarsi indietro e sorridere dell’imbecillità talmente diffusa”.
Insomma, abiti la contraddizione coabitando con un egotismo antagonista?

Non rinnego nulla delle parole o dei gesti che ho fatto in quelle tre settimane del “joli mai”.
Detto questo non sono più uno studente acerbo alla ricerca di un destino e di un’identità e bensì
un cittadino repubblicano dell’Italia del terzo millennio che trema d’angoscia per il futuro del suo Paese.
Un futuro le cui topografie possibili nulla hanno a che vedere con quelle degli anni Sessanta.

Chi ha fatto il ’68, alla fine? I giovani, i figli di papà, gli operai, i partiti?
Tu scrivi: “Le sfumature di rosso non erano cinquanta ma duecento”.
Che cosa significa? Chi è il personaggio emblematico del Sessantotto?

Non c’è un personaggio emblematico del Sessantotto francese. Ce ne sono molti.
Ci sono i militanti dei “groupuscules” trockisti e maoisti, c’è un Cohn-Bendit per tre quarti anarchico e per un quarto marxista alla maniera della scuola di Francoforte (Adorno, Marcuse),
ci sono quelli irrorati dalla cultura e dagli atteggiamenti situazionisti (i cui libri sono i più venduti del tempo),
ci sono i tantissimi comprimari quale il sottoscritto, uno cui le giornate del “joli mai” divennero improvvisamente più luminose.
Ci sono i figli dei ministri gollisti e ci sono studenti che s’erano guadagnati una borsa di studio e che mangiavano al prezzo di pochi franchi alla Cité Universitaire

. .........E poi ci sono gli operai che lavoravano alla catena di montaggio della Renault, e quello è tutto un altro discorso.
 
Povera, povera, povera, oca.

Chi ci legge sa quanto ci siamo spesi per sottolineare come parte integrante della nostra cultura
sia essenzialmente connessa alla tradizione classica, giudaica e cristiana, senza voler però creare dei semplicistici steccati culturali.

Conoscete anche la nostra idiosincrasia per il politicamente corretto, perché, citando Emanuele Beluffi che a sua volta cita Pietro Nenni,
“A fare a gara a fare i puri, troverai sempre uno più puro che ti epura”, come in questo caso che vi raccontiamo.

Ebbene, in nome di una malintesa pluralità delle visioni del mondo in Italia è successo anche questo:
mettono delle tendine motorizzate per coprire le immagine sacre.

Questa non è una libera interpretazione di parole dette da altri, è proprio un virgolettato
(“…c’è la possibilità con delle tendini amovibili che salgono e scendono di coprire, qualora sia in corso una cerimonia laica, i simboli religiosi“)
che sta facendo tanto discutere in quel di Pieve di Cento (e in quel dei social).

A pronunciare questa frase è stata Alessandra Moretti, consigliere regionale del Veneto,
che, ospite di Paolo Del Debbio su Rete4 a Dritto e Rovescio, ha citato la suddetta proposta in un suo discorso,
generando lo sgomento degli altri ospiti e del pubblico.

Non l’ha presa bene l’opposizione cittadina e nemmeno Giorgia Meloni, che nella giornata di ieri
ha ritwittato dal suo account l’intervento della Moretti definendo “delirante” la proposta del Sindaco della cittadina della provincia di Ferrara.

“Coprire con delle tendine le croci e i simboli religiosi nei cimiteri…”.
Ma solo io trovo delirante tutto ciò?
Il 26 maggio aiutaci a difendere la nostra identità da chi vorrebbe cancellarla.https://twitter.com/GiorgiaMeloni/status/1122851562425024512?ref_src=twsrc^tfw

Ma facciamo un passo indietro: quali simboli sacri vorrebbe coprire il Sindaco della cittadina emiliana e perché?

Il progetto – ancora da approvare – andrebbe a installare delle tendine motorizzate volte a coprire immagini sacre,
tombe e crocifissi all’interno di una cappella e di un cimitero di proprietà del comune,
in modo tale che gli spazi possano essere utilizzati anche per funzioni laiche.

Ora, la domanda da porsi (oltre a quella su che fastidio possano dare dei simboli sacri) – dettata unicamente dal buon senso – è:
perché far infuriare i cattolici per far contenti i laici attraverso la solita mezza misura? Cosa si risolve in questo modo?

Non sarebbe meglio, anche se certamente più dispendioso, adibire un luogo alla “neutralità” e alla laicità (che è un diritto)
invece che coprire delle immagini di culto, delle tombe di famiglia, dei crocifissi, per non urtare la sensibilità di qualcuno, scomodando qualcun altro.

Siamo in Italia, lo Stato è laico e tutti hanno il diritto di avere un luogo neutrale dove celebrare un funerale
o una funzione laica o di qualsiasi altra natura diversa da quella cattolica, ma ammettendo per assurdo
che le immagini sacre possano infastidire qualcuno, installando delle semplici tendine vengono presi in giro prima di tutto i laici, oltre che i cattolici.

Forse sarebbe il caso di dare a queste persone, che evidentemente lo hanno richiesto,
uno spazio a loro dedicato
che – per quanto modesto – avrebbe evitato la perdita di tempo dovuta alle polemiche.

Rispettare la nostra identità culturale, fatta di una tradizione europea classica e giudaico-cristiana,
come di un retaggio repubblicano laico, vuol dire anche creare degli spazi per tutti,
rispettando realmente il pluralismo e non attuando mezze misure che offendono qualcuno, per far contento qualcun altro.
 
Messaggio rivolto a tutti quelli che si indignano per l'eventuale aumento dell'Iva del 3%

Bene. Prendete la bolletta elettrica che Vi è arrivata o che Vi arriverà in questa giorni.

Controllate la bolletta ANALITICA. Non quella che Vi mandano, dove vedete solo i totali.

Parte A - Quota Energia - Dispacciamento

DAL 01/02/2019 AL 28/02/2019 €/kWh 0,01079000
DAL 01/03/2019 AL 31/03/2019 €/kWh 0,01079000
DAL 01/04/2019 AL 19/04/2019 €/kWh 0,01273000

e troverete che - dal mese di Aprile - questa voce è aumentata del 20% - VENTI PER CENTO.

Avete letto qualche articolo indignato ?
L'unione consumatori ?

Tutti zitti.

Come quando nella "Spese per oneri di sistema" hanno inserito la voce "Quota Potenza"
praticamente doppiando la medesima voce contenuta nel "Spesa per trasporto energia".
 
Occhio.......

Gli arretrati del canone Rai non pagati? Ora saranno cancellati.
Di fatto è questa la novità più importante.


Nel caso della tassa tv non si tratta di una definizione agevolata, ma di una vera e propria sanatoria.
E ad andare in questa direzione è una recente sentenza della Cassazione depositata lo scorso 30 aprile (Leggi qui il testo)
che di fatto definisce in modo chiaro questa sanatoria. La "cancellazione" delle cartelle che riguardano la tassa tv riguarda tutti gli arretrati non pagati fino al 2010.
Il tutto deriva dal decreto fiscale del 2018 che come è noto ha eliminato le cartelle fino alla soglia dei mille euro.
L'importo medio del canone è di 114 euro e dunque rientra in questa fascia di tolleranza.
Infatti, come sottolienea laleggepertutti, questa soglia non si riferisce all'ammontare totale della cartella ma all'importo di ogni singola voce iscritta a ruolo
.L'altro dato da tenere in considerazione su questo fronte è quello temporale.
Per poter beneficiare della "sanatoria" sul canone, il debito dovuto deve essere iscritto a ruolo tra l'anno 2000 e il 2010.

In questo momento ammontano a 12 milioni di euro i carichi fiscali che sono stati cancellati dalle Entrate sotto la soglia dei mille euro.
Il dl 119/2018 su questo punto è abbastanza chiari.

Tutti i debiti fino a mille euro affidati alle Entrate Riscossione iscritti a ruolo dall'1àgennaio 2000 al 31 dicembre 2010 vengono "automaticamente" annullati.

E in questo quadro arriva una sentenza della Cassazione che spiana la strada alla cancellazione degli importi dovuti per l'imposta tv.

La Suprema Corte ha sentenziato che per questi casi arriva la "cessazione della materia del contendere".
Nel caso specifico della Cassazione, la cartella che è stata annullata era stata notificata il 12 luglio del 2008.
I giudici hanno sottolineato che nelle more del processo è entrato lo "stralcio".
Da qui è stata applicata in modo automatico la cancellazione di quanto dovuto.
Adesso la sentenza della Suprema Corte di fatto spalancherà le porte ad una valanga di stralci delle cartelle che rguardano l'imposta del canone Rai.
 
Ma non ne ha avuto abbastanza ? Aumentiamo l'Iva. Che colpisce chi consuma . Non la patrimoniale.
Che colpisce l'80% degli Italiani che hanno casa e deposito in banca.

Dopo aver messo imposto l'austerity negli anni della crisi, Mario Monti torna a chiedere di metter le mani nelle tasche degli italiani.


Lo fa in un lungo colloquio con il Foglio nel quale non manca di criticare il governo gialloverde e invocare l'ennesima stangata.
Soprattutto ora che l'esecutivo guidato da Giuseppe Conte deve fare i conti con le famigerate "clausole di salvaguardia" che potrebbero far scattare l'aumento dell'Iva.

Così mentre la maggioranza cerca di far quadrare i conti senza rinunciare all'assistenzialismo promesso dai 5 Stelle in campagna elettorale,
l'ex premier suggerisce di imporre una nuova patrimoniale: "Non ci sarebbe niente di strano", dice,

"Una patrimoniale annuale ad aliquota moderata esiste in vari Paesi che consideriamo civili come o più del nostro.
Se vogliamo che l'occupazione aumenti, non basta stimolare la domanda, meglio se con gli investimenti che invece scarsegiano.
Occorre anche rendere meno pesanti, come avviene in altri paesi, gli oneri fiscali e sociali sul lavoro".

Poi però se la prende con l'alleanza Lega-5Stelle: "Il punto però è un altro, secondo me", accusa
"Per introdurre un'imposta patrimoniale, ci vuole un governo serio. Serio nel senso che tenga più al bene del paese che al proprio consenso giornaliero nei sondaggi".
 
Bene. Bravi. Fate lo stesso con radio radicale, però.

il ministero dello Sviluppo Economico e del Lavoro, con una lettera firmata dalla direzione generale per i servizi di radiodiffusione e postali,
ha ordinato all'emittente radiofonico della Lega di sospendere, immediatamente, tutte le trasmissioni sulla rete digitale dell'Eurodab,
l'operatore di rete autorizzato dal Ministero competente per la diffusione di segnali radiofonici in tecnologia DAB-T (Digital Audio Broadcasting).

Il fatto Radio Padania riuscisse a diffondersi ovunque, diventando megafono su scala nazionale di Matteo Salvini,
non poteva che turbare e infastidire (ulteriormente) il Movimento 5 Stelle e il suo leader,
che con l'intervento del suo Dicastero ha così deciso di porre un freno alla cosa e di "oscurare"
le frequenze nazionali dell'emittente che trasmette ancora dalla storica sede della Lega in via Bellerio, a Milano.

"Si invita la società a sospendere immediatamente la trasmissione dei propri contenuti al Consorzio Eurodab
(autorizzato, in ambito nazionale, a trasmettere con la tecnica del digitale) e si comunica che, in caso di reiterata violazione,
questo ministero procederà all'avvio del procedimento di revoca dell'autorizzazione rilasciata alla Radio Padania Libera il 28 agosto 2018".
 
Le mani e gli occhi del Fisco sui conti correnti dei contribuenti.

La Superanagrafe è pronta per il debutto.

Dopo una fase di seprimentazione c'è il via libera al piano fiscale che andrà a controllare i movimenti (prelievi e accrediti) di ogni singolo titolare di un conto corrente.

Il tutto per incrociare i dati in possesso dell'Agenzia delle Entrate e della Guardia di Finanza e per scovare i presunti evasori.

Come sottolinea il Sole 24 Ore, il nuovo corso dei controlli fiscali metterà nel mirino proprio le persone fisiche.

Tutte le informazioni che rigurdano i risparmi degli italiani entreranno nel flusso delle banche dati di fiamme gialle e delle Entrate.
Dall'operazione messa in campo dal Fisco nasceranno alcune liste di contribuenti che serviranno successivamente a mettere in atto controlli più rigidi.
Per fare chiarezza all'interno di questi flussi di dati non saranno certo presenti le singole operazioni di accredito e di prelievo:
saranno presenti i saldi di inizio e fine anno, la somma degli addebiti e degli accrediti e la giacenza media annuale.
In questo quadro va sottolineato che la prima fase dei controlli è già stata avviata lo scorso anno con un incrocio di dati relativi a alle società a responsabilità limitata.


E le maglie strette del Fisco hanno già dato i primi risultati in questa direzione.
Infatti sono state messe nel mirino tutte quelle situazioni a rischio evasione come ad esempio
i casi di chi ha ricevuti accrediti di grosse cifre poi omesse nella dichiarazione dei redditi o dell'Iva.
 
Chissà se controlleranno anche le rimesse all'estero ?

Quelle che seguono "certi canali" che non passano dal conto corrente ........
 
Mi sa che - anche in questo caso - i giudici siano "assenti" non giustificati.
Ma scherziamo ? Tso ? Uno così, con "precedenti", dovrebbe stare in galera.

Anziana aggredita a Como per aver rifiutato l’elemosina all’uscita da un panificio in via Varesina.

È quanto accaduto intorno a mezzogiorno quando la vittima, una donna di 79 anni, dopo aver concluso il suo acquisto, stava facendo ritorno verso casa.

Nelle vicinanze si trovava anche un 43enne italiano, personaggio noto alle forze dell’ordine a causa di una serie di precedenti
e per essere persona affetta da problemi di natura psichiatrica. L’uomo ha avvicinato l’anziana, sbarrandole la strada e domandandole del denaro.

Il rifiuto a quella richiesta ha causato l’improvvisa e violenta reazione del 43enne il quale, senza pronunciare alcuna parola,
ha colpito la donna con una violenta testata in pieno volto. Crollata a terra e sanguinante, la vittima è stata soccorsa dai sanitari del 118,
accorsi sul posto in seguito alle segnalazioni inoltrate da alcuni passanti.
Per lei, trasportata al Sant’Anna di Como, la frattura del setto nasale e tanta paura.

Il responsabile è stato tratto in arresto dagli uomini della questura di Como e trattenuto all’interno di una cella di sicurezza con l’accusa di lesioni personali aggravate.

Il giudizio direttissimo è arrivato durante la mattinata di ieri, ma è stato condizionato dalle problematiche di natura psichica dell’imputato.
Il giudice ha infatti determinato per il 43enne un ricovero di 15 giorni in ospedale, necessario per un trattamento sanitario obbligatorio (Tso)
 

Users who are viewing this thread

Back
Alto