Non si può più consentire che l’eventuale salvataggio delle banche in difficoltà debba essere fatto ricadere sul contribuente pubblico a livello nazionale, come peraltro sta ancora avvenendo in Spagna con Bankia e nella stessa Olanda con Sns Reaal. In quest’ultimo caso, tuttavia, anche i detentori di debito sono stati chiamati a sopportare le conseguenze del fallimento. Nella crisi di Cipro, la Banca Laiki è stata chiusa, con la creazione di una bad bank; inoltre, i depositanti al di sopra del limite europeo di assicurazione (100mila) hanno contribuito al riassetto finanziario. Gli episodi sopraindicati confermano che occorre, da un lato, creare un sistema di intervento unico a livello europeo; dall’altro, rompere il circolo vizioso collegato al convincimento che le grandi banche saranno comunque salvate. Man mano che crescono e diventano più complesse, esse ricevono sussidi pubblici impliciti, che distorcono la concorrenza a sfavore delle banche medio-piccole. Le grandi banche hanno mostrato, pertanto, un incentivo perverso ad assumere rischi non sostenibili, soprattutto con le attività di trading e l’utilizzo di prodotti derivati sempre più complessi e opachi, nel convincimento che i guadagni delle scommesse sarebbero privatizzati, le eventuali perdite socializzate. In molti casi, la ricerca spasmodica di rendimenti di breve periodo è sfociata anche in attività illecite o illegali. La caduta, senza reti di prevenzione e di protezione, di una grande banca avrebbe, peraltro, effetti negativi sulla stabilità economica e finanziaria. Per questo è necessario predisporre un meccanismo di rapida azione correttiva ed eventualmente di risoluzione, anche prima del fallimento. L’esigenza di una risposta europea sta, inoltre, nel complesso problema giuridico di interventi pubblici a livello nazionale in banche prima dell’insolvenza. Gli azionisti potrebbero successivamente attivare azioni legali con l’accusa di confisca. Anche sotto questo profilo, il Dodd-Frank Act (Titolo II) rappresenta un interessante modello per una soluzione operativa e giuridica. Comunque, il sistema di assicurazione dei depositi deve rapidamente diventare “unico” in Europa. Nella prospettiva di far condividere i costi degli interventi a favore delle banche in (o vicine al) default ai detentori di debito, si dovrebbe esaminare la possibilità di farli entrare nella corporate governance delle banche, per introdurre checks and balances interni all’azzardo morale e all’eccesso di rischio. Resta da sottolineare che tutti i principali Paesi europei si sono dotati o si stanno dotando di meccanismi di risoluzione nazionali. L’Italia non può sottrarsi a questa riflessione, soprattutto se la Germania avrà successo nella strategia dilatoria per la creazione della Authority di risoluzione a livello di Eurozona. Sottolineo, infine, che sarebbe opportuno prevedere la separatezza fra il supervisore bancario unico e l’autorità di risoluzione: quest’ultima non può non dipendere anche da scelte di competenza del Consiglio; inoltre, il “Guardian Angel” deve essere distinto dal “Terminator”.
Il nodo dell’autorità di risoluzione diventa un pretesto per lo stop ma intanto la ripresa si allontana - Economia e Finanza con Bloomberg - Repubblica.it