SOLITAMENTE SEGUO UNO SCHEMA:

Vuoi essere contro natura ? Sono affari tuoi.

Ma non puoi impedirmi di esprimere il mio dissenso per una tua deviazione sessuale.

Anche a Lecco si manifesta contro il disegno di legge depositato il 30 Giugno dal deputato del PD Alessandro Zan sull’omostransfobia ora in discussione in Parlamento.

Il sit-in è andato in scena ieri sera, Giovedì 16 Luglio, in centro dove i manifestanti sono scesi in Piazza XX Settembre
per esprimere il loro dissenso all’istituzione di un nuovo reato, quello di omotransfobia, che, viene spiegato,

"non viene definito dal legislatore, lasciando quindi spazi a interpretazioni e derive liberticide
che potrebbero colpire coloro che si esprimono pubblicamente in modo non allineato al pensiero mainstream".

1594979489394.png
 
A promuovere l’evento, a Lecco come in altre piazze in giro per il Paese, i gruppi politici e non
che credono che l’attuazione della legge non tuteli le persone dalla discriminazione ma bensì limiti la libertà di opinione, espressione, stampa e religione.

“Una legge ingannevole poiché si presenta come necessaria per punire le violenze contro le persone con attrazione per lo stesso sesso.
Ma chiunque sa già che ogni violenza è già punita dal nostro ordinamento giuridico ed esistono aggravanti da applicare dove necessarie.
Si tratta quindi di una legge inutile."
1594979597928.png
 
"Ma, è anche una legge pericolosa perché mira ad istituire il reato di omostranfobia
che non viene definito dal legislatore che lascia enormi spazi di interpretazione.

In caso di approvazione del testo sarà possibile per chi gestisce una palestra vietare ai maschi transgender
(che si “sentono” donne) l’ingresso nello spogliatoio delle donne?
Sarà possibile per un genitore chiedere che il figlio non partecipi ad attività scolastiche inerenti temi sensibili sulla sessualità e la famiglia?
Sarà ancora possibile per un sacerdote spiegare la visione cristiana del matrimonio?
Sarà possibile dire pubblicamente che la pratica dell’utero in affitto è un abominio o dirsi contrari alla legge sulle unioni civili?

Per tutte queste domande c’è una sola risposta, no".

“Il disegno di legge Zan prevede una vera e propria rieducazione del cosiddetto omostrasfobico
che deve essere rieducato secondo il pensiero dominante. Nel tempo in cui il potere si accentra nella mani di pochi
l’istituzione del reato di opinione è un passo ulteriore verso la censura del dissenso ecco perché oggi siamo qua in piedi”

I cartelli “difendiamo la libertà di espressione”, “In piedi per la libertà”, “Restiamo liberi di pensare”
in mano ai partecipanti distribuiti a scacchiera nel rispetto della distanza interpersonale di un metro hanno dato voce al dissenso.

1594979786962.png
 
Questi sono dei veri e propri dementi.
Ci limitano le libertà personali e poi ci mettono in questi casini.

CHIUDERE I PORTI buffoni. Mandateli in germania .

Il contagio nei centri migranti adesso inizia a fare davvero paura.
Dopo le rivolte esplose in Calabria e in Sicilia e con le prime avvisaglie anche a Roma,
adesso ad avere paura è Jesolo, dove in un centro della Croce Rossa sono stati trovati positivi al tampone 42 migranti più un operatore sanitario.


Il focolaio è stato reso noto dallo stesso Comune di Jesolo e dai vertici della Usl 4,
mentre il Comune ha già chiesto alla Questura un presidio di forze dell'ordine all'esterno dell'hub.

Un pericolo per i residenti di Jesolo che non può essere tralasciato, specialmente perché i controlli di questi centri
rischiano di essere molto spesso estremamente blandi e non è difficile trovare il modo di fuggire.
 
Questo governo, di fronte al "rischio" di non avere i numeri per imporre ai cittadini lo stato di emergenza, ha trovato la soluzione!

Importare dall'estero e distribuire equamente sul territorio clandestini infetti,
che poi nessuno può controllare (se non con "gentili inviti" per non violare i loro inalienabili diritti)
e poter così giustificare una nuova chiusura del paese fino a completa distruzione dello stesso.
 
Solo un beota privo di cultura e imbevuto di ideologia poteva pensare che il virus non sarebbe arrivato tramite la migrazione di clandestini non autorizzati.

I virus viaggiano, lo hanno sempre fatto.

Se poi la migrazione è selvaggia e senza controllo, anche il virus diventa selvaggio e sfugge ad ogni controllo.
 
Ci hanno reclusi per mesi agli arresti domiciliari,
hanno minato le più basilari libertà,
distrutto l'economia del paese,
bombardato giorni interi di dati e statistiche fasulle ,
di obblighi di comportamento mediante decreti al limite del paradosso,
dopo tutto ciò importiamo frotte di contagiati a spese della comunità .
 
Il Governo ha trovato l’intesa per la graduale uscita della famiglia Benetton dalla gestione di Autostrade per l’Italia (Aspi), evitando la revoca della concessione.

Allora tutti contenti per la quadra trovata?

Non proprio.

La reazione dei partiti all’accordo notturno non è stata univoca.

I grillini si sono lasciati andare a un entusiasmo fuori misura per il successo colto, a sentir loro,
grazie alla tenacia nel volere buttare fuori dalla partita la famiglia Benetton.

Peccato che l’imperativo categorico dei pentastellati fosse stato, fino alla vigilia della giravolta, “Revoca, null’altro che revoca”.

Soddisfatti ma senza enfasi i dirigenti del Partito democratico che puntavano essenzialmente a un profondo cambio di indirizzo dell’Azienda.

Non volevano la revoca delle concessioni ad Aspi per il timore che la situazione degenerasse in un salto nel vuoto.

Ancor più fredda la risposta di Italia viva.

Matteo Renzi plaude allo scampato pericolo di una rottura traumatica con il gruppo Benetton.

Inevitabile che, ad accordo raggiunto, il “Rottamatore” rivendicasse la ragionevolezza della sua linea, dettata al premier in tempi non sospetti.


Per Renzi l’unica soluzione praticabile avrebbe comportato l’ingresso di Cassa depositi e prestiti nel capitale di Aspi
e la sua successiva trasformazione in una public company con una presenza della mano pubblica nella governance.

E così è stato.

Le opposizioni, invece, all’unisono denunciano la demagogia delle forze di governo nello spacciare per vittoria
un sostanziale cedimento dello Stato agli interessi del maggiore azionista di Aspi:

la società Atlantia il cui dominus è la famiglia Benetton.

Carlo Calenda, in un commento affidato ai social, se la prende con Giuseppe Conte ridicolizzandone i commenti encomiastici.

Scrive l’ex ministro dello Sviluppo Economico nei Governi Renzi e Gentiloni:

“Guarda (Conte, ndr) che hai solo detto che vi ricomprerete un’azienda (direi accollandovi 8 mld di euro di bond e pagandone 3 ai Benetton)”.

Un calcio negli stinchi ai demo-penta-renziani.

Già, perché il punto nodale che suggerisce la sospensione del giudizio sull’operazione condotta dal Governo Conte si focalizza sul costo per la collettività dell’uscita soft dei Benetton.


Un conto sarebbe stata l’attivazione della revoca, pur gravata dall’alea di un eventuale risarcimento miliardario da corrispondere al concessionario revocato;

tutt’altra storia è una transazione nella quale le parti concordano una risoluzione del rapporto molto onerosa per il pubblico.

A un evento incerto e futuro ne subentra uno certo e immediato:

l’ingresso di Cassa depositi e prestiti e di altri investitori istituzionali graditi al capocordata che comporta
l’esborso di alcuni miliardi destinati in parte a dare liquidità al colosso delle autostrade per affrontarne i debiti e in parte nelle tasche del venditore.

Ma quale sarà la quotazione delle singole azioni al momento dell’acquisto?

Il Governo non lo sa.

Lo scoprirà nel corso della trattativa che continua.

Nel frattempo, c’è un convitato di pietra che non sta a guardare: il mercato.

Il direttore Franco Bechis sul quotidiano Il Tempo ha minuziosamente ricostruito i movimenti in Borsa del titolo Atlantia
nelle ore seguite alla conclusione del negoziato svolto all’interno del Consiglio dei ministri nella notte tra martedì e mercoledì
e addolcito dall’arrivo di un vassoio colmo di cornetti caldi offerti dal ministro Vincenzo Spadafora agli assonnati colleghi.


Stando ai conti di Bechis, i Benetton si sono ritrovati in tasca 768,9 milioni di euro per effetto dello straordinario rimbalzo del valore delle azioni Atlantia (+26,65%),
nella mattinata di mercoledì quando si è diffusa la notizia che non ci sarebbe stata la sbandierata revoca delle concessioni autostradali ad Aspi.

L’impennata del titolo Atlantia ha trascinato verso l’alto le quotazioni di tutte le controllate della galassia Benetton.

Il segnale che viene dal mercato indica che l’intesa raggiunta non sia stata un cattivo affare per i re della maglieria.

Se è così di quali trionfi vanno blaterando i cinque stelle?

C’è una regola nel mondo degli affari: se qualcuno guadagna, da qualche parte ci deve essere qualcuno che perde.

Non vorremmo che la vittima sacrificale fosse la comunità nazionale costretta a ricomprare ciò che già avrebbe dovuto appartenerle
ma che una scellerata politica di finte privatizzazioni ha regalato a un manipolo di affaristi.


Ad essere intellettualmente onesti bisogna riconoscere che la concessione data ai Benetton sia stato un atto semplicemente scandaloso.

Come altrimenti definire la cessione a fini speculativi di un monopolio naturale su un’infrastruttura strategica per l’interesse nazionale
contro cui non è possibile alcuna forma di libera concorrenza?

A riguardo, i grillini hanno avuto buon gioco nel promettere agli italiani che avrebbero posto rimedio all’ingiustizia commessa dalla cattiva politica.


Il crollo del ponte Morandi a Genova gli ha fornito il pretesto per un’operazione propagandistica in grande stile.

Poi c’è stato il carico da novanta: il sospetto che tanta munificenza verso i Benetton celasse un intrigo illecito:
la trasformazione di Aspi in una sorta di obolo di San Pietro per la politica, in sostituzione dell’abrogata legge sui fondi pubblici ai partiti.

E di quest’obolo i Benetton sarebbero stati i grandi elemosinieri.

Una brutta storia che se accertata getterebbe ulteriore discredito sulla classe politica e, in qualche misura,
giustificherebbe gli impulsi antipartitici che s’intensificano nel comune sentire dell’opinione pubblica.

Bene comunque che i Benetton escano dalla partita autostrade ma non se la separazione dovesse costare un occhio della testa allo Stato.

Se ogni giudizio è prematuro ciò che la libera informazione può fare è di vigilare sulle tappe successive di un negoziato che durerà a lungo.


Tuttavia, un faro dovrà restare puntato su Consob.

I giri sulle montagne russe che il titolo Atlantia ha fatto nel volgere di poche ore, sprofondando e rimbalzando in modo anomalo, non sono passati inosservati.

Qualcuno adesso vuole sapere dall’organo di vigilanza sulle attività borsistiche se a spingere l’altalena dei ribassi e dei rialzi sia stata la manina della speculazione finanziaria,
informata in anticipo sulle intenzioni del premier Conte di giungere a una conclusione favorevole ai Benetton dopo aver dato per certa la revoca delle concessioni.

Sarebbe assai sgradevole scoprire che le talpe, già indesiderate ospiti negli orti delle residenze patrizie ai Castelli romani, si siano trasferite in massa a Palazzo Chigi.
 
Mentre i più erano ancora impegnati ad apprezzare l’ipnotica interpretazione dell’ex ministro Danilo Toninelli,
che è riuscito, non senza una certa dose di talento recitativo, a dimostrare sul caso Benetton proprio l’esatto contrario di quanto andava annunciando,
ci siamo imbattuti nella storia, decisamente più interessante, di Bari Weiss, l’ex responsabile commenti del New York Times.

Peraltro, la vicenda meriterebbe più di un’affrettata riflessione, perché la dittatura del politicamente corretto
si sta diffondendo con una rapidità tale, ormai al pari della pandemia che ha investito il pianeta, da meritare una ferma risposta.
E sono proprio persone come la Weiss, collega dalla schiena dritta, che vive in una realtà spazialmente distante
ma con dinamiche molto simili alla nostra, gli unici vaccini che abbiamo a disposizione per contrastare la sciagura del pensiero unico.

Perché purtroppo, giornalismo e libertà d’espressione non sembrano più andare d’accordo
e chi guarda le cose da un’angolatura diversa viene confinato in uno spazio sempre più angusto (quando gli va bene).

O meglio, il rapporto pare incrinarsi quando la storia che il giornalista racconta, uso parole della Weiss tratte dalla lettera con cui spiega il motivo delle dimissioni presentate al Nyt,

«È diventata effimera, modellata per soddisfare le esigenze di una narrazione predeterminata».

Perché, a quanto pare, sono state proprio le sortite nel terreno del «pensiero sbagliato»
ad aver scatenato contro la brava giornalista una serie di reazioni scomposte, irrispettose e umilianti da parte di colleghi contagiati dal virus della censura preventiva.


Menti da considerare intellettualmente squagliate se incapaci di accettare un normale confronto di opinioni che dovrebbe essere,
peraltro, la base su cui poggia qualsiasi tipo di contraddittorio.

E invece no.

Perché i paladini del pensiero unico ortodosso, quello “ideologicamente kosher”, sfruttano la ricchezza fornita dalla diversità di vedute
esclusivamente per alimentare la gogna del disprezzo.


Così, il fetore di certi commenti attraversano in un lampo l’Oceano, e giungono fino a noi
utilizzando la corrente del web e la sua onda putrescente trasforma, per l’occasione, il mare della libera informazione nella latrina a cielo aperto tanto cara ai liberal de noantri.

Perché, uso sempre parole della Weiss (perfette pure alle nostre latitudini) «Il veleno online è giustificato, a patto che sia diretto contro i giusti bersagli».

Se il mondo s’è trasformato in un inginocchiatoio collettivo al solo scopo di promuovere, servilmente e a testa bassa, la causa progressista, noi preferiamo restare fedeli ai nostri principi.

E, giocando di sponda in un improvvisato gioco di specchi fra opposti, possiamo definirci evolianamente in piedi sopra le rovine della libertà di espressione,
pur nell’esigenza popperiana di alimentare i dubbi, senza possedere – a differenza di altri – la verità.

Per questo motivo, rileggere, ora, le parole con cui chiude la sua lettera Bari Weiss fa aumentare il disappunto ma, proporzionalmente,
anche la voglia di lottare per una professione in grado di battersi per il confronto delle idee senza imposizioni preconfezionate dagli ultrà della “cancel culture
e promosse dagli attivisti dal cinguettio facile in servizio permanente effettivo.

«E mi sono sempre confortata con la convinzione che le idee migliori alla fine vincono. Ma le idee non possono vincere da sole.
Hanno bisogno di una voce. Hanno bisogno di essere ascoltate. E soprattutto devo essere sostenute da persone disposte a rispettarle».

Se il giornalismo incardinato sul dibattito avesse il mare (fatto di idee), sarebbe una piccola Bari Weiss.
 

Users who are viewing this thread

Back
Alto