Solo politica

  • Creatore Discussione Creatore Discussione Stic@zzi
  • Data di Inizio Data di Inizio
Con queste tariffe anche i posti di lavoro sono a rischio?


Personalmente non credo che questo possa tradursi in un crollo dell’occupazione o in un’ondata di licenziamenti.

Le aziende agroalimentari italiane hanno ancora margini per ottimizzare le vendite nel mercato interno
e per trovare sbocchi alternativi all’estero.

È vero che certi compratori, come quelli americani di fascia alta, non si trovano ovunque,
ma non credo che la situazione porterà a una crisi occupazionale.
 
Stiamo vivendo un momento storico di grande trasformazione nel settore del largo consumo.

È un periodo in cui si moltiplicano le acquisizioni, i cambi di proprietà, i passaggi di insegne.

Non mi sorprende quindi né un’uscita né un’acquisizione.

Secondo me tutto questo è figlio di un processo ormai ineluttabile di concentrazione,
simile a quello che abbiamo visto nel settore bancario.

Mi piace fare questo parallelo:

come nel mondo del credito si è parlato di "risiko bancario",
così oggi assistiamo a una vera e propria riorganizzazione della distribuzione
,

dove contano sempre di più le economie di scala, le sinergie e la capacità di agire su scala nazionale o internazionale.


Quindi, pur senza commentare nel merito l’operazione Carrefour–NewPrinces,
osservo un mercato molto vivo, con grande fermento sia nel retail alimentare che nel mondo bancario.

E secondo me non è finita: da qui a fine anno potremmo assistere ad altri movimenti importanti.
 
I giornalai da strapazzo e le tv, non passeranno MAI questa intervista.

Cosa pensa dell’accordo trovato tra USA e UE sul tema dei dazi?
Molti parlano di una sconfitta per Bruxelles, troppo debole per negoziare. È davvero così?



I dazi ci sono sempre stati.

Stiamo cercando di ingigantire qualcosa che, in realtà,
fa parte del commercio internazionale da sempre.


Alcuni dazi, peraltro, erano già più alti del 15% stabilito ora:
pensa ai formaggi, che già oggi pagano quel livello di tariffa.

Quindi in certi casi, se venisse confermato il 15%,
potrebbe persino essere visto come un miglioramento.
In centro a San Diego c'era un supermarket di prodotti italiani, il Mona Lisa, dove i prezzi erano più da oreficeria che da alimentari. Il grana lo vendevano a 50/60 dollari a kg, più di 10 anni fa. Non penso il dazio del 15% farà una gran differenza per loro
 
Non lo incontrerò mai, ma dovesse capitare per sbaglio, qui lo dico e lo faccio, gli sputo addosso.

Cosa succede quando una delle holding più potenti d’Europa smette di giocare in casa
e cambia completamente campo da gioco?

Succede che si chiama Exor,
che la guida è nelle mani di John Elkann,
e che ogni mossa (anche la più banale) è in realtà parte di un disegno ben preciso.

L'ultima è arrivata proprio ieri, quando Exor ha annunciato l’uscita da Iveco,
cedendo la sua quota del 27,1% a Tata Motors,
in un’operazione da 3,8 miliardi di euro.


Per chi conosce la storia del gruppo Agnelli, è la chiusura di un’epoca.

Per Elkann, forse, è solo un altro passo in avanti.
 
L’addio a Iveco non è però un caso isolato.

Negli ultimi dieci anni, Exor ha sistematicamente venduto asset storici,
alleggerendo il portafoglio per concentrarsi su settori a più alto potenziale.

E l'elenco è lungo.

Il primo colpo era arrivato già nel 2015 con la cessione di Cushman & Wakefield per 1,28 miliardi di dollari,
seguita a ruota dalla vendita delle quote in Banijay e Banca Leonardo.


Poi è toccato a Magneti Marelli, storico gioiello della componentistica automobilistica italiana,
venduto tra il 2018 e il 2019 a KKR/Calsonic Kansei per una cifra tra i 5,8 e i 6,2 miliardi.
Allora a vendere fu formalmente FCA, ma la regia era tutta Exor,
che incassò plusvalenze superiori al miliardo.


Era il preludio della grande ritirata
 
Poi Exor ha iniziato a "disfarsi" anche delle partecipazioni di peso,
e a febbraio 2025 ha venduto un altro 4% di Ferrari per 3 miliardi di euro,
riducendo la partecipazione al 20,8% ma restando azionista di controllo.

Un'operazione che ha sorpreso i mercati e fatto capire che nemmeno il Cavallino è più intoccabile.

L’ultimo anello a cadere è stato Iveco.
Con 36.000 dipendenti, di cui 14.000 in Italia,
una capitalizzazione di oltre 4 miliardi
e un primo trimestre 2025 chiuso con ricavi in calo del 10% e utili dimezzati,
la storica azienda torinese, erede del ramo "commerciale" della vecchia Fiat, passerà nelle mani degli indiani.


Tata punta ad ampliare la propria rete industriale e commerciale in Europa,
ma c’è chi teme che userà Iveco come porta d’ingresso per piazzare veicoli costruiti in India.
 
Dal 2015 a oggi, Elkann ha guidato una vera e propria dismissione di massa.

Solo contando le vendite principali - PartnerRe, Ferrari, Magneti Marelli, Iveco -
Exor ha incassato oltre 18 miliardi di euro.

Se aggiungiamo le uscite minori, si arriva a superare i 20 miliardi.

Alla fine, forse, la domanda non è se Elkann stia facendo bene o male,
ma se l’Italia sia pronta a fare a meno del suo principale capitalista industriale.


Perché, piaccia o no, Exor ha già cambiato serratura.
 
Non si trova la soluzione.....io ce l'avrei ..........

Sorprende la decisione della Corte di Giustizia UE
in merito ai Paesi sicuri di provenienza dei migranti illegali.

Ancora una volta la giurisdizione, questa volta europea,
rivendica spazi che non le competono, a fronte di responsabilità che sono politiche.

La Corte di Giustizia Ue decide di consegnare a un qualsivoglia giudice nazionale
la decisione non sui singoli casi, bensì sulla parte della politica migratoria
relativa alla disciplina dei rimpatri e delle espulsioni degli irregolari.


Così, ad esempio, per l’individuazione dei cosiddetti Paesi sicuri
fa prevalere la decisione del giudice nazionale, fondata perfino su fonti private,
rispetto agli esiti delle complesse istruttorie condotte dai ministeri interessati e valutate dal Parlamento sovrano.


È un passaggio che dovrebbe preoccupare tutti
– incluse le forze politiche che oggi esultano per la sentenza -
perché riduce ulteriormente i già ristretti margini di autonomia
dei Governi e dei Parlamenti
.

La decisione della Corte indebolisce le politiche di contrasto all’immigrazione illegale di massa e di difesa dei confini nazionali.
 
È singolare che ciò avvenga pochi mesi prima della entrata in vigore del Patto Ue su immigrazione e asilo,
contenente regole più stringenti, anche quanto ai criteri di individuazione di quei Paesi:
un Patto frutto del lavoro congiunto della Commissione, del Parlamento e del Consiglio dell’Unione europea.

Il Governo italiano per i dieci mesi mancanti al funzionamento del Patto europeo
non smetterà di ricercare ogni soluzione possibile, tecnica o normativa, per tutelare la sicurezza dei cittadini.
 

Users who are viewing this thread

Back
Alto