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l consumo medio di latte è aumentato del 90% negli ultimi 50 anni.

Come spiega Simona Savini della campagna Agricoltura Greenpeace Italia,

«L‘essere umano è l‘unico mammifero che continua ad assumere latte anche in età adulta».

Il passaggio a bevande vegetali potrebbe rappresentare un‘ottima alternativa.

Le quote latte ricevono sussidi, mentre invece il latte di soia ha un prezzo maggiorato.
Dunque resta un‘opzione solo per le fasce più abbienti della popolazione.

È anche vero, ricorda Chiara Caprio, che un atteggiamento oltranzista o dogmatico non serve a niente:

«Basta ridurre drasticamente. Già assisteremmo a risultati notevoli».

Modificare le proprie abitudini alimentari ha un enorme potere di mitigazione sugli effetti del cambiamento climatico.

Specialmente in una fase come quella attuale,
dove gli studi confermano che i prossimi dieci anni saranno cruciali
e bisogna pertanto concentrarsi su azioni immediate.

Ridurre il numero degli animali allevati comporta una diminuzione immediata del metano,
legato strettamente ai processi fisiologici dei ruminanti e dunque a un calo delle emissioni.

Ricordiamo che il metano, se rilasciato in atmosfera, ha un potere di riscaldamento di 80 volte maggiore a quello della normale Co2.

Rendere più sostenibili e artigianali gli allevamenti o, ancor prima,
iniziare a mangiare meno carne è un processo paradossalmente facile,
ben più semplice di convertire tutte le fonti fossili o attendere che ribaltino il settore energetico dall‘oggi al domani.

RAGAZZI MA ESISTE VERAMENTE QUESTO GENERE DI FESSI.
CHIUDIAMO TUTTO ALLORA E TUTTI CON IL REDDITO DI CITTADINANZA
FELICI E CONTENTI
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Il consumo di latte è intrinsecamente correlato al consumo di carne bovina,
e smorzarlo significa compiere scelte etiche non solo nei confronti degli animali o del clima,
ma anche nei confronti dei lavoratori, stretti nella stessa morsa dell‘iper produttività industriale colpevole di sfigurare il pianeta.

Il mercato massificato comporta per gli allevatori margini assai bassi, i cui prezzi fissi sono stabiliti dalle cooperative.

Sono pertanto costretti a produrre sempre più latte e ad allevare sempre più animali, senza neppure un ritorno economico.

QUESTA PARLA DI "MUTAZIONI CLIMATICHE" FACENDO FINTA DI NON SAPERE
CHE LE MUTAZIONI CLIMATICHE DIPENDONO DA ALTRO FATTORE E NON SONO DA NOI MUTABILI

«Va bene salvare l‘esportazione per alcune eccellenze,
ma di che eccellenza parliamo se è concepita penalizzando la qualità?», si chiede Simona Savini.

«L‘accesso all‘alimentazione sana è un diritto.
Dovremmo produrre meno: non abbiamo bisogno di milioni di litri di latte all‘anno.
Indirizziamo i fondi pubblici a politiche di sostegno.
Altrimenti sarà il cambiamento climatico ad asfaltare certi settori».


SINO AGLI ANNI 80 CI DICEVANO CHE LA TEMPERATURA DEL GLOBO
SI STAVA ABBASSANDO DI 1/2 GRADI CON RISCHIO GLACIAZIONI.
 
Mai dimenticare chi cerca di dirigere il mondo....naturalmente a loro vantaggio

“Non avrai nulla e sarai felice”: è questo il messaggio lanciato da un giovane dal sorriso smagliante
sulla piattaforma istituzionale del Forum di Davos, quell’organismo internazionale
che abbiamo imparato a conoscere per la sua capacità di prevedere e indirizzare gli eventi futuri a livello globale.

Era il 2017 e nelle sue Otto previsioni per il mondo nel 2030
metteva al primo posto proprio la fine del concetto di proprietà di beni da parte dei cittadini,
per sostituirlo con quello di fruizione di servizi divenuti gratuiti grazie al rimpiazzo del lavoro umano con le nuove intelligenze artificiali.
 
Era il sogno distopico raffigurato in Benvenuti nel 2030,
dove la proprietà privata e la privacy non esistono,
dalla danese Ida Auken, sempre sul sito del Forum di Davos

(l’articolo originale, come si può verificare dal link https://www.weforum.org/agenda/2016/11/shopping-i-can-t-really-remember-what-that-is/,
risulta stranamente rimosso, analogamente a quanto abbiamo visto con il documento della Rockefeller Foundation).


Un futuro, molto prossimo, in cui insieme al concetto di proprietà viene abolita anche la privacy,
dove non solo tutto ciò che faremo, ma anche ciò che penseremo o sogneremo verrà monitorato,
con il fine, inequivocabile per i fautori del nuovo mondo,
di realizzare un bene collettivo superiore e traghettare l’umanità verso un futuro idilliaco,
rispettoso dell’ambiente e inclusivo.

Ma ora gli aedi del Grande Reset hanno deciso di compiere un ulteriore passo avanti
nella riscrittura della storia dell’umanità, con l’asserzione di una tesi alquanto rivoluzionaria: nella vita la felicità non conta!


A sostenerlo è la ricerca di due psicologi di provenienza accademica,
Shige Oishi ed Erin Westgate, pubblicata sul sito del World Economic Forum
nella sezione relativa al futuro della salute e del benessere della Agenda Globale.


Secondo la tesi riportata, sarebbe giunta l’ora di superare

sia la concezione edonistica della felicità, intesa come raggiungimento di un piacere immediato,

sia quella eudaimonistica aristotelica, legata alla ricerca e al perseguimento di uno scopo di bene comune.


Il termine eudaimonìa deriva dal greco eu, bene e daimon, traducibile come “essere divino”, “genio”, “spirito guida”‘ o “coscienza”:
etimologicamente significa “essere in compagnia di un buono spirito”.

La felicità secondo Aristotele consisteva nel realizzare la propria natura

e, poiché l’essenza dell’uomo è rappresentata dalla ragione e dalla virtù, essa non potrà mai essere che nella saggezza.
 
Tale teoria ha ispirato e dato vita a innumerevoli correnti di pensiero
e da sempre l’uomo si interroga su cosa significhi vivere bene, essere felici,
sviluppare pienamente le proprie potenzialità e peculiarità,
tanto che diversi ordinamenti nazionali riconoscono tali ambizioni come diritti costituzionalmente sanciti.

Ma lo studio dei due accademici sembra d’un colpo demolire tutto il sapere filosofico e ontologico esistente
per proporne uno nuovo, più in linea con la società contemporanea.

Per vivere bene, sostengono, non è importante essere felici o perseguire degli obiettivi,

ma occorre condurre una vita psicologica “ricca”,

laddove con questo aggettivo si intende significativa,

caratterizzata da “esperienze interessanti in cui la novità e/o la complessità

sono accompagnate da profondi cambiamenti di prospettiva”.



Immancabile nella società dell’Erasmus,
lo studio all’estero viene citato come esempio di una simile ricchezza,
poiché rappresenterebbe uno stimolo a riconsiderare i costumi sociali della propria cultura di provenienza.


Dunque, un’esperienza per qualificarsi come psicologicamente arricchente non deve essere positiva,
può anche consistere in una difficoltà, come vivere la guerra o un disastro naturale
o persino eventi dolorosi della propria vita, come la malattia o la disoccupazione.



L’autrice dello studio, ricordando i propri viaggi negli ostelli quando era giovane,
afferma che ci sono momenti della nostra vita in cui accettiamo il disagio e diamo la priorità all’esplorazione.

Se, come mostrano le ricerche, le persone tendano a diventare più felici con l’avanzare dell’età,
è perchè “invece di dare la priorità alle esperienze impegnative, danno la priorità alle cose familiari che le renderanno felici;
invece di incontrare nuove persone, danno la priorità alla famiglia e agli amici intimi.
Quelle cose aumentano la felicità, ma possono diminuire la ricchezza psicologica”.


Perciò la stabilità e la solidità che si raggiungono con la maturità sarebbero forieri di felicità, ma nemici della ricchezza psicologica,
che prevede invece un turbinio di esperienze, siano esse positive o negative, e di cambiamenti di prospettiva.


È l’apologia dell’identità liquida, che fluttua da un lido a un altro senza una meta
e il cui contenuto prende ogni qualvolta la conformazione del contenitore che lo ospita.

Un vivere facendosi trasportare dagli eventi, senza la ricerca eudaimonistica e propositiva della propria natura,
del proprio desiderio individuale capace di saldarsi con la legge morale e di elevare l’uomo.


Nessuna priorità viene concessa all’amore, alla famiglia, alla dedizione per il proprio lavoro, né tantomeno alla virtù e al sapere socratico.


Per avere una vita psicologicamente ricca, l’importante non è neanche vivere, ma sopravvivere,

come fa una pianta che resiste alle intemperie e si adatta all’ambiente circostante.


È il grande reset della natura umana,

che vede quel 2030 pauperista e nichilista fantasticato a Davos sempre più vicino.
 
Troppo bello...perchè troppo vero... :rotfl: :rotfl: :rotfl:

Kkkkkkkkkkkkkkkkkkompagni fino a 5 minuti fa era uno dei vostri....la vostra grande sardina che vi faceva palpitare il corason... :DD: :DD: :DD:


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Non gli rimane che renzino che già gli aveva scaricato letame addosso qualche gg fa dopo l'accordo con Letta (Quello del Letta-Maio), e che adesso, dopo averlo concimato, lo sta leccando per bene per portarlo a casa sua
 
Su un giornale italiano di una certa diffusione del gruppo editoriale Gedi, Repubblica,

Gustavo Zagrebelsky in una lunga intervista rilasciata il 7 agosto

si è lasciato andare ad alcune dichiarazioni sul tema del presidenzialismo

per cercare di contrastare l’ipotesi avanzata da Giorgia Meloni nel programma elettorale di FdI

ed a quanto si dice ripreso in quello del centrodestra.


Il fatto è che il presidenzialismo di Meloni sarebbe da contrastare perché

“potrebbe tradursi in un regime autoritario sul genere di quello di Victor Orbán,
dove il Presidente della Repubblica perde il ruolo di garante della Costituzione
perché non è più una figura super partes.
E sotto il suo potere – o sotto il potere del Partito del Presidente –
il Parlamento rischierebbe di rimanere schiacciato, in una condizione di ricatto permanente”.


Questo l’incipit dell’intervista a Zagrebelsky.


Riprendendo lo stesso tema l’8 agosto sul medesimo quotidiano è apparsa un’intervista a Sabino Cassese
e nonostante l’intervistatrice gli avesse dato la possibilità di ribadire le affermazioni di Zagrebelsky,
Cassese ha glissato sul punto, parlando di altro.

Ma non ci si tocca, che dico neppure ci si sfiora, tra ex membri della Consulta.


Orbàn può piacere o non piacere.
Come Meloni, o Salvini o Letta o DiMaio, del resto.

Agli ungheresi a quanto pare piace e anche molto e da tanto tempo.

È stato rieletto nell’aprile di questo anno per la quarta volta di seguito dal parlamento
con più di due terzi di maggioranza dei deputati da una coalizione che raccoglie l‘Unione civica ungherese, di cui è il leader,
e il partito popolare cristiano democratico.


Difficile dire che le elezioni in Ungheria siano truccate perché tutti sanno che non è vero,

perché tutti sanno che ci sono i controlli

e perché tutti sanno che Orbàn ha un consenso notevole nella popolazione

e non ha bisogno di truccare niente.



Certo con questi dati Orbán può governare e prendere decisioni sapendo di contare su una solida maggioranza parlamentare.


Sarebbero dati che vorremmo avere anche noi alle prossime elezioni per fare un po’ di chiarezza.

Non c’è niente di male a vincere le elezioni e ottenendo un buon risultato.

O Sbaglio?

E per scongiurare il “pericolo delle destre”, visto che dall’altra c’è il nulla,
meglio puntare su un risultato ambiguo, che consenta il ritorno di Draghi o di qualche altro governo istituzionale?


Preferisco quello che è successo in Ungheria.
 

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