Finora la campagna elettorale è stata scandita dalla girandola di alleanze prima strette e poi saltate,
dai ripensamenti dell’inquieto Carlo Calenda, dal sodalizio ricreato con Matteo Renzi,
dagli scivoloni di Enrico Letta e dagli assurdi allarmi per le “derive autoritarie”.
Ora, conclusa questa fase molto simile a quella del calciomercato e formate le squadre per il “campionato”,
si comincia a parlare perfino di programmi, progetti e idee.
Va senza dire che il tema centrale sarà l’economia.
Tutti gli altri argomenti passano in secondo piano perché non scaldano il cuore degli italiani e non coinvolgono la tasca.
Questioni pure assai rilevanti come la politica internazionale o l’europeismo,
che occupano i dibattiti in televisione e sui giornali, spostano di poco gli equilibri perché,
in una situazione finanziariamente preoccupante, le persone sono interessate più prosaicamente ai propri quattrini.
In questo contesto, si è aperta una disputa sulla flat tax proposta dal centrodestra
(seppure con diverse sfumature tra i partiti che compongono la coalizione e senza aver indicato ancora l’aliquota nel programma)
sulla quale si è abbattuta la ferma avversione della sinistra e in particolare del Pd.
In generale, si nota da parte dello schieramento “progressista”
una certa idiosincrasia nei confronti di qualsiasi provvedimento teso ad alleggerire il carico fiscale.
Non sorprendono, in questo senso, né le parole di Nicola Zingaretti né quelle dell’ex ministro, ora sindaco di Roma, Roberto Gualtieri.
Il primo ha detto che la tassa piatta sarebbe una condanna per i giovani e per i poveri.
Il secondo (da ministro, assicurò che nessuno avrebbe perso il posto di lavoro per le misure di contrasto alla pandemia),
in un’intervista a La Stampa, è stato ancora più duro definendo la flat tax “un furto con destrezza ai danni degli italiani”.
Per poi aggiungere: “Oltre a essere la più ingiusta delle misure, è economicamente insostenibile e incompatibile
con un sistema di welfare basato su sanità e scuola pubblica in quanto determinerebbe un’immediata crisi del debito pubblico”.
A dar manforte alle tesi di Zingaretti e Gualtieri ci ha pensato il neo candidato del Pd, Carlo Cottarelli,
che ha srotolato per l’occasione il manifesto economico dei progressisti su la Repubblica:
“Essere progressisti vuol anche dire essere solidali con chi è stato meno fortunato,
avere quindi una tassazione progressiva, non una flat tax (la cui progressività è minima)”.
Così, secondo lui,
il peso fiscale è distribuito in modo più equo,
si combatte l’evasione (perché?)
e si scongiurano nuovi condoni (qui sfugge proprio il nesso tra tassa piatta ed eventuali condoni).