L'
Agenda per l'adattamento
«accelererà le azioni di trasformazione da parte di Paesi, regioni, città, imprese, investitori e società civile
per adattarsi ai gravi rischi climatici che le comunità vulnerabili devono affrontare».
In essa si delineano 30 risultati da raggiungere entro il 2030,
in cui emerge per la gran parte un netto contrasto tra gli oboiettivi ambiziosi e i mezzi per raggiungerli.
Un esempio è quello dell'agricoltura, dove l'Agenda propone:
«Passare a un'agricoltura sostenibile e resiliente al clima, in grado di aumentare le rese del 17%
e di ridurre le emissioni di gas serra a livello di azienda agricola del 21%,
senza espandere le frontiere agricole e migliorando i mezzi di sussistenza, anche dei piccoli agricoltori.
Proteggere e ripristinare circa 400 milioni di ettari di aree critiche (ecosistemi terrestri e d'acqua dolce)
sostenendo le comunità indigene e locali con l'uso di soluzioni basate sulla natura per migliorare la sicurezza idrica
e i mezzi di sussistenza e per trasformare 2 miliardi di ettari di terreno in una gestione sostenibile.
Proteggere 3 miliardi di persone con l'installazione di sistemi intelligenti e di allarme rapido».
Come sia possibile raggiungere questi obiettivi quando a livello internazionale
si incentiva soltanto un'agricoltura a bassa resa (vedi biologica e biodinamica), non è dato capire.
Infine, non poteva mancare l’impegno a sostituire i combustibili inquinanti
usati da 2,4 miliardi di persone per cucinare alimenti,
con fonti energetiche più ecologiche e pulite.
Per raggiungere tutti questi obiettivi, l’Onu chiede di mobilitare tra i 140 e i 300 miliardi di dollari
necessari da fonti pubbliche e private, coinvolgendo anche 2.000 tra le più grandi aziende del mondo”.