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Andy Jassy, Ceo di Amazon, ha informato i suoi dipendenti con una lettera che i licenziamenti nel gruppo,

dove lavorano circa 1,5 milioni di persone, continueranno fino al prossimo anno.

Dopo l’avviso formale degli scorsi giorni, l'azienda ha confermato i tagli dei dipendenti di varie divisioni.

Secondo il New York Times, il piano di Amazon è di licenziare circa 10.000 lavoratori.


In una lettera interna a cui ha avuto accesso la CNBC,
Jassy ha sottolineato che questo taglio del personale è stata "la decisione più difficile" che l'azienda abbia preso negli ultimi anni.


"Non sfugge né a me né a nessuno dei leader che prendono queste decisioni
che questi non sono solo lavori che stiamo eliminando,
ma persone con emozioni, ambizioni e responsabilità le cui vite saranno influenzate", ha osservato.


Jassy ha affermato che i licenziamenti si estenderanno fino al 2023
poiché la società è ancora nel bel mezzo del suo processo di pianificazione operativa annuale.

"Non abbiamo ancora definito esattamente quali altre funzioni saranno interessate
(sappiamo che ci saranno riduzioni nei nostri negozi e organizzazioni nei settori Persone, Esperienza e Tecnologia),
ma ogni leader comunicherà con i rispettivi team quando avremo i dettagli a posto".


Il gigante della vendita online, come anche molte multinazionali della tecnologia e dei social media,
ha registrato profitti considerevoli durante la pandemia:
gli acquirenti, costretti in casa, hanno aumentato le spese di articoli online.

Ma la crescita dei ricavi è rallentata quando l’emergenza si è attenuata e i consumatori hanno fatto meno affidamento sull'e-commerce.


I dati finanziari del colosso del Big Tech di Seattle hanno confermato questa tendenza:
i primi due trimestri hanno registrato perdite, mentre il terzo ha certificato ricavi più deboli del previsto
e proiezioni poco brillanti per quello in corso, in genere positivo per i rivenditori per via della stagione dello shopping natalizio.


Ecco che, dunque, dopo anni di crescita sfrenata, i tagli di posti di lavoro stanno colpendo duramente tutto il settore tecnologico.


La società madre di Facebook, Meta, la scorsa settimana ha licenziato il 13% del personale.


Sulla stessa linea anche Twitter, Shopify, Salesforce e Stripe.


Secondo i dati di Crunchbase, aggiornati al 14 novembre,

dall’inizio dell’anno i licenziamenti delle aziende tecnologiche statunitensi hanno coinvolto 67 mila persone.
 
Mafia imperante.


"Con Berlusconi - prosegue Miccichè al Corriere - ci sentiamo tutti i giorni.

Vediamo che ha detto a Schifani.

Del resto lo sappiamo di che pasta è fatto, Schifani.

Ce la ricordiamo la fuga d’amore con Alfano.

Soprattutto, mi ricordo di quando venne a implorarmi di rientrare in FI, dopo che la Meloni gli aveva detto no,
guarda: per uno come te, dentro FdI non c’è posto.

Berlusconi è dispiaciuto per questa scissione.


"Questi vogliono togliere potere a me.

Ma gli conviene?

Lo sanno che sono la persona di fiducia del Cavaliere?".



Poi arriva la chiamata del leader di Forza Italia a lui e Schifani con il tentativo di mediazione.
 
La pandemia sembra aver lasciato nei governanti di tutto il mondo

una preoccupante tendenza al controllo della popolazione,

che non accenna ad attenuarsi nemmeno oggi che l’emergenza Covid è ormai alle spalle

e i cittadini non sono più disposti ad accettare limitazioni alle proprie libertà.



Eppure più di qualcuno sembra averci preso gusto, come emerso dal G20 che si stanno svolgendo in questi giorni a Bali.

La Casa Bianca ha infatti pubblicato una dichiarazione firmata dai leader mondiali riuniti per l’importante vertice,

testo che a un’analisi approfondita fa emergere degli elementi decisamente inquietanti.

Su tutti il paragrafo 23, che sta già facendo discutere gli utenti di tutto il mondo

per il modo in cui è stato redatto e per la direzione che sembra indicare in maniera chiara.
 
“Sosteniamo l’hub di trasferimento tecnologico del vaccino mRNA dell’OMS

e tutti i portavoce in tutte le regioni del mondo

con l’obiettivo di condividere tecnologia e know-how tecnico a condizioni volontarie e reciprocamente concordate.

Accogliamo con favore la ricerca congiunta e la produzione congiunta di vaccini, inclusa una cooperazione rafforzata tra i Paesi in via di sviluppo”.
 
E ancora.

“Riconosciamo l’importanza di standard tecnici e metodi di verifica condivisi,

nel quadro dell’RSI (2005), per facilitare viaggi internazionali senza soluzione di continuità,

interoperabilità e riconoscimento di soluzioni digitali e soluzioni non digitali, inclusa la prova delle vaccinazioni.


Sosteniamo il dialogo e la collaborazione internazionali continui sulla creazione di reti sanitarie digitali globali affidabili

come parte degli sforzi per rafforzare la prevenzione e la risposta a future pandemie,

che dovrebbero capitalizzare e basarsi sul successo degli standard esistenti e dei certificati digitali COVID-19”.
 
Dietro quella chiara volontà di creare sistemi di controllo che favoriscano sì i viaggi internazionali,

ma vincolandoli a “soluzioni digitali e non digitali, inclusa la prova delle vaccinazioni”

sembra nascondersi il tentativo di introdurre una sorta di Green pass universale e permanente,

in assenza del quale ai cittadini saranno nuovamente proibite libertà come il diritto di spostamento.

Un passaggio che ha già allarmato tanti utenti in tutto il mondo,

che hanno subito iniziato a puntare il dito contro i rispettivi governi.


Di questi tempi, purtroppo, non si può mai abbassare la guardia.
 
La predizione più conosciuta dei cosiddetti “complottisti” è diventata realtà, anche ad un passo dall’Italia.

Ci vogliono cinquecento euro per farsi inserire un microchip sottopelle,
e tra i vari utilizzi, chiaramente, ci saranno anche i pagamenti.

Come dicevamo, tutto questo succede letteralmente ad un passo dal territorio Italiano, per la precisione in Svizzera,
dove la vicenda ha già scatenato numerose polemiche sui social network.

Tutto è partito da un medico chirurgo che ha preso l’iniziativa,
decidendo di implementare questo genere di servizio nella sua clinica.

Il microchip in questione si installa sulla mano
e consente di effettuare pagamenti contactless senza usare la carta di credito,
un po’ come si fa già da qualche tempo con il proprio smartphone.

Il chip ha un costo di 300 euro, ai quali si dovrà aggiungere anche il costo dell’intervento per l’installazione.
 
Tra le più disparate motivazioni addotte dai funambolici clienti del chirurgo, spicca quella di un ragazzo di soli 22 anni:

«Penso sia fantastico perché se mi dovessero rubare tutto durante le vacanze, ho ancora i miei soldi con me».


Secondo quanto riferisce tag43.it, il chip si attiva soltanto nel momento in cui realmente serve,
tutelando la privacy del suo ospitante ed esponendolo a minori rischi di essere derubato.

Com’era facilmente immaginabile, col divulgarsi della notizia non si è fatta attendere la reazione dei social.


Per molti utenti la cosa sarebbe “disumana e completamente malata”.

Il medico chirurgo che ha creato un’azienda per questi chip non si è lasciato sorprendere dalle critiche.

«Alcuni appassionati di tecnologia di grande successo sono venuti da me chiedendo di impiantare questi chip», queste le parole del dottor Köhler.


L’operazione però non è esente da rischi.

Infatti bisogna tener conto del fatto che il chip è pur sempre un corpo estraneo,
dunque potrebbe causare infezioni o anche danneggiarsi, rendendo scomoda e difficile l’eventuale sostituzione.
 
Chi si prende il rischio di farsi impiantare il microchip
potrà anche beneficiare di una vasta gamma di servizi smart,
come ad esempio le chiavi di casa elettroniche e l’apertura dell’auto contactless.

Un sondaggio condotto dalla BBC aveva evidenziato come il 51% dei cittadini europei sarebbe favorevole a una soluzione del genere.

Sul Web girano anche dei video dove delle persone poggiano la mano sul pos o il polso per poter procedere con il pagamento.


Insomma, ancora una volta i “complottisti” avevano proprio ragione.
 
Nel suo comunicato finale, il G20 ha emesso un decreto formale
che promuove il passaporto vaccinale come preparazione per una futura risposta alle pandemie
.


Il Ministro della Salute indonesiano Budi Gunadi Sadikin,
intervenendo sulla questione a nome del Paese ospitante del G20,
aveva chiesto in precedenza durante il vertice un “certificato sanitario digitale” utilizzando gli standard dell’OMS.


Sadikin si è espresso a favore di quello che ha definito un “certificato sanitario digitale”
che mostri se una persona è stata “vaccinata o testata correttamente”, in modo che solo allora “si possa circolare”.

Guarda i suoi commenti durante una tavola rotonda del G20 di Bali all’inizio della settimana…



G20 to adopt Vaccine Passports using WHO standards
“Let’s have a digital health certificate acknowledged by WHO… if you have been vaccinated or tested properly, then you can move around”, said the Indonesian health minister in Bali…
No thanks …
sound … pic.twitter.com/VDM1qK4xW5
— Wall Street Silver (@WallStreetSilv) November 16, 2022




Una versione un po’ più vaga di queste raccomandazioni è stata inclusa nella dichiarazione ufficiale dei leader del G20,
che chiede certificati digitali COVID-19, spesso chiamati semplicemente passaporti vaccinali.


La sezione del comunicato finale, ripubblicata e disponibile sul sito web della Casa Bianca,
che tratta dei vaccini e della pandemia Covid-19 inizia così:

“Riconosciamo che l’ampia immunizzazione COVID-19 è un bene pubblico globale
e faremo avanzare i nostri sforzi per garantire un accesso tempestivo, equo e universale a vaccini,
terapeutici e diagnostici (VTD) sicuri, economici, di qualità ed efficaci”.




Pur descrivendo la necessità di una maggiore collaborazione tra le nazioni durante qualsiasi futura risposta alle pandemie,
il documento continua in questa sezione:

“Rimaniamo impegnati a incorporare un approccio multisettoriale One Health e a migliorare la sorveglianza globale,
compresa la sorveglianza genomica, al fine di individuare gli agenti patogeni e la resistenza antimicrobica (AMR) che possono minacciare la salute umana”.


G20 – BREAKING: leaders have just signed a declaration which states that vaccine passports will be adopted to “facilitate” all international travel
This means any vaccination the WHO determines you should have.
Changing your rights & freedoms forever.
Silence from the media. pic.twitter.com/0pHISCcVaM
— Bernie's Tweets (@BernieSpofforth) November 17, 2022




Una versione un po’ più vaga di queste raccomandazioni è stata inclusa nella dichiarazione ufficiale dei leader del G20,
che chiede certificati COVID-19 digitali, spesso chiamati semplicemente passaporti vaccinali.


E poi, all’articolo 23, viene introdotto quanto segue:


Riconosciamo l’importanza di standard tecnici e metodi di verifica condivisi, nel quadro del RSI (2005),
per facilitare i viaggi internazionali senza soluzione di continuità, l’interoperabilità
e il riconoscimento delle soluzioni digitali e non digitali, compresa la prova delle vaccinazioni.

Siamo a favore di un dialogo e di una collaborazione continui a livello internazionale
per la creazione di reti sanitarie digitali globali affidabili, come parte degli sforzi
per rafforzare la prevenzione e la risposta a future pandemie,
che dovrebbero capitalizzare e costruire sul successo degli standard esistenti e dei certificati digitali COVID-19″.



È interessante notare che il paragrafo successivo della dichiarazione formale, l’articolo 24,
descrive la necessità di istituzioni globali per combattere la “disinformazione”.


Perché la libertà è, comunque, sempre troppa.


Appare curioso che il G 20 non riesca a fare nulla per una guerra in corso in Ucraina,

ma si occupi di Passaporti Vaccinali. Non lo trovate strano anche voi?
 

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