Val
Torniamo alla LIRA
Sì, il bianco discrimina perché, guarda un po’, non è nero,
unico colore cromaticamente corretto e pure salutista perché sfina.
D’altronde, si sa che il nero va su tutto e questo anche dal punto sociale, politico ed etico.
Eppure questa supposta supremazia bianca,
che è imbrattata dal rosso del sangue del nostro passato razzista
e del nostro presente non inclusivo, non ci convince.
E non ci convince proprio sul piano cromatico.
Il bianco assomma in sé tutti i colori.
Caddero in errore gli lgbtisti quando scelsero per le loro battaglie l’arcobaleno,
perché è solo il bianco a ricomprendere tutti i toni dello spettro elettromagnetico visibile.
Quindi il bianco è il colore perfetto, completo, divino
perché è pienezza della tavolozza del pittore, a lui non manca nessuna nuance, è il colore più inclusivo esistente.
Oppure, se vogliamo lisciare il pelo della vulgata corrente per il verso giusto,
il bianco è il colore più neutro, più pluralista che esista.
È infatti acromatico.
Sul foglio bianco puoi scrivere tutto quello che vuoi.
È quasi diafano il bianco, è il colore che più si avvicina alla trasparenza,
alla tanta desiderata immaterialità di chi non vuole riconoscersi in nessuna identità.
È il colore più liquido che c’è.
Se il bianco è la totalità dei colori, di contro il nero
- e non vorremmo così dicendo gettare nello sconforto i ricercatori norvegesi -
è assenza di colori, è il vuoto cromatico, il niente visivo, l’abisso che inghiotte ogni tinta,
il buco appunto nero che è il sepolcro della luce.
Ed è per questo che il bianco è il colore che si associa alla gioia, alla purezza, al candore.
E il nero invece al lutto, allo sconforto, alle tenebre.
Naturalmente - e lo diciamo a beneficio dei rabdomanti delle eresie contemporanee - stiamo parlando solo dei colori e non dei colori della pelle.
unico colore cromaticamente corretto e pure salutista perché sfina.
D’altronde, si sa che il nero va su tutto e questo anche dal punto sociale, politico ed etico.
Eppure questa supposta supremazia bianca,
che è imbrattata dal rosso del sangue del nostro passato razzista
e del nostro presente non inclusivo, non ci convince.
E non ci convince proprio sul piano cromatico.
Il bianco assomma in sé tutti i colori.
Caddero in errore gli lgbtisti quando scelsero per le loro battaglie l’arcobaleno,
perché è solo il bianco a ricomprendere tutti i toni dello spettro elettromagnetico visibile.
Quindi il bianco è il colore perfetto, completo, divino
perché è pienezza della tavolozza del pittore, a lui non manca nessuna nuance, è il colore più inclusivo esistente.
Oppure, se vogliamo lisciare il pelo della vulgata corrente per il verso giusto,
il bianco è il colore più neutro, più pluralista che esista.
È infatti acromatico.
Sul foglio bianco puoi scrivere tutto quello che vuoi.
È quasi diafano il bianco, è il colore che più si avvicina alla trasparenza,
alla tanta desiderata immaterialità di chi non vuole riconoscersi in nessuna identità.
È il colore più liquido che c’è.
Se il bianco è la totalità dei colori, di contro il nero
- e non vorremmo così dicendo gettare nello sconforto i ricercatori norvegesi -
è assenza di colori, è il vuoto cromatico, il niente visivo, l’abisso che inghiotte ogni tinta,
il buco appunto nero che è il sepolcro della luce.
Ed è per questo che il bianco è il colore che si associa alla gioia, alla purezza, al candore.
E il nero invece al lutto, allo sconforto, alle tenebre.
Naturalmente - e lo diciamo a beneficio dei rabdomanti delle eresie contemporanee - stiamo parlando solo dei colori e non dei colori della pelle.