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Fantastico articolo.


Wall Street ha cercato di battere Donald Trump in tre sedute.

Alla quarta gli speculatori si erano già ammorbiditi,

alla quinta non sapevano che fare,

ieri pomeriggio a New York si sono arresi all’evidenza:

il primato è della politica, non dei mercati, lo scettro è del presidente degli Stati Uniti e non degli speculatori.


Trump è un sotto-sopra, può non piacere, è un magnete d’odio e amore,
ma quello che stiamo vedendo in questi giorni è qualcosa di epico,

legioni di esperti di economia e finanza rovesciati come tartarughe che hanno perso l’orientamento,

oracoli che ieri sera quando gli indici schizzavano oltre il 10% avevano un’aria da funerale, il morale sotto i tacchi,
la delusione per il golpe mancato di quello che loro chiamano mercato

ma in realtà era nel migliore dei casi una vendita di massa per fare pressione sulla Casa Bianca.
 
1) Trump ha agito sulle tariffe con lo scopo chiaro di cambiare il paradigma su cui si regge il commercio mondiale,
cioè quelle regole del WTO che sono vecchie di trent’anni e sono perfettamente funzionali alla Cina,
in generale alle tigri asiatiche che hanno avuto grandi benefici,
ma nel caso del Dragone non hanno fatto nessun salto sul fronte della democrazia, della libertà, del rispetto dei diritti umani
e, attenzione al dettaglio, delle regole del lavoro, prima fra tutti
quella della dignità che coloro che parlano di capitalismo etico nei convegni
mettono sempre da parte quando si tratta di intascare gli utili.


2) Trump non vuole creare un’altra bolla finanziaria, quello era l’intento di Joe Biden con il suo piano green,
non a caso seguito dall’Europa con la prima commissione von der Leyen.

Si trattava di una necessità derivante dall’altra bolla,
quella immobiliare era esplosa nel 2007/2009 durante la crisi dei mutui sub -prime,
mentre la grande corsa delle “magnifiche sette” società del listino tecnologico
(Alphabet, Amazon, Apple, Meta, Microsoft, Nvidia e Tesla)
non era certo sufficiente per sostenere un cambio nel motore dell’economia
e dunque creare un nuovo meccanismo per distribuire altra ricchezza, sempre ai soliti noti.

3) Trump è paradossalmente un tycoon che sta facendo una battaglia per i poveri, gli ultimi di un’America
che si è non solo impoverita nelle classi più basse ma ha aumentato le diseguaglianze.

La sconfitta alle presidenziali è la certificazione del fallimento della Bidenomics.
 
4) Trump ha bisogno di rimettere in pista l’industria americana,
per farlo deve prima di tutto riequilibrare la bilancia commerciale,
in particolare con la Cina (circa 300 miliardi all’anno di rosso).

La sospensione di ieri non a caso riguarda il resto del mondo ma non Pechino.

Il segretario al Tesoro Scott Bessent in mattinata aveva di fatto anticipato la logica che sta dietro l’iniziativa di Trump:
trovare un accordo con gli alleati, prima di tutto quelli che condividono con Washington la difesa,
poi una volta ritrovata la coesione, partire tutti contro la Cina,
il vero player globale che ha creato una serie di abnormi fenomeni in settori chiave della produzione mondiale,

ne elenco alcuni:

il dumping vergognoso nel mercato dell’acciaio causato da sovrapproduzione;

la penetrazione delle auto elettriche in Europa, de facto senza barriere,
con una politica commerciale di taglio dei prezzi chiaramente sostenuta dallo Stato cinese;

la falsificazione su vasta scala di prodotti di alta qualità in settori chiave come la moda, il design, la manifattura di medio livello;

la disastrosa invasione del mercato del tessile che ha provocato sconquassi incredibili
sia nella produzione che nel commercio, gli industriali italiani del polo tessile di Prato ne sanno qualcosa;

l’accumulo patito durante la crisi del Covid di materie prime fondamentali,
con una svolta autarchica ordinata da Xi Jinping che ha provocato ripetute crisi
nella fornitura di materiali essenziali per la manifattura mondiale,
uno stoccaggio che prelude solo a una strategia da economia di guerra.


Potrei andare avanti a lungo,
ma credo sia sufficiente per capire la portata della sfida che riguarda non solo l’America ma tutto l’Occidente.
 
5) Durante le contrattazioni
qualche giorno fa la pubblicazione di una fake news da parte di CNBC
ha prima fatto volare gli indici poi li ha depressi,
ma quello che è successo ha confermato a Trump
che sarebbe bastato il semplice annuncio di una pausa per far volare di nuovo i corsi azionari.

Il caso involontario di qualche giorno fa ha dato alla Casa Bianca un’arma micidiale
per stendere tutti i nemici che stavano scommettendo in Borsa contro il presidente.


La partita non è quella dello stock azionario, ma quella dei tassi di interesse dei titoli di Stato,
Trump ha bisogno che i rendimenti dei treasuries scendano, per quanto possibile, parliamo di una cifra inimmaginabile.

Se i listini si abbassano non è un problema
ma abbiamo visto che il mercato non ha la forza per tirare giù il presidente
e questo è un elemento positivo, salutare per la democrazia.
 
Un’ultima notizia per tutti:

Trump disorienta solo quella parte dell’establishment
che ha goduto di una posizione da rentier durante i trent’anni di quella che
- nel suo libro The End of Alchemy Mervyn King, ex governatore della Banca d’Inghilterra -
ha chiamato «una grande stabilità»,
un periodo poi rotto dalla crisi finanziaria del 2007/2009,
un corto circuito che in realtà non è mai stato riparato.

Viviamo tempi straordinari, i risparmiatori si chiedono che fare
e nelle nostre pagine in questi giorni abbiamo pubblicato molti consigli.

Io ricordo una battuta fulminante che ho letto nel libro Boomerang di Michael Lewis,
è quella di Kyle Bass che alla domanda su quali investimenti consigliava alla mamma,

rispose così: «Guns and gold». Fucili e oro.
 
Purtroppo, e notate il purtroppo, la Cina è diventata una potenze economica di grandezza paragonabile agli USA. gli USA la considerano controllabile e sanzionabile, ma se non cambiano pensiero saranno dolori......... Per tutti. Intanto cominciano ad assaggiare un po' della loro medicina, le sanzioni

E intanto il dollaro tocca 1,13

 
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