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Fiducia: sì al Senato. Si vota alla Camera
I finiani al premier: «Voi i traditori»
Di Pietro interviene a Montecitorio, Berlusconi e il Pdl lasciano l'Aula. Poi rientrano su richiesta di Casini
L'aula del Senato (Eidon) MILANO - La conta alla Camera è partita. Dopo aver incassato, come previsto, la fiducia al Senato, il governo prova a fare il bis alla Camera, dove però l'esito de voto è incerto. Per Silvio Berlusconi è il giorno più lungo. «Le mie dimissioni sono assolutamente escluse» ha ribadito ancora una volta il premier, rifiutando di fatto l'ennesima richiesta avanzatagli in tal senso dai senatori finiani prima del dibattito alla Camera.
TENSIONE - A Palazzo Madama i sì sono stati 162, i voti contrari 135. Undici gli astenuti, i dieci finiani (che hanno votato compatti) più Enrico Musso, ex Pdl oggi nel gruppo misto. Alta la tensione a Montecitorio. Tanto che il presidente del Consiglio e dell'intero gruppo del Pdl hanno lasciato l'Aula durante l'intervento del leader Idv Antonio Di Pietro, in segno di «protesta contro gli insulti» dell'ex pm. Premier e parlamentari sono poi rientrati su richiesta del leader Udc Pier Ferdinando Casini. I finiani, con Italo Bocchino, hanno rispedito al mittente le accuse di tradimento. «Lei, presidente - ha detto il capogruppo -, ci ha accusato più volte di essere dei traditori, ma noi respingiamo l'accusa al mittente. Il mio leader è sempre stato ed è oggi, da quando sono entrato in politica, Gianfranco Fini». «Invito gli esponenti di Futuro e libertà a non votare la sfiducia a questo governo che è disposto ad accogliere alcune proposte su temi economici così come è disposto a discutere di riforme a partire dalla legge elettorale» ha detto il capogruppo del Pdl Fabrizio Cicchitto, mentre il leader della Lega Umberto Bossi è tornato a insistere sulle elezioni anticipate: «L’unica igiene è il voto» ha detto il Senatùr in Transatlantico. Piccolo siparietto alla buvette della Camera tra il numero uno del Carroccio e il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani. «Allora, sbaracchiamo...» dice ils egretario dei democratici. E Bossi: «Ma no, resteremo in piedi per un solo voto...».
I finiani al premier: «Voi i traditori»
Di Pietro interviene a Montecitorio, Berlusconi e il Pdl lasciano l'Aula. Poi rientrano su richiesta di Casini
L'aula del Senato (Eidon) MILANO - La conta alla Camera è partita. Dopo aver incassato, come previsto, la fiducia al Senato, il governo prova a fare il bis alla Camera, dove però l'esito de voto è incerto. Per Silvio Berlusconi è il giorno più lungo. «Le mie dimissioni sono assolutamente escluse» ha ribadito ancora una volta il premier, rifiutando di fatto l'ennesima richiesta avanzatagli in tal senso dai senatori finiani prima del dibattito alla Camera.
TENSIONE - A Palazzo Madama i sì sono stati 162, i voti contrari 135. Undici gli astenuti, i dieci finiani (che hanno votato compatti) più Enrico Musso, ex Pdl oggi nel gruppo misto. Alta la tensione a Montecitorio. Tanto che il presidente del Consiglio e dell'intero gruppo del Pdl hanno lasciato l'Aula durante l'intervento del leader Idv Antonio Di Pietro, in segno di «protesta contro gli insulti» dell'ex pm. Premier e parlamentari sono poi rientrati su richiesta del leader Udc Pier Ferdinando Casini. I finiani, con Italo Bocchino, hanno rispedito al mittente le accuse di tradimento. «Lei, presidente - ha detto il capogruppo -, ci ha accusato più volte di essere dei traditori, ma noi respingiamo l'accusa al mittente. Il mio leader è sempre stato ed è oggi, da quando sono entrato in politica, Gianfranco Fini». «Invito gli esponenti di Futuro e libertà a non votare la sfiducia a questo governo che è disposto ad accogliere alcune proposte su temi economici così come è disposto a discutere di riforme a partire dalla legge elettorale» ha detto il capogruppo del Pdl Fabrizio Cicchitto, mentre il leader della Lega Umberto Bossi è tornato a insistere sulle elezioni anticipate: «L’unica igiene è il voto» ha detto il Senatùr in Transatlantico. Piccolo siparietto alla buvette della Camera tra il numero uno del Carroccio e il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani. «Allora, sbaracchiamo...» dice ils egretario dei democratici. E Bossi: «Ma no, resteremo in piedi per un solo voto...».