FTSE Mib Futures solointraday - Cap. 2

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io non lo posso fare.............se potessi ci penserei bene.
da stasera mi faccio un pò di mare aperto e isole fino a lunedì.........e se potessi essere flat starei più sereno.!

E invece io non sono molto sereno a stare flat di UCG.

Lunedì ci potrebbe essere il gap up del secolo ... e non potrò dire: io c'ero :wall::wall: :)

Seriamente, sono molto ma molto indeciso ... quasi, quasi, faccio decidere a Solo
 
mah
un'ora fa ne ero molto più convinto
stan facendo veramente di tutto trappole da una parte e dall'altra con balli sui bonds che non vedevo da tempo
rimango aperto a qualsiasi ipotesi, e spero che ad aprimi non debba essere io prima delle 22
sul flat nel weekend credo sia la cosa migliore
ti dò una info pura e semplice ma ogni tanto fai mente locale a questa in modo neutro...

qui lo dico e qui lo nego, l'€ può ch o aver chiuso un 2aa al rialzo e quindi avere spazi up verso l'1,40...

certo sarebbe da chiedersi se questo è merito dell'€ o demerito del $...
 
Sliding doors

di A. Fugnoli - Kairos Partner SGR

Il più noto extinction event è quello che comportò l’uscita di scena dei dinosauri alla fine del Cretaceo, 65 milioni di anni fa. Fu però molto più grave quello che accadde tra l’Ordoviciano e il Siluriano, 450 milioni di anni fa. Per un improvviso raffreddamento dei mari (o, secondo altri, per effetto dei raggi gamma proiettati da una supernova) l’intera vita sul pianeta fu sul punto di cessare per sempre.

Ci fossimo trovati in quelle situazioni, ci saremmo forse estinti anche noi. Impedire l’esplosione di una supernova è al di sopra delle nostre possibilità. Con gli asteroidi, invece, qualche speranza c’è. Stando a Hollywood, in 2012 di Roland Emmerich i tentativi di deviare il corso del meteorite falliscono e sono guai seri. In Armageddon, invece, grazie al sacrificio di Bruce Willis, ce la caviamo con la sola perdita di Parigi, non così grave per lo spettatore americano medio.

Le elezioni greche sono vissute dai mercati con lo stato d’animo di chi aspetta un asteroide per il fine settimana ma ha al tempo stesso la speranza che il disastro, all’ultimo momento, possa essere evitato. Siamo come la Gwyneth Paltrow di Sliding Doors. Se perdiamo il treno, la vita andrà in un certo modo. Se riusciamo a prenderlo, sarà completamente diversa. Tsipras o Samaras, due universi paralleli, da una parte l’inferno, dall’altra la speranza di sopravvivere.

I disastri, però, non sono tutti uguali. I terremoti, ad esempio, possono essere terribili. A Huaxian, nello Shaanxi, nel 1556 ci furono 830mila morti. Ad Haiti, due anni fa, le vittime furono 316mila. Gli uragani fanno invece, al massimo, poche centinaia di vittime. Katrina, nel 2006, ne fece 1833.

A parità di energia distruttiva, terremoti e uragani hanno tra loro una fondamentale differenza. I terremoti non sono prevedibili, gli uragani lo sono. Lasciano sempre qualche giorno per organizzarsi e scappare. I morti di New Orleans scelsero consapevolmente di restare nella città deserta.

Con tutto il rispetto, l’ingegnere Alexis Tsipras non è una supernova, non è un asteroide e non è nemmeno un terremoto. Al massimo è un uragano il cui possibile arrivo è noto da un mese. Negli ultimi giorni, del resto, investitori e speculatori, rialzisti e ribassisti, hanno tutti fissato le tavole di compensato alle finestre e alle porte, hanno staccato la spina a tutti gli elettrodomestici, fatto scorta di coperte, cibo e medicinali e si sono incolonnati ordinatamente verso il cash, i Bund, il dollaro, l’oro, i Treasuries e gli altri centri di accoglienza.

I libri dei trader sono oggi scarichi come se fossimo a inizio anno. Le borse, dall’inizio di giugno, sono addirittura in rialzo nonostante i dati macro in prevalenza deludenti. Anche i ribassisti, dopo tutto, rischiano con le elezioni greche e preferiscono ricomprare. Il loro incubo è che Tsipras perda e che Samaras formi un governo già martedì prossimo con il Pasok e con la Sinistra Democratica.

A tenere in piedi i mercati sono anche i sondaggi. Sarebbero proibiti da qualche giorno, ma la Grecia non è il paese dell’applicazione rigorosa delle leggi. I sondaggi ci sono e circolano. Mostrano ancora un testa a testa, ma l’elemento decisivo è che né Tsipras né Samaras sembrano poter raggiungere la maggioranza assoluta. Ci saranno quindi governi di coalizione e Tsipras, in caso di vittoria, dovrà scendere a compromessi con forze contrarie a rotture con l’Europa.

Nemmeno Tsipras, del resto, vuole rompere. Negli ultimi giorni, cogliendo la paura che, tra gli elettori, comincia a prendere il posto della rabbia, ha ammorbidito le sue posizioni. Alcuni osservatori, come Themistoklis Fiotakis di Goldman o George Linatsas di Axia Group, ritengono addirittura che Tsipras, a parte l’effetto iniziale negativo sui mercati, possa rivelarsi nel tempo meno minaccioso come capo del governo piuttosto che come leader dell’opposizione.

Né Tsipras vincitore né l’Europa, nelle prossime settimane, interromperanno il dialogo. Ci sarà anzi un affannarsi continuo a riaffermare la volontà di mantenere la Grecia nell’euro. Certo, la giornata di lunedì potrebbe non aprirsi bene per i mercati e per gli spread, ma l’esperienza recentissima del salvataggio spagnolo ha insegnato a tutti, rialzisti e ribassisti, che le ondate di entusiasmo o di panico possono sgonfiarsi in poche ore e che è meglio andarci piano con il buttarsi tutti da una parte o tutti dall’altra.
Tsipras vincitore, inoltre, verrà accompagnato da una sorta di sessione permanente dei policy maker europei e globali fino alla fine del mese. I mercati non verranno mai lasciati soli e ci sarà un flusso continuo di parole e, si spera, anche di azioni di sostegno. Con l’eccezione del salvataggio delle banche spagnole, che è stato anticipato a sabato scorso, tutte le altre misure pro crescita e pro integrazione europea sono state tenute in serbo per il dopo elezioni.

Non è detto che ci sarà molto, ma qualcosa ci sarà senz’altro. La Fed potrebbe annunciare già mercoledì un prolungamento dell’operazione Twist e togliere dalla circolazione, nei prossimi mesi, altri titoli a lungo termine. La Bce, dal canto suo, potrebbe annunciare una nuova tranche di rifinanziamenti a lungo termine per le banche e abbassare i tassi.

C’è molto dibattito, in tutto il nord Europa, sull’opportunità di tassi troppo bassi e di curve dei rendimenti sempre più piatte. Svezia, Danimarca, Olanda e Finlandia si stanno accorgendo che i rendimenti eccezionalmente bassi stanno costringendo le assicurazioni e i fondi pensione, per i quali è sempre più vietato avere azioni o governativi di bassa qualità, ad arrampicarsi lungo la curva e comprare titoli sempre più lunghi per potere garantire un minimo di rendimento alle loro gestioni. Norme introdotte per rendere più sicuri i loro investimenti stanno avendo l’effetto perverso di creare portafogli vulnerabili in caso di futuri rialzi dei tassi. La Germania per il momento non si pone il problema. E’ però sempre meno comprensibile l’atteggiamento dei tedeschi che in Bce si oppongono a un ribasso dei tassi europei (che favorirebbero una cattiva allocazione delle risorse) mentre a casa loro non si fanno troppi problemi sui rendimenti a zero su una porzione sempre più lunga della curva governativa.

Dal canto suo l’Erf, il fondo di parziale mutualizzazione del debito europeo, non è uscito di scena, anzi, ma sta scivolando su tempi più lunghi. La Spd e i Verdi lo hanno tolto dalle condizioni per approvare al Bundestag il fiscal compact e Schauble l’ha subordinato all’unione fiscale. La Bundesbank si è invece occupata dell’unione bancaria, definendola prematura e condizionandola, di nuovo, all’unione politica e fiscale.

La dottrina tedesca sull’Europa, a questo punto, si conferma come rigorosa, ma è anche un capolavoro di ambiguità. Il principio generale è che bisogna mettere al primo posto l’unione politica e che qualsiasi forma di mutualizzazione deve essere accompagnata da una cessione di sovranità. Se volete i miei soldi, dice la Germania, dovete permettermi di controllare, attraverso Bruxelles, come verranno spesi.

Ineccepibile. Il problema è che però non esiste una versione ufficiale tedesca del concetto di unione fiscale. Quanto all’unione politica, l’idea di eleggere il prossimo Van Rompuy con voto popolare non sembra un granché.
Certo, Berlino ha due problemi. Il primo è la necessità di tenere le sue carte il più coperte possibile. Il secondo è la riluttanza della Francia nei confronti di qualsiasi devoluzione di sovranità. Per il momento non c’è troppo da dubitare della buona fede tedesca sull’unione politica. Il rischio è però che i mercati, a un certo punto, possano vederla come un pretesto per rinviare qualsiasi forma di mutualizzazione.

Detto questo, che si fa da lunedì in avanti? Nell’immediato il meno possibile, chiunque vinca in Grecia. Le banche centrali cercheranno di tenere i cambi stabili, almeno nei primi giorni, per togliere spunti speculativi agli altri asset. Se vince Tsipras si scenderà, ma gli short dovranno coprirsi prima della riunione della Fed di mercoledì. Se vince Samaras si salirà moderatamente fino al Fomc e forse oltre, ma le economie deboli e le grandi incertezze sull’Europa saranno un forte freno.

In generale, come abbiamo detto, le posizioni sono molto leggere, ma il sentiment rimane cupamente pessimista e prontissimo a riaprire gli short. Al punto da far dire a Thomas Lee di JP Morgan che entro le prossime quattro settimane potremmo avere un minimo solido e importante per i mercati azionari.

Alessandro Fugnoli
 
ti dò una info pura e semplice ma ogni tanto fai mente locale a questa in modo neutro...

qui lo dico e qui lo nego, l'€ può ch o aver chiuso un 2aa al rialzo e quindi avere spazi up verso l'1,40...

certo sarebbe da chiedersi se questo è merito dell'€ o demerito del $...
eh
una parola a vedere meriti e demeriti tra quei due
io ho rinunciato a capire i movimenti di euro usd da tempo
 
Stato
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