articolo di stamane di Giannino su MPS
Non mi piace la piega che star prendendo la trattativa Ita-Ue su Mps-banche, perché come ho scritto io difendo l'importanza del burden sharing per dare più efficienza e trasparenza al sistema bancario e più garanzie al risparmiatore, ponendo termine a troppi anni di collusività tra regolatori, manager e azionisti di controllo delle banche italiane. Ciò malgrado. il mio punto di vista non può far velo al dovere del giornalista. E oggi è stata una giornata più favorevole che contraria alla posizione ufficiale italiana, che non è la mia. Vediamo perché.
Sulla trattativa tra Italia e Bruxelles sulla ricapitalizzazione e cessione dei crediti deteriorati del MontePaschi – l’emergenza che segnerà un precedente rilevante, una vera e propria nuova fase nell’applicazione delle regole bancarie comuni europee – i più dei media che leggerete domani vi diranno che oggi è stata una giornata di scontro. Osservando i fatti, è stata invece una giornata in cui l’ammalato – l’Italia – porta a casa dei punti per modificare la terapia che il dottore – la Commissione Europea - gli propone. Il punto risolutivo, cioè i dettagli della nova terapia, ancora non è definito. Ma i passi avanti ci sono. Vediamoli.
L’inizio di giornata è stato poco promettente. Il presidente dell’Eurogruppo Jeoren Dijsselbloem ha energicamente richiamato l’Italia a rispettare le regole attuali. In altri tempi, quando era possibile salvare le banche con aiuti di Stato, come hanno fatto Germania, Olanda, Francia, Belgio, Regno Unito, ognuno a modo suo perché in condizioni di farlo con la propria finanza pubblica, e altri paesi ricorrendo invece a contributi straordinari europei sotto stretta vigilanza sovranazionale come Spagna, Portogallo Irlanda e Grecia, l’Italia non l’ha fatto. Ora le regole sono cambiate, impongono la compartecipazione di azionisti e obbligazionisti al risanamento, e l’Italia le deve rispettare. Attenzione però, Dijsselbloem ha parlato a nome di un’emanazione del Consiglio europeo, non della Commissione guardiana dei Trattati con cui l’Italia sta trattando. In altre parole ha espresso la voce della maggioranza dei governi eurortodossi, non dell’istituzione europea che ha in mano la chiave per l’interpretazione delle regole, cioè la Commissione.
Poche ore dopo, ha parlato per la seconda volta in cinque giorni Ignazio Angeloni, membro del consiglio di sorveglianza della BCE. E per la seconda volta ha dichiarato invece che l’aiuto pubblico alla difesa dei banche in crisi può essere utile, nella giusta misura certo, non più del necessario ma neanche meno, perché il fine prioritario deve essere quello di evitare che le crisi diventino sistemiche. Non sono dichiarazioni casuali: la BCE di Mario Draghi spezza nuovamente una lancia a esplicito favore delle richieste italiane alla Commissione. Tradotto in parole semplici: caro Juncker non impiccare la trattativa con l’Italia a un’interpretazione letterale della direttiva BRRD sul rafforzamento e risoluzione delle banche, ma danne coi tuoi commissari una lettura evolutiva perché di tutto c’è bisogno dopo Brexit e le sue conseguenze recessive, tranne che di propagare una crisi bancaria. L’intelligenza e l’accortezza - dice Angeloni - sta nel far evolvere l’applicazione delle norme ai nuovi rischi della realtà che cambia: esattamente come ha fatto la BCE passando dal primo al secondo e rafforzato Quantitative Easing. Più tardi,oggi, alla voce di Angeloni si è aggiunta quella ancor più autorevole di Victor Constancio, vicepresidente della BCE, con le stesse testuali parole.
Del resto, terzo segnale, la Commissione Europea oggi ha deciso di soprassedere alla decisione su un altrimenti automatico avvio – visti i dati di bilancio - della procedura d’infrazione a Spagna e Portogallo, per violazione degli impegni sul rientro del deficit pubblico: se ne occuperà l’Ecofin cioè il Consiglio Europeo, la Commissione non se la sente di aggravare le tensioni nella Ue.
Quarto segnale, meno rilevante dal punto di vista politico ma comunque significativo: un lungo articolo dell’Economist, totalmente a favore della posizione italiana. Contenente un esplicito appello ad accettare le ricapitalizzazioni bancarie di Stato, per evitare l’aggravamento della crisi europea nel post Brexit che già rallenta le economie, e rivedendo il principio che l’Italia contesta frontalmente, cioè il burden sharing. Il principio, cioè, per il quale se lo Stato interviene nel capitale di banche comunque solvibili, ma potenzialmente a un passo dal non avere più capitale necessari per superare gli stress test europei e le svalutazioni necessarie alla cessione di crediti deteriorati a un prezzo diverso da quello di libro, bisogna comunque colpire azionisti e obbligazionisti suburdnati per almeno l’8% delle passività. L’Economist è solo un giornale, ma la sua autorevolezza sulle leadership europee è tale che per Renzi e Padoan ha il suo peso, averlo dalla propria parte.
Il quinto atto si è svolto invece a Siena, e dalle indiscrezioni al Tesoro non è piaciuto troppo. Il cda della banca epicentro della crisi ha avviato la risposta alla vigilanza europea sui raddoppiati impegni richiestile di cessione dei crediti deteriorati, che superano i 40 miliardi in pancia alla banca. Ma il cda ha preferito tenere le carte coperte. Mentre il Tesoro, dicono, spingeva perché, se non nel comunicato formale finale, almeno nelle dichiarazioni al termine del cda fosse chiaro che si andrà comunque a un aumento di capitale con una quota riservata, senza dire che è per lo Stato ma comunque sottintendendolo, o comunque almeno con garanzia di sottoscrizione dell’inoptato (anche su questo, senza dire che sia a opera di Atlante, o di Giasone cioè l’Atlante 2 formato con nuovi capitali privati, assicurativi e della casse previdenziali professionali, e nuovo intervento di Cdp). Poiché la trattativa a Bruxelles non è chiusa, a Siena il cda ha preferito non rischiare, e tacere. non parlare né dell'ingente cessione di NPL (48mliardi lordi, 24 netti) in programma, né dell'aumento di capitale che - attenzione - comunque porterà a un'aggregazione del Montepaschi con altra banca. Mentre il Tesoro avrebbe preferito fare un passo avanti, per usare anche quest’arma come nuovo strumento di pressione su Bruxelles. E’ infatti ovvio che il fallimento di un tale aumento di capitale aprirebbe una crisi sistemica. Può essere, per questo, che un comunicato più dettagliato sia imposto domani imperativamente dal MEf a MPS.
La trattativa è ancora aperta su due punti essenziali. Il prezzo di cessione dei crediti deteriorati, perché quanto più sarà vicino a 20 invece che a 40 rispetto al nominale di 100 ,tanto più sarebbe elevato l’aumento di capitale da realizzare per fronteggiarne l’erosione, a fronte di svalutazione e minusvalenze rispetto ai valori di copertura scritti nella parte patrimoniale del bilancio MPS. E, secondo punto, le modalità della ricapitalizzazione pubblica, se con strumenti ibridi trasformabili in capitale o direttamente nel capitale, e per quale quota pubblica sul totale dell’aumento, ma senza trasfomare in azioni neanche una parte dei 7 miliardi di obbligazioni subordinare MPS in capo a oltre 50mila sottoscrittori. Questo chiede l’Italia. E che io dissenta, conta zero. Politica e regolatori vanno a braccetto, nel nostro paese, per non ammettere gli errori gravissimi del passato.
Vedremo nei prossimi giorni gli sviluppi. Ma avere la Bce dalla propria parte è un’ottima cosa per Palazzo Chigi. Di fronte alla quale Merkel e Schaueble non possono fare troppo facilmente spallucce. Anche se a me è piaciuto molto di più l'editoriale ieri sulla FAZ tedesca di Tobias Piller, in cui si paragonavano le richieste italiane all'ottenere agli europei di calcio dimensioni più piccole per la porta della nazionale italiana, e una deroga al fuorigioco per i nostri attaccanti...Ricordatevi che Spagna Portogallo Grecia Irlanda etc, nessuno ha ottenuto quel che noi stiamo chiedendo, per non aver riparato per tempo le banche dicendo che avevamo il sistema più solido al mondo... Chiediamo un premio alla nostra furbizia, forse lo otterremo: ma questo resta