mariougo
Forumer storico
buon fine settimana..
BCE e Fed con piano differente
La pressione sul cambio EUR/CHF continua
Focus: dilemma debito del Giappone
La recente comunicazione delle banche centrali ha confermato
ancora il differente percorso della BCE e della Fed. Il
verbale dell'ultima riunione della Banca centrale statunitense
non ha fornito alcuna nuova informazione decisiva per quanto
riguarda il primo aumento dei tassi e la velocità dei successivi
interventi sui tassi. I sostenitori di aumenti dei tassi
anticipati sono stati leggermente delusi, poiché l'aumento
dei rischi di crescita in Europa, Cina e Giappone e il basso
tasso d'inflazione sono stati un tema centrale. Per i membri
della Fed anche le turbolenze sui mercati nella prima metà di
ottobre sono state giudicate critiche per un aumento dei
tassi. Ma nonostante questi punti di discussione, la stima per
l'economia statunitense e per l'andamento del mercato del
lavoro rimane positiva. Con l'odierna situazione dei dati e la
previsione di crescita, la prossima estate la Banca centrale
statunitense dovrebbe decidere di effettuare un primo aumento
dei tassi. Da parte della BCE i segnali sono opposti.
Già in occasione della riunione di ottobre il Presidente Draghi
ha tentato di aprire leggermente la porta agli acquisti di titoli
di stato. Prima della Commissione economica e monetaria
dell'UE ha ripetuto questi pensieri.
La prossima settimana, la previsione incoraggiante della Fed
sull'economia statunitense dovrebbe essere rafforzata anche
da un segnale positivo del mercato immobiliare. I permessi di
costruzione per ottobre hanno raggiunto il livello massimo
dall'estate 2008, mentre il prossimo martedì l'indice Case-
Shiller dei prezzi delle case dovrebbe aumentare leggermente.
Dopo un andamento piuttosto deludente dal secondo
trimestre 2014, si registra pertanto un ulteriore consolidamento
in questo mercato sensibile ai tassi, il che dovrebbe
confermare la Fed per quanto riguarda possibili aumenti dei
tassi nel prossimo anno.
Al di fuori degli Stati Uniti, la situazione congiunturale nelle
grandi economie rimane tesa. Il Giappone è inaspettatamente
scivolato in una recessione. Il tentativo di stimolare l'economia
con misure ultraespansive e quindi di riprendere il
controllo del problema del debito non è riuscito
Nell'Eurozona vi è un certo sollievo sul fatto che i dati relativi
al terzo trimestre non abbiano mostrato complessivamente
un'altra recessione. Gli impulsi alla crescita sono tuttavia
quasi inesistenti. A novembre, gli indici dei responsabili degli
acquisti per la Germania e la Francia sono stati deludenti.
Anche dall'Italia continuiamo a non prevedere alcuna notizia
positiva. L'Italia ha registrato una crescita positiva del PIL per
l'ultima volta nel 2° trimestre 2011. L'indice della fiducia
delle imprese dell'Istituto di statistica italiano per novembre
dovrebbe di nuovo confermare il quadro negativo.
In Svizzera, i dati relativi alla produzione industriale per il 3°
trimestre forniranno un anticipo dei dati del PIL che saranno
pubblicati la settimana successiva. A causa dei settori servizi
ed edilizia, importanti in Svizzera, la produzione industriale
mostra tuttavia solo un quadro incompleto. I prodotti farmaceutici
e gli orologi dovrebbero continuare a essere i motori
della crescita nell'industria, mentre il vento sfavorevole globale
e soprattutto europeo diventerà un ostacolo maggiore
per l'industria metallurgica e dei macchinari. Anche per l'ultimo
trimestre gli indicatori svizzeri non segnalano finora
alcuna accelerazione. A ottobre, i responsabili degli acquisti
erano molto più ottimisti rispetto al mese precedente. A
differenza dell'indice dei responsabili degli acquisti, il barometro
congiunturale KOF rimane leggermente al di sotto
della media di lungo periodo e il prossimo venerdì questo
dovrebbe essere confermato anche per novembre.
Il calendario dei dati dei prossimi giorni non mostra quasi
potenziale per indicatori positivi dell'Eurozona. Di conseguenza,
il cambio EUR/CHF dovrebbe continuare l'assedio al
limite minimo di 1.20, anche dopo che i recenti sondaggi
sull'iniziativa sull'oro indicano in testa lo schieramento del
No. Tuttavia, questa notizia ha potuto dare al CHF solo un
temporaneo sollievo. In questo caso la pressione sui tassi
EUR dovrebbe continuare e mettere ancora in stato di allerta
la BNS per possibili acquisti di divise
Focus: il Giappone non riesce a estinguere
l'enorme debito con strumenti tradizionali
Con il secondo trimestre negativo consecutivo, il Giappone è
scivolato sorprendentemente in una recessione tecnica. Per
l'intero anno si dovrebbe registrare ancora un leggero aumento.
La flessione congiunturale ha indotto però il governo
a una immediata modifica dei suoi progetti fiscali. L'aumento
dell'imposta sul valore aggiunto dall'8% al 10%, previsto
per il mese di ottobre del prossimo anno, è stato posticipato
ad aprile 2017. Pertanto, la difficile situazione delle finanze
pubbliche è ritornata in primo piano. Oltre alla quota del
debito più alta (il 230% del PIL), secondo l'OCSE il Giappone
mostra infatti anche il deficit di bilancio più elevato (-8.4%
del PIL) di tutti i paesi industrializzati. L'aumento dell'IVA dal
5% all'8%, introdotto ad aprile, ha migliorato leggermente
la situazione finanziaria rispetto all'anno precedente. Tuttavia,
poiché nel 2013 nell'ambito dell'«Abenomics» la spesa
pubblica è stata nettamente aumentata, oggi il deficit è
come sempre più elevato rispetto a quello del 2009. Tra i
paesi nei quali dopo la crisi finanziaria la situazione del bilancio
era drasticamente peggiorata, il Giappone è l'unico paese,
in cui finora non c'è stata neppure una minima riduzione
del deficit.
Con lo spostamento dell'aumento fiscale, ora l'obiettivo del
governo di raggiungere un pareggio di bilancio entro il 2020
è diventato ancora più difficile. Nel complesso, anche la
previsione sulla situazione del debito rimane quindi negativa,
poiché le condizioni per una diminuzione della quota del
debito continuano a non essere rispettate. In primo luogo la
politica finanziaria non è sufficientemente restrittiva. I previsti
deficit di bilancio costringeranno il Giappone anche nei
prossimi anni a un elevato nuovo indebitamento. E in secondo
luogo, la crescita economica è troppo bassa per poter
tenere il passo con i debiti. Perfino senza un nuovo indebitamento,
una stabilizzazione della quota del debito sarebbe
difficile: per raggiungere questo obiettivo la crescita nominale
dovrebbe essere più elevata dell'addebito degli interessi.
In Giappone, la crescita rimane però sempre inferiore al
tasso nominale
La situazione si presenta migliore negli Stati Uniti, dove negli
ultimi anni il forte deficit accumulato nel 2008 e nel 2009 è
rapidamente diminuito. Di recente, il Ministero del commercio
ha comunicato che il deficit di bilancio 2014 ammonta
solo al 2.8% della produzione annuale. Pertanto, in cinque
anni il deficit è diminuito di sette punti percentuali, il che è
quasi paragonabile alle rigorose misure di risparmio della
Spagna, del Portogallo e dell'Irlanda (vedi grafico nelle Prospettive
settimanali della scorsa settimana). Inoltre, dal 2010
la crescita nominale è di nuovo costantemente superiore alla
remunerazione del debito pubblico (vedi grafico). E secondo
l'indipendente Autorità di bilancio del Congresso questa
situazione dovrebbe rimanere invariata anche nei prossimi
anni. L'Autorità di bilancio parte dalle ipotesi, secondo noi
plausibili, che la remunerazione media del debito pubblico
aumenterà solo gradualmente e che la crescita nominale
rimarrà al 4% circa. A differenza del Giappone ultimamente
la quota del debito non è quasi aumentata. Secondo l'FMI,
già il prossimo anno questa quota dovrebbe diminuire leggermente
(dal 106% al 105%).
A nostro parere, l'attuale andamento negli Stati Uniti mostra
che in linea di massima le condizioni per una riduzione del
debito esistono. I due modi tradizionali di ridurre i debiti,
ossia crescita e politica finanziaria restrittiva, dovrebbero
rimanere uno scenario realistico anche in futuro. Diversa è la
situazione in Giappone. La politica monetaria e fiscale
espansiva non genera alcun effetto significativo e non è
stata in grado di aumentare la crescita in modo duraturo. Il
rapido invecchiamento della popolazione ha un effetto deflazionistico,
incidendo quindi anche sulla crescita nominale.
E senza una positiva dinamica di crescita diventa ancora più
difficile ottenere durature eccedenze di bilancio. Attualmente,
la tradizionale propensione al risparmio degli investitori
nazionali determina tassi bassi. Il debito pubblico fuori controllo
– negli ultimi sei anni la quota del debito è aumentata
di quasi 60 punti percentuali – dovrebbe tuttavia determinare
a lungo termine un aumento dei rendimenti obbligazionari
con conseguente ulteriore peggioramento del bilancio. Se
la pressione diventa troppo forte, alla fine il Giappone dovrebbe
tentare di tenere sotto controllo la situazione con
tagli del debito. Per ottenere questo risultato la Banca centrale
giapponese potrebbe quindi per esempio ammortizzare
i crediti accumulati nel frattempo nei confronti del Ministero
delle Finanze.