la kulona ha un cervello di patata ed è stata messa lì non per la sua intelligenza ma per il suo carattere: integralista e sorda ad ogni commento, proseguirà verso l'obiettivo che le hanno assegnato senza mostrare nè dubbi nè debolezze
Juncker lo sapevano tutti, persino io ...
appunto è emblematico il persinaggio,
e se vogliamo è anche emblematico che gli vengano solo adesso pubblicamente rinfacciati certi comportamenti: che sia l'inizio di una fronda anti-merkel?
leggiamo ....
Juncker è anche l'ideologo e il demiurgo di un sistema di elusione delle rendite che ha consentito al Granducato del Lussemburgo di trasformarsi nel più raffinato e impenetrabile paradiso fiscale d'Europa. E ha garantito a oltre 340 fra aziende e multinazionali di arricchirsi a dismisura sottraendo alle casse dei paesi europei e agli Stati Uniti oltre 2.000 miliardi di euro di tasse.
Non ci credete? Pensate che Juncker sia veramente un gentiluomo impegnato, come prometteva lui stesso a luglio, nel tentativo di «mettere un po' di morale ed etica nel panorama fiscale europeo». Beh allora sarà meglio scendere dall'albero dei sogni e leggere il rapporto del Consorzio Internazionale del Giornalismo Investigativo . L'organizzazione, basata negli Usa e composta da giornalisti di tutto il pianeta, ha spulciato 28mila pagine di documenti riservati usciti dal granducato su cui Juncker ha regnato da primo ministro, dal 1995 al 2013. E ha scoperto che la legislazione introdotta durante i 18 anni di mandato Juncker ha consentito a 340 multinazionali di spostare nel Granducato i profitti realizzati in Europa o Stati Uniti usufruendo di tassi d'imposizione fiscale assolutamente ridicoli. O meglio assai iniqui. «Stando a quei documenti - nota il rapporto già ribattezzato Luxleak - alcune aziende hanno goduto di una tassazione inferiore all'1% sui profitti trasferiti in Lussemburgo».
Insomma un meccanismo studiato ad arte per consentire autentici raggiri «legali» ai danni degli altri paesi europei. Un meccanismo forse non perfettamente in linea con la reputazione di un presidente della Commissione Europea, ma che ha sicuramente garantito a Juncker le simpatie di uomini e aziende assai potenti. Le alchimie legali con cui l'ex premier lussemburghese ha saputo trasformare l'elusione fiscale in profitto e trasformare un minuscolo granducato in una delle più importanti piazze finanziarie del pianeta hanno infatti contribuito a rendere ancor più ricco e soddisfatto il «gotha» mondiale dell'economia e della finanza. Grazie agli accordi ideati dai governi Juncker marchi come Apple, Fiat, Amazon, Heinz, Pepsi, Ikea, Deutsche Bank hanno stretto contratti fiscali privilegiati con il Lussemburgo concordando prelievi infinitesimali rispetto alle tasse pagate nei paesi d'origine da qualsiasi comune mortale. Ma il gigantesco meccanismo d'elusione planetaria messo in piedi nel cuore dell'«austera» Unione Europea grazie al lavoro «pregresso» del Presidente Juncker rischia ora di travolgere il suo demiurgo e i suoi favoriti.
Le rivelazioni del Consorzio Internazionale del Giornalismo Investigativo si aggiungono all'inchiesta, già aperta dall'ex commissario per la Concorrenza Joaquin Almunia, che puntava a far luce sulle operazioni di elusioni fiscale realizzate da Fiat, Apple, Starbucks e Amazon sfruttando i «buchi neri» di Olanda e Lussemburgo. E così ieri la compunta signora Margrethe Vestager, erede di Almunia alla Concorrenza, ha pensato bene di reagire alle rivelazioni sulla cosiddetta «Luxleak» chiedendo al Lussemburgo informazioni sulle pratiche delle multinazionali arricchitesi grazie alla sua piattaforma fiscale. Un intervento degno della peggior ipocrisia di Bruxelles visto che l'ideatore di quella «piattaforma» - e il grande custode dei suoi segreti legali - altri non è se non il numero uno della Commissione di cui la Vestager fa parte. Nonostante le commedie dell'assurdo inscenate nel mellifluo clima di Bruxelles il presidente Juncker rischia comunque grosso. Se le rivelazioni di Luxleak si faranno ancora più pressanti neppure gli «euro-ipocriti» potranno fingere d'ignorare che il gran demiurgo dell'elusione alloggia uno scranno sopra il loro. E allora le richieste di dimissioni, avanzate già ieri da un'implacabile euroscettica come Marine Le Pen, potrebbero diventare inesorabile realtà.
Al centro di questo scandalo, immediatamente denominato "LuxLeaks", ci sarebbe lo zampino di PriceWaterhouseCoopers (Pwc), una delle più grandi società di consulenza esistenti nel mondo, il cui ruolo è stato quello di supervisionare gli accordi stretti tra le società coinvolte e il Granducato di Lussemburgo allo scopo di garantirne la legalità. Il sistema tramite il quale avveniva il trasferimento in Lussemburgo dei profitti era complesso ed articolato in diverse fasi. La maggior parte degli accordi segreti, i così detti "ruling", vennero conclusi grazie all'intermediazione di Pwc che suggerì ai suoi clienti una serie di strategie finanziarie atte a trasferire i profitti presso il Granducato. Tra queste vi erano la predisposizioni di finanziamenti a favore di aziende aventi la propria sede legale in Lussemburgo. La società FedEx Corp, ad esempio, creò due società affiliate nel Granducato allo scopo di trasferire i profitti ottenuti dalle società operanti in Messico, Francia e Brasile alle società di Hong Kong. Prima di disporre il definitivo trasferimento dei guadagni questi transitarono per il Lussemburgo che dispose una tassazione pari allo 0,25 percento dei profitti, garantendo il trasferimento del restante 99,75 percento. Secondo la legge applicata in Lussemburgo società di consulenza quali la Pwc hanno il diritto di presentare al ministero delle Finanze progetti volti alla riduzione della tassazione, con la garanzia che riceveranno una conferma della fattibilità dell'operazione.
Questa inchiesta ha suscitato diversi tipi di reazione. Nel mondo accademico particolarmente interessante è stata la posizione assunta da Stephen Shay, Professore di tassazione internazionale presso la facoltà di legge di Harvard, secondo il quale: "Il sistema disposto in Lussemburgo per la tassazione dei profitti ottenuti dalle aziende è un tipico esempio di sottrazione di entrate dallo Stato da cui provengono". Del tutto opposti, ovviamente, sono i commenti provenienti dal Granducato. Nicolas Mackel, direttore esecutivo dell'agenzia Luxembourg for Finance, ha sostenuto che: "Il sistema di tassazione esistente in Lussemburgo è semplicemente competitivo. Se le aziende riescono a ridurre i livelli di tassazione (trasferendo i propri profitti nel Granducato) ciò non è un problema di un singolo sistema fiscale bensì dell'interazione esistente tra i vari sistemi di tassazione". Molto aggressivo, infine, è stato l'approccio seguito dalla Pwc, il cui portavoce ha sottolineato che la notizia trasmessa dal Consortium of Investigative Journalism sarebbe basata su "informazioni datate oltre che rubate rispetto alle quali dovrebbe esserci un immediato intervento delle autorità competenti".
Qual è la posizione assunta dall'Unione europea? Jean-Claude Juncker ha rilasciato una dichiarazione affermando che: "Non bloccherò l'indagine in corso, sarebbe inaccettabile. Ho tuttavia alcune idee sulla questione, ma le terrò per me". L'identificazione di Juncker quale primario responsabile della situazione soggetta ad inchiesta dipende dal ruolo interpretato dal Presidente della Commissione europea durante i suoi lunghi anni quale PM del Lussemburgo. Dopo aver ereditato un paese con un'economia basata sull'agricoltura e la siderurgia, Junker ha adottato una serie di riforme che hanno trasformato la nazione in un centro finanziario e, a quanto pare, anche in un paradiso fiscale. Sebbene i soggetti coinvolti nello scandalo continuino a sostenere la conformità degli accordi al diritto internazionale e alle norme comunitarie, Margrethe Vestager, attuale Commissaria per la concorrenza, ha dichiarato che un'indagine sarà aperta sulla questione che si qualifica come un tipico caso di aiuti di Stato. In altre parole la colpa del Lussemburgo sarebbe stata quella di garantire vantaggi ad alcune aziende e non ad altre, alterando la normale concorrenza esistente nel mercato. In molti, tuttavia, hanno sottolineato come il vero problema venuto fuori con questa indagine è la necessità di eliminare almeno dall'Eurozona paradisi fiscali il cui effetto è quello di danneggiare le economie degli altri Stati membri. Una simile posizione è stata assunta, tra gli altri, dal Sottosegretario agli Affari europei, Sandro Gozi, secondo il quale: "È inaccettabile che si continui in questa pratica di concorrenza fiscale al ribasso. È indispensabile un'armonizzazione fiscale, quantomeno nei paesi dell'Eurozona".
la parte interessante ??
imho:
il rapporto del Consorzio Internazionale del Giornalismo Investigativo . L'organizzazione, basata negli Usa e composta da giornalisti di tutto il pianeta
quindi non giornalisti europei, ma USA... gli stessi USA che criticano il modello-merkel ...
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e altrettanto interessante che a nessun europeo sia venuto in mente di fare questa analisi ...
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specifico inoltre:
conforme alla legge... ma non conforme allo spirito della comunistario della UE : e adesso è lui il presidente ??