Tbond Bund (VM69) 2014: 2014 il ritorno di Smaug

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Le riforme in casa per trattare la flessibilità in Europa


Riforme in casa in cambio di flessibilità e politiche espansive in Europa. Sarà questo il filo rosso su cui dovrà muoversi il governo per ridare al Paese una speranza di rilancio. Il Sole 24 Ore offre in questo senso un decalogo di interventi prioritari sui temi più urgenti dell’economia. Fisco. Robusta riduzione del prelievo fiscale e contributivo sul lavoro, magna pars di un piano complessivo di taglio immediato della pressione fiscale per 8/10 miliardi, da realizzare attraverso una pluralità di misure: integrale deducibilità della componente costo del lavoro dal calcolo della base imponibile Irap; intervento diretto sulle aliquote Irap e Ires cui affiancare l’aumento delle detrazioni Irpef sui redditi medio/bassi. Coperture: 5/6 miliardi dalla spending review; 3 miliardi dalla minore spesa per interessi già indicata dal governo Letta. Approvare poi con rapidità la delega fiscale con i relativi decreti attuativi per avere un diritto più certo. Impresa, ricerca, energia. Allargamento del credito d’imposta alla ricerca e all’innovazione per favorire gli investimenti privati. Serve un bonus strutturale sulla spesa totale e non limitato agli incrementi di investimenti. Sostegni all’export per i settori di punta della manifattura. Completare il mercato interno dell’energia per abbatterne i costi. Semplificazioni e giustizia civile. Abbattere il numero delle autorizzazioni per gli insediamenti industriali. Semplificare la normativa degli appalti per favorire gli investimenti in infrastrutture. Riprendere più in generale le misure del Ddl semplificazione, arricchendole con altre proposte e trasformandole in un decreto legge. Introdurre un sistema di filtri sui ricorsi al Tar. Attuare senza indugi la semplificazione della geografia giudiziaria. Credito e liquidità. Liquidare tutto lo stock dei debiti della Pa con le imprese e garantire il rispetto della direttiva europea sui tempi di pagamento. Attuazione di tutte le misure adottate per rafforzare l’azione del Fondo garanzia per le Pmi e i sistemi di garanzia. Lavoro e produttività. Detassare/decontribuire il salario di produttività in via strutturale. Favorire le assunzioni eliminando le rigidità introdotte dalla legge Fornero e varare una riforma complessiva delle politiche attive e degli ammortizzatori sociali. Operazione Debito. Un piano su tre gambe: a) togliere dal calcolo del debito pubblico 60 miliardi di interventi per salvare gli stati in difficoltà (prestiti bilaterali con la Grecia, quota dei bond EFSF e capitale paid-in per l’Esm). b) dismissioni immobiliari e privatizzazioni di asset pubblici in Italia, anche dismettendo le 4.944 società partecipate dai comuni e le 1.965 delle province. c) in cambio del piano di dismissioni immobiliari e privatizzazioni l’Italia concorda con i partners dell’Eurozona l’emissione di eurobond per finanziare gli investimenti produttivi senza che questi gravino sulle finanze pubbliche nazionali Mobilità nella Pa. Mobilità obbligatoria per il pubblico impiego per favorire la ristrutturazione dello Stato. Revisione degli incarichi apicali della Pa, favorendo il ricambio e la cultura dei risultati. Investimenti. Ci sono progetti pronti e cantierabili di piccole opere per un totale di 7 miliardi: si tratta dei quattro programmi per l’edilizia scolastica, il dissesto idrogeologico, i «6mila campanili» e il piano città. In piccola parte sono stati già finanziati e avviati, ma mancano risorse per accelerare e appaltare tutto entro il 2014. Per favorire il rilancio degli investimenti in infrastrutture bisogna anche destinare risorse nuove, per esempio quelle provenienti dal rientro dei capitali, velocizzare la spesa dei fondi Ue 2007-2013 (abbiamo da spendere ancora 28 miliardi entro il 2015), allentare il patto di stabilità interno secondo criteri meritocratici. Titolo V. Va riformato il Titolo V della Costituzione con la cancellazione delle competenze concorrenti. In materie chiave come infrastrutture, energia, trasporti la legge del 2001 si è rivelata un boomerang visto che ha allungato a dismisura i tempi delle decisioni e aumentato i lacci e lacciuoli. Perciò il loro ritorno sotto l’egida statale non può essere più rinviato. Va anche riformato l’articolo 114 con una vera eliminazione delle Province. Cultura. Introdurre un credito di imposta per gli investimenti in cultura e beni artistici. Forte detassazione delle sponsorizzazioni.







:down:

tutto questo rallenta la strada verso la svalutazione
 
Le banche, l’Eba e i rapporti di forza in Europa


E anche se le autorità di vigilanza hanno oggi un compito ben più importante che suonare in sottofondo, il loro lavoro meriterebbe giudizi più articolati rispetto a quanti accusano l’Eba di aver emanato regole tecniche per l’identificazione dei crediti dubbi che aggraverebbero ulteriormente il già significativo credit crunch e dunque di affossare il sistema bancario italiano e, con esso, l’intera economia. Una tesi gradita a molti banchieri, non solo italiani, ma che non regge all’analisi dei fatti. Vediamo perché. Primo. Nella fase attuale della crisi europea, il grande malato è il sistema bancario, perché è assai menocapitalizzato di quello americano e perché c'è troppa incertezza sull'effettiva qualità dei bilanci. Tanto che le banche non prestano più non solo alle imprese, ma neppure alle consorelle di altri paesi. Oggi il mercato interbancario intraeuropeo è bloccato e la liquidità bancaria è tutta sulle spalle della Bce. Una situazione del tutto insostenibile.

Secondo. L'incertezza sui bilanci delle banche riguarda sia i residui dei cosiddetti "titoli tossici" (ancora rilevanti in Francia e Germania) sia i crediti a vario titolo problematici. Sono questi i due fattori fondamentali dal lato dell'offerta, che aggiungendosi ad un'ovvia contrazione della domanda, hanno determinato una caduta dei prestiti di dimensioni mai sperimentate. Tanto che importanti ricerche dimostrano che (in Italia come altrove) le banche più capitalizzate non hanno ridotto il credito all'economia. Così come altre hanno dimostrato che le zombie banks giapponesi degli anni Novanta sono state una delle cause fondamentali di una recessione durata vent'anni.



Terzo. In queste condizioni, l'Unione bancaria è il passo necessario per risolvere i problemi di fondo del sistema bancario europeo. La soluzione comporterà un lavoro integrato fra Eba, Bce e autorità nazionali che dovrà prima identificare i rischi chiave, poi compiere un'asset quality review, cioè una valutazione della qualità dei bilanci banca per banca e unariclassificazione in modo omogeneo. Infine, una volta definito il quadro complessivo, si potrà passare alla terza fase decisiva per rassicurare i mercati, cioè lo stress test, per valutare se le banche, oltre che essere sufficientemente capitalizzate (almeno per i parametri di Basilea) hanno margini sufficienti per superare scenari meno favorevoli di quelli generalmente previsti.




Quarto. Questi passaggi tecnici dovranno essere fatti in un arco di tempo limitato perché l'Europa, tanto per non smentirsi, si è mossa troppo tardi: l'Eba ha cominciato a funzionare a inizio 2011 e solo l'anno scorso alla Bce è stato affidato il ruolo chiave nella supervisione dell'area dell'euro. Il compito è improbo: si tratta di costruire una cultura di vigilanza e supervisione a livello europeo partendo praticamente da zero. A confronto, l'avvio dell'euro, che è durato oltre due anni e che prevedeva un periodo di sei mesi di rodaggio per la Bce prima del passaggio alla moneta unica (e altri tre anni prima dell'apparizione nelle nostre tasche) appare come una passeggiata.



Quinto. Un'ulteriore difficoltà è data dal fatto che occorre definire regole, criteri e prassi comuni fra autorità di supervisione, molte delle quali hanno dimostrato di avere comportamenti troppo indulgenti se non conniventi con i propri regolati. E, guarda caso, l'Italia è proprio il paese che ha sempre rappresentato un punto di eccellenza per prassi equalità professionali. Vorrà pur dire qualcosa se vengono dalla nostra banca centrale le persone (Andrea Enria e Ignazio Angeloni) che a Londra e Francoforte occupano due delle tre cariche principali della vigilanza europea.



Sesto. Chiarezzanei bilanci ètermine semplice, che purtroppo passa attraverso regole tecnicamente molto complesse, in cui è molto difficile trovare punti di equilibrio fra diverse esigenze. Malagravità della situazione richiede che ci si allinei alle prassi più rigorosa, cioè quella italiana. Come hanno dimostrato le lettere di Andrea Enria e di Carmelo Barbagallo (responsabile Vigilanza della Banca d'Italia) i nuovi criteri Eba, che comunque erano stati definiti in un rapporto dialettico con Bce e autorità nazionali e preceduti da un periodo di consultazione con la categoria, non modificano sostanzialmente il quadro per le banche italiane, mentre dovrebbero cambiare di molto la situazione per quelle di altri paesi. Dunque, se c'è qualcuno che si deve preoccupare, non abita da noi.
Molto rumore per nulla, allora? Ovviamente non è così semplice. Molti mugugni circolano nel sistema bancario. Parte di questi riflettono semplicemente l'allergia all'inasprimento delle regole dopo la crisi e in particolare al rafforzamento patrimoniale delle banche, cioè una difesa adoltranza dei vecchi privilegi regolamentari di cui hanno goduto le banche prima delle crisi. Parte invece derivano dal timore che - nonostante le dichiarazioni in senso contrario - l'applicazione dei criteri europei possa lasciare ancora posizioni di vantaggio per alcuni e di svantaggio per altri. Basti pensare all'insistenza ossessiva con cui i tedeschi ricordano l'importanza della valutazione del rischio sovrano nei portafogli titoli per capire come vi sono molte strade "tecniche" che possono portare a far apparire sull'orlo della crisi anche una banca robusta e proporla per una ricapitalizzazione che nel caso dei paesi dell'area periferica, potrebbe essere problematica e probabilmente l'anticamera di un radicale mutamento degli assetti azionari a vantaggio dell'estero.
Il fatto è che sarebbe ingenuo credere che siamo di fronte ad un passaggio puramente tecnico e neutrale: le decisioni dei supervisori europei non vengono prese nel vuoto, ma in organi collegiali che fatalmente risentono dei rapporti di forza fra paesi. E dunque il problema è quello dell'Europa di oggi, che non riesce a ritrovare un equilibrio fra centro e periferia, non certo in chi cerca di definire un quadro di regole omogeneo. Se c'è qualcuno da criticare, sta a Berlino, non a Francoforte e tanto meno a Londra.
 
Lega: «Moneta unica strumento di morte»


A Milano, la Lega Nord ha aperto di fatto la campagna elettorale per le elezioni europee del prossimo 25 maggio. "Basta euro", lo slogan forte del movimento di Matteo Salvini, che ha deciso di usare la competizione per Strasburgo in un referendum pro o contro la moneta unica. «Uscire dall’euro si può, nulla è irreversibile, solo così riparte l’economia», è la convinzione di Salvini, che andrà a spiegarlo in un tour che si è aperto a Firenze, e che è stato battezzato ufficialmente nel pomeriggio di ieri a Milano e si concluderà a Roma. Il segretario del Carroccio è accompagnato da Claudio Borghi, un docente della Cattolica convinto che «il disastro dell’euro è coperto da una catena fittissima di menzogne» che fanno comodo alla Germania. Salvini ha detto che i leghisti devono «andare in giro come i Testimoni dei Geova a fermare le persone una ad una illustrandole», contro l’euro «strumento di morte». Salone pieno, oltre mille persone ieri nell’auditorium della Provincia di Milano. Sul palco anche alcuni imprenditori che non riescono a superare la crisi. Per la Lega, la sfida delle europee – e dello sbarramento al 4% – appare cruciale per recuperare peso nello scenario politico.





il Grande Economista si è espresso
 

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