I giornali del mattino

... da la Stampa online .....poi ci si chiede perche certe malattie sono in aumento esponenziale...non sai cosa mangi, cosa bevi, cosa respiri, quali conseguenze derivino dall'uso di detersivi, detergenti, farmaci...molto male
La festa appena cominciata è già finita. Nel bel mezzo della giornata inaugurale del 42° Vinitaly di Verona piomba la notizia che
in giro per l’Italia ci sono 70 milioni di litri di vino adulterato 
. Roba forte: un cocktail di fertilizzanti chimici, acqua, uno spruzzo di acidi e persino un po’ d’uva. L’allarme arriva dalle anticipazioni di un’inchiesta che esce oggi sull’Espresso. Sulla vicenda indagano le procure di Modena, Bologna, Verona e Trapani. Un’inchiesta che va avanti da sei mesi, sinora nel riserbo.
Secondo L’Espresso solo una parte dei prodotti pirata è stata sequestrata, vista l’impossibilità di rintracciare tutte le bottiglie. Dietro quello che gli investigatori del Corpo Forestale hanno scoperto ci sarebbe un vero sistema industriale di contraffazione gestito dalla criminalità organizzata. Le aziende nella rete dello scandalo sarebbero una ventina, due si troverebbero nelle province di Alessandria e di Cuneo. Le indagini sono partite dal Veneto e, pare, da un’azienda già coinvolta 22 anni fa nella mattanza del metanolo, in cui sono state sequestrate taniche di acido cloridrico (comunemente detto muriatico) e solforico, oltre a qualche decina di chili di zucchero.
A che cosa sarebbero serviti?
L’acido cloridrico e l’acido solforico trasformano lo zucchero – proibito – in glucosio e fruttosio – normalmente presenti nell’uva - col risultato di mascherare lo zuccheraggio a una normale analisi. Gli acidi, però, seppur in piccole quantità, possono uccidere lentamente. E situazioni analoghe pare siano state scoperte in altre cantine, a Brescia, Verona, Bologna, Modena, Perugia. Nel Sud, invece, le centrali sarebbero in Puglia e Sicilia (L’Espresso cita in particolare gli stabilimenti della Enoargi export srl e della Vmc srl di Massacra, in provincia di Taranto).
Documenti falsi
Un’organizzazione, completa di reparto contraffazione documenti, grazie alla quale i produttori-pirata potevano guadagnare cifre astronomiche rispetto al valore dell’intruglio, venduto tra i 70 centesimi e i 2 euro al litro.
Del «vino all’acido muriatico» - tra bottiglie, bottiglioni, fiaschi e contenitori in tetrapak - ne sarebbero stati messi in circolazione 40 milioni di pezzi indirizzati alla fascia più cheap del mercato.
Un’operazione dai contorni odiosi perché puntava su quei consumatori a basso reddito che devono fare i conti con gli aumenti sulla lista della spesa. Ma il settore più basso del mercato è anche quello dove la concorrenza internazionale è più forte, con nuovi competitors che entrano sul mercato con vini a prezzi da saldo.
Il danno all’immagine virtuosa del made in Italy rischia di essere grande. A Verona molti si domandano se sia solo un caso: la nostra enologia miete successi all’estero ed ecco che in dieci giorni saltano fuori le accuse d’«impurità» alle uve usate per produrre il Brunello di Montalcino (lunedì è scattato il blocco alla vendita di mezzo milione di bottiglie nelle cantine di casa Banfi) e si scatena lo scandalo del vino all’acido muriatico, mentre s’inaugura la vetrina internazionale di Vinitaly.
Il riserbo di Roma
Il ministro delle Politiche agricole, Paolo De Castro, non è per le dietrologie, preferisce sottolineare come la situazione fosse monitorata (e sotto controllo) dalla Forestale. Il ministero ha scelto la linea della
riservatezza 
, sia per non disturbare le indagini sia per non scatenare allarmi incontrollati che dopo il caso-mozzarella potrebbero assestare un altro brutto colpo alla credibilità dei prodotti italiani.
«D’altronde - dice sdegnato Lamberto Vallarino Gancia, nella veste di presidente del Comité Vins europeo – qui non si parla più di vino ma di banditismo. E si sa che nei momenti di forte movimento del mercato i banditi sanno trovare gli spazi per agire».