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Forumer storico
Telecom Italia, il fisco reclama 450 milioni di euro
Rapporto dell'Agenzia delle entrate sulla fusione Tim-Blu di cinque anni fa
GIANLUCA PAOLUCCI
TORINO
Cara Telecom, ci devi 465 milioni di tasse in più relative alla fusione tra Tim e Blu nel 2002. Firmato: Agenzia delle entrate. La missiva (un rapporto preliminare) recapitata a Telecom Italia nel gennaio scorso è stata accolta con una certa sorpresa dalla società telefonica, che comunque rivendica la correttezza del suo operato. Intanto, però, copia della missiva è stata inoltrata anche alla procura di Torino, che attenderà l’esito dell’analisi da parte dell’Agenzia. La storia è quella del quarto gestore di telefonia Gsm, Blu appunto, partito con grandi progetti e poi «mollato» dai suoi azionisti (Bnl, Eni, Mediaset e Bt). Fino al definitivo disimpegno, con spartizione della base clienti tra Wind, Vodafone e H3g e la fusione della societa in Tim. Alla fine di quell’anno Tim si rivolge alle autorità fiscali per avere il via libera all’utilizzo delle perdite fiscali pregresse di Blu, 857 milioni. Via libera che arriva nel marzo del 2003.
Fattostà che al termine di un lungo accertamento su Blu avviato dall’Agenzia delle entrate è saltato fuori che la fusione tra Tim e Blu non ha creato quelle sinergie che erano state poste alla base della richiesta fatta da Tim alla fine del 2002, che dunque avrebbe fornito una descrizione dell’operazione «incompleta o addirittura fuorviante», al punto da far considerare tutta l’operazione come una mera elusione fiscale. Così, sempre secondo l’Agenzia, nei conti di Tim del 2002 sarebbero da imputare 156 milioni di risparmi fiscali non permessi risultati dalla retrodatazione della fusione al primo gennaio di quell’anno e 309 milioni di tasse addizionali dovute all’erario relative all’utilizzo non permesso di perdite pregresse di Blu. Inoltre, il rapporto dell’agenzia sottolinea come già prima della fusione con Tim, i soci di Blu avessero utilizzato svalutazioni e perdite pregresse a fini fiscali, cosa che si risolverebbe in una doppia deduzione per almeno una parte delle somme utilizzate da Tim. La società telefonica è certa della correttezza del suo operato e di poter ottenere ragione in tutte le sedi, al punto da non ritenere necessario fare accantonamenti in bilancio per questa vicenda. Adesso la palla è in mano all’ufficio di Torino dell’Agenzia delle entrate, che deve valutare le controdeduzioni di Telecom prima di decidere se e per quale ammontare dare seguito alla sua richiesta.
Da La Stampa
Rapporto dell'Agenzia delle entrate sulla fusione Tim-Blu di cinque anni fa
GIANLUCA PAOLUCCI
TORINO
Cara Telecom, ci devi 465 milioni di tasse in più relative alla fusione tra Tim e Blu nel 2002. Firmato: Agenzia delle entrate. La missiva (un rapporto preliminare) recapitata a Telecom Italia nel gennaio scorso è stata accolta con una certa sorpresa dalla società telefonica, che comunque rivendica la correttezza del suo operato. Intanto, però, copia della missiva è stata inoltrata anche alla procura di Torino, che attenderà l’esito dell’analisi da parte dell’Agenzia. La storia è quella del quarto gestore di telefonia Gsm, Blu appunto, partito con grandi progetti e poi «mollato» dai suoi azionisti (Bnl, Eni, Mediaset e Bt). Fino al definitivo disimpegno, con spartizione della base clienti tra Wind, Vodafone e H3g e la fusione della societa in Tim. Alla fine di quell’anno Tim si rivolge alle autorità fiscali per avere il via libera all’utilizzo delle perdite fiscali pregresse di Blu, 857 milioni. Via libera che arriva nel marzo del 2003.
Fattostà che al termine di un lungo accertamento su Blu avviato dall’Agenzia delle entrate è saltato fuori che la fusione tra Tim e Blu non ha creato quelle sinergie che erano state poste alla base della richiesta fatta da Tim alla fine del 2002, che dunque avrebbe fornito una descrizione dell’operazione «incompleta o addirittura fuorviante», al punto da far considerare tutta l’operazione come una mera elusione fiscale. Così, sempre secondo l’Agenzia, nei conti di Tim del 2002 sarebbero da imputare 156 milioni di risparmi fiscali non permessi risultati dalla retrodatazione della fusione al primo gennaio di quell’anno e 309 milioni di tasse addizionali dovute all’erario relative all’utilizzo non permesso di perdite pregresse di Blu. Inoltre, il rapporto dell’agenzia sottolinea come già prima della fusione con Tim, i soci di Blu avessero utilizzato svalutazioni e perdite pregresse a fini fiscali, cosa che si risolverebbe in una doppia deduzione per almeno una parte delle somme utilizzate da Tim. La società telefonica è certa della correttezza del suo operato e di poter ottenere ragione in tutte le sedi, al punto da non ritenere necessario fare accantonamenti in bilancio per questa vicenda. Adesso la palla è in mano all’ufficio di Torino dell’Agenzia delle entrate, che deve valutare le controdeduzioni di Telecom prima di decidere se e per quale ammontare dare seguito alla sua richiesta.
Da La Stampa