Titoli di Stato in difficoltà
L’ultima settimana è stata piuttosto difficile per i mercati obbligazionari, che sono scesi in maniera diffusa e talvolta persistente.
Da notare soprattutto il nuovo allargamento dello spread tra titoli tedeschi e periferici, Grecia su tutti. Le misure di austerity decise dal governo ellenico per poter accedere agli aiuti concessi da Unione Europea e FMI stanno come previsto impattando sensibilmente sulle stime di crescita, che rimangono fortemente negative per il 2011. Questo si è tradotto nell’aumento dello spread che ha nuovamente superato gli 800 b.p. sulla scadenza a 5 anni.
Non solo Grecia, però. Anche i governativi di Portogallo ed Irlanda hanno visto aumentare i propri rendimenti, con lo spread che ha sfiorato i 380 b.p. per i primi ed i 480 b.p. per i secondi, sempre sulla scadenza a 5 anni. Questo a dimostrazione di uno scenario altamente incerto sul fronte del debito pubblico e del sistema bancario, specie per quanto riguarda il governo di Dublino.
Complice la debolezza del Bund future, che dimostra di perdere forza relativa e che non riesce a recuperare area 130, la performance negativa ha colpito anche i nostri titoli di stato: pur non subendo allargamento di spread nei confronti del benchmark tedesco, i btp sono usciti dall’ipercomprato che aveva spinto i rendimenti a livelli incredibilmente bassi. Lo storno ha interessato in modo quasi identico sia le scadenze a 5 anni sia la parte più a lungo della curva, con ribassi di prezzo nell’ordine di un punto percentuale.
La settimana corrente dovrebbe rivelarsi importante per molti aspetti: il mix di eventi politici (elezioni di mid-term americane), monetari (decisione del FOMC sulla seconda ondata di quantitative easing) ed economici (mercato del lavoro di ottobre e trimestrali) potrebbe risultare decisivo per comprendere se i mercati azionari intenderanno proseguire nella risalita delle ultime settimane o sprofondare nuovamente: il mercato obbligazionario, salvo qualche eccezione cui ci ha abituato, dovrebbe tendenzialmente rispondere in modo opposto.
Con i bond in calo ma ancora lontanissimi dal rappresentare nuova fonte di opportunità, gli investimenti obbligazionari continuano ad interessare le emissioni di valute emergenti.
Il consiglio, a tale proposito, è quello di guardare alla liquidità del titolo con la stessa attenzione con cui si scelgono emittenti e valute; questa semplice regola sembra essere perlopiù disattesa, visto i volumi che contraddistinguono le obbligazioni nei primi giorni di collocamento. A partire da oggi il fenomeno ha interessato un nuovo titolo di RBS a tasso fisso in real brasiliani: il rischio che corre l’investitore comprando un bond con ridotta quantità nominale emessa (come nella fattispecie) è quello di una volatilità eccessiva, a volte non ponderabile.
Cito come esempio un’obbligazione a tasso variabile in USD emessa da Barclays Bank ad ottobre 2009: il titolo mantenne una bassa volatilità fino alla scorsa primavera, quando la crisi dell’euro portò il biglietto verde ad apprezzarsi notevolmente. Le successive prese di profitto portarono però molti investitori ad ottenere una forte erosione del guadagno derivante dal cross valutario, a causa della scarsa liquidità del titolo che arrivò a perdere oltre il 10%!
Per chi volesse entrare nel settore dei bond emergenti segnalo un ETF emesso da Deutsche Bank, codice ISIN LU0321462953, che replica un benchmark costruito dallo stesso emittente e composto da strumenti di debito emessi da un massimo di 15 stati emergenti delle principali aree geografiche. A fronte di un ottimo rendimento ottenuto finora dai titoli sottostanti, il risparmiatore ha goduto anche di maggior tutela grazie ad una volatilità contenuta.