IL MARATONETA
Forumer storico
Coelho cerca la formula per governare
A rassicurare i mercati, dopo il voto in Portogallo, è stato per una volta lo sconfitto, il leader del Partito socialista, Antonio Costa: «Non abbiamo alcuna intenzione di unirci a sinistra alla maggioranza negativa di quelli che creano ostacoli», ha detto Costa che non è riuscito a prevalere sulla coalizione di governo ma che esclude alleanze con i comunisti anti-euro o con il blocco di sinistra radicale.
L’incertezza politica e l’impasse sulle riforme, sono questi i rischi che il Portogallo corre dopo le elezioni generali di domenica che hanno confermato le previsioni consegnando al Paese un Parlamento bloccato, senza una maggioranza assoluta.
I socialdemocratici conservatori del premier Pedro Passos Coelho, alleati con i democristiani, si sono confermati prima forza del Paese: nonostante le pesanti misure di austerity introdotte e le profonde riforme attuate negli ultimi quattro anni di governo, hanno ottenuto il 38,5% dei voti e 104 seggi. Passos Coelho ha dunque scongiurato la cosiddetta “maledizione di Juncker”, il suo governo riformista ha prevalso alle urne ma ha perso consensi rispetto al 2011 e la sua coalizione non è riuscita a raggiungere la maggioranza assoluta di 115 deputati che aveva nell’assemblea uscente.
Il presidente del Portogallo, Anibal Cavaco Silva, inizierà nei prossimi giorni le consultazioni per arrivare alla formazione del nuovo esecutivo entro un paio di settimane. Quasi scontato l’incarico a Passos Coelho, da definire la formula per coinvolgere i socialisti. «Sarebbe davvero strano che chi ha vinto le elezioni non potesse governare, ma è anche evidente che il Parlamento ora è cambiato», ha detto Passos Coelho assicurando che «la coalizione di governo non smetterà di cercare il dialogo con chi come il Partito socialista rispetta le regole europee e sostiene la moneta unica». A garantire la tenuta del prossimo governo saranno dunque i socialisti - moderati ed europeisti quanto lo schieramento di centro-destra e di certo più vicini alle posizioni del governo che a quelle antisistema della sinistra estrema - che con il 32,4% dei consensi e 85 seggi in Parlamento
«Avremo un governo di minoranza che troverà il sostegno in Parlamento attraverso accordi nei passaggi cruciali dell’attività come in occasione dell’approvazione del budget. Questo genere di accordi sono perfettamente raggiungibili anche attraverso l’astensione dei socialisti», spiega il politologo Adelino Maltez.
I mercati ieri hanno già mostrato di gradire le dichiarazioni di pace venute dallo sconfitto, il socialista Costa, premiando la linea della stabilità portoghese. Ieri la Borsa di Lisbona ha chiuso con un guadagno del 3,47% e i rendimenti del titolo del debito portoghese con scadenza a dieci anni hanno aperto in calo al 2,26% con uno spread rispetto ai Bund tedeschi di 165 punti contro i 178 di venerdì, per poi chiudere intorno ai 175 punti base.
Anche da Bruxelles sono giunti messaggi di soddisfazione per l’esito del voto portoghese: un successo anche per la linea del rigore e delle riforme dettata dalla troika Ue-Fmi-Bce. «La Commissione si congratula con Pedro Passos Coelho per la vittoria elettorale. Il risultato delle elezioni conferma la volontà della maggioranza della popolazione di continuare sulla via delle riforme», ha commentato il portavoce della Commissione europea, Margaritis Schinas.
La stabilità politica è determinante per il futuro del Portogallo ma le rassicurazioni del governo non placano i dubbi degli analisti: «I risultati delle elezioni freneranno le riforme economiche - spiega Federico Santi, di Eurasia Group - e potrebbero compromettere il risanamento di bilancio».
Dopo il salvataggio di 78 miliardi di euro a metà del 2011 e dopo anni di governo della troika, il Portogallo è uscito dal programma di aiuti internazionali da poco più di un anno. L’economia si sta riprendendo, spinta dalle esportazioni, e nel 2015 il Pil dovrebbe crescere almeno dell’1,5 per cento. Ma il Paese è ancora fragile e molto esposto anche alle tensioni internazionali: il debito del settore privato è arrivato al 240% del Pil e nella lunga recessione il debito pubblico ha raggiunto il 130% del Pil.
A rassicurare i mercati, dopo il voto in Portogallo, è stato per una volta lo sconfitto, il leader del Partito socialista, Antonio Costa: «Non abbiamo alcuna intenzione di unirci a sinistra alla maggioranza negativa di quelli che creano ostacoli», ha detto Costa che non è riuscito a prevalere sulla coalizione di governo ma che esclude alleanze con i comunisti anti-euro o con il blocco di sinistra radicale.
L’incertezza politica e l’impasse sulle riforme, sono questi i rischi che il Portogallo corre dopo le elezioni generali di domenica che hanno confermato le previsioni consegnando al Paese un Parlamento bloccato, senza una maggioranza assoluta.
I socialdemocratici conservatori del premier Pedro Passos Coelho, alleati con i democristiani, si sono confermati prima forza del Paese: nonostante le pesanti misure di austerity introdotte e le profonde riforme attuate negli ultimi quattro anni di governo, hanno ottenuto il 38,5% dei voti e 104 seggi. Passos Coelho ha dunque scongiurato la cosiddetta “maledizione di Juncker”, il suo governo riformista ha prevalso alle urne ma ha perso consensi rispetto al 2011 e la sua coalizione non è riuscita a raggiungere la maggioranza assoluta di 115 deputati che aveva nell’assemblea uscente.
Il presidente del Portogallo, Anibal Cavaco Silva, inizierà nei prossimi giorni le consultazioni per arrivare alla formazione del nuovo esecutivo entro un paio di settimane. Quasi scontato l’incarico a Passos Coelho, da definire la formula per coinvolgere i socialisti. «Sarebbe davvero strano che chi ha vinto le elezioni non potesse governare, ma è anche evidente che il Parlamento ora è cambiato», ha detto Passos Coelho assicurando che «la coalizione di governo non smetterà di cercare il dialogo con chi come il Partito socialista rispetta le regole europee e sostiene la moneta unica». A garantire la tenuta del prossimo governo saranno dunque i socialisti - moderati ed europeisti quanto lo schieramento di centro-destra e di certo più vicini alle posizioni del governo che a quelle antisistema della sinistra estrema - che con il 32,4% dei consensi e 85 seggi in Parlamento
«Avremo un governo di minoranza che troverà il sostegno in Parlamento attraverso accordi nei passaggi cruciali dell’attività come in occasione dell’approvazione del budget. Questo genere di accordi sono perfettamente raggiungibili anche attraverso l’astensione dei socialisti», spiega il politologo Adelino Maltez.
I mercati ieri hanno già mostrato di gradire le dichiarazioni di pace venute dallo sconfitto, il socialista Costa, premiando la linea della stabilità portoghese. Ieri la Borsa di Lisbona ha chiuso con un guadagno del 3,47% e i rendimenti del titolo del debito portoghese con scadenza a dieci anni hanno aperto in calo al 2,26% con uno spread rispetto ai Bund tedeschi di 165 punti contro i 178 di venerdì, per poi chiudere intorno ai 175 punti base.
Anche da Bruxelles sono giunti messaggi di soddisfazione per l’esito del voto portoghese: un successo anche per la linea del rigore e delle riforme dettata dalla troika Ue-Fmi-Bce. «La Commissione si congratula con Pedro Passos Coelho per la vittoria elettorale. Il risultato delle elezioni conferma la volontà della maggioranza della popolazione di continuare sulla via delle riforme», ha commentato il portavoce della Commissione europea, Margaritis Schinas.
La stabilità politica è determinante per il futuro del Portogallo ma le rassicurazioni del governo non placano i dubbi degli analisti: «I risultati delle elezioni freneranno le riforme economiche - spiega Federico Santi, di Eurasia Group - e potrebbero compromettere il risanamento di bilancio».
Dopo il salvataggio di 78 miliardi di euro a metà del 2011 e dopo anni di governo della troika, il Portogallo è uscito dal programma di aiuti internazionali da poco più di un anno. L’economia si sta riprendendo, spinta dalle esportazioni, e nel 2015 il Pil dovrebbe crescere almeno dell’1,5 per cento. Ma il Paese è ancora fragile e molto esposto anche alle tensioni internazionali: il debito del settore privato è arrivato al 240% del Pil e nella lunga recessione il debito pubblico ha raggiunto il 130% del Pil.