"Mentre il Portogallo è KO, la Spagna è OK", scriveva giovedì scorso il Financial Times, poche ore dopo che il governo lusitano in funzione annunciasse la richiesta di salvataggio inviata al Fmi e ai soci europei. Oggi, lo stesso quotidiano britannico, in un'analisi di una delle sue firme più prestigiose, assicura che l'economia spagnola sarà la prossima dell'eurozona a cadere e che il prezzo delle case diminuirà del 40%, con grossi ripercussioni sui crediti della casse di risparmio. La Spagna non è il Portogallo è da settimane la consegna più ripetuta, a tutti i livelli. "La nostra economia è molto più grande, molto più diversificata e con un curriculum molto migliore di quello portoghese", hanno ribadito economisti, analisti e politici, con in testa la vicepremier per l'economia, Elena Salgado. Proprio oggi il Fmi ha aumentato le previsioni di crescita per la Spagna per quest'anno portandole all'0,8% del Pil, la metà della media dell'eurozona, e all'1,6% per il 2012,un decimo in più rispetto alle previsioni di gennaio. "Il nostro problema è la crescita, ed è la nostra sfida: che l'economia recuperi il suo potenziale", ha ammesso Rodriguo Rato, ex direttore del Fmi e attuale presidente di Bankia, ribadendo che la Spagna attualmente non è a rischio di intervento da parte della Unione Europea. Un pericolo che, secondo Rato, è esistito nell'autunno del 2010, ma non ora che la crisi è alle spalle.
Dati alla mano, le differenze col Portogallo sono nei numeri. Il Pil della Spagna, che supera il miliardo di euro - è esattamente 1.062.591 milioni - moltiplica per più di sei quello lusitano - che ammonta a 162.123 milioni - ed è quasi il doppio di quelli di Grecia, Irlanda e Portogallo tutti insieme, i paesi finora riscattati. Ed è il quarto più grande dell'eurozona, dopo quelli di Germania, Francia e Italia; il quinto di tutta la Ue, maggiore anche di quello del Regno Unito. Equivale all'11,76% del Pil totale dell'eurozona, mentre quello del Portogallo rappresenta solo l'1,87%. "Un'economia troppo grande per lasciarla cadere e troppo cara per essere salvata, soprattutto dopo aver destinato 300.000 milioni di euro ai paesi già abbattuti", assicurano all'Istituto di impresa Business School di Barcellona. Eppure con un'esposizione globale di Madrid verso Lisbona che si aggira sui 105 miliardi di euro, che tengono conto degli scambi commerciali tra i due paesi, dei prestiti e del debito sovrano lusitano acquistato, è difficile scacciare via il paventato spauracchio di un effetto domino. Dei 105 miliardi di esposizione la maggior parte interessa il settore bancario spagnolo che, secondo la Banca dei regolamenti internazionali (Bri), ha prestato 76,3 miliardi di euro al Portogallo, circa un terzo del credito concesso nel paese. Una cifra superiore a quella dell'esposizione di Germania e Francia con rispettivamente 34 e 32 miliardi. A questo si aggiunge uno scambio commerciale di circa 25 miliardi di euro nel 2010 e circa 3,2 miliardi di debito sovrano lusitano in mano spagnole, quest'ultimo in calo di oltre un miliardo rispetto all'anno anteriore. Le riforme varate dalla Spagna e l'andamento dei mercati, che recentemente hanno fatto distinzione tra i due paesi iberici, portano alcuni analisti a scartare un effetto contagio. Almeno per ora.