..."Prevediamo che lo spread dei periferici resti sotto pressione fino al prossimo weekend e all'Eurogruppo di fine
marzo"...
Fonte: eventiquattro - Banche Dati Sole
La volata decisiva della Ue
Un primo check up venerdì e un appuntamento decisivo a fine mese. Sono giorni fondamentali per il destino dell'euro. L'11 marzo il vertice straordinario dei 17 capi di governo di eurolandia affronta - insieme all'emergenza Libia - il tema dell'armonizzazione delle politiche di competitività, uno dei tre pilastri dell'intesa franco-tedesca raggiunta a febbraio. Un incontro preparatorio, che verterà su eventuali nuovi parametri da aggiungere a quelli attuali del "patto europeo" e sui primi passi in vista da compiere verso l'armonizzazione fiscale tra gli stati membri. Il nodo verò è però rimandato al Consiglio europeo che si terrà a Bruxelles tra il 24 e il 25 di questo mese. In agenda il tema dei debiti sovrani, ovvero se e come allargare il perimetro dell'Efsf (European Financial Stability Facility) il fondo varato a maggio 2010 per intervenire a sostegno dei paesi a rischio finanziario. È sufficiente la dote attuale di 440 miliardi o sarà necessario procedere alla ristrutturazione dei debiti pubblici di paesi più deboli - Irlanda e Grecia - allungando i tempi di rientro? E in tal caso, non c'è il rischio che l'intero edificio della moneta unica possa scricchiolare sotto il peso di una risposta negativa dei mercati? Abbiamo chiesto a tre esperti cosa ne pensano.
Germania e Francia diano l'esempio
Otmar Issing
Ex capo economista della Bce
L'unione economica e monetaria attraversa una crisi profonda, ma non è una crisi dell'euro: la stabilità dei prezzi è stata mantenuta e il cambio si è anzi apprezzato. La credibilità internazionale della moneta resiste. È vero però che alcuni paesi membri sono in crisi e il vero problema è la divergenza all'interno dell'area dell'euro, in termini di debito pubblico, di stato di salute del sistema bancario. Si tratta di una crisi annunciata: l'ultimo capitolo del mio libro sull'euro, uscito nel 2008, si intitolava già L'euro al bivio, e la Bce ha più volte lanciato l'allarme sulle divergenze del costo del lavoro, della competitività, della disciplina dei conti pubblici, sulle valutazioni non realistiche di alcuni mercati immobiliari. Mi preoccupa che ci si aspetti molto dai prossimi incontri europei e questo può solo finire in una delusione: i problemi che abbiamo davanti non si risolvono con un big bang. La vera difficoltà è costruire un ponte fra la gestione della crisi ancora in corso e la riforma che porterà all'assetto futuro del sistema, su cui ancora non c'è un consenso: il nuovo assetto non può arrivare entro fine marzo. La chiave della soluzione a più lungo termine è stabilire un quadro di regole più stringenti, a partire dalla politica fiscale, rivedendo il patto di stabilità, una buona idea purtroppo minata dalle violazioni di Germania e Francia nel 2003-2004. C'è bisogno di controlli più severi sulle politiche di bilancio. Inoltre, bisogna ristabilire il controllo dei mercati sulle politiche economiche: e questo è possibile solo restituendo agli investitori in titoli europei la percezione del rischio, eliminare l'idea che comunque qualcuno li salverà.
Da salvare le banche a rischio di contagio
Tito Boeri
Università Bocconi
Che fare dunque nel prossimo vertice straordinario dell'eurozona di venerdì dopo i nuovi allarmi lanciati dalle agenzie di rating sul debito greco e sui debiti sovrani di eurolandia? Il punto centrale è rimettere al centro la genesi di tutto.
Occorre cioè partire dalle cause della crisi fiscale che ha messo a repentaglio la stabilità dell'euro. Innanzittutto bisogna essere molto più selettivi nei salvataggi delle istituzioni finanziarie e rendere nel prossimo vertice europeo del 24-24 marzo più stringenti i criteri sulla gestione del debito pubblico dei paesi membri, ora delegati praticamente ai singoli stati. Se pensiamo che in una notte il governo di Dublino ha potuto concedere garanzie alle proprie banche per un importo pari al 30% del suo Pil si capisce che i limiti attuali sono irrisori.
Ha ragione quindi l'economista Barry Eichengreen quando dice che per rimettere in sesto l'euro bisogna partire dal rimettere a posto il sistema bancario. Non basta mettere mano a nuovi stress test, peraltro già fatti in precedenza senza particolari risultati, ma occorre organizzare una "centrale dei rischi" a livello europeo che metta la Bce in condizione di poter intervenire e capire le interdipendenze sistemiche dei vari soggetti in campo. Cioè metta in condizione i decisori di individuare quali siano veramente le istituzioni finanziarie "too big to fail", troppo grandi per fallire, il cui fallimento cioè possa avere davvero conseguenze tali da doversi considerare sistemiche.
Ci sono sul mercato tante banche il cui fallimento è doloroso ma non sistemico. La Centrale dei rischi aiuterebbe a sciogliere questo nodo.
Ci sono margini per intervenire
Ted Truman
Senior fellow Peterson Institute
Questo è uno dei momenti più difficili per il progetto europeo. C'è una discrepanza fra quello che i mercati si aspettano dai prossimi due vertici e quello su cui i politici, condizionati dai problemi nazionali, possono raggiungere un accordo. In una crisi, l'ideale sarebbe, come dice il segretario al Tesoro Usa, Tim Geithner, intervenire «con una forza preponderante», ma il caso dei tentativi di riduzione del deficit americano dimostra che non sempre questo è politicamente possibile. Tuttavia, sono ottimista: le soluzioni trovate finora dall'Europa non saranno state eleganti, ma sono state efficaci. Sarebbe un errore tuttavia pensare che la crisi immediata sia alle spalle e che ci si può concentrare sul futuro del sistema. Si rischierebbe di trascinarsi un problema irrisolto. La crisi non è finita, nemmeno per i paesi che hanno già ricevuto i salvataggi, come Grecia e Irlanda. Si tratta di vedere se le autorità europee metteranno sul tavolo risultati sufficienti da lasciare alle spalle queste crisi e quella del Portogallo. Non credo però sia ancora il momento di parlare di possibile ristrutturazione del debito, nemmeno nel caso della Grecia: questo si vedrà solo fra sei mesi circa, a fine estate, quando il programma concordato con l'Europa e il Fondo monetario sarà stato in vigore per più di un anno e allora si potrà dire se Atene è in grado di rispettarlo. Certo, è interesse di tutta la comunità internazionale che l'Europa gestisca nel modo giusto questa crisi: una forte instabilità in Europa fa la differenza per il resto del mondo. Credo comunque che sia altamente improbabile che l'euro finisca per disintegrarsi. E certamente non è una prospettiva imminente.
Testi raccolti
da Vittorio Da Rold e Alessandro Merli
I TEMI DEL VERTICE EUROPEO DI VENERDÌ
1 IL MEETING
Il 4 febbraio Francia e Germania hanno chiesto di adottare un «Patto di convergenza rafforzato»
2 FISCO
Il primo dossier sul tavolo è una progressiva armonizzazione fiscale che riduca le divergenze tra i partner
3 COMPETITIVITÀ
Salari, investimenti in ricerca e sviluppo entrerebbero tra i parametri di solidità finanziaria dei paesi
4 DEFICIT
La Germania chiede ai partner di introdurre vincoli costituzionali al deficit come già avviene a Berlino
5 LA CASSAFORTE
In discussione è il perimetro dell'Efsf il fondo di salvataggio che dovrebbe intervenire sui paesi a rischio