Politica
03/08/2011 - IL RETROSCENA
Il Cavaliere lima il discorso
e pensa al dopo Tremonti:
meglio Grilli di Bini Smaghi
Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi
I consigli del numero uno
di Bankitalia su cosa non dire
UGO MAGRI
ROMA
Per parlare di crisi, le tre sono un brutto orario poiché le Borse chiudono alle cinque e mezzo. Quando Berlusconi inizierà il discorso, i più interessati non saranno i nostri onorevoli (molti dei quali già in viaggio per le vacanze) ma gli squali della finanza, quelli che fanno soldi speculando sui titoli. Temibile il cortocircuito: Berlusconi che apre bocca, e subito i mercati reagiscono. Verrà promosso, o bocciato, in tempo reale. Qualcuno dell’entourage se la prende con Fini, «l’ha fatto apposta» dicono, «poteva fissare l’intervento alle sei e invece ha voluto tendere il trappolone». Altri si domandano con un filino di angoscia se valeva la pena di correre il rischio, e di farlo correre all’Italia. Se Silvio taceva, forse, era meglio... Ringhia però Cicchitto, capogruppo del Pdl: «Se Berlusconi non parla di crisi, tutti lo accusate di non aver niente da dire. Se invece si pronuncia, allora dite che si espone troppo. Dovete far pace con il cervello...».
Indubbiamente il premier crea delle aspettative. Gli operatori finanziari scommettono su un annuncio di quelli forti. Sarebbero viceversa delusi da un discorso piatto tipo quello che hanno confezionato a Berlusconi i ghost-writer. Di chi sia la mano, non è dato sapere, qualcuno chiama in causa Brunetta (Tremonti non è stato coinvolto). Omaggi a profusione nei confronti del Quirinale; appelli alle parti sociali; aperture all’opposizione; proposte di patti per la crescita; rivendicazioni orgogliose delle cose fatte; garanzie che i fondamentali economici dell’Italia sono a posto; affermazioni perentorie tipo: «In questo momento aprire una crisi di governo sarebbe un regalo agli speculatori e un danno per l’Italia». Quando la bozza è stata letta a Palazzo Grazioli, nel solito summit a cena coi fedelissimi cui stavolta s’è unito Maroni per far vedere quanto ci tiene la Lega, molti dei presenti non trattenevano lo sbadiglio. Bonaiuti (il portavoce) è stato messo all’opera per migliorare il prodotto, ma non c’entra niente la lingua di Dante, né è questione di taglia-e-cuci. Nel brogliaccio recapitato al premier, difetta il coraggio: quello deve mettercelo Berlusconi. Nessuno può sostituirsi a lui. In fondo bastano poche righe, però di quelle che lascino il segno e sappiano davvero rasserenare i mercati.
Corre voce che pure i tecnici del Tesoro abbiano lavorato stanotte, casomai il premier stamane decida di integrare in extremis la manovra correttiva, appena varata ma già insufficiente. Più facile invece che Berlusconi cerchi qualche «tesoretto» nascosto da Tremonti, un fondo cui attingere per alimentare la crescita e non presentarsi domani a mani vuote nell’incontro con le parti sociali. Glielo consiglia Napolitano, il quale s’è visto due volte in tre giorni con Draghi, particolarmente attivo in questa fase. Pure Berlusconi colloquia con il futuro governatore della Bce. L’ultima volta ha alzato il telefono domenica pomeriggio, sebbene gli echi si siano uditi soltanto ieri nel giro del Cavaliere, dove circolano interessanti versioni. Raccontano che Draghi abbia proposto a Silvio una sorta di «black list», l’elenco delle cose da NON dire nel discorso di oggi. Per esempio, gli avrebbe sconsigliato di esagerare con l’ottimismo, anzi di prendere atto che la situazione è grave.
Se si dà retta ai frequentatori del premier (appena rientrato a Roma Berlusconi ha visto questo mondo e quell’altro), il colloquio con Draghi ha preso una piega delicata assai. Si sarebbe ragionato sul da farsi, casomai Tremonti dovesse gettare la spugna per effetto dell’inchiesta su Milanese. E in fondo in fondo, nel bel mezzo di una tempesta speculativa, con il ministro dell’Economia indebolito al punto che lo attacca il «Financial Times», non c’è da stupirsi se davvero (come giurano i «berluscones») i due abbiano ragionato sul possibile successore a Via XX Settembre. Non Bini Smaghi, che avrebbe certamente tutti i titoli e la competenza, ma per troppo tempo è stato lontano dall’Italia, avrebbe bisogno di tempo per entrare nella parte. Bensì Grilli che, da direttore generale del Tesoro, potrebbe subentrare da un giorno all’altro. Cosicché, a quel punto, per la Banca d’Italia resterebbe in pista un candidato solo, vale a dire Saccomanni. La soluzione che Tremonti ha sempre osteggiato.
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