Se la militarizzazione di Kastellorizo supererà i limiti previsti» dai Trattati di Parigi del 1947, «sarà la Grecia a perdere». A parlare così è stato il ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu, dopo che i media turchi hanno mostrato immagini di soldati ellenici in arrivo sull’isola. E a poco sono servite le precisazioni di fonte greca secondo cui non si tratta di nuove unità ma di un semplice avvicendamento.
La polemica torna dunque ad alimentare i venti di guerra che soffiano sul Mediterraneo orientale, mentre Ankara, in un ulteriore gesto di sfida verso Atene e i suoi alleati europei, prolunga fino al 12 settembre le esplorazioni energetiche della nave Oruc Reis al largo di Cipro.
È stata proprio la corsa ai giacimenti di gas scoperti negli ultimi anni a riaccendere quest’estate rivalità e contenziosi territoriali mai sopiti, di cui proprio l’isoletta che fu il set del film Mediterraneo - la più piccola del Dodecaneso, 12 chilometri quadrati appena - è l’emblema. Fu restituita dall’Italia alla Grecia dopo la Seconda guerra mondiale, con i Trattati di pace di Parigi, ma si trova ad appena due chilometri dalla costa meridionale turca.
Atene, come per le altre isole dell’Egeo, ne tiene conto per definire la sua piattaforma continentale e quindi la sua zona economica esclusiva, in linea con la Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del mare (1982); Ankara - che non ha firmato la Convenzione e che con quel criterio si vedrebbe penalizzata - vorrebbe invece basarsi sulla distanza dalla sua lunga fascia costiera e rivendica il controllo delle acque immediatamente a Sud di Katellorizo (e non solo: basti pensare alle dispute con Cipro), come ha ribadito il presidente Recep Tayyp Erdogan: «La volontà di incatenarci alle nostre coste - ha tuonato - ignorando i 780mila chilometri quadrati della Turchia e prendendo in considerazione un’isola di 10 chilometri quadrati, è la prova più chiara di ingiustizia».
A rendere più accesa la disputa sulle acque territoriali, oltre alla scoperta di giacimenti, hanno contribuito anche i recenti accordi di spartizione del Mediterraneo orientale tra i due principali contendenti e altri Paesi: quello turco -libico siglato nel novembre 2019 tra Erdogan e il premier del Governo di Tripoli, Fayyez Serraj; e quello concluso in risposta il 6 agosto tra Grecia ed Egitto.
È stata proprio quest’ultima intesa a spingere Ankara, all’inizio del mese scorso, a inviare la nave per le trivellazioni Oruc Reis a esplorare le acque tra Creta e Cipro, contese ancora una volta tra Grecia e Turchia. Con la conseguente entrata in scena, per ora senza conseguenze, di navi e mezzi militari: non solo greci e turchi, ma anche francesi, essendo da subito stata la Francia di Macron il più assertivo difensore della Grecia (e di Cipro), con la Germania di Angela Merkel più impegnata invece a tentare una mediazione.
Ora la Turchia, a ulteriore dimostrazione che la de-escalation è lontana, ha deciso di prolungare al 12 settembre la missione della Oruc Reis, con l’Europa che continua a invocare il dialogo e chiede ad Ankara di astenersi da azioni unilaterali, ma intanto studia sanzioni. La risposta di Erdogan è a muso duro: «Ne abbiamo abbastanza - ha detto - di questo gioco delle ombre. È comico mettere di fronte alla Turchia, che è una potenza regionale e internazionale, uno Stato che non basta neppure a se stesso. Le acrobazie politiche e la diplomazia - ha aggiunto il leader di Ankara - non bastano più a nascondere la tirannia di Paesi che si credono grandi, forti e invincibili. Tutti i fronti ostili possono unirsi, ma non riusciranno a fermare l’ascesa della Turchia».
(Sole24Ore 2/9/2020)