Obbligazioni valute high yield TURCHIA bond in usd e lira turca

Dopo la sostituzione dell’ennesimo governatore della banca centrale, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan è tornato all’antico precetto secondo cui aumentare i tassi d’interesse causa inflazione. Lo so, ci vuole molta pazienza: il periodo pare essere favorevole alla elaborazione di teorie monetarie piuttosto eterodosse.
Erdogan ha silurato il governatore Naci Agbal, nominato a novembre e che nel frattempo aveva alzato i tassi per piegare l’elevata inflazione, che è intorno al 16%. Cioè ha fatto l’opposto della “dottrina Erdogan”. L’ultimo aumento, venerdì scorso, di due punti percentuali, doppio rispetto alle attese, ha portato i tassi ufficiali al 19%, gli è stato fatale.
Gli subentra un ex parlamentare del partito del presidente, oggi editorialista di un giornale di destra islamista filogovernativo, Sahap Kavcioglu, che ha ribadito la sua fede nella teoria presidenziale dei tassi d’interesse elevati che causano inflazione.
Nel frattempo, gli investitori esteri, presi in contropiede dalla mossa notturna di Erdogan (il decreto di rimozione è delle prime ore del mattino di sabato scorso), alla riapertura dei mercati di ieri si sono diretti all’uscita, causando l’ormai ricorrente scoppio di volatilità degli asset turchi, ogni volta che Erdogan ne fa una delle sue.
Metti il rialzo, togli il rialzo
Durante il breve mandato di Agbal, i capitali stranieri erano tornati ad affluire in Turchia, come da attese e speranze che, alla fine, l’eterodossia monetaria avrebbe preso il sopravvento. La stabilizzazione economica ha permesso al paese di mettere a segno una robusta crescita annua del 5.9% nel quarto trimestre, la maggiore del G-20 ad eccezione della Cina.
Ora si torna all’antico: deprezzamento del cambio e degli attivi domestici, incentivo per la popolazione a rifugiarsi in valute forti, che già ora rappresentano oltre metà dei depositi bancari turchi, nuove pressioni inflazionistiche in un paese che ha un deficit commerciale e delle partite correnti che è riconducibile a domanda di consumi e non a investimenti, e che quindi arriverà, prima o poi, alla resa dei conti.
Ma quando arriva, questa resa dei conti? Questo è il punto. Perché Erdogan passa attraverso questi cicli, come del resto sa chi legge queste inutili note: banchieri centrali che abbassano i tassi si succedono ad altri che sono costretti ad alzarli perché il predecessore ha finito le riserve valutarie e si è dovuto indebitare per irrobustirle. Segue aumento dei tassi, afflusso di capitali esteri, irritazione di Erdogan, risciacqua e ripeti. Per questo il giochino è sin qui durato.
Riserve valutarie esaurite
Ma i numeri parlano molto chiaro: durante i prossimi 12 mesi, la Turchia avrà un fabbisogno valutario di circa 250 miliardi di dollari. La somma necessaria a rimborsare il debito estero in scadenza, pagarne gli interessi e finanziare il deficit delle partite correnti del paese.
A fronte di questo fabbisogno, le riserve valutarie lorde turche sono pari a circa 92 miliardi di dollari ma quelle utilizzabili (cioè escludendo oro e swap con banche centrali estere) sono stimate a soli 25-30 miliardi di dollari. Non a caso, le riserve valutarie nette sono negative per 46 miliardi di dollari: così forse si comprende meglio su quale cratere vulcanico acceso cammini la Turchia.
Nel frattempo, la popolazione approfitta per aumentare il possesso di dollari ed euro nei propri depositi bancari. E qui sta il punto: una serie di questi cicli monetari schizofrenici lascia il paese stressato ma soprattutto aumenta il rischio che il governo alla fine imponga controlli sui capitali, per difendere (si fa per dire) il cambio.
Controlli sui capitali, ultima frontiera
Controlli sui capitali vuol dire, tra le altre cose, ostacolare l’acquisto di valuta da parte dei residenti, o costringere i medesimi a convertire in lire quella di cui sono in possesso, a cambi fantasiosi. Ma anche le aziende estere operanti in Turchia hanno qualche preoccupazione, visto che potrebbe essere loro impedito di esportare capitali verso la controllante o le consociate estere.
Una volta finita la valuta, lo scenario è sempre quello previsto dalla vecchia teoria economica: serve distruggere domanda interna per riequilibrare il saldo delle partire correnti, e per fare ciò si alzano fortemente i tassi lasciando al contempo fluttuare (i.e. deprezzarsi) la valuta nazionale. Ma questo causa inflazione, quanto e più dei già elevati livelli attuali.
L’inflazione è veleno purissimo per il consenso politico. Da qui al blocco dei prezzi il passo è breve. Segue monetizzazione del deficit da parte della banca centrale, che getta ulteriore benzina sul fuoco. Ma non portiamoci troppo avanti, visto che viviamo nell’epoca dell’eterodossia economica trionfante, l’austerità è morta e la pioggia scorre dal basso verso l’alto. Amen.
La sabbia nella clessidra
Si arriverà a questo punto? La wildcard della vicenda è il destino politico di Erdogan, ovviamente. Le elezioni presidenziali e parlamentari sono previste per il 2023 ma Erdogan potrebbe anticiparle. La sua popolarità è in calo, e grande è la tentazione di spingere su una crescita economica drogata da credito a buon mercato e spesa pubblica.
Anche la decisione di ritirare la Turchia dalla Convenzione di Istanbul contro le violenze sulle donne appare come il richiamo della foresta tradizionalista dove Erdogan pesca i suoi voti. Ma non è detto che la popolazione segua compatta, in un paese che ha una incidenza elevata e sempre meno tollerabile di violenze domestiche e femminicidi.
D’altro canto, il recente forte rialzo dei rendimenti sul dollaro è nocivo per i paesi emergenti in generale, visto che aumenta il costo a loro carico per attrarre capitali. Negli ultimi giorni, Russia e Brasile hanno aumentato i tassi ufficiali. Per la Turchia, che è pure priva di materie prime ma è un paese trasformatore, i problemi si amplificano.
L’autocrate turco sta percorrendo un sentiero molto stretto: ripetere la sequenza vista in passato per creare consenso o non perderne troppo, e farsi rieleggere, con le buone o le cattive. Non è detto che anche stavolta andrà liscia.
Phastidio.net
Persino quelli di S&P escludono vi siano all'orizzonte misure tipo il blocco capitali !
Non so chi sia l'estensore di questo commento , ma deve avercela coi turchi per motivi suoi personali....oppure ha stappato una bottiglia di troppo!?
BAH
 
Turchia-Germania: ministro Difesa turco Akar, Berlino nostra alleata più importante in Europa

Berlino, 23 mar 16:14 - (Agenzia Nova) - La Germania è per la Turchia “l'alleato più importante nell'architettura di sicurezza europea”. È quanto affermato dal ministro della Difesa turco, Hulusi Akar, nel corso di un'intervista rilasciata al quotidiano “Handelsblatt”. In particolare, Akar ha elogiato la mediazione della Germania tra Turchia, Grecia e Cipro nelle dispute nel Mediterraneo orientale. Un contributo “positivo e costruttivo” secondo il ministro della Difesa turco, che si è rallegrato per l'impegno del governo federale, “soprattutto” della cancelliera Angela Merkel, nella ricerca di una soluzione per la regione. Al riguardo, Akar ha evidenziato le possibilità di un accordo, poiché “è nell'interesse di tutti trasformare il Mediterraneo orientale da campo di competizione in bacino di cooperazione”. Come nota “Hadelsblatt”, la Turchia ha scelto la Germania della cancelliera Merkel per avviare colloqui preliminari volti a un possibile aggiornamento dell'accordo sui profughi che ha concluso con l'Ue nel 2016. Secondo Akar, il governo tedesco potrebbe contribuire “in maniera decisiva a trovare soluzioni anche per altri problemi”. Tuttavia, il ministro della Difesa turco non ha fornito ulteriori dettagli.
 
L'Inghilterra, invece, un tempo aveva il debito al 250% del PIL, da ripagare in oro. Eppure non penso abbia mai pagato di interessi più di quattro spiccioli.
Ti sorprenderà, ma Kenneth e Rogoff hanno documentato come la maggior parte dei default sovrani si siano verificate in stati con percentuali basse di debito rispetto al PIL.
Il 35% può sembrarti piccola percentuale, ma in caso di crisi finanziaria - anche solo bancaria - il debito aumenta statisticamente in una percentuale media dell'80%. Contemporaneamente il PIL si riduce sia in termini reali, per la piccola o grande recessione, sia in termini nominali, a causa della caduta della moneta. Allo stesso tempo, aumenta il carico degli interessi.
Il 2007 il debito dell'Irlanda era il 23% del PIL. Il debito lo tenevano per i fondi pensione locale che avevano bisogno di investire, mica per lo Stato.
Dopodiché raddoppia il 2008, triplica il 2009, quadruplica il 2010, quintuplica il 2011, sestuplica il 2012.
Ma l'Irlanda ha dietro la BCE.
Cos'avrebbe dietro in caso di crisi sistemica la Turchia? Una banca centrale locale senza riserve diretta da persone che non sanno che fare.

Pazienza per ls turchia mi spiace per i turchi.
Si vedra come si evolvera
 
Buonasera a tutti, un paio di domande a bruciapelo:

1)qualcuno ha incrementato a questi prezzi?
2)pensate che a questo giro si possa riscendere sotto i 100 come un anno fa?

Intendo la 2034 8%

Grazie e buona serata!
 
* Avvertimento da Moody's per i recenti sviluppi, dopo l'allontanamento di Agbal, aumentano le pressioni sul credito.

Vedi l'allegato 596240


ogni anno la stessa storia.
C'e' un articolo su Bloomberg, dopo lo posto, che prende in considerazione il fatto che, essendo invece totalmente conscio che allo stato attuale, fatto salvo cambio legge o anticipo le elezioni le perde, ancor di piu se fa le impopolari riforme che deve, il rischio che realmente possa lasciare un economia sull'orlo del baratro.... auspico di no.
 

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