18.11.2016
«Ubi», la Procura
chiude l’inchiesta
con 39 indagati
Ubi Banca: conclusa l’inchiesta della magistratura di Bergamo
L’inchiesta è chiusa e può approdare alla richiesta di rinvio a giudizio anche per Giovanni Bazoli, Victor Massiah ed Emilio Zanetti: sono i destinatari, con altre 36 persone, dell’avviso di conclusione delle indagini, avviate nel 2014 dalla Procura di Bergamo, su Ubi Banca.
DUE I FILONI. Il primo riguarda l’ostacolo all’attività di vigilanza e l’illecita influenza sull’assemblea di Ubi, per cui è indagata una trentina di persone: tra loro spiccano i nomi dell’ex presidente di Intesa Sanpaolo, del banchiere bergamasco (già leader del Cdg di Ubi), del consigliere delegato di Ubi e del presidente del Consiglio di sorveglianza della banca, Andrea Moltrasio. Il secondo - che
ipotizza i reati di truffa, conflitto di interesse e alcuni illeciti tributari come la dichiarazione fraudolenta -
coinvolge la società Ubi Leasing e vede tra gli indagati l’imprenditore bergamasco Giampiero Pesenti e il consigliere di sorveglianza di Ubi, Italo Lucchini, la figlia Silvia e altri sei. L’inchiesta, condotta dal Nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di Finanza, coinvolge 28 amministratori e dirigenti di Ubi, tra cui
la figlia di Bazoli, Francesca, l’ex presidente del Cdg, Franco Polotti, il vicepresidente vicario del Cds, Mario Cera, il vicepresidente del Cdg, Flavio Pizzini, e nomi noti delle professioni a Brescia e Bergamo come i notai Pierpaolo Camadini e Armando Santus.
SIA LA BANCA, finita nel registro degli indagati per responsabilità amministrativa, sia Moltrasio, Massiah e Pesenti hanno detto di essere estranei alle accuse. «Ubi Banca, nel corso della lunga inchiesta ha sempre fornito agli inquirenti piena e trasparente collaborazione - si legge in una nota -. La banca afferma la correttezza del proprio operato e confida che in tutte le sedi giudiziarie potrà essere confermato l’avvenuto rispetto delle norme di legge e delle regole organizzative». Victor Massiah, in un comunicato, spiega che «nei prossimi giorni verrà effettuata la lettura della documentazione depositata, nella piena convinzione di aver sempre agito in modo tale da non ostacolare le autorità di vigilanza e da non influenza in maniera illecita l’esito di un’assemblea». Andrea Moltrasio, in una nota, spiega che la contestazione sul «presunto ostacolo alla vigilanza non fa altro che riformulare il contenuto di un esposto della allora minoranza del Consiglio di sorveglianza già oggetto di valutazione come mera irregolarità amministrativa da parte di Consob» (peraltro contestata anche come tale e quindi oggetto di impugnativa pendente avanti la Corte d’appello di Brescia). «Quanto alla contestazione sulla presunta illecita interferenza sulla formazione delle maggioranze assembleari - aggiunge il leader del Cds - , non ci si può che riportare alla sentenza del Tribunale civile di Brescia che ha riconosciuto la piena legittimità dell’assemblea del 2013 e ai numeri stessi..., assolutamente incontestabili quanto all’esito chiarissimo del voto liberamente espresso dai soci».
BAZOLI E ZANETTI, in quanto presidenti delle associazioni dei soci di Ubi - «Associazione Banca Lombarda e Piemontese» (Brescia) e «Amici di Ubi» (Bergamo) -, sono accusati, in concorso con altri 14 esponenti della banca (tra cui Massiah e Moltrasio), di aver gestito l’istituto e determinato tutte le nomine attraverso un’intesa nascosta alla Consob, a Bankitalia e al mercato. I due banchieri sono accusati di far parte «della cabina di regia» (una sorta di «patto occulto»), gestita dai soci storici di Brescia e Bergamo, che «decideva le nomine» interne e prendeva «decisioni sulle maggiori questioni aziendali». Il reato di illecita influenza sull’assemblea è invece contestato in relazione alle assise del 2013, quando la lista delle due associazioni venne sfidata da quelle del professore Andrea Resti e dell’imprenditore Giorgio Jannone, i cui esposti, insieme a quelli dell’Adusbef, hanno dato il via all’inchiesta. Nell’esprimere soddisfazione per gli sviluppi, Jannone ha anche promesso l’avvio di una class action per chiedere i «risarcimenti sia ai singoli coinvolti che direttamente all’istituto» bancario.
PER GLI INQUIRENTI il gruppo dirigente di Ubi ha utilizzato la banca per avviare una massiccia raccolta di deleghe anche con «atti simulati o fraudolenti» inclusa «la predisposizione di deleghe in bianco o di deleghe (mai rilasciate) falsamente o artatamente predisposte». Tra gli indagati figurano alcuni esponenti della Cdo e della Confiab di Bergamo, accusati di essersi messi a disposizione per raccogliere deleghe in bianco.
Per quanto riguarda Pesenti l’addebito di truffa riguarda la vendita da parte di Ubi Leasing dello yatch «Akir 108», finito all’imprenditore a un «valore sottostimato», grazie - secondo l’accusa - a una perizia «addomesticata» e con la complicità di Lucchini, che, con la figlia, avrebbe fatto da «scudo». Per il legale di Pesenti, invece, il prezzo pagato «è da ritenersi più che congruo».R.E.