Cristina Trivulzio Belgiojoso
Cristina Trivulzio di Belgiojoso (Milano, 28 giugno 1808 – Milano, 5 luglio 1871) è stata una patriota italiana che partecipò attivamente al Risorgimento. Fu editrice di giornali rivoluzionari, scrittrice e giornalista.
Il momento più importante della giovinezza di Cristina è il matrimonio con il giovane ed avvenente principe Emilio Barbiano di Belgiojoso. Molti cercarono di dissuaderla, conoscendo le abitudini libertine di Emilio, ma alla fine il matrimonio si fece. Invitati di rango si affollarono nella chiesa di S. Fedele a Milano il 24 settembre 1824. La più ricca ereditiera d'Italia vantava una dote di 400.000 lire austriache (più di 4.000.000 di € odierni). Aveva allora solo 16 anni.
Il matrimonio non durò molto. Ufficialmente non divorziarono mai, ma si separarono di fatto pochi anni dopo, rimanendo poi in rapporti più o meno cordiali. Il marito continuò la sua vita libertina, accompagnandosi con la contessa Anna Berthier di Wagram per dieci anni nella sua villa a Torno sul lago di Como Villa Pliniana.
Alla fine degli anni venti Cristina, dopo l'arresto del patrigno, si avvicinò alle persone più coinvolte con i movimenti per la liberazione. Gli austriaci, che dominavano la Lombardia dal 1815 e specialmente il capo della polizia Torresani, iniziarono la loro opera di spionaggio che durò fino all'unità d'Italia. Cristina era bella, potente, e poteva dare molto fastidio. Fortunatamente la sua fama, la sua posizione sociale, e la sua scaltrezza la salvarono più volte dall'arresto. Agli austriaci non volevano dare l'idea di infierire contro le elites sociali e culturali milanesi.Chiudevano quindi un occhio sulle sue frequentazioni. Non va inoltre dimenticato che il nonno di Cristina, il Marchese Maurizio dei Gherardini, fu Gran Ciambellano dell'Imperatore d'Austria e poi, fino alla sua morte , anche Ministro Plenipotenziario d'Austria presso il Regno Sabaudo. Un arresto della nipote avrebbe causato uno scandalo dagli sviluppi imprevedibili.
Nonostante ciò, con la dovuta cautela, il governo di Vienna le metteva di continuo i bastoni fra le ruote. Sentendosi costantemente minacciata, Cristina scappò nel sud della Francia, una fuga narrata da alcuni biografi con toni melodrammatici. È sicuro in ogni caso, che lei si sia poi trovata in Provenza sola e senza soldi. I suoi averi erano stati messi sotto sequestro dalla polizia austriaca e per molto tempo la Trivulzio non poté attingere al suo patrimonio.
L'ultima liquidità era stata infatti impegnata per pagare i debiti del marito, in cambio della sua libertà.
Si ritrovò sola ed ospite di amici nel paesino di Carqueiranne. Qui entrò in scena un nuovo amico, tale Pietro Bolognini detto "il Bianchi", ex notaio di Reggio Emilia, a cui le spie austriache assegnarono subito il ruolo di amante. Qui conobbe Augustin Thierry, uno storico divenuto da poco tempo cieco, che le rimarrà amico fino alla morte. Dopo alcuni mesi, nonostante la mancanza di soldi, sbarcò a Parigi e si trovò un appartamentino vicino alla chiesa della Madeleine.
Si arrangiò con pochi soldi per alcuni mesi. Si cucinò per la prima volta da sola i suoi pasti e si guadagnò da vivere cucendo pizzi e coccarde. Una vita un po' diversa da quella a cui era abituata a Milano; eppure quando aveva iniziato quest'avventura, non aveva riflettuto molto prima di agire, anche se sapeva di dover così affrontare tempi difficili. Sarebbe stato semplice recuperare i suoi soldi e vivere negli agi nei suoi palazzi a Locate o a Milano. Le sarebbe bastato star tranquilla e non alzare troppa polvere di fronte al Torresani. Persino il governatore austriaco Hartig ed il Metternich in persona si scambiavano lettere riguardo alla principessa e placavano il loro capo della polizia, che l'avrebbe invece volentieri incarcerata.
Dopo poco tempo, un po' con i soldi inviati dalla madre e un po' con quelli recuperati dai suoi redditi, riuscì a cambiare casa e ad organizzare in rue d’Anjou, una traversa del Foubourg St. Honoré, uno di quei salotti d'aristocrazia, dove riuniva esiliati italiani e borghesia europea.
Negli anni trenta frequentò il poeta tedesco Heinrich Heine, il compositore ungherese Franz Liszt, lo storico francese François Mignet, il poeta francese Alfred De Musset e tanti altri. Intrattenne anche una fitta corrispondenza con l'"eroe di due mondi" La Fayette, vecchio generale protagonista della rivoluzione francese. Le attribuirono tanti amanti, un po' come ci si aspetterebbe oggi da una bella donna ricca in una situazione del genere. Conservava ancora rapporti di amicizia con il marito, con cui condivideva però il pensiero politico e nient'altro.
In questi dieci anni ella continuò a contribuire alla causa italiana, cercando di influenzare i potenti, scrivendo articoli e diventando addirittura editore di giornali politici, quando non trovava altri editori disposti a pubblicare suoi scritti giudicandoli pericolosi.
A lei continueranno ad arrivare richieste di finanziamenti per fini patriottici, e lei cercherà di distribuirne tantissimi, in modo da aiutare i poveri esuli italiani, di cui lei era ormai diventata la referente parigina, e investendo in sommosse o addirittura organizzando movimenti di armi per i "ribelli" italiani. Nel 1834, ad esempio, donò 30.000 lire (su un suo budget complessivo di centomila) per finanziare il colpo di mano mazziniano nel Regno di Sardegna[2]. Per l'occasione, la nobildonna aveva persino ricamato con le proprie mani le bandiere degli insorti[3].
Il cambiamento
Nel 1838 la sua vita subisce un'autentica svolta con la nascita di Maria, la primogenita. Il padre naturale non era sicuramente il marito, che non frequentava. È stato ipotizzato fosse il suo amico François Mignet o il suo segretario Bolognini ma notizie certe non ve ne sono.
Da quel momento lascia i suoi salotti ed i suoi ricevimenti e trascorre alcuni anni in semi-isolamento. Trascorre una vacanza in Inghilterra con i suoi fratelli e sorelle, e in questa occasione si reca a trovare Luigi Napoleone Bonaparte, il futuro Napoleone III in esilio, riuscendo a strappargli una promessa: dopo che avrà acquistato potere in Francia, cercherà di operare a favore della causa risorgimentale italiana. Accadrà invece che, una volta conseguiti i suoi scopi, Luigi Napoleone si mostrerà molto tiepido nei confronti della causa risorgimentale.
Successivamente la Trivulzio torna a Parigi per circa un anno, per poi tornare finalmente nella sua Locate, dove si lancia in numerose attività a carattere sociale. Organizza infatti asili e scuole e trasforma il suo palazzo in un falansterio, ovvero nel centro di una comunità secondo il modello idealizzato da Charles Fourier. Inoltre crea uno scaldatoio pubblico e dona delle doti alle sposine più povere. Cristina vorrebbe anche modificare gli insegnamenti religiosi, che ritiene in parte criticabili, ma non procede in questa direzione che avrebbe incontrato notevoli ostacoli.
Continua anche la sua opera politica cercando di convincere tutti che l'unica soluzione per muoversi verso l'unione italiana era di sostenere Carlo Alberto e quindi il prevalere della dinastia dei Savoia. Il suo obiettivo non era una monarchia, ma una repubblica italiana simile a quela francese; tuttavia, se per arrivare alla repubblica bisognava prima unire l'Italia, l'unico mezzo era di appoggiare la monarchia dei Savoia.
Nel 1848, trovandosi a Napoli durante l'insurrezione che porta alle cinque giornate di Milano, parte subito per il Nord; inoltre paga il viaggio ai circa 200 napoletani che decidono di seguirla, tra gli oltre 10.000 patrioti che si erano assiepati sul molo per augurarle buona fortuna.
Per qualche mese si respira aria di libertà, ma si sviluppano anche forti discordie interne sulle modalità del proseguimento della lotta. Pochi mesi dopo, il 6 agosto 1848, gli austriaci entrano a Milano e lei, come molti altri, è costretta all'esilio per salvarsi la vita. Si calcola che almeno un terzo degli abitanti di Milano espatriasse prima del ritorno degli austriaci.
Passato un anno, Cristina Trivulzio di Belgiojoso si ritrova in prima linea nel corso dell'insurrezione romana divampata dal 9 febbraio al 4 luglio del 1849. A lei assegnarono l'organizzazione degli ospedali, compito che assolse con dedizione e competenza, tanto da poter essere considerata come antesignana di Florence Nightingale.
Anche a Roma la rivolta è sedata e per di più proprio con l'aiuto dei francesi sui quali Cristina tanto aveva contato. Sfumata anche questa speranza di libertà e sentendosi tradita dal suo stesso amico Napoleone III, salpa su una nave diretta a Malta. Inizia così un viaggio che la porta in Grecia per finire in Asia Minore, nella sperduta e desolata valle di Ciaq Maq Oglù, vicino alla odierna Ankara, Turchia.
Qui, sola con la figlia Maria e pochi altri esuli italiani, senza soldi e mantenendosi solo a credito, organizza un'azienda agricola. Da qui invia articoli e racconti delle sue peripezie orientali ed in tal modo riesce a raccogliere somme che le consentono di continuare a vivere per quasi cinque anni.
Nel 1855, grazie ad un'amnistia, riottiene dalle autorità austriache il permesso di tornare a Locate.
Nel 1858 muore il suo ancora legale marito Emilio e pochi anni dopo ella riesce finalmente a far legittimare sua figlia Maria. Nel 1860, dopo il matrimonio di sua figlia con Ludovico Trotti Bentivoglio, un uomo di qualità, inizia una vita da suocera.
Nel 1861 si costituisce finalmente l'Italia unita, da lei tanto desiderata, e lei può lasciare la politica con una certa serenità.
Da questo momento vive appartata tra Milano, Locate ed il lago di Como. Acquista una villetta a Blevio dove si trasferisce con il suo fedele Budoz, il servo turco che l'aveva seguita ormai da vent'anni e Miss Parker, la governante inglese che aveva vissuto con lei fin dal suo viaggio del 1839 in Inghilterra.
Muore nel 1871, a soli 63 anni. Aveva subìto molte peripezie e sofferto di varie malattie. Subì anche un tentativo di omicidio, che lasciò diverse ferite. Viene sepolta a Locate di Triulzi, dove la sua tomba si trova tuttora. Al suo funerale non partecipa nessuno dei politici dell'Italia che lei cosi generosamente aveva contribuito ad unire.