Una Donna al giorno. Un omaggio all'intelligenza e alla forza femminile (1 Viewer)

Claire

ἰοίην
Cynthia Maung

La chiamano la “Signora di Mae Sot”, mentre in Occidente è stata ribattezzata la “Madre Teresa” birmana. Nel 2003 la rivista Time la soprannominò l’”eroina” per il coraggio umano, l’impegno civile, il lavoro umanitario. Oggi la Lady di Mae Sot gestisce una clinica sul confine tra la Thailandia e il Myanmar: un’ex stalla, fatiscente ed essenziale, divenuta un punto di riferimento per la gente del posto.
Cynthia Maung è una Karen dall’aspetto tranquillo, dalle poche chiacchiere ma dal piglio deciso.
Viveva a Moulmein nel 1988 quando in Birmania scoppiò la rivolta e come migliaia di altre persone scese in strada a manifestare contro i militari. Per evitare la repressione fuggì a piedi verso il confine con la Thailandia e si rifugiò nel campo profughi di Mae La, dove iniziò a lavorare incessantemente come medico, curando gli altri rifugiati e i feriti che arrivavano senza sosta.
Comprese presto che il campo di Mae La sarebbe diventato una città vera, la casa di migliaia di persone, e decise che col suo lavoro ne avrebbe cambiato il volto, trasformandolo da luogo di ricordi a luogo di speranza. Così Cynthia si mise alla ricerca di una struttura dove poter dar vita al suo progetto.
All’epoca, lungo il confine tra la Birmania e la Thailandia imperversava la malaria, la tubercolosi, la diarrea, la malnutrizione uccideva i bambini e la gente non sapeva come curarsi. Cynthia trovò un’ ex stalla nella periferia del campo e col permesso delle autorità locali la trasformò in un ospedale da campo.
“Non sembrava una clinica”, racconta in un’intervista al quotidiano Irrawaddy. “Era più che altro un rifugio per tutti gli attivisti scampati alle persecuzioni. Molti erano medici, infermieri, studenti di medicina, tutti davano una mano per quel che potevano”.
La clinica riceveva duemila pazienti all’anno, dormivano sul pavimento di legno perché non c’erano lettini, e i volontari si avvicendavano a distribuire riso, acqua, frutta”.
Oggi quella di Cynthia è diventata un’istituzione, un punto di riferimento sia per chi vive in Myanmar e sia per chi vive in Thailandia.

“Non abbiamo fondi fissi né un budget regolare” – spiega – “ma la Karen National Union (KNU) ci fornisce assistenza continua. Ci aiutano con la raccolta fondi, ci offrono contatti con i donatori internazionali, con le ONG, con le chiese e con gli uomini d’affari thailandesi”.
Il progetto ha ricevuto il suo primo finanziamento di 20 milioni di bath, cioè 650,000 dollari, nel 1999 e con questo vennero organizzati i primi corsi di formazione gratuiti per l’assistenza sanitaria e per sensibilizzare sul tema dei diritti umani.
Oggi il bilancio della clinica di Cynthia è di 120 milioni di bath (4 milioni di dollari), di cui 85 sono destinati a diversi progetti sanitari, altri 25,000 sono stanziati per l’istruzione e i servizi per l’infanzia, il resto è destinato alla costruzione di scuole.
I duemila pazienti all’anno sono diventati 130,000, compresi quelli malati di AIDS/HIV. Molti dei suoi pazienti sono i lavoratori migranti che non dispongono di documenti legali e di risorse economiche sufficienti per pagare le spese mediche, e così vanno da lei, alla sua clinica, che per le cure gratuite che offre hanno soprannominato “l’ospedale dello studente”.
Oggi nell’ospedale dello studente lavorano in 300 tra medici, infermieri e membri dello staff amministrativo. C’è una equipe di altri medici che lavora solo nel campo della formazione, istruendo il personale sanitario nella Birmania orientale attraverso cliniche mobili, per aiutare gli sfollati delle altre regioni.
Il lavoro della clinica di Cynthia è riconosciuto a livello internazionale e le è valso il Premio Jonathan Mann nel 1999 e il Premio Ramon Magsayysay nel 2002.
Fin qui quella di Cynthia è una bella storia di impegno e umanità. Manca ancora, purtroppo, il lieto fine.
Uno dei principali finanziatori della clinica, infatti, il Norwegian Church Aid (NCA), non ha approvato il budget del 2012 per la struttura ospedaliera perché parte dei fondi saranno destinati in altri progetti birmani per sostenere le riforme in corso, racconta Cynthia.
“Per ora abbiamo garantito solo il 50% del finanziamento che ci occorre per continuare a lavorare, e tutto questo come risultato degli accordi di pace tra i gruppi etnici, compresi i Karen.” Ma i tagli al lavoro di Cynthia portano con sé molti effetti collaterali. Innanzitutto la diffidenza della gente, dei gruppi etnici minori, che non credono nella durata degli accordi di pace e si sentono doppiamente penalizzati. E poi la cecità del governo centrale, che sembra non accorgersi del fatto che sul confine tra la Thailandia e la Birmania la gente vive nei campi, senza case, senza sicurezza, senza salute, senza la possibilità di educare e istruire i propri figli.
“Se il governo non vede tutto questo – osserva Cynthia – non possiamo chiudere gli occhi anche noi, organizzazioni di assistenza.”
 

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Claire

ἰοίην
Mangwashi Victoria Phiyega

La prima donna a capo delle forze di polizia del Sudafrica non è un poliziotto, ma un'ex operatrice sociale che non si fa illusioni sul compito che le spetta. Parlando al quotidiano sudafricano The Star poche ore dopo la nomina, Mangwashi Victoria Phiyega ha dichiarato: "E' un onore per me. Accetto l'incarico con molta umiltà. E comprendo l'enorme responsabilità".

Il tasso di criminalità del Sudafrica è molto più alto rispetto a quello di Stati Uniti o Europa, con una media di 43 persone uccise ogni giorno, ha ricordato oggi il quotidiano britannico Guardian. "Noi riteniamo che avere una donna forte alla guida dalle polizia porterà una rinnovata attenzione sul flagello della violenza di genere, come lo stupro, che è ormai diventata una delle principali preoccupazioni in tutto il Paese", ha sottolineato Troy Martens, portavoce del partito di governo Anc. E' stato un amico di Phiyega a definirla una "super amministratrice": "E' eccellente da questo punto di vista. Non è una agente di polizia in carriera, ma una super amministratrice: abbiamo già i poliziotti, ora abbiamo bisogno di una buona amministrazione del corpo di polizia". La nomina ha però sollevato le proteste dell'opposizione e dei sindacati di polizia.
 

popov

Coito, ergo cum.
Ti spiace se lo scrivo per intero? Altrimenti nessuno clicca il link ;)

Amelia Mary Earhart

(Atchinson, 24 luglio 1897 – Oceano Pacifico, 2 luglio (?) 1937) è stata una aviatrice statunitense.
oggi sono 115 anni dalla nascita di questa donna straordinaria. google le dedica la propria home page nel modo simpatico a cui ci ha ormai abituato.

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Claire

ἰοίην
Brittany Wenger


DATELE un computer e cambierà il mondo. O almeno, Brittany Wenger, cercherà di migliorarlo. A soli 17 anni, Brittany ha creato Cloud4Cancer, un cervello artificiale capace di diagnosticare il cancro al seno con il 99% di affidabilità. E grazie alla sua invenzione ha vinto il primo premio della Google Science Fair, la fiera della scienza promossa dal colosso Montain View e dedicata ai giovani talenti dai 13 ai 18 anni.

IL PROGETTO

Nella sua casa di Sarasota, in Florida, Brittany ha sviluppato un'applicazione in grado di aiutare i medici nella diagnosi del cancro al seno grazie a una rete neurale artificiale, ispirata al modo in cui i neuroni comunicano tra loro e che funziona proprio come il cervello umano. Un lavoro nato dall'intenzione di migliorare le potenzialità dell'attuale metodo di diagnosi, l'agobiopsia con ago sottile (FNA - fine needle aspirates), che è il meno invasivo, ma anche il meno accurato. Spesso i risultati non sono chiari e le pazienti devono sottoporsi a una seconda biopsia, anche con intervento chirurgico.

Inserendo una quantità elevata di dati clinici provenienti da donne che si sono sottoposte all'agobiopsia, il programma è stato in grado di riconoscere le caratteristiche che accumunano i campioni malati e individuare così lo schema della malattia, fornendo un referto accurato senza necessità di ripetere il test. La sua rete neurale, programmata da sè con Java, si è dimostrata affidabilissima: su 681 campioni la usa applicazione ha dato la diagnosi di tumore corretta nel 99,1%. Solo due si sono rivelati falsi negativi.

Brittany sogna un master in Computer Science e un lavoro come oncologa pediatra. Battendo gli altri 30 finalisti del Google Science Fair si è portata a casa una borsa di studio da 50mila dollari, una coppa costruita in Lego e un tirocinio in una delle aziende che promuovono la fiera. Intanto ha caricato il programma online in modo che possa essere utilizzato da altri medici. "Più dati vengono inseriti, minore sarà il margine di errore", ha dichiarato in un'intevista. "Penso sia pronta per essere utilizzata in ospedale", ha aggiunto. Sottolineando la possibilità di sperimentare la sua funzionalità anche con altri tipi di tumore, come quello alla prostata o alle ovaie.
 

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Claire

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CATERINA FALLENI

ROMA – Il frigorifero che funziona senza corrente. Questa l’invenzione di Caterina Falleni, 23 anni e originaria di Livorno, che ha vinto una borsa di studio presso la Nasa.

La Falleni ha raccontato la sua esperienza al Fatto Quotidiano ed ha spiegato perché si prepara ad essere uno dei prossimi cervelli in fuga tra i giovani italiani. Una fuga negli Stati Uniti già programmata non appena la ragazza finirà gli studi universitari.

Il Fatto Quotidiano scrive:

“La differenza tra gli Stati Uniti e l’Italia? Caterina Falleni, livornese, 23 anni, appena rientrata dalla Silicon Valley, la spiega così: ”Il primo giorno in un’università italiana il direttore ha salutato gli studenti con queste parole: ‘Ragazzi, guardatevi intorno perché il 70 per cento di voi non riuscirà a passare l’anno’. Stessa scena in America, solo che il capo dell’istituto ha esordito dicendo: ‘Ragazzi se siete qui è perché siete i migliori, siete forti e siete il futuro. Guardatevi intono perché le relazioni che stringete adesso vi accompagneranno e vi sosterranno per tutta la vita’”.

La ragazza prima di arrivare in California è stata in Eramus in Finlandia e poi a Rotterdam, dove ha preso parte ad uno stage di 4 mesi in uno studio di design. Poi l’intuizione di Freeijis, il frigorifero che funziona senza corrente, che le è valsa una borsa di studio enlla Silicon Valley:

“L’idea mi è venuta in Africa studiando alcune strutture fatte con materiali porosi come il fango o la terracotta. Strutture che utilizzano il processo chiamato evaporative cooling, lo stesso per il quale la temperatura nel nostro corpo si abbassa nel momento in cui avviene la sudorazione. Ho associato questa tecnologia con dei materiali che si chiamano PCM. Così è nato Freijis”.

La Falleni è un vulcano di idee e l’esperienza americana l’ha portata a vedere e toccare con mano le differenze tra la situazione della ricerca e del lavoro in Italia e all’estero. Al Fatto la Faleni ha spiegato:

“A Livorno, prima di partire avevo provato a bussare alle porte della Provincia, della Regione, per cercare di coinvolgerli in quest’avventura americana, ma ho trovato enormi difficoltà, tanta diffidenza e poca trasparenza. In California ho cenato con i fondatori di Google Earth e improvvisato con loro sedute di brainstorming davanti ad una bistecca con ai piedi un paio di infradito. E’ incredibile come, in poco tempo, riesci a parlare con tante persone che possono dare seguito ai tuoi progetti e senza nessuna fatica. Sarà perché spesso gli interlocutori sono ragazzi che non si fanno problemi a parlare di lavoro con una persona qualsiasi senza sapere da dove venga o cosa faccia”.

Diventare un cervello in fuga non è però una scelta priva di tristezza:

“Il mio Paese è e sarà sempre l’Italia. Il livello di cultura e di storia che si respira in ogni vicolo, città, villaggio è incomparabile così come le persone che incontri, hanno un approccio profondamente umano. Ma quando si tratta di lavorare è un’altra cosa”.

Non rimane che chiedersi quando (e se) arriverà per l’Italia il momento di puntare sulle menti giovani e brillanti e offrire loro un futuro nel proprio paese, dando l’opportunità di partecipare a scrivere quella storia che “si respira in ogni vicolo” e che è “incomparabile così come le persone che incontri”.
 

Claire

ἰοίην
Soosan Firooz

Il Guardian ci parla di Soosan Firooz, la prima rapper donna della storia dell’Afghanistan, voce dei diritti delle ragazze e della coscienza politica in un Paese devastato dalla guerra, dall’estremismo e dall’infinita transizione politica.

La ragazza è riuscita ad emergere nella realtà nascente dell’hip hop afghano, finora unico dominio degli artisti maschi. Negli ultimi anni solo pochi fortunati sono riusciti ad affermarsi nel Paese trasformandosi in echi di risonanza delle difficoltà delle società afghana. Spesso l’Hip hop rappresenta l’unica voce per tutti coloro che vivono ai margini, che non hanno possibilità, che non riescono ad esprimere la propria sofferenza.

Firooz è riuscita a destare l’attenzione dei grandi network internazionali proprio per via del suo essere donna in un Paese a spiccata vocazione maschilista. Inoltre essendo la prima cantante hip hop del Paese si è attirata il risentimento dei fondamentalisti e delle comunità più conservatrici dell’Afghanistan. Il rap in sé rappresenta un modo per affermare la propria libertà dopo decenni di oppressione politica e militare, nella quale la musica era una delle prime arti ad essere boicottata, prima ancora di altre forme di espressione.

La musica venne censurata per la prima volta nel 1978 sotto il governo comunista Nur Muhammad Taraki. Tale insegnamento venne reso proprio anche dai talebani quando, nel 2001, stabilirono il blocco totale di qualsiasi concerto, esibizione pubblica o privata, trasmissione via radio. Tale divieto venne esteso anche nei campi profughi in Iran e Pakistan così da mantenere la gente sotto il più stretto controllo evitando quindi che qualcuno potesse alzare la testa.

Firooz ha abitato in due di questi campi negli anni ’90, prima in Iran poi in Pakistan, insieme alla sua famiglia. La ventitreenne è tornata in Afghanistan solo sette anni fa e da allora ha deciso di raccontare la sua storia in rima, usando parole sempre più ardite e complesse fino a trasformarsi in una cantante hip hop con un nome così importante da farsi aiutare nella musica dal cantante Farid Rastagar e dal poeta Suhrab Sirat.

Firooz ha quindi trovato la strada per raccontare la propria vita, le sue difficoltà, la sofferenza che ha patito nei campi profughi e nel ritorno in un paese distrutto e confuso. Grazie a questa canzone ha scalato la classifica e si è creata un seguito di appassionati. La sua vita rappresenta uno specchio nel quale si ritraggono molti giovani e meno giovani, i quali sentono proprie queste parole: “ascolta la mia storia, il mio dolore, la mia sofferenza, questa è la storia di una donna senza casa, senza un luogo, eravamo persi e smarriti in tutto il mondo”.

La canzone parla della sua vita da rifugiata, del sogno di poter tornare a casa sua per essere trattata come una persona normale, implorando la società di interrompere gli abusi e di resistere alle pressioni di Pakistan ed Iran. Solo così potremmo dire di essere in Afghanistan. La canzone in questione s’intitola “i nostri vicini” ed è cantata in Dari. Magari non sarà una produzione degna di Jay-Z ma è del tutto compatibile con la realtà nella quale si trova immersa Firooz, che vive nel nord di Kabul con la sua famiglia lavorando con un computer molto vecchio ed una tastiera donata da qualcuno.

Firooz è anche un’attrice con diverse parti in soap operas locali al suo attivo. Il padre ha lasciato il suo lavoro da elettricista per farle da guardia del corpo, per paura che possa essere vittima di qualche squilibrato. Firooz spera con il suo brano di dare voce alle donne rese silenziose dalla mancanza di lavoro e dalla povertà. Donne senza diritti, vittime indirette della guerra ed alla ricerca di uno scopo. Firooz è riuscita ad attirare l’attenzione dei media internazionali grazie anche alla sua immagine di donna “libera”, senza velo e che prova a sfondare nel mondo della musica e dello spettacolo raccontando la realtà dell’Afghanistan di oggi.

Pazzesco che in alcuni paesi occorra coraggio e si rischi la vita anche facendo musica:(
 

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Claire

ἰοίην
Malala Yousafzai

(Mingora, 12 luglio 1997) è una studentessa ed attivista pakistana, nota per essere attiva nella lotta per i diritti civili e in particolare, per i diritti allo studio anche per le ragazze (bandito dai talebani nel suo Paese).
All'età di 13 anni è diventata celebre per il blog, scritto per la BBC dove documentava il regime,contrario ai diritti delle donne,dei Talebani Pakistani e la loro occupazione militare nello Swat District. Inoltre, è stata nominata per l'International Children's Peace Prize, premio assegnato da KidsRights Foundation per la lotta ai diritti dei giovani ragazzi.
Il 9 ottobre 2012 è stata colpita da un colpo alla testa e alla spalla da alcuni talebani entra tornava da scuola dentro il pullman scolastico. Ricoverata nell'ospedale militare di Peshawar, si è salvata dopo la rimozione chirurgica dei proiettili. Ihsanullah Ihsan, portavoce dei talebani pakistani, ha rivendicato la responsabilità per l'attentato, dicendo che la ragazza “è il simbolo degli infedeli e dell'oscenità”, aggiungendo che se fosse sopravvissuta, sarebbe stata nuovamente attaccata la ragazza e ora ricoverata a Londra in un ospedale che si é offerto di curarla.

A proposito di lei hanno scritto:

La vicenda di Malala Yousufzai è stata ripresa dai media di tutto il mondo. Mentre il padre conferma oggi che appena starà meglio tornerà a vivere nel Paese natio, la 15enne è diventata il simbolo di un Pakistan illuminato e moderato. Il suo nome viene elogiato sia in prosa che in poesia. Si prega affinché si rimetta presto e in Pakistan, Malala appare su ogni quotidiano e su ogni social media.

Indubbiamente, questa è l'età dell'oro per un Pakistan moderno e progressista - un Paese in cui le ragazze hanno parità di diritti in tema di istruzione.

Sabir Nazir scrive in proposito sul Dawn blog:

«La foto di Malala è su tutti i chowk, tutti i quotidiani, tutte le immagini di profilo, tutti gli aggiornamenti degli status dei social media e tutti i canali televisivi... Celebriamo questo momento della storia del Pakistan che potrebbe non durare a lungo».

Per la prima volta fanatici religiosi come i talebani vengono aspramente criticati in pubblico. Durante un discorso tenuto idurante una manifestazione a Karachi, il leader di MQM Altaf Hussain ha descritto i talebani come " individui disumani e fermi all'età della pietra".

Inoltre, Malala ha contribuito al consolidamento delle forze anti talebane in Pakistan. In ogni angolo del panorama politico, la gente è indignata con i taleban
i. Commenta Saman Jaffery:

«Se l'essere talebani è un tipo di mentalità, allora anche l'essere Malala lo è. E' il tipo di mentalità delle donne istruite ed emancipate».

Ashwer Waqi, che ha partecipato alla manifestazione organizzata dal MQM in sostegno di Malala Yousufza, insiste:

«Il messaggio è qui davanti ai nostri occhi… tutte questa gente, sta condannando un'azione dei talebani».

I social media hanno applaudito la presa di posizione di Malala nei confronti dei terroristi religiosi. La foto sotto pubblicata è stata condivisa sulla pagina dei sostenitori di Nosheerwan.

Più di 200 persone hanno condiviso questa foto su Facebook. Questa è soltanto una delle migliaia di condivisioni allo scopo di esprimere il proprio amore per questo piccolo angelo.

Oltre il confine, in India, l'artista Sudarsan Pattnaik ha realizzato una scultura di sabbia in onore a Malala. L'opera presenta il seguente messaggio in rilievo:

"MALALA GUARISCI PRESTO"

L'attrice e regista americana Angelina Jolie ha suggerito la candidatura di Malala al Nobel per la pace per la sua determinazione nel voler diffondere l'istruzione femminile. Scrive nel suo blog:

«Cercando di capire meglio, i miei figli mi hanno chiesto: "Perché quegli uomini pensano di dover uccidere Malala?" Ho risposto: "Perché l'istruzione è un'arma potente"».

Intanto, il governo pachistano ha in programma di conferire a Malala la decorazione al merito civile Sitara-e-Shujaat per il coraggio dimostrato. Inoltre, è stata posta una taglia di un milione di dollari sulla testa del leader dei talebani coinvolto nell'attacco.


Su Twitter, @Gedrosia scrive: «Orgogliosa di te Malala - Taliban andatevene all'inferno».

I due versi tratti da una poesia Urdu riportati di seguito sono stati dedicati a Malala. Anni fa, il poeta pachistano Habib Jalib ha scritto queste parole in memoria del primo ministro del Pakistan Benazir Bhutto, che morì assassinata:

«I cecchini hanno paura di una ragazza innocente.
Grazie a lei, si diffonde il bagliore della speranza»

Dall'altra parte del mondo, la ex first lady Laura Bush ha paragonato Malala ad Anna Frank.

Nonostante Malala sia stata elogiata in tutto il mondo, in particolar modo in Pakistan, allo stesso tempo si è sviluppata la "sindrome anti Malala".

I seguaci di questa scuola di pensiero tentano di sminuire o falsare la popolarità di Malala. Stanno cercando di spingere l'uomo della strada a giustificare quest'atto terroristico. Jahanzaib Haque cura un post dettagliato in cui illustra le tattiche utlilizzate dai simpatizzanti dei talebani per svalutare Malala.

La loro tesi centrale gira intorno alle seguenti teorie complottiste:

1) L'attacco a Malala è stato appositamente perpetrato dagli Stati Uniti.

I simpatizzanti dei talebani cercano di mettere sullo stesso piano l'attacco a Malala con gli attacchi drone condotti dall'esercito americano nella regione pachistana del Waziristan (vedasi il reportage di Global Voices). Una foto che mostra l'immagine di una bambina innocente su una sedia a rotelle è stata condivisa su Twitter

Nel testo che accompagna la foto si legge:

Laiba, una bambina innocente che è stata ferita durante un attacco drone, mette in discussione la nazione del Pakistan!!

«Oh! Popolo del Pakistan, sono meno innocente di Malala oppure il mio patriottismo è messo in discussione? [Se non lo è], allora perché nessuno parla in mio nome? E' forse perché gli Stati Uniti sono responsabili di questa azione?»

Let Us Build Pakistan (LUBP) ha smascherato questa foto ingannevole. In realtà, la bambina ha perso la gamba durante un attacco suicida portato a termine dai terroristi mentre faceva spesa per la festa musualmana dell'Eid nel novembre 2008.

2) Malala ha diffamato i simboli dell'Islam.

Un'altra foto ingannevole che si è diffusa in un batter d'occhio è una contraffazione intenzionale del celebre diario di Malala in cui si legge del peggiorare dell'istruzione femminile e della distruzione delle scuole durante il regime talebano nel distretto di Swat.

Il testo sopra riportato dice:

Malala non ha scritto nessuna delle seguenti affermazioni nel suo diario:

"La vista di un velo mi ricorda l'eta della pietra, e la barba i faraoni"

Questa è falsa propaganda portata avanti dai sostenitori dei talebani contrari all'istruzione femminile.

Quando ci si imbatte in notizie simili nei social media, ne va verificata la fonte. Potete leggere il diario di Malala sulla versione in Urdu del sito della BBC.

Al riguardo, Hasan Nisar scrive sulla sua pagina Facebook:

«Si sta facendo propaganda contro Malala diffondendo notizie false e attraverso altre trovate da quattro soldi».

3) L'attacco a Malala è una tattica per distogliere l'attenzione.

L'ennesimo esperto suggerisce sottilmente che l'attacco a Malala è un " tentativo intenzionale" di distogliere l'attenzione dei musulmani dallo scandalo recentemente scatenato da un film considerato blasfemo.

Infine, di seguito le reazioni di alcuni utenti Twitter nei confronti di queste " teorie complottiste" :

@arslajawaid: è vergognoso *come* dei teorici cospirazionisti etichettino Malala una spia americana/agente della CIA. E' soltanto una bambina che ha dimostrato il suo coraggio. complesso di inferiorità?

@Anas_Abbas: Il mondo prega per Malala dall'occidente fino in India mentre i cittadini pachistani si danno da fare nel classificarla come un'agente della CIA poiché non era in possesso delle credenziali di Aafia.

@adeel_azhar: Quindi la mentalità estremista sta cercando di dimostrare che malala è un'agente della CIA... mi chiedo cosa diventerà poi, una massona? Un'adoratrice del demonio?

@MhwshB: Haan haan. Bana do Malala ko yahoodi, CIA, RAW agent. Pehle goli maro, phir us ko agent keh do. Bas TTP ko na kehna kuch. Khabees.

@MhwshB: Sì! Sì! Adesso fatela diventare un'ebrea, oppure una agente della CIA o della RAW. Prima le avete sparato, e ora la credete una spia. Statevene zitti. Patetici!

Nosheerwan dà una risposta appropriata a queste teorie sulla sua pagina Facebook:

«Chiunque vada dicendo che Malala è una spia americana, sta soltanto facendo un complimento alle spie americane».

L'amore di Malala per l'istruzione continuerà a risuonare nei cuori della maggior parte dei pacifisti del mondo:
 

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Claire

ἰοίην
Teresa Buonocore.

Denuncia lo stupratore della figlia e viene ammazzata da due killer. 2010.
Mamma coraggio. Single, affronta la paura per le minacce ricevute, prima dell'omicidio.
:(
 

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samir

Forumer storico
e le bambine africane dove le mettiamo

Elettricità? Si produce con la pipì
Un generatore che funziona con gli "scarti" di origine anche umana ideato da ragazzine
FOTO MAKER FAIRE AFRICA
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Hanno dai 14 ai 15 anni le quattro ragazze che hanno creato un prodotto ecologico e innovativo presentato alla Maker Faire Africa in corso nel Lagos. La fiera unisce annualmente "gente che fa" proveniente da tutto il continente africano, sia dai villaggi più poveri che dalle città più sviluppate. Dietro il generatore che riesce a produrre sei ore di elettricità con un litro di urina non c'è il prestigio di una grande struttura accademica né finanziatori in doppio petto, solo la curiosità e la voglia di fare di Duro-Aina Adebola, Akindele Abiola , Faleke Oluwatoyin e Bello Eniola.
Come funziona
L'urina viene inserita in una cella elettrolitica che separa l'idrogeno. Questo viene inserito in un filtro per la purificazione e poi viene spinto in una bombola del gas. Questa bombola spinge l'idrogeno in un cilindro contenente borace liquido, utilizzato per rimuovere l'umidita dall'idrogeno.
Alla fine, l'idrogeno così trattato viene spinto nel generatore. Tutto il processo è controllato da valvole di sicurezza.


fonte che raramente tocco ma tant'è

Elettricità? Si produce con la pipì - Green - Tgcom24
 

Claire

ἰοίην
FABIOLA GIANOTTI

''Sono molto felice'': l'italiana a capo di uno degli esperimenti che hanno portato alla scoperta del bosone di Higgs, Fabiola Gianotti, chiude l'anno in bellezza, con la notizia che Time l'ha inclusa nella rosa dei finalisti. ''E' stato un anno memorabile per la fisica delle particelle e restera' nella memoria di tutti noi come un anno molto intenso'', ha detto la ricercatrice, dell'Istituto nazionale di Fisica Nucleare (Infn).

A rendere possibile la scoperta del bosone di Higgs, l'inafferrabile particella grazie alla quale esiste la massa, sono stati gli esperimenti Atlas, coordinato da Fabiola Gianotti, e Cme, entrambi condotti nel piu' grande acceleratore di particelle del mondo, il Large Hadron Collider (Lhc) del Cern di Ginevra. Quella del bosone di Higgs, ha proseguito Gianotti, ''e' una scoperta importantissima, che ci permette di risolvere una delle questioni aperte piu' importanti, che ci hanno accompagnato per 50 anni, ossia ci permette di spiegare perche' le particelle hanno una massa''. Essere arrivati a questa scoperta, ha detto ancora, ''e' una grande soddisfazione, raggiunta grazie ad un tenacissimo lavoro''.

Quello che sta per concludersi, ha proseguito, ''e' stato un anno duro, molto intenso. Personalmente ho la sensazione di aver visto la comunita' scientifica del Cern lavorare tutta assieme, con un grandissimo entusiasmo, energia e motivazione da parte di una squadra di giovani. Questo mi ha molto colpito''.

A fine dicembre, come accade ogni anno, l'acceleratore Lhc si riposerà per un breve periodo per consentire la manutenzione, ma anche per il risparmio energetico. A fine febbraio, invece, andra' a riposo per due anni. ''Nel frattempo avremo comunque moltissimo lavoro da fare- ha detto Gianotti - perche' i dati raccolti finora sono molto piu' numerosi di quelli attesi''. Nel 2015 la grande macchina tornera' in funzione con un'energia raddoppiata e a quel punto tutto sara' pronto per cominciare ad esplorare i territori sconosciuti di quella che i ricercatori chiamano la ''nuova fisica''
 

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