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Usa e Iran: un tango atomico tra due vecchi amanti
giovedì 09 marzo 2006
di Pepe Escobar (the Asia Times)
La scorsa settimana, il Trattato di Non-Proliferazione Nucleare, già fragile di per sé, è stato raso al suolo dal presidente americano George W. Bush; immolato sull’altare della relazione strategica con l’India, utile per controbilanciare il peso dell’emergente Cina. Nel frattempo, gli Stati Uniti minacciano di punire l’Iran perché la Repubblica Islamica è un paese firmatario del TNPN. Questo è il modo (surreale) in cui funziona la geopolitica.
In India, Bush ha imperiosamente seppellito tutte le norme internazionali gelosamente protette dall’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA), dal TNPN e dalle Nazioni Unite.
Ha proclamato sé stesso imperatore nucleare, il solo a poter stabilire chi ha il diritto all’energia nucleare e chi no. Difendendo l’affare indiano, Bush ha dichiarato che l’energia nucleare è una risorsa rinnovabile (il che è falso) e che l’accordo avrebbe aiutato ad alleviare la domanda globale di greggio. Alla stessa maniera, il governo iraniano sostiene di aver bisogno dell’energia nucleare per alleviare la propria dipendenza dal greggio. Questo è il modo in cui nemici geopolitici finiscono per sovrapporsi.
Ci è voluto un disilluso aristocratico per mettere le cose nella giusta prospettiva. Nel suo notevole libro Blood & Oil, il principe in esilio Manucher Farmanfarmaian, della dinastia dei Qajar (che dominò la Persia per 140 anni, prima della dinastia Pahlavi), ha scritto che l’interminabile e squallido teatrino tra Stati Uniti e Iran “è un tango tra due vecchi amanti, che non sanno far altro che affrontarsi col coltello tra i denti”. I coltelli sono sguainati e potrebbero presto raggiungere il Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Farmanfarmanian conosce il tango da vicino. Appena dopo la prima guerra mondiale, il suo cugino di secondo grado - l’ultimo della dinastia Qajar - fu il primo shah a cadere sotto il decadente Impero Britannico (gli inglesi volevano un dittatore). Gli inglesi scelsero Reza Shah – che il nostro aristocratico descrive malignamente come un “soldato che lavorava per mio padre”. In seguito, l’Impero Americano, attraverso la CIA, rovesciò il ministro nazionalista Mohammad Mossadeq (cugino del padre di Farmanfarmanian); il che condusse al potere il grande amico dell’America, lo shah Reza Pahalvi, che fu a sua volta deposto dall’ayatollah Ruhollah Khomeini, che etichettò l’ex alleato americano come “Grande Satana”. Non sorprende che, dal 1979 in avanti, i vecchi amanti si siano trovati l’uno alla gola dell’altro.
La melodia incompiuta di Natanz
Il tango nucleare è degno dell’accompagnamento di Astor Piazzolla. Il capo dell’AIEA, Mohammed El-Baradei, voce solista, si dice certo che l’intrigo non potrà essere sciolto fino alla prossima settimana. Non così in fretta, ha detto l’amante respinto Condoleezza Rice, Segretario di Stato americano. La strategia di Washington assomiglia più a una marcia militare che a un tango. Considera il meeting della AIEA, in programma per lunedì 13 marzo a Vienna, come una mera formalità; l’unica cosa che importa è girare quanto prima la faccenda al Consiglio di Sicurezza dell’ONU.
Non così in fretta, dicono i russi, giocatori esperti del Grande Gioco in Asia centrale alle porte dell’Impero Britannico, che ora disturbano il tango col loro techno beat. Il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, sta svolgendo una mission impossible a Washington, cercando di convincere Bush e la Rice che una proposta last-minute russa è l’unica soluzione pacifica ancora possibile.
Un diplomatico belga coinvolto nelle negoziazioni di Bruxelles coi tre “grandi” di Europa (Francia, Gran Bretagna e Germania) ha confermato ad Asia Times Online che gli europei sanno della proposta russa sin da venerdì scorso. La proposta è stata discussa da Russia e Iran a Teheran.
“I russi hanno offerto qualcosa che noi europei non siamo in grado di accettare. Quello che i russi descrivono come una ‘attività di ricerca limitata’ significa che gli iraniani non faranno ricerca industriale e non produrranno uranio arricchito nel loro impianto di Natanz per almeno sette anni, forse nove o dieci”. L’uranio arricchito (per scopi civili) verrà invece prodotto in Russia, da Russia e Iran insieme in una sorta di joint venture, col monitoraggio dell’AIEA. La stampa iraniana riporta che l’Iran sarebbe d’accordo nel negoziare la sospensione di due anni dell’arricchimento su scala industriale, non nove o dieci, fermo restando il suo diritto di proseguire la ricerca nucleare.
Lo stesso El-Baradei ha riconosciuto che l’impianto di Natanz per l’arricchimento dell’uranio è arrivato a un “punto morto”. Tuttavia, per l’amministrazione Bush, la proposta russa rappresenta ancora un anatema.
Washington vuole ad ogni costo “una dichiarazione presidenziale” (un accordo minimo piuttosto che una risoluzione), caratterizzata esclusivamente da un’accezione negativa (il mio ex amante stava imbrogliando, ora deve rigar dritto). Il punto, però, è che gli ispettori dell’AIEA non hanno trovato alcuna prova del fatto che l’Iran stia violando il TNPN. Quindi, “l’ossessione iraniana” di Washington criticata ufficialmente dalla comunità internazionale trasuda un tradimento del tango.
I diplomatici europei sanno che non c’è che una risoluzione delle Nazioni Unite non è vista con favore. Russia e Cina lo hanno già fatto sapere chiaramente. Il Movimento dei Paesi Non Allineati ha rilasciato una dichiarazione che afferma come il coinvolgimento di altre organizzazioni ONU (ovvero il Consiglio di Sicurezza) non sarebbe gradito: tali paesi, infatti, sono schierati a favore di una soluzione diplomatica che rientri nei confini dell’AIEA.
Gli iraniani vedono come punti principali della pubblicazione dell’AIEA sul loro paese il Paragrafo 53 (“Di tutto il materiale nucleare è stata data una spiegazione”) e il Paragrafo 44 (“Il processo di arricchimento a Natanz avviene nel rispetto delle misure di sicurezza e sotto la sorveglianza dell’Agenzia). Di conseguenza, la Repubblica Islamica interpreta le considerazioni di El-Baradei come politiche, non tecniche; non esiste base legale o tecnica affinché il dossier sull’Iran possa essere indirizzato al Consiglio di Sicurezza. Inoltre, gli iraniani fanno notare che l’AIEA ha trascorso 27 anni tentando di fare luce sulle “ambiguità nucleari” del Giappone. Volendo fare un confronto, i tre anni di indagini sull’Iran sono poca cosa.
La “dichiarazione presidenziale” richiesta da Washington nella pratica vuol dire che Teheran deve - senza ottenere nulla in cambio - rinunciare a tutti i propri diritti previsti dalle condizioni del TNPN. Di nuovo, il report dell’AIEA - dopo tre anni di indagini - ha rivelato ai 35 membri dell’Agenzia che non è stata trovata nessuna prova di “impiego dei materiali nucleari per la costruzione di armi atomiche o per altri fini bellici”.
L’opinione generale degli iraniani è che il loro paese non accetterà mai di essere umiliato come un paria - a maggior ragione se non esiste violazione delle condizioni imposte dall’AIEA. Gli americani e alcuni europei a questo punto dovrebbero ripassarsi un po’ di storia. L’Iran è una nazione orgogliosa che, secondo Farmanfarmaian, “ha respinto i romani nel III secolo e ha fatto prigioniero l’imperatore Valeriano, è un paese che ha ridefinito l’Islam arabo e lo ha fatto proprio”.
Istinti omicidi
Per gli Usa la domanda da 250 miliardi di dollari (finora il costo dell’occupazione in Iraq, da aggiornare) è se l’ipotetica umiliazione dell’Iran sul palcoscenico mondiale può essere posta in essere dall’amministrazione Bush nell’ottica di primo passo verso un altro attacco “colpisci e terrorizza”.
Lo stesso Bush ha ufficialmente dichiarato che un attacco militare all’Iran “non è in agenda”. Sia la CIA che il Dipartimento di Stato sono favorevoli ad una pressione a tutto campo - ma non ad attacchi aerei o a forze speciali di terra, almeno non nel breve periodo. Il Pentagono invece vuole un embargo militarmente imposto.
Significativamente, il più falco tra i falchi è stato l’ambasciatore Usa alle Nazioni Unite, John Bolton. In un discorso pubblico, non casuale, alla convention annuale della ‘American-Israel Public Affairs Committee’, un'influente lobby statunitense pro-Israele, Bolton ha affermato che il programma nucleare iraniano “deve essere distrutto”.
Così, il classico ‘tango da vecchi amanti con il coltello tra i denti’ continua ad andare in scena. Anzi, ora è diventato un tango a quattro: gli Usa e l’Europa a tre su un lato della pista da ballo, la Russia e El-Baradei sull’altro.
Esiste qualche possibilità di rimescolamento delle carte dal momento che la Germania, uno dei membri dell’Europa a tre, ha mostrato segnali di assenso verso il processo di arricchimento dell’Iran. Nessuno - l’AIEA, l’ONU, i Paesi Non Allineati, l’Europa a tre, il mondo musulmano, il mondo nel suo complesso - vuole vedere tracce di sangue sparso sulla pista da ballo. Ciò avverrà solo se gli ex amanti si sbarazzeranno dei loro coltelli.
Fonte: http://www.atimes.com/atimes/Middle_East/HC08Ak02.html
Tradotto da Paolo Cola e Luca Donigaglia per Nuovi Mondi Media
giovedì 09 marzo 2006
di Pepe Escobar (the Asia Times)
La scorsa settimana, il Trattato di Non-Proliferazione Nucleare, già fragile di per sé, è stato raso al suolo dal presidente americano George W. Bush; immolato sull’altare della relazione strategica con l’India, utile per controbilanciare il peso dell’emergente Cina. Nel frattempo, gli Stati Uniti minacciano di punire l’Iran perché la Repubblica Islamica è un paese firmatario del TNPN. Questo è il modo (surreale) in cui funziona la geopolitica.
In India, Bush ha imperiosamente seppellito tutte le norme internazionali gelosamente protette dall’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA), dal TNPN e dalle Nazioni Unite.
Ha proclamato sé stesso imperatore nucleare, il solo a poter stabilire chi ha il diritto all’energia nucleare e chi no. Difendendo l’affare indiano, Bush ha dichiarato che l’energia nucleare è una risorsa rinnovabile (il che è falso) e che l’accordo avrebbe aiutato ad alleviare la domanda globale di greggio. Alla stessa maniera, il governo iraniano sostiene di aver bisogno dell’energia nucleare per alleviare la propria dipendenza dal greggio. Questo è il modo in cui nemici geopolitici finiscono per sovrapporsi.
Ci è voluto un disilluso aristocratico per mettere le cose nella giusta prospettiva. Nel suo notevole libro Blood & Oil, il principe in esilio Manucher Farmanfarmaian, della dinastia dei Qajar (che dominò la Persia per 140 anni, prima della dinastia Pahlavi), ha scritto che l’interminabile e squallido teatrino tra Stati Uniti e Iran “è un tango tra due vecchi amanti, che non sanno far altro che affrontarsi col coltello tra i denti”. I coltelli sono sguainati e potrebbero presto raggiungere il Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Farmanfarmanian conosce il tango da vicino. Appena dopo la prima guerra mondiale, il suo cugino di secondo grado - l’ultimo della dinastia Qajar - fu il primo shah a cadere sotto il decadente Impero Britannico (gli inglesi volevano un dittatore). Gli inglesi scelsero Reza Shah – che il nostro aristocratico descrive malignamente come un “soldato che lavorava per mio padre”. In seguito, l’Impero Americano, attraverso la CIA, rovesciò il ministro nazionalista Mohammad Mossadeq (cugino del padre di Farmanfarmanian); il che condusse al potere il grande amico dell’America, lo shah Reza Pahalvi, che fu a sua volta deposto dall’ayatollah Ruhollah Khomeini, che etichettò l’ex alleato americano come “Grande Satana”. Non sorprende che, dal 1979 in avanti, i vecchi amanti si siano trovati l’uno alla gola dell’altro.
La melodia incompiuta di Natanz
Il tango nucleare è degno dell’accompagnamento di Astor Piazzolla. Il capo dell’AIEA, Mohammed El-Baradei, voce solista, si dice certo che l’intrigo non potrà essere sciolto fino alla prossima settimana. Non così in fretta, ha detto l’amante respinto Condoleezza Rice, Segretario di Stato americano. La strategia di Washington assomiglia più a una marcia militare che a un tango. Considera il meeting della AIEA, in programma per lunedì 13 marzo a Vienna, come una mera formalità; l’unica cosa che importa è girare quanto prima la faccenda al Consiglio di Sicurezza dell’ONU.
Non così in fretta, dicono i russi, giocatori esperti del Grande Gioco in Asia centrale alle porte dell’Impero Britannico, che ora disturbano il tango col loro techno beat. Il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, sta svolgendo una mission impossible a Washington, cercando di convincere Bush e la Rice che una proposta last-minute russa è l’unica soluzione pacifica ancora possibile.
Un diplomatico belga coinvolto nelle negoziazioni di Bruxelles coi tre “grandi” di Europa (Francia, Gran Bretagna e Germania) ha confermato ad Asia Times Online che gli europei sanno della proposta russa sin da venerdì scorso. La proposta è stata discussa da Russia e Iran a Teheran.
“I russi hanno offerto qualcosa che noi europei non siamo in grado di accettare. Quello che i russi descrivono come una ‘attività di ricerca limitata’ significa che gli iraniani non faranno ricerca industriale e non produrranno uranio arricchito nel loro impianto di Natanz per almeno sette anni, forse nove o dieci”. L’uranio arricchito (per scopi civili) verrà invece prodotto in Russia, da Russia e Iran insieme in una sorta di joint venture, col monitoraggio dell’AIEA. La stampa iraniana riporta che l’Iran sarebbe d’accordo nel negoziare la sospensione di due anni dell’arricchimento su scala industriale, non nove o dieci, fermo restando il suo diritto di proseguire la ricerca nucleare.
Lo stesso El-Baradei ha riconosciuto che l’impianto di Natanz per l’arricchimento dell’uranio è arrivato a un “punto morto”. Tuttavia, per l’amministrazione Bush, la proposta russa rappresenta ancora un anatema.
Washington vuole ad ogni costo “una dichiarazione presidenziale” (un accordo minimo piuttosto che una risoluzione), caratterizzata esclusivamente da un’accezione negativa (il mio ex amante stava imbrogliando, ora deve rigar dritto). Il punto, però, è che gli ispettori dell’AIEA non hanno trovato alcuna prova del fatto che l’Iran stia violando il TNPN. Quindi, “l’ossessione iraniana” di Washington criticata ufficialmente dalla comunità internazionale trasuda un tradimento del tango.
I diplomatici europei sanno che non c’è che una risoluzione delle Nazioni Unite non è vista con favore. Russia e Cina lo hanno già fatto sapere chiaramente. Il Movimento dei Paesi Non Allineati ha rilasciato una dichiarazione che afferma come il coinvolgimento di altre organizzazioni ONU (ovvero il Consiglio di Sicurezza) non sarebbe gradito: tali paesi, infatti, sono schierati a favore di una soluzione diplomatica che rientri nei confini dell’AIEA.
Gli iraniani vedono come punti principali della pubblicazione dell’AIEA sul loro paese il Paragrafo 53 (“Di tutto il materiale nucleare è stata data una spiegazione”) e il Paragrafo 44 (“Il processo di arricchimento a Natanz avviene nel rispetto delle misure di sicurezza e sotto la sorveglianza dell’Agenzia). Di conseguenza, la Repubblica Islamica interpreta le considerazioni di El-Baradei come politiche, non tecniche; non esiste base legale o tecnica affinché il dossier sull’Iran possa essere indirizzato al Consiglio di Sicurezza. Inoltre, gli iraniani fanno notare che l’AIEA ha trascorso 27 anni tentando di fare luce sulle “ambiguità nucleari” del Giappone. Volendo fare un confronto, i tre anni di indagini sull’Iran sono poca cosa.
La “dichiarazione presidenziale” richiesta da Washington nella pratica vuol dire che Teheran deve - senza ottenere nulla in cambio - rinunciare a tutti i propri diritti previsti dalle condizioni del TNPN. Di nuovo, il report dell’AIEA - dopo tre anni di indagini - ha rivelato ai 35 membri dell’Agenzia che non è stata trovata nessuna prova di “impiego dei materiali nucleari per la costruzione di armi atomiche o per altri fini bellici”.
L’opinione generale degli iraniani è che il loro paese non accetterà mai di essere umiliato come un paria - a maggior ragione se non esiste violazione delle condizioni imposte dall’AIEA. Gli americani e alcuni europei a questo punto dovrebbero ripassarsi un po’ di storia. L’Iran è una nazione orgogliosa che, secondo Farmanfarmaian, “ha respinto i romani nel III secolo e ha fatto prigioniero l’imperatore Valeriano, è un paese che ha ridefinito l’Islam arabo e lo ha fatto proprio”.
Istinti omicidi
Per gli Usa la domanda da 250 miliardi di dollari (finora il costo dell’occupazione in Iraq, da aggiornare) è se l’ipotetica umiliazione dell’Iran sul palcoscenico mondiale può essere posta in essere dall’amministrazione Bush nell’ottica di primo passo verso un altro attacco “colpisci e terrorizza”.
Lo stesso Bush ha ufficialmente dichiarato che un attacco militare all’Iran “non è in agenda”. Sia la CIA che il Dipartimento di Stato sono favorevoli ad una pressione a tutto campo - ma non ad attacchi aerei o a forze speciali di terra, almeno non nel breve periodo. Il Pentagono invece vuole un embargo militarmente imposto.
Significativamente, il più falco tra i falchi è stato l’ambasciatore Usa alle Nazioni Unite, John Bolton. In un discorso pubblico, non casuale, alla convention annuale della ‘American-Israel Public Affairs Committee’, un'influente lobby statunitense pro-Israele, Bolton ha affermato che il programma nucleare iraniano “deve essere distrutto”.
Così, il classico ‘tango da vecchi amanti con il coltello tra i denti’ continua ad andare in scena. Anzi, ora è diventato un tango a quattro: gli Usa e l’Europa a tre su un lato della pista da ballo, la Russia e El-Baradei sull’altro.
Esiste qualche possibilità di rimescolamento delle carte dal momento che la Germania, uno dei membri dell’Europa a tre, ha mostrato segnali di assenso verso il processo di arricchimento dell’Iran. Nessuno - l’AIEA, l’ONU, i Paesi Non Allineati, l’Europa a tre, il mondo musulmano, il mondo nel suo complesso - vuole vedere tracce di sangue sparso sulla pista da ballo. Ciò avverrà solo se gli ex amanti si sbarazzeranno dei loro coltelli.
Fonte: http://www.atimes.com/atimes/Middle_East/HC08Ak02.html
Tradotto da Paolo Cola e Luca Donigaglia per Nuovi Mondi Media