Utopia o realtà ? La LIBERTA' di espressione va difesa ora, perchè domani sarà troppo tardi......e ce ne pentiremo.

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Chissà quando riusciremo a tirare una riga su tutte le porcherie fatte in questi 2 anni.

Il suo rapporto, dopo l'esplosione della pandemia mondiale da Covid-19,
aveva messo alla luce una verità scomoda per il nostro Paese:

il Piano pandemico italiano non era pronto ad affrontare l'escalation del nuovo virus perché non veniva aggiornato da ben 14 anni.

L'ultima versione del 2006, ripresa in mano nel 2017, era passata per "aggiornamento"
quando in realtà era stata solo frutto di un banale copia e incolla del precedente.

La relazione dell'Oms Francesco Zambon, quindi, aveva creato un gran polverone mediatico sulla questione
in un Paese che, in quel momento, si doveva avvicendare con la gestione di una pandemia inaspettata.

Il dottor Zambon fu costretto così a dimettersi nel marzo 2021,
ma in un suo libro ha voluto raccontare la sua verità sulla vicenda.

Ora che la situazione pandemica è giunta ad uno stato di maggiore gestibilità,

l'esperto trevigiano è stato riabilitato nell'Ulss 2 Marca Trevigiana.


La rivalsa dopo la gogna mediatica.


Nel 2008 Zambon aveva iniziato a lavorare per l'Organizzazione Mondiale della Sanità, prima a Mosca e poi a Venezia,
dove aveva un ruolo di coordinamento per la risposta al Covid-19.

Proprio nel febbraio 2020 l'incarico di sovrintendere alla raccolta di tutte le informazioni sul nuovo virus in Italia, per capire cosa stesse accadendo nel nostro Paese.

Da qui il famoso rapporto, prima approvato dai vertici dell'Oms

ma poi subito ritirato per presunte "inesattezze".



In realtà, come poi emerso, la relazione dell'esperto trevigiano aveva messo in luce una verità scomoda:
il piano pandemico italiano non veniva aggiornato dal 2006.

E quello che, nel 2017, era passato per "aggiornamento" era in realtà un banale e maldestro "copia e incolla" del precedente.

Una situazione quindi che rendeva l'Italia ancor più impreparata a fronteggiare l'emergenza Covid, specialmente nella prima tragica ondata.

Alla fine, dopo il clamore anche mediatico della vicenda, il dottor Zambon fu costretto a dimettersi nel marzo 2021.


Un nuovo incarico (dirigenziale) per l'esperto trevigiano.

Zambon ora affiancherà, come confermato dal direttore generale Francesco Benazzi,
il direttore sanitario Stefano Formentini nella gestione del piano pandemico 2021-2023.
 
Questa la triste realtà. Giovani che si aspettano la pappa in bocca senza muovere dito.
Senza sudare. Incapaci di capire e pensare con la propria testa. Quello che vuole il potere.
Quello che "qualcuno" sopra il potere tira i fili. Giovani dementi, assuefatti ai social.
Se a questo uniamo l'opera svolta da politici legati al filo sopra citato,
con iniziative demenziali, di solo supporto propagandistico e di mera sopravvivenza economica,
il gioco è fatto. Aspettiamo di essere burattini alla Pinocchio.


Il problema è evidente, in Italia e anche sul nostro territorio:
il mondo della ristorazione non trova personale, nè di sala nè di cucina,
a dispetto del notevole aumento di iscritti alle scuole alberghiere registrato negli ultimi anni.

Lo conferma anche Stefano Binda, una stella Michelin con un passato al "Dac a trà" di Castello Brianza
e attualmente al Ristorante Texture - Mamma Ciccia di Mandello del Lario, che non a caso pochi giorni fa
ha deciso di pubblicare un annuncio per la ricerca di un giovane da inserire in cucina al suo fianco,
con regolare contratto annuale "modellabile" in base alle esperienze pregresse del candidato e al suo livello di preparazione.


"Il problema non è nuovo, ma credo che la pandemia e le conseguenti restrizioni lo abbiano amplificato"
ci ha detto lo chef classe 1976, che negli anni ha arricchito il suo curriculum con periodi di lavoro in Francia,
ma anche in locali rinomati come quelli di Enrico Crippa e Antonino Cannavacciuolo.

"Mi spiego meglio: se da un lato molte aziende, nell'alternanza di aperture e chiusure,
non hanno avuto la possibilità di garantire continuità ai propri dipendenti,
dall'altro tanti giovani hanno perso entusiasmo,
magari facendosi attrarre da nuove forme di guadagno legate ai social e al mondo digitale,
che non richiedono gli stessi sacrifici di una professione come la nostra.
Da parte di molti è venuta meno la voglia di rimboccarsi le maniche e mettersi in gioco,
ma anche le scuole dal canto loro non li hanno aiutati, non hanno offerto loro il necessario supporto psicologico".

"I ragazzi non hanno la benché minima intenzione di investire su se stessi".

"È un discorso che si è sempre sentito, nel nostro mondo" ha ammesso il lecchese.

"Anche a me è capitato di stare in cucina gratis.
Al di là di questo, lo spirito di sacrificio e il desiderio di imparare non devono mai mancare nel nostro mondo. Poi ciascuno è libero di fare le proprie scelte".


La ragione della carenza di personale va individuata nella mancata corrispondenza delle loro aspettative
alla realtà del mondo professionale
, soprattutto sul fronte dei guadagni.

"Molti pensano di poter diventare ricchi, ma in verità non è così" ha commentato ancora il ristoratore.

"Non so se la colpa è dei programmi culinari tanto amati in tv, ma di certo questi format offrono una visione sbagliata,
che non rispecchia la realtà del nostro lavoro. Ad ogni modo penso che un ragazzo intelligente, con buoni esempi di fronte a sè,
lo possa capire da solo, senza farsi ammaliare da false illusioni.
Certo, è fondamentale anche avere tanta passione, quella sì che forse è venuta un po' a mancare".
 
Sono una donna che mal sta sopportando le discriminazioni e le continue restrizioni che stiamo subendo da più di due anni
e che hanno letteralmente annientato i nostri diritti costituzionali!

La seguo, anche su fb, e vedo che ha già pubblicato una lettera di un cittadino
che espone le proprie giuste considerazioni e domande sull’utilizzo, a dir poco diabolico, imposto sulle mascherine…

Io qui voglio denunciare, allo scopo che possa in forma anonima rendere pubblica questa mia testimonianza, magari anche suscitando un dibattito.

Si tratta di un un fatto molto grave che mi è accaduto oggi (ieri) nel tardo pomeriggio.

Mi sono recata in chiesa, ovviamente senza mascherina, e sulla porta d’ingresso
sono stata bruscamente buttata fuori perché senza museruola.

Per ordine, a dire di questo signore che mi ha impedito di entrare, della Curia!!!

Ho protestato dicendo che non è obbligatorio l’uso del dispositivo
e che la Chiesa non può prima far rispettare le disposizioni statali sulle restrizioni e poi ignorare quelle che le modificano!

In una nazione in cui non esiste più lo stato di diritto, in un regime ormai non certo democratico,
si sta verificando che chi lo sostiene adotti ad abundantiam e a proprio piacimento quelle misure restrittive già imposte!

E ciò avviene, come emerge da varie testimonianze, un po’ in ogni campo.


Il lavaggio del cervello su milioni di italiani ha funzionato alla grande!!!
 
E diciamolo chiaramente.

Putin non annuncerà, il giorno della parata della Vittoria, una guerra totale.

Anzi, logico il contrario.

Un colpo di scena sull’asse più improbabile – Vaticano-Ankara-Mosca -Pechino –
e la dichiarazione, dalla piazza Rossa, di una disponibilità a sospendere il fuoco e a trattare.

Naturalmente da posizioni di relativa forza, con in mano un Donbass allargato e Mariupol, e il corridoio di terra verso la Crimea.

Dunque un Putin ferito sì dalla mancata presa di Kiev, dalla mancata caduta di Zelenskj, dalle ingenti perdite di uomini e mezzi,
ma comunque in grado di cantare vittoria, sia pure con la “v” minuscola.

E di tendere la mano scivolosa a Zelensky, spinto da dietro da Biden e dai suoi ultras nazionalisti:
a che cosa è servito resistere se Putin è ancora lì, ed i suoi tank anche?


L’imbarazzo, in realtà sarebbe dell’Europa, e dell’Italia:

non volevamo morire per Kiev e dobbiamo morire per Donetsk, Lugansk e Mariupol?

E per quanto ancora dovremo fornire armi e soldi, adesso che non si tratta di salvare Kiev,
ma di chiudere i conti di una guerra sconosciuta iniziata nel 2014?


Naturalmente c’è chi ci spiega che non è in gioco il destino di una regione ricca o poveraccia, dilaniata senza che noi lo sapessimo.

Dicono che Putin è come Hitler con la Polonia: se lasciamo che ingoi il primo boccone, il suo appetito ci divorerà.

In gioco ci sarebbero la libertà, la democrazia, l’Occidente.

Non lo credo.
 
Mi pare, piuttosto, che ci siamo infilati in una guerra civile,
con i suoi odi e la sua ragnatela di ragioni e di torti, quasi senza accorgercene.

E che siamo diventati pendolari assonnati e sempre in ritardo tra questa guerra di confine
e la grande guerra tra Russia e Stati Uniti, che trovano l’occasione di combattersi non dove confinano
(l’Alaska la comprarono dagli zar, no ?), ma in Europa.

Trasformando l’Europa in una scolaresca ubbidiente, disposta a rinunciare ai propri interessi, in nome di un’idea.

Quale?

Per quanto a lungo?

Per le terre irredente di Zelenskj, o per piegare Putin e fargli passare l’appetito?


Non si sa, e non sarebbe la prima volta che ci imbarchiamo in avventure senza sbocco,

dalla Libia all’Afghanistan, dall’Iraq alla Siria, fino ai Balcani.


E dovrebbero anche spiegarci come si concilia questo pericolo per tutti
con il fatto che un giorno sì e uno no ci spiegano che la Russia è militarmente a pezzi.

Forse stavolta abbiamo la bacchetta magica, o solo una Casa Bianca abitata da amici,
come quando a palazzo Chigi sedeva Massimo D’Alema
e la Nato poteva bombardare Belgrado senza commettere crimini di guerra,
o senza essere accusata di farlo.


Però il tempo è galantuomo, e la realtà ha una sua forza.
 
Mi hanno fatto tenerezza le accuse a Giuseppe Brindisi,
i cui inviti in studio avevo declinato perché mi sembrava troppo schierato,
troppo innamorato della Resistenza ucraina.

L’ultima volta da lui, avrò sentito dire tre o quattro volte la formula “Mariupol città martire”,
come si dice di Londra piovosa o Venezia piena di turisti.


Già, la storia delle evacuazione di civili dalla Azovstal
– “il cuore pulsante dell’epica resistenziale ucraina”, secondo il Corriere della Sera
qualche cosa avrebbe dovuto chiarire:

Parenti dei miliziani?

Profughi indirizzati verso la trincea peggiore?

Scudi umani?

Ne sono usciti con il contagocce, e non per responsabilità russa.

Fra il 30 aprile e il 1 maggio hanno lasciato la fabbrica 101 persone.

Sessantanove tra loro – dunque una maggioranza – hanno scelto di proseguire verso l’Ucraina governativa.

Trentadue invece hanno scelto di rimanere nelle repubbliche secessioniste.

Nonostante fossero rimasti a vivere come topi nell’ultima trincea di Azov,

gli “eroi” del Corriere della Sera

che al momento della verità scansano la bella morte e chiedono permessini e corridoi umanitari.
 
Report ha avuto il coraggio del tutto insolito per le grandi televisioni e di più per la Rai,
di raccogliere i racconti dei civili di Mariupol, la città martire.

E raccontano di chi li ha usati come scudi,

e di chi li ha, se non martirizzati usati e gettati.


Non mi ha sorpreso.

Perché sono gli stessi racconti raccolti da settimane da due paria dell’informazione,
Bianchi e Rangeloni (paria per come sono trattati dal resto del circo. Per me sono colleghi come tutti gli altri).

La guerra ha sempre due volti, e due propagande.

Finora, quella di Kiev, che ha il fascino della vittima, dell’aggredita, ha avuto via libera in ogni circostanza.


Come se la propaganda, in guerra, fosse una sola.
 
Ma se dovessi assegnare un premio al miglior racconto letto in questa guerra, lo darei a Vittorio Rangeloni.

Che – ricostruisco a memoria, e con parole mie – ha descritto l’incontro con un vecchio combattente secessionista, zio Vasya.

Un uomo sulla sessantina, che allo scoppio della guerra civile nella sua Kostantinovka, si arruolò con i ribelli.

La cittadina cadde in mano agli altri e lo zio Vasya seguì gli sconfitti, restando con loro da allora a oggi,
quasi una mascotte invecchiata, e abbandonando la famiglia.

Rangeloni, che lo aveva incontrato in passato, lo ritrova a Mariupol
.
Zio Vasya gli propone di bere una vodka insieme.

Rangeloni, che non ha preso le abitudini del posto, dice che è meglio di no, a quell’ora.


“Peccato”, fa zio Vasya.

Poi, i suoi commilitoni racconteranno a Rangeloni cosa era successo il giorno prima.

Lo zio Vasya, schierato attorno alla Fort Alamo dell’Azovstal,

aveva saputo che il suo figlio maschio era lì dentro, con la divisa dell’Azov.
 
A proposito dell’Azov.


Il 2 maggio è stato

l'anniversario della morte, nel 2014, di 42 manifestanti,

assediati nella casa dei sindacati di Odessa dai nazionalisti ucraini, e bruciati vivi.


Per l’occasione dell’anniversario i difensori estremi della democrazia europea

hanno messo in rete un poster, dove appaiono due belle molotov.


Se le guerre civili sono l’orrore, quelle planetarie non sono meglio.


Ma non è che quelle che ti ci ritrovi in mezzo quasi per caso,

e non sai dove fanno a finire,

non è che quelle siano belle e giuste.
 
Ecco come si buttano i nostri soldi.

20.000.000 di euro = 38 MILIARDI DI VECCHIE LIRE
per una pista ciclabile.


Con questi soldi si potrebbe costruire un condominio di 8000 metri quadri
ipotizzando un costo al mq. di 2500 Euro. Finito.

100 appartamenti da 80 metri quadri.



L’opera è stata inserita tra gli interventi finanziati nell’ambito del Decreto ministeriale 564 del 7 dicembre 2020,
pubblicato l’1 febbraio 2021, relativo alle Olimpiadi invernali Milano-Cortina del 2026.


La ciclabile Anas si snoderà dal chilometro 55,175 al chilometro 57,800 ovvero per 2,625 chilometri di lunghezza,
che costeranno 20 milioni di euro, pari a 7.619.000 euro al chilometro.
 

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