Utopia o realtà ? La LIBERTA' di espressione va difesa ora, perchè domani sarà troppo tardi......e ce ne pentiremo.

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In Italia il premier Draghi ed il ministro della Salute Speranza hanno già “candidamente” ammesso che il Green pass,

studiato come strumento emergenziale, diverrà presto ordinario, in previsione di una futura pandemia.


I mezzi di controllo e gestione utilizzati, quindi, verranno semplicemente messi nel cassetto, pronti ad essere tirati fuori al bisogno.

E per molti il bisogno sarà già in autunno,

quando ritorneranno a parlare di varianti,

aumento dei contagi,

restrizioni,

mascherine e

lasciapassare.


In quest’ottica l’Europa non è stata da meno.

Le istituzioni europee, infatti, hanno dimostrato una certa riluttanza ad abbandonare le misure adottate durante la pandemia
e la cui esistenza era giustificata unicamente dal sussistere dell’emergenza sanitaria.

Cosa è successo nell’ultima votazione nella Commissione per le libertà civili, afferente al Parlamento europeo?

È stata approvata l’estensione del certificato sanitario Covid europeo (il Green pass, appunto) fino al 30 giugno 2023,

affinché i cittadini non siano privati del loro diritto alla circolazione “indipendentemente dall’evoluzione della pandemia”.



Come puntualizza L’Indipendente, “nonostante l’attenuarsi della pandemia abbia portato diversi Paesi in Europa a non rinnovare lo stato di emergenza,
il Green pass si profila come uno strumento per il momento destinato a rimanere sul piatto ancora per qualche tempo."


La decisione della Commissione è stata presa, si legge sul sito del Parlamento europeo,

“per garantire che i cittadini dell’UE possano beneficiare del loro diritto alla libera circolazione

indipendentemente dall’evoluzione della pandemia Covid-19″.



La risoluzione è stata approvata con 48 voti a favore, 16 contro e nessun astenuto.
 
È Aristotele a notare come, per ragioni di stretta giustizia,
se casi eguali vanno trattati in modo eguale,
casi diseguali vanno invece trattati in modo diverso,
attribuendo a ciascuno il “suo”, ciò che gli spetta personalmente
e non ciò che potrebbe spettare ad altri.

Alla luce di questa indubitabile premessa teoretica,
va letta la recente sentenza con cui la Corte costituzionale
ha abolito l’automatismo della registrazione del cognome paterno negli atti di nascita, inaugurando una disciplina diversa:

il neonato, infatti, verrà registrato con entrambi i cognomi – paterno e materno –
nell’ordine stabilito dai genitori e sarà comunque possibile usare un solo cognome – paterno o materno – previo il loro accordo.


E ciò, precisa la Consulta, per rispetto del principio di uguaglianza fra uomini e donne,
evitando ogni patriarcale discriminazione a favore di quelli contro di queste.



Temo, tuttavia, che la Corte abbia preso un abbaglio.

Qui non si tratta di paragonare gli uomini alle donne, perché, da questo punto di vista,
tutti godono della medesima dignità umana e sociale e vantano gli stessi diritti.

Qui invece si tratta di cogliere la specifica differenza dei ruoli familiari che uomini e donne sono chiamati a interpretare, paterno e materno.

Qui l’errore della Consulta: i cognomi, come i ruoli, non sono equivalenti.
 
Con il comunicato dell’ufficio stampa della Corte costituzionale del 14 gennaio 2021,
la Consulta stessa ha recentemente informato della sua intenzione di decidere sulla legittimità dell’art. 262 del Codice civile in materia di assegnazione del cognome,
al fine di valutare se quest’ultimo possa essere anche individuato in quello unicamente materno, in presenza di un consenso dei coniugi sul punto.

L’esito tristemente prevedibile di un tale vaglio di costituzionalità non potrà naturalmente prescindere dalla recente giurisprudenza “eversiva” già prodotta dalla Consulta.

Sulla materia in esame, infatti, il giudice delle leggi, smentendo un suo costante orientamento pregresso,
era intervenuto già con la sentenza n. 286/2016, giungendo ad una determinazione in ambito di attribuzione del cognome che era essa stessa già ampiamente prevedibile,
alla luce dei principi comunemente accettati dalla maggioranza dei professionisti legali attuali,
i quali, basandosi su di un incompreso concetto di uguaglianza, ridotto al suo profilo nudamente formalistico,
nonché operando su di assunti sociologico-giuridici di stampo rigidamente positivista,
subordinano il diritto quale scientia iuris ad una continua “evoluzione sociale” che non comporta un legittimo vaglio referendario della comunità politica,
bensì coincide con i desideri individuali dei singoli cittadini che adiscono le corti,
nonché con le scelte ideologiche ed arbitrarie degli interpreti di volta in volta investiti delle questioni oggetto di tali ricorsi,
riducendo così il diritto ad una mera tecnica, un contenitore vuoto di contenuti e struttura fissi.


Mentre ben altra composizione della Corte costituzionale nel 1988, con ordinanza n. 176 sulla medesima materia,
aveva esplicitamente rifiutato di permettere un tale soggettivismo giuridico,
spiegando magistralmente come la questione del cognome fosse di evidente natura politica
e dunque come una modifica in tal senso fosse di competenza del solo Parlamento,
la sentenza del 2016 ha invece ritenuto che fosse contrastante con gli articoli 2, 3 e 29 della Costituzione
un insieme di disposizioni normative dalle quali si deduce la norma per la quale il cognome è sempre quello paterno,
introducendo al suo posto la possibilità che il consenso dei coniugi attribuisca al figlio il doppio cognome, sia paterno che materno.

La pronuncia che si attende adesso e che è stata anticipata dal suddetto comunicato-stampa, oltre che da una prima ordinanza (n. 18/2021),
sembra proiettarsi ancora più arditamente in avanti, laddove sembri palese che essa acquisisca come imprescindibile quanto già enunciato nel 2016,
atteso che in seno alla Corte il relatore delle due questioni, tanto nel 2016 quanto nel 2021, è il medesimo.


La questione, tuttavia, non è tanto e solo giuridica quanto, si potrebbe dire, assiologica,

sia perché le norme costituzionali, per il loro carattere vago e fondamentalmente di principio, tendono a confinare (e spesso sconfinare)
nel perimetro del pre-giuridico (e del pre-politico), dovendo essere riempite di significato valoriale in sede interpretativa,

sia perché, prima ancora di applicare astratti concetti giuridici, è necessario, in realtà,
comprendere primariamente a cosa serva socialmente l’istituto che l’interprete è chiamato di volta in volta a vagliare;

nel caso in esame si tratterà dunque, prima di ogni altro profilo giuridico, di comprendere cosa sia un cognome,
il quale ha una precisa origine funzionale, tanto più che, come si vedrà, la stessa Corte nell’ordinanza del 2021 fa leva proprio su imprecise ricostruzioni della storia dell’istituto stesso.
 
Finalità storica del cognome è, infatti, riuscire a distinguere un soggetto da un altro.

L’attribuzione di un nome, in effetti, non può essere determinante al fine dell’individuazione di un soggetto,
in quanto il nome può essere il medesimo di quello di un’altra persona.

Le varie società nella storia hanno dunque trovato degli espedienti per specificare meglio le diverse individualità dei singoli
attraverso delle tecniche che legassero il nome ad un’appartenenza identitaria di qualche tipo:
il luogo di nascita, il capostipite (e dunque la famiglia) da cui si proveniva – il cosiddetto patronimico –,
le particolari conformazioni fisiche o caratteriali o lavorative del soggetto
o di un suo capostipite tali da poter essere sintetizzate in una qualche forma di soprannome.

Tali tecniche si sono sedimentate poi nel vero e proprio cognome familiare,
vale a dire quel “nome” aggiuntivo dato alla famiglia o al clan, proveniente dal capostipite o dal luogo originari.

Il cognome è dunque di per sé, già nella propria funzione, legato all’identità storica, genealogica, della persona,
servendo ad individuare questa identità tanto da parte di chi lo porta quanto di chi debba distinguere quest’ultimo da un’altra persona,
individuandone così gli specifici caratteri identitari che la sua storia porta con sé rispetto alla storia propria di un altro soggetto che sia dotato però del medesimo nome.

In Europa occidentale, a seguito della caduta del dominio romano,
per tutto l’Evo cristiano si è teso ad usare soltanto il nome, costringendo successivamente ad utilizzare i correttivi appena detti.


Un esempio tardo-medievale di “cognome” su base “identitaria” è fornito dal nume della letteratura italiana, vale a dire Dante.

Il grande letterato, sebbene oggi chiamato comunemente Dante Alighieri,
quasi come se fosse effettivamente stato dotato di un nome ed un cognome, si chiamava ed era battezzato, in verità,
Durante di Alighiero degli Alighieri (o, in latino, Durante de Alegheriis).

In altri termini, posto che Alighiero era il padre del poeta, quello che oggi è usato a guisa di “cognome”
era semmai composto invece dal patronimico, nonché dal richiamo alla propria famiglia Alighieri,
la quale prendeva, a sua volta, la denominazione dal capostipite principale Aldighiero, bisnonno di Dante,
sicché quello che oggi viene inteso come “Dante Alighieri” non è che la contrazione di “Dante (figlio) di Alighiero”,
formula che viene completata dall’ulteriore specificazione “della famiglia degli Alighieri” poiché si presuppone, a sua volta, un “Alighiero (figlio) di Aldighiero”.


Laddove non si comprenda questa base genealogica del cognome,
non si comprenderà nemmeno come il cognome abbia dentro di sé una radice che è dunque valoriale e culturale
che non può essere a disposizione dell’arbitrio dei singoli:

esser parte di una famiglia, vale a dire di un gruppo che ha un capostipite preciso che lascia traccia nel cognome,

significa essere portatori dei principi e della cultura che nel tempo quel gruppo ha trasmesso dal capostipite ai discendenti.



Per di più, sebbene nelle motivazioni rese note attraverso l’ordinanza n. 18/2021,
con la quale solleva di fronte a sé la questione riguardo l’articolo 262 c.c.,
il giudice delle leggi abbia già esplicitato, citando la propria ordinanza n. 61/2006, che

l’attuale sistema di attribuzione del cognome è retaggio di una concezione patriarcale della famiglia,
la quale affonda le proprie radici nel diritto di famiglia romanistico, e di una tramontata potestà maritale,
non più coerente con i principi dell’ordinamento e con il valore costituzionale dell’uguaglianza tra uomo e donna
”,

è da rigettare un tale pronunciamento, viziato da una lettura storica ideologicamente deviata

in quanto non è casuale, né dovuto a ragioni legate al “sessismo” od al “patriarcalismo”,

che il patronimico, come nell’esempio dantesco, abbia coinciso con la figura del capostipite paterno,

poiché la scienza psicologica ha ripetutamente spiegato come la regola ed i principi di vita siano trasmessi ai figli dal padre,

avendo la madre strutturalmente maggiori difficoltà a riuscirvi con adeguato successo,

sicché questo legame intergenerazionale con i valori dei capostipiti non può che essere legato alla sola figura paterna.
 
Riuscite a capire come funziona "l'informazione" attualmente ?

Da non credere, se non fosse pubblicato.

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C’è poco da fare: gli statalisti rimangono pur sempre statalisti.


Tutto ciò che doveva costituire l’ensemble di misure temporanee
per momenti straordinari
si sta rivelando la regolarità, la quotidianità, la nuova normalità.

Le mascherine non sono più una restrizione,
il loro obbligo non è più un’autoritaria imposizione pubblica;

è, invece, un nuovo stile, un neonato look, “un accessorio di moda”, Pregliasco docet.

Addirittura, così come affermato da Repubblica, anche lo stesso green pass è ormai “vintage come il vecchio gettone telefonico”.


Se dovessimo riportare George Orwell e la sua grande opera 1984 ai giorni d’oggi,
una frase su tutti potrebbe riassumere la libidine di certa stampa per le restrizioni pandemiche:

“La libertà è schiavitù”.

Ebbene sì, per lunghi mesi, tutte quelle misure che hanno limitato la vita sociale degli italiani, dai lockdown ai distanziamenti,
e che hanno portato milioni di cittadini a perdere il lavoro o a chiudere i battenti della propria attività imprenditoriale,
sono state presentate come l’unico mezzo attuabile in momenti emergenziali.


Il famoso modello cinese ha trovato spazio anche in Occidente,

la democrazia ha lasciato spazio al democratismo,

la libertà al controllo esasperato.



“Chiudere oggi per riaprire domani”;

“Chiudere per salvare il Natale”;

“Prudenza per non tornare in lockdown”

sono solo alcune delle frasi più emblematiche che ci hanno accompagnato in questi ultimi due anni.


Puntualmente, ogni volta pronunciate da analisti o leader politici, pochi mesi dopo, rimanevano parole al vento,

sbugiardate dalla realtà dei fatti, meme da condividere mentre si guardava il cielo, ancora una volta, dalla finestra di casa.


In quarantena.
 
Vergognoso. Come siamo caduti in basso.
non c'è uno schieramento politico che chieda le dimissioni di questo essere.


L’ultima impresa del geniale ministro della salute Roberto Speranza,
un uomo le cui dimostrazioni di efficienza sono state tali
che la sua permanenza deve è può essere legata solo a coperture politiche altissime,
oppure al desiderio di qualche potere occulto che vuole irritare gli italiani.


Il ministro ha deciso di investire nella salute aiutando i soliti noti:

Noi investiamo 360 milioni di euro sul centro di prevenzione che faremo a Siena
e Fauci si è detto disposto a collaborare con i nostri scienziati, già al lavoro per questo obiettivo.
Ci fa molto piacere perché consideriamo Fauci una delle principali personalità a livello mondiale nella lotta alla pandemia
“.


Come, con menti mediche politicizzate italiane, come i vari Ricciardi, Burioni, Pregliasco, Galli
bisogna andare a trovare un medico oltre oceano?

Se fossi un televirologo nostrano scenderei in sciopero a oltranza fino a vedermi riconosciuto il giusto valore come propagandista.

Però ammettiamolo, Fauci può essere la scelta giusta.

Di epidemie se ne intende.


Ricordiamo come nel 1984 disse che ci si potesse contagiare con l’AIDS

anche solo con i “Contatti stretti” senza scambio di aghi, sangue o rapporti sessuali.







FLASHBACK: Fauci Says Kids can Get AIDS From Casual Contact




In questo modo aiutò l’integrazione della comunità omosessuale in un bel ghetto,
dato che i contatti stretti (come stringere la mano) diventavano uno strumento di contagio.


Salvo che poi tutto questo non fosse vero, ma lui è il grande virologo l’esperto nella diffusione dei virus.

Del resto è ormai fatto noto ed accertato dalla stamp,a che il NIH di Fauci, dove lavora anche la moglie in posizioni dirigenziali,
finanziò la ricerca
sul “Guadagno di funzione ” a Wuhan, dove casualmente scoppiò il Coronavirus.

Come è noto che cercò di ostacolare le ricerche sull’origine artificiale del virus,
un atto da persona limpida e trasparente, perfetta per lavorare con il ministro Speranza.


La scelta per lui ovvia.


Certo Speranza poteva sorprendere tutti e scegliere il professor John Ioannidis di Stanford,
colui che afferma come sia necessario mettere la parola fine al Covid
e andare avanti e che ha un peso accademico, notevole.

Però Fauci è amico di Biden, mentre Ioannidis no, e nel governo italiano certe amicizie contano…


Giusto per rinfrescarvi le idee su chi sia Fauci,
vi riproponiamo solo l’ULTIMO degli oscuri scandali in cui è incappato.

Di seguito un nostro articolo di gennaio di quest’anno,
dove sottolineavamo anche come Twitter avesse cercato di imboscare l’ennesima porcheria del nostro futuro consulente,
bannando il giornale che aveva pubblicato il video dello scandalo.


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Sapete cos’è l’effetto Streisand?

Si tratta di quel fenomeno mediatico per cui cancellando un’informazione o una font,e la si diffonde all’infinito.

Questo è quello che è successo a Project Veritas che ha denunciato lo scandalo Fauci – Wuhan,
e per questo motivo è stata bannata da Twitter.

Una notizia che sarebbe passata in secondo piano a livello internazionale, sta veramente sconvolgendo il web e i social media.


DI cosa si tratta: Project Veritas, utilizzando il FOIA, la legge USA che obbliga a rendere pubblici i documenti degli enti federali,
ha ottenuto, a suo dire, le prove per cui il NIH di Fauci avrebbe finanziato le ricerche di Wuhan sul “Guadagno di Funzione” dei virus,
attraverso la Ecohealth Alliance, un’organizzazione intermedia che fa capo a Peter Daszak.

Il problema per Fauci è che lui, in un’audizione pubblica al Senato, davanti alla specifica domanda del Senatore Rand Paul,
ha negato seccamente, e con modi anche poco garbati, questa accusa.

Il “Guadagno di Funzione”” non è altro che il potenziamento di un virus,
ibridandolo e innestandogli delle caratteristiche che lo “Migliorano”,
rendendolo più infettivo, e per questo sono ricerche bandite in molti stati.


Project Veritas aveva già però trovato circa un mese fa, (ne parlò il Telegraph e ne abbiamo parlato qui)
dei documenti secondo i quali Ecohealth Alliance aveva cercato finanziamenti dal DARPA,
l’ente di ricerca della difesa USA, proprio per compiere queste ricerche,
e la DARPA, le aveva precisamente definite come “Ricerche sul Guadagno di Funzione”.

La DARPA, un ente militare, aveva rifiutato il finanziamento ritenendo la ricerca troppo pericolosa.


Ora Project Veritas avrebbe trovato sia documenti ufficiali, tramite FOIA, sia testimonianze dirette,
che confermano la richiesta fatta al DARPA,
e che precisano che quello che stava conseguendo EcoHealth Alliance era proprio un aumento di funzione.

Fauci ha sempre negato questo punto, che invece verrebbe ufficialmente confermato.

Tutto questo è stato concentrato in un video:











Se così fosse Fauci avrebbe compiuto un grave reato mentendo davanti a una commissione del Senato,
reato per il quale negli USA, che non scherzano su queste cose, si va in galera senza passare dal via.


La notizia era in gran parte già nota e forse sarebbe passata sotto tono se Twitter non avesse, senza preavviso,
cancellato l’account di Project Veritas dopo la pubblicazione del video.

Questo ha causato l’esplosione della notizia, anche perchè con un account Telegram da 660 mila iscritti, Twitter diventa quasi superfluo.


La società che fu di Jack Dorsey usa ormai censurare un po’ troppo,
praticamente facendo fuggire gli utenti con questo comportamento.

Tra l’altro le notizie di Project Veritas erano già note, anche se non ufficialmente confermate.

Fare però i censori pro Fauci però non porta bene, soprattutto se si è investito nel social media,
come mostra chiaramente l’andamento semestrale del titolo, che ha perso il 41,88% del proprio valore.


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Un social media che selezioni le notizie e cancelli quelle che ritiene scomode tradisce la propria funzione,
un po’ come un’automobile che si rifiutasse di portarvi dove volete voi, ma vi portasse solo dove vuole lei.

Gli azionisti evidentemente se ne stanno accorgendo.

Con la censura Twitter penserà di essere stata furba,
ma ha solo danneggiato se stesso favorendo la diffusione della notizia che voleva cancellare.


L’effetto “Streisand” è micidiale e il video di Project Veritas ha raggiunto quasi 1,4 milioni di visualizzazioni.
 
Auspico, spero, prego, che questo governo presieduto dal "migliore",
ma "migliore" non era un termine comunista ? Finisca al più presto.

Questi dementi elargiscono senza alcun fine o scopo 6 miliardi di euro .

E li danno anche a chi ha un reddito abbastanza elevato e non solo ha coloro
che vivono di 1000 ed anche meno euro al mese.

Miliardi che potevano essere investiti per creare lavoro. Ricchezza.

....ma ci sono le elezioni. Eh sì.


Duecento euro una tantum per contrastare in qualche modo la crisi economica.

E' il provvedimento contenuto nel Decreto Aiuti che avrà effetto più immediato e diretto sugli italiani.

Riguarderà infatti ben 28 milioni di nostri connazionali, lavoratori e pensionati con redditi fino a 35.000 euro.




il bonus dovrebbe arrivare tra giugno e luglio e arriverà direttamente in busta paga (o nella pensione).

Non ci saranno scaglioni, dunque sarà uguale per tutti.


Tecnicamente, poi, non è un bonus richiedibile, ma una erogazione una tantum.



Dunque, per chi si chiede "cosa devo fare?", la risposta è la più semplice di tutte: "niente".

Il contributo arriverà direttamente nel cedolino della pensione o nella busta paga del lavoratore.


Come viene finanziato

Il conto è presto fatto: se il bonus riguarderà 28 milioni di italiani, allo Stato costerà 5,6 miliardi di euro.


Ma da dove ha intenzione il Governo di reperire questo denaro?

La cifra verrà ricavata grazie alla tassa sugli extra-profitti delle aziende dell'energia,
come ha spiegato il ministro della Finanze Daniele Franco.


"Gli incentivi saranno finanziati con il proseguimento del prelievo straordinario su imprese produttrici,
importatrici e rivenditrici di energia elettrica, gas e prodotti petroliferi

per i quali si prevede un ulteriore prelievo del 15% sulla medesima base imponibile definita nel precedente intervento".


Insomma, un regalo, ma per molti sarà semplicemente un piccolo palliativo.
 

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