La follia del Superbonus,
in merito al quale solo uno sprovveduto
non avrebbe potuto prevedere la colossale eterogenesi del fine che esso portava in dono,
è stata per l’appunto partorita dalla mente geniale dei dilettanti politici per antonomasia:
gli epigoni a 5 Stelle di un comico tutta demagogia e niente arrosto, avallata dai pidioti
del conte 2.
In realtà quella del Superbonus si tratta di una delle tante idiozie keynesiote che,
da osservatore liberale non schierato mi permetto di sottolineare, spesso attecchiscono anche a destra.
A questo proposito qualcuno ricorderà il leghista Antonio Maria Rinaldi
che, durante la campagna elettorale del 2018, faceva il giro delle 4 chiese televisive
a sostenere la causa della cosiddetta moneta fiscale.
Una valanga di pezzi di carta per un valore di 100 miliardi di euro che,
secondo i suoi inventori, avrebbe rilanciato i consumi e la produzione senza generare alcuna inflazione.
Di fatto, che lo si chiami Superbonus del 110% con cessione del credito,
o moneta fiscale, o titoli di Stato magici che sfuggano alla mannaia dello spread,
o, per finire, ulteriore emissione di moneta a corso legale, nella fattispecie in euro,
in tutti i casi si tratta di nuovo debito; nuovo dannatissimo debito che qualcuno dovrà prima o poi onorare.
In quest’ultimo esempio, ovvero la valanga di liquidità stampata
e distribuita dalla Banca centrale europea a seguito della pandemia di follia virale,
tale debito lo stanno pagando a carissimo prezzo soprattutto le fasce più deboli della società,
alle prese con una inflazione che in Italia non si vedeva da decenni.
Stessa cosa nei riguardi del citato Superbonus,
la cui spinta all’azzardo morale era insita nel suo meccanismo demenziale,
che secondo il ministro dell’Economia Giorgetti è stato il frutto di
“una politica scellerata, che ha prodotto sicuramente un beneficio ad alcuni cittadini,
ma che ha posto in carico a ciascun italiano, dalla culla in su, circa 2.000 euro a testa”.
In quanto, poi, ai sempre mitici effetti moltiplicatori di codesti sistemi basati sull’illusione dei pasti gratis,
essi non si sono ancora visti, analogamente a molte altre strampalate iniziative di stampo keynesiano
che nella nostra politica raccolgono sempre parecchie simpatie trasversali,
dal momento che l’idea di dare a costo zero è una attrattiva elettoralistica quasi irresistibile.
Una attrattiva che,
per chi come Giorgia Meloni si pone l’obiettivo di governare in modo stabile al di là di una legislatura,
rappresenta qualcosa da evitare come la peste.