Il funzionamento è semplice. La P66 ha il compito di ordinare la morte delle cellule, agendo dall’interno dei mitocondri durante la respirazione cellulare, un procedimento che prevede trasferimenti di elettroni. Durante questo processo la proteina ne "ruba" alcuni e li trasforma in radicali liberi che danneggiano irrimediabilmente la cellula conducendola alla apoptosi, ovvero a una morte programmata. Ma al contrario di quello che può sembrare, non si tratta di una proteina propriamente nociva: il suo compito è di regolare i cicli cellulari in modo da portare le cellule a uno stato degenerativo (e quindi di farci invecchiare) quando l’organismo non può più riprodursi. Cercando il modo di arrestare il suo lavoro e interrompendo i suoi compiti, i nostri ricercatori ci fanno quindi avvicinare al sogno di spingerci al di là dei limiti della natura, mantenendo le nostre cellule vive e sane e vivendo una terza età in perfetta salute.
I chimici dell’università di Bologna sono sulla buona strada per permettere all’umanità di allungare le prospettive di vita del 30% e di vivere senza più paura delle malattie legate all’età.
magazine.unibo.it
Pensare che durante una pandemia programmata abbiano voluto fare il regalo a milioni di persone di allungargli la vita, a parer mio, è come credere a babbo natale ed imbecilli che ci credono ce ne sono.