È inevitabile: quello che è considerato il più alto organo di garanzia di rispetto della Carta
sarà chiamato, una volta per tutte, a dirimere la questioni dei vaccini,
che si trascina dall’anno lorenziniano 2017, e che ora non è più rinviabile,
specie quando la Costituzione è chiamata in causa da coloro che erano,
e in larga parte ancora sono, giudicati dall’
esprit du temps come nemici pubblici, i no-vax.
Quindi, il decreto Meloni è un cross fatto in area per la Corte Costituzionale?
Parrebbe: e aggiungete che il portiere è a farfalle ed i giocatori della difesa sono già negli spogliatoi.
Basterà appoggiarla in rete.
Qualcuno può ricordare cosa accadde dieci mesi con la storie delle cure domiciliari,
con la sentenza del TAR, che le liberalizzava – come previsto dalla legge, dalla Costituzione e dalla deontologia medica –
ribaltata da un altro alto organo giudiziario, il Consiglio di Stato, con decreto monocratico del suo presidente Franco Frattini.
Quindi, quando sarà chiesto alla Corte la risposta finale sulla legittimità dell’obbligo, la risposta cambierà tutto.
E in modo piuttosto permanente – e difficilmente appellabile.
Nel caso i giudici costituzionali rilevassero che l’imposizione della siringa genica è legittima, possiamo immaginare il caos che seguirebbe.
In pratica, il decreto appena passato sarebbe disintegrato, e così le vite delle persone che vi erano appese.
Ho parlato con un’amica giurista.
Lei esclude che in una prospettiva del genere possano arrivare a rivolere indietro gli stipendi degli esclusi non vaccinati.
Personalmente, non lo so: abbiamo imparato, in questi anni, la meschineria dei funzionari intermedi:
magari non lo fa il governo, ma cominciano a domandarlo i governatori regionali, i capi delle ASL, i direttori sanitari, i ras ospedalieri,
e via elencando tutta la burocrazia della cattiveria che abbiamo imparato a riconoscere,
quelli più realisti del re, quelli che pretendono il green pass anche quando per legge non possono più farlo.
Dipingetevi nella mente questo reset.
Le lancette che si spostano, stavolta davvero, indietro a quando
l’
apartheid biotica era una realtà
granitica,
onnipervadente,
pienamente visibile, non discutibile.
Immaginatevi la delusione, il dolore. La rabbia.
Magari immaginatevi pure la protesta.
Questa, secondo noi, è la situazione che giocoforza si prepara:
perché la vacuità del decreto meloniano, che neanche per sogno disattiva la bomba dell’obbligo vaccinale, apre esattamente a questa prospettiva.
Del resto, basta far attenzione alle parole.
A quando Giorgia ha trovato di modo di comunicare che
«purtroppo non possiamo escludere una nuova ondata di COVID, l’insorgere in futuro di una nuova pandemia».
Un momento di fischiettamento, con la neopremier che zufola un motivetto facendo finta di niente, ci sarebbe pure stato bene, a quel punto.
A chi può interessare, del resto, il potere politico assoluto che, abbiamo visto, può fornire un’emergenza?
Basta anche solo sentire cosa dichiara
apertis verbis il neoministro CTS Schillaci.
«Oggi il quadro epidemiologico è mutato rispetto a quando il provvedimento è stato preso»,
ha detto in conferenza stampa: quindi, significa che se i numeri dovessero divenire preoccupanti
(e sappiamo come li hanno fatti, i conti del COVID…), i non vaccinati non dovrebbero tornare.
Capite: non è una questione di diritto, né di realtà oggettiva – è il conformarsi al
senso pandemico dell’esistenza, alla politica che abbiamo subito sin dal 2020.
Senza contare come il ministro abbia ribadito poi la tesi utilitarista della
«grave carenza del personale medico e sanitario nei nostri ospedali»:
in mancanza di meglio, facciamo tornare i
no-vaxi.
«Crediamo fortemente che aver rimesso a lavorare nelle nostre strutture questi medici e questi operatori sanitari
serve a contrastare la carenza che si registra sul territorio.
Questo è importante per garantire il diritto alla salute, sancito dall’articolo 32 della nostra Costituzione».
Rileggetevi il passaggio: dice, in pratica, che usiamo medici e infermieri non vaccinati
per garantire i diritti costituzionali dei pazienti, cioè
degli altri, cioè della massa vaccina.
Non, per prima cosa, il diritto dei soggetti reintegrati,
ma quello degli utenti della Sanità azzoppata dalla legge del razzismo biomolecolare.
La contrapposizione tra classi sociali biologiche ci è evidente:
non va pensata la mostruosa violazione dell’art. 32 subita dallo stesso personale sanitario (che è fatto, ricordiamolo, di cittadini…);
no, bisogna pensare al diritto alla salute dei loro pazienti.