FTSE Mib Futures Y SOPRAVVISSUTI di Idee e grafici. parte seconda (8 lettori)

dondiego49

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Ghizzoni, il credito non può crescere
Nonostante le misure Bce, i finanziamenti del canale bancario non ripartiranno. L’esposizione verso le imprese è alta, le regole dell’Unione bancaria impongono aumenti di capitale per 400 mld al sistema e lo spread così basso disincentiva i prestiti che assorbono capitale e non danno ritorni. I governi intervengano 17/04/2015
Il testo integrale dell'intervista a Ghizzoni
 

dondiego49

Forumer storico
chi era interessato a Enel : ???:

Enel, possibili progetti comuni con Terna all'estero

Il colosso energetico è pronto a supportare la crescita dei Paesi del Mediterraneo nel campo delle infrastrutture energetiche, anche in collaborazione con Terna. Le due società sono già focalizzate insieme su un progetto in Cile, al momento il più avanzato. Possibili collaborazioni anche tra Terna ed Eni
20/04/2015
Enel Green Power concentrata sull'Egitto, nessun polo solare con F2i
 

dondiego49

Forumer storico
Unicredit: un veloce rimbalzo che richiede conferme
Dopo la violenta correzione delle ultime sedute verso la soglia psicologica dei 6 euro, Unicredit ha iniziato la settimana con un deciso rimbalzo, che negli ultimi minuti ha riportato il titolo anche al di sopra della prima resistenza a quota 6,15. Il sensibile aumento della volatilità ha reso più fragile il quadro tecnico di breve...
 

dondiego49

Forumer storico
Wall Street si candida a recuperare terreno
20/04/2015 15:01


Le vendite di venerdì scorso dovrebbero lasciare spazio ad un ritorno degli acquisti sulla piazza azionaria americana secondo quanto evidenziato dai futures sui principali indici che viaggiano tutti in salita. Il contratto sull’S&P500 sale dello 0,52%, seguito da quello sul Nasdaq100 che avanza dello 0,41%, in una giornata priva di dati macro di rilievo.
E’ stato diffuso solo l’indice CFNAI, che misura l’andamento dell’attività economica nel distretto della Fed di Chicago, attestatosi a marzo a -0,42 punti. L’indicazione odierna è in calo rispetto alla lettura precedente che è stata rivista al ribasso da -0,11 a -0,18 punti.
Intanto sul fronte valutario il dollaro è in frazionale rialzo rispetto allo yen, mentre avanza con ben più decisione in confronto all’euro.

Tra le commodities tira il fiato il petrolio che scende al di sotto dei 55,5 dollari al barile, mentre l’ora arretra verso la soglia dei 1.197,5 dollari l’oncia.
Sul versante societario da seguire Morgan Stanley che ha alzato il velo sui conti del primo trimestre di quest’anno, archiviato con un utile in rialzo del 60% a 2,31 miliardi di dollari.
Il risultato per azione è stato di 1,18 dollari, ben al di sopra delle attese degli analisti che puntavano ad un eps pari a 0,78 dollari. I ricavi sono aumentati del 10% a 9,9 miliardi di dollari, al di sopra dei 9,2 miliardi messi in conto dalla comunità finanziaria.
Sotto i riflettori anche Halliburton che nei primi tre mesi dell’anno in corso ha registrato una perdita di 643 milioni di dollari, in netto peggioramento rispetto all’utile di 622 milioni conseguito nello stesso periodo dell’esercizio 2014.

Al netto delle voci straordinarie il gruppo ha riportato un utile per azione di 045 dollari, superando le attese del mercato che puntava ad un eps meno corposo di 0,37 dollari. In flessione i ricavi che sono scesi da 7,3 a 7,1 miliardi di dollari, battendo però anche in questo caso le aspettative degli analisti che si erano preparati ad un giro d’affari più contenuto a 6,9 miliardi di dollari.

Sempre in tema di risultati societari segnaliamo che a mercati chiusi l’attenzione si sposterà sui conti di IBM per i quali si prevede un utile per azione di 2,82 dollari.

Fonte: Notizie Trend in linea
 

dondiego49

Forumer storico
20 aprile 2015, 14:41 Re: Ftse Mib
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il canale si e ristretto fra poco deve rompere o sopra o sotto




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dondiego49

Forumer storico
fatevi scorte che la pacchia sta per finire ,qui ogni giorno vedo che alzano di qualche centesimo
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Eni: "Petrolio tornerà a 70 dollari in meno di un anno"
Stampa Invia Commenta (0) di: WSI | Pubblicato il 20 aprile 2015| Ora 12:58
Lo ha detto l'AD del gruppo, Claudio Desalzi, che ha chiesto l'aiuto di Opec, Stati Uniti e Russia per evitare nuovi sbalzi di prezzo.
AD di Eni Descalzi vede prezzi a $70 nel 2016, citando calo produzione di gas di scisto negli Stati Uniti e miglioramento della domanda.

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AD di Eni Descalzi vede prezzi a $70 nel 2016, citando calo produzione di gas di scisto negli Stati Uniti e miglioramento della domanda.
LONDRA (WSI) - Eni prevede che il petrolio torni a quota 70 dollari per barile l'anno prossimo.

Lo ha dichiarato l'AD del gruppo, Claudio Descalzi, lanciando ai produttori di greggio un appello per una maggiore cooperazione.

Tra i fattori citati dal top manager al Financial Times ci sono un calo della produzione di gas di scisto negli Stati Uniti, il miglioramento della domanda e la flessione delle spese nei vari progetti.

Il dirigente ha sottolineato la necessità di un'ampia cooperazione tra Russia, Usa e l'Opec, l'organizzazione dei principali paesi esportatori di greggio. È fondamentale per scongiurare che si ripetano gli incredibili sbalzi dei prezzi visti da giugno dell'anno scorso.

Secondo Descalzi è essenziale trovare linee guida per incoraggiare gli investimenti da parte dell'industria. "Abbiamo bisogno di stabilità e la stabilità significa guidance", ha detto facendo riferimento ai volumi elevati prodotti da Stati Uniti, Russia e paesi dell'Opec. "Serve la cooperazione di tutti i produttori per stabilizzare il mercato".

Al momento a metà seduta i contratti Wti sul petrolio Usa cedono -1,04% a 55,16 dollari al barile, mentre il Brent fa -1,54% a $62,44 per barile. Da giugno 2014 il valore del greggio ha subito un calo consistente, di anche il 50%.

Fonte: Financial Times
 

dondiego49

Forumer storico
Varoufakis avverte su contagio Grecia. Bce: Grexit? Un trauma

Stampa Invia Commenta (2) di: WSI | Pubblicato il 20 aprile 2015| Ora 07:53

Parla Noyer. Draghi era stato chiaro: "il destino di Atene è nelle sue mani". Fmi: "luna di miele coi creditori al termine". Default potrebbe essere necessario, Grexit no.
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Il ministro delle finanze greco, Yanis Varoufakis.



ROMA (WSI) - Un default del debito greco potrebbe essere necessario, ma un'uscita della Grecia dall'area euro no. È l'opinione espressa dall'editorialista del Financial Times Wolfgang Munchau.

"Non ripagare il debito a Fmi e Bce appare l'unica strada percorribile sul breve termine". Alcuni funzionari dell'area euro, ricorda l'opinionista del quotidiano finanziario londinese, stanno contemplando la possibilità che ciò accada. Non è chiaro, tuttavia se hanno avuto il tempo di studiare tutte le conseguenze nel dettaglio. In ogni caso "potrebbe essere l'unico modo per evitare un disastro ancora più grande".

Dopo l'avvertimento lanciato sabato scorso dal numero uno della Bce, Mario Draghi, arrivano nuove dichiarazioni, in vista della riunione dell'Eurogruppo del prossimo venerdì, 24 aprile.

Nel corso di un'intervista rilasciata a Le Figaro, il componente francese del Consiglio direttivo della Bce, Noyer, ha avvertito che, nel caso in cui si concretizzasse, una realtà Grexit sarebbe traumatica per l'Eurozona. Per questo Noyer ha invitato il paese a presentare velocemente proposte complete di riforme.

"Le banche greche potrebbero a un certo punto non riuscire a trovare garanzie per il rifinanziamento, anche per accedere alla liquidità di emergenza", ha detto. Un caso Grexit non sarebbe traumatico solo per l'Eurozona. Secondo Noyer, avrebbe infatti un impatto negativo anche sull'economia globale.

"C'è bisogno di molto più impegno - ha detto Draghi, parlando da Washington in occasione del meeting del Fondo Monetario Internazionale. Detto questo, ha aggiunto il numero uno della Bce, l'Eurozona ora si trova in condizioni migliori per riuscire a sventare, almeno nel breve periodo, il contagio dalla Grecia.

È proprio sul contagio che il ministro delle finanze greco Yanis Varoufakis ha lanciato invece un avvertimento. In un'intervista rilasciata in Spagna al canale televisivo La Sexta, il ministro ha detto: "Ciunque stia giocando con l'idea di tagliare pezzi di Eurozona sperando che il resto sopravviva, sta giocando con il fuoco".

Anche il direttore generale del Fondo Monetario Internazionale, che fa parte della troika dei creditori della Grecia, ha ricordato al governo Tsipras che è ora di adottare le riforme. Christine Lagarde ha avvertito che il "periodo di luna di miele con i creditori sta volgendo al termine".
 

papino58

alias IL GLADIATORE
ciao a tutti, il fibbastro oggi si è appoggiato sulla righetta blu, toccando l'area che mi aspettavo (600-620). Lunedì, america permettendo, potrebbe esserci il rimbalzo, e magari un ritorno sulla viola in area 22950......ma lo vedremo.... spero solo di potere aggiornare lunedì mattina.
Purtroppo è molto tempo che non disegno righette sui grafici, e sto cercando di rimediare cercando .....l'ispirazione:):):), infatti questo 60 è molto scarno!!:rolleyes::rolleyes::(:(

ecco il 60

Vedi l'allegato 326206

ciao a tutti, quoto quanto scritto venerdì a borsa chiusa; dopo avere ritestato la blu che ha resistito all'assalto:D:D, il target 950-960, sulla viola, è arrivato; ora vedremo come si comporterà!!
ciao Don, non ti avevo ancora salutato!!!;););)

ecco il 60

grafo 60.jpg
 

papino58

alias IL GLADIATORE
...una chiusura oraria convincente sopra la viola, mi farebbe ben sperare per un ritorno sulla gialla in area 23170-200...vedremo...incrociamo i diti!!!:D:D
 

dondiego49

Forumer storico
Salvare la Grecia non basta più

di Alessandro Plateroti19 aprile 2015Commenti (8)
In questo articolo

Argomenti: Mario Draghi | Bce | Bruxelles | Germania | Podemos | Madrid | Renzi | Atene | Francia





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(Reuters)


«Atene ha finito i soldi: senza accordo sulle riforme andrà in default». L’ennesimo penultimatum al governo greco è stato lanciato a Washington dal Fondo Monetario. Ma sono ormai più di 1.800 giorni, almeno 5 anni pieni, che la crisi greca si trascina sulle cronache e sui mercati, esacerbando relazioni politiche e diplomatiche e soprattutto la stabilità dei mercati finanziari.
Nessuna crisi è mai durata tanto. E soprattutto, mai si è assistito a una così profonda e palese incapacità di sintesi da parte delle grandi istituzioni finanziarie internazionali (e degli stessi governi che ne fanno parte) sulla soluzione da adottare. È stato più facile salvare l’Argentina dopo il default, arginare la crisi finanziaria delle «Tigri asiatiche» o rimettere in carreggiata l’Islanda, l’Irlanda, Cipro e persino il Portogallo, che avviare un dialogo costruttivo con la Grecia sul prezzo delle riforme in cambio degli aiuti. E così, dopo 5 anni di vertici a Bruxelles e Francoforte, riunioni tra ministri e primi ministri, tra banchieri e governatori, le domande restano sempre le stesse: la Grecia andrà in default? Che cosa succederà all’euro, ai titoli di Stato e alle Borse se Atene fosse costretta a uscire dall’eurozona? E in tal caso, è davvero ragionevole aspettarsi un «contagio» politico e finanziario della crisi in Paesi come l’Italia e la Spagna? Gli scenari apocalittici abbondano - non c’è politico, economista, o analista che non abbia detto la sua - e la leadership politica europea non sembra in gradi produrre idee oltre le minacce che ogni giorno rivolge alla Grecia. L’unico rimasto ad appellarsi alla ragionevolezza è Mario Draghi. E il problema, forse, è tutto qui: per quanto Draghi si prodighi e per quanto gli stessi creditori della Grecia riuniti nel Gruppo di Bruxelles (Commissione Ue, Fondo Monetario e Bce) abbiano fatto capire a tutti che la riottosità di Atene non è una ragione sufficiente per mandare la Grecia in default e gettare l’eurozona nell’incertezza, è la mancanza di una chiara volontà politica dei grandi azionisti dell’Europa nel cambiare le regole del gioco su riforme e crescita - in primis la Germania centrista della Merkel, ma anche la Francia socialista di Hollande, che come sempre gioca per sè - a rendere precaria la possibilità di chiudere rapidamente e positivamente la crisi. Qui non si tratta più di barattare gli aiuti ai greci con promesse del tutto formali (e inattendibili) su sacrifici e riforme, ma di ammettere con onestà intellettuale che la spinta propulsiva del progetto di integrazione monetaria, politica e fiscale con cui è nata l’Unione europea non c’è più, che la difesa delle rigidità di bilancio imposte oggi dai Trattati e il continuo richiamo alle regole matematiche su cui si decidono le sorti dei Paesi sono quanto di meglio per chi cerca di distruggere l’Europa spacciando l’illusione che isolati si stia meglio. Se non passa questo principio, non solo non si arriverà mai a una soluzione definitiva per la Grecia, ma diventerà praticamente impossibile riavviare il processo di integrazione politica e fiscale su nuove e più solide basi: nella situazione attuale, sarà presto difficile trovare anche un solo politico europeista disposto a inserire nel suo programma una maggiore devoluzione dei poteri a favore di Bruxelles .




Finchè questa svolta non sarà accettata, non ci sarà soluzione alla crisi della Grecia. E neanche ai problemi di Italia e Spagna, i cui titoli di Stato marciano appaiati in un singolare duetto che oggi non preoccupa, ma che nel medio-lungo periodo non promette nulla di buono. Per i mercati il ragionamento è semplice: se Bruxelles non è in grado di salvare la più piccola delle economie europee, figuriamoci che cosa accadrebbe con l’Italia o con Madrid. Risultato: malgrado il Quantitative easing, la liquidità fornita ai mercati si sta distribuendo in modo apparentemente distorto, ma con una logica niente affatto irrazionale: i tassi di Italia e Spagna sono la metà di quelli segnati un anno fa (1,4% contro oltre il 3%), ma sono ben al di sopra dei livelli in cui si trovavano due mesi fa (1,02%) all’avvio del QE; al contrario, i tassi tedeschi sia a lungo sia a breve sono finiti ai minimi storici e oscillano intorno allo zero puntando al negativo. E con la Germania, altri 18 Paesi europei hanno attualmente tassi di interesse sotto zero nella curva a breve-medio termine dei rendimenti, un fenomeno mai riscontrato prima d’ora nella storia dei mercati: in cifre, quasi 1,9 trilioni di miliardi di euro di debito pubblico europeo - dalla Germania alla Finlandia passando persino per la Slovacchia - hanno oggi tassi di interesse negativi. Come dire: chi stava bene sta meglio, ma chi stava male resta in quarantena.
Con un’aggiunta non di poco conto: anche se la Bce ha isolato Bonos e BTp dal rischio di contagio della Grecia - i cui decennali sono volati oltre il 12% e la curva dei rendimenti a breve e lungo è ormai strutturalmente invertita - il mercato non sembra avere alcuna intenzione di esporsi più di tanto sui due pesi massimi della periferia europea: sull’Italia, perchè l’economia è ancora è in recessione e per la difficoltà con cui il Governo Renzi tenta di far passare le riforme; sulla Spagna, perchè il Paese iberico si avvicina alle elezioni politiche con un elettorato dall’europeismo incerto. Così come in Grecia è stata l’a ssenza di una svolta nelle politiche europee a spingere gli elettori verso Tsipras, così anche in Spagna - dove l’economia ha ben altra forza rispetto a quella greca - gli elettori potrebbero affidare il proprio voto all’anti-rigorismo di Podemos, aprendo un nuovo fronte di tensione con l’Europa. In questa situazione, i flussi di capitale - compresi quelli che la Bce sperava di indirizzare verso i titoli di Stato di Italia e Spagna - prendono invece direzioni palesemente più rischiose: basti pensare al fondo sovrano della Norvegia, il più grande del mondo con oltre 870 miliardi di disponibilità: ha tagliato gli acquisti di titoli di Stato europei per comprare i bond della Nigeria, che rendono poco meno del 5%. Persino l’Irak vuole una fetta della torta: pochi giorni fa, ha annunciato l’intenzione di riemettere titoli di Stato.
 

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