Economia USA in RECESSIONE?

AMERICA: RECESSION!












Scritto il 5 gennaio 2016 alle 09:46 da icebergfinanza


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Ieri un amico mi ha fatto sorridere, mi ha raccontato che il mitico Mario Platero inviato a New York per il Sole24Ore di fronte alla serie terrificante di dati pessimi in arrivo dall’economia americana, ha tirato fuori la carta delle alluvioni del Mississippi e dell’Ohio, che stanno devastando tre Stati americani. Tra lui e Barisoni sono 24 ore di risate assicurate quando parlono di economia, soprattutto americana, sono mesi e mesi che lodano il nulla.
Quando non è la neve, sono le alluvioni, quando non sono le alluvioni, arriverà il Nino e porterà tempeste e uragani. In fondo mondo è Paese, ieri per cancellare il brutto dato della produzione industriale italiana hanno usato il ponte dell’Immacolata, tutto normale direi.
Ieri all’improvviso una batteria di dati estremamente negativi…
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Tenetevi a mente l’ultimo dato, quello delle spese per costruzioni, perchè a breve vi faremo osservare da vicino quanto sia truccata l’economia americana.
Una sintesi la trovate qui…
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Ma qui sotto rende meglio l’idea di quello che andiamo suggerendo ormai da oltre un anno, non si tratta solo dei minimi dal 2009, ma anche della peggior performance dall’inizio della “ripresa”, siamo scesi sotto anche il minimo precedente del 2012…
Loro, quelli della Federal Reserve di Atlanta, hanno subito aggiornato il loro modellino…
Ecco il vero motivo per cui hanno aumentato i tassi, va tutto bene in America.
Qui la sintesi, ovvero nello spazio di qualche settimana la previsioni di crescita per l’ultimo trimestre è crollata allo 0,7 % 1,3 punti nello spazio di un’illusione…
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Qualcosa sicuramente cambierà di qui al dato ufficiale e alle successive revisioni, ma ad oggi se questo dato fosse confermato la crescita per l’intero 2015 sarebbe di un insignificante per l’economia americana 1,8 %, in gran parte supportato da artifici contabili come le rimanenze di magazzino.
Quelli di JPMorgan avvertono che uno dei loro migliori indicatori segnala recessione…
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Ieri, i soliti titoli da baraccone da parte della stampa italiana, “bruciati TOT miliardi” in tutte le borse del mondo, dando la colpa alla Cina e al Medioriente, ma nessuno che si sia degnato di mettere in risalto i pessimi dati dell’economia americana. Purtroppo in Italia, non abbiamo sono analfabetizzazione finanziaria ma anche giornalisti economici de-me-nona.


Ricordate, nella finanza, una certa finanza, tutto si crea, nulla si distrugge, tutto si trasferisce da una tasca all’altra.
No, non mi diverto a raccontarvi la realtà, non mi piace la parte di Cassandra, ma ho il dovere di raccontarvi come stanno realmente le cose, mentre tutto intorno a Voi è una gara quotidiana a nascondere la verità, come vedremo nel prossimo post.
Non preoccupatevi più di tanto, loro sono bravi a manipolare la realtà.
Poi quelli di Citigroup vi hanno fatto pure il disegnino per ricordarvi che anche se il primo dell’anno è da panico poi tutto migliora il secondo giorno…
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Wow ricorrono spesso i leggendari anni trenta della Grande Depressione, il resto sono spesso anni in cui si sono verificate grandi recessioni, ma mi raccomando non ditelo in giro.
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Buona Consapevolezza e soprattutto non dimenticate che loro hanno ancora a disposizione …l’ultimo canto del cigno!


AMERICA: RECESSION! | icebergfinanza










http://icebergfinanza.finanza.com/2016/01/05/america-recession/#
 
HOUSING AMERICA: SCUSATE CI SIAMO SBAGLIATI!


Scritto il 5 gennaio 2016 alle 14:30 da icebergfinanza


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Una premessa è fondamentale!
Le revisioni in un’economia dai ritmi schizofrenici e spasmodici come quella americana, sono all’ordine del giorno, ma come il lettore di Icebergfinanza ben conosce, spesso e volentieri i dati e le statistiche non sono altro che il principale mezzo per manipolare la realtà…
John Perkins nel suo libro, “Le confessioni di un sicario dell’economia” ha scritto…

…delle preferenze dell’analista e del suo padrone, delle preferenze del giornalista e del suo editore e via dicendo.
Certo non sempre è malafede, talvolta è pura superficialità o improvvisazione, ma la sostanza è che nulla di quello che viene comunicato inizialmente è realtà.
Per chi vive nel mondo dei sogni e non crede a quello che scriviamo dovrebbe bastare questo semplice esempio che vi riporto integralmente perchè il link è già sparito dalla circolazione…
New York, 19 nov. (TMNews) – Nuove accuse sulla manipolazione dei dati di disoccupazione negli Stati Uniti prima delle presidenziali. Il tasso di disoccupazione negli Usa, nel settembre 2012, fece registrare una diminuzione dello 0,3%, attestandosi sul 7,8 per cento. Fu un dato positivo per l’economia americana, diffuso poco prima delle presidenziali, che aiutò Barack Obama a confermarsi alla Casa Bianca. Allora, l’ex amministratore delegato della General Electric, Jack Welch, accusò l’amministrazione di aver manipolato i dati e ora nuove accuse arrivano dal New York Post, in un articolo di John Crudele.
Secondo il Post, le persone incaricate di condurre i sondaggi – su cui si basano i dati sulla disoccupazione – subirono pressioni per falsificare i dati, completando le schede sullo status lavorativo dei cittadini, in caso di risposte incomplete o assenti. In realtà, il problema dei dati inventati risale al 2010, quando un impiegato del Census Bureau – incaricato dal dipartimento del Lavoro a condurre i sondaggi – fu scoperto mentre ‘fabbricava’ le risposte. “Ma non è l’unico” ad averlo fatto, ha assicurato la fonte del quotidiano, secondo cui diventò un’abitudine per molti impiegati, soprattutto nella campagna elettorale dello scorso anno, e che prosegue anche oggi.
In questi lunghi nove anni, ne abbiamo viste di tutti i colori, dati trimestrali sull’occupazione passare da 500.000 posti di lavoro a soli 9.000 come accadde nel terzo trimestre 2006 o revisioni dei dati immobiliari o del PIL sensibili, spesso e volentieri a doppia cifra.
Ieri ZeroHedge sul suo blog ha evidenziato come il Pil di tutto l’anno si stato tenuto in piedi dai dati della spesa per costruzioni…

A partire da aprile, non c’è un solo mese che non sia stato rivisto sensibilmente al ribasso!
Non solo le aspettative di crescita del 0,6 % sono andate deluse, con un MENO 0,4 %, ma il governo ha ammesso che tutti i dati della spesa per costruzione negli ultimi dieci anni erano sbagliati.

In the November 2015 press release, monthly and annual estimates for private residential, total private, total residential and total construction spending for January 2005 through October 2015 have been revised to correct a processing error in the tabulation of data on private residential improvement spending. An Excel file containg all of the revisions can be found here
Più o meno quello che è accaduto anche nel settore delle vendite di nuove abitazioni, dati sensibilmente rivisti al ribasso.


Certo come potete vedere qui sotto le revisioni degli anni passati sono spesso positive, ma la realtà non cambia, ciò che conta ora è che i dati degli ultimi mesi, dovranno essere rivisti al ribasso e influire negativamente sulle prossime revisioni del Pil.
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Nessun complotto sia ben chiaro, solo un modo come un’altro di manovrare l’economia, un giorno facendola sembrare debole per non costringere la Fed ad aumentare subito i tassi, un’altro rafforzandola per stimolare la fiducia o i mercati.
Certo che passare da una crescita annua del 16 % ad appena il 10 qualcosa cambia o sbaglio?
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Guai pensare sempre male, ma quando ti accorgi dopo DIECI ANNI che qualcosa non va nel tuo modellino statistico, qualche dubbio è lecito.
Buon consapevolezza, Ragazzi!
 
CURVA TASSI USA: 10-2 ai livelli della crisi subprime (segnali di recessione)

Scritto il 6 gennaio 2016 alle 10:32 da Danilo DT

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Partiamo da quella che è una regola, o se preferite una convinzione, in quanto non è certo scritta sulla pietra.
Quando il rendimento dei titoli a 10 anni si avvicina al rendimento del titoli a 2 anni, è un segnale non positivo per l’economica. Nella fattispecie, guardando la curva dei tassi USA, verrebbe quasi da dire che si inizia a sentire puzza di recessione. Per carità, i segnali di un forte rallentamento li avevamo già percepiti, eccome, come anche alcuni indicatori preoccupanti, non per ultimo il Chicago PMI che è stato una delle cause scatenanti della violenta correzione di lunedì.
Al dato del Chicago PMI se ne aggiungono poi molti altri che segnalano quantomeno una bella frenata economica, oltre che qualche dato “taroccato” e poi rettificato…
Aggiungiamo questo altro tassello, che è però “di mercato”, ovvero non legato all’economia in modo diretto, ma frutto di un comportamento dei tassi in USA, quindi una conseguenza di aspettative.
E le aspettative, quindi, non sono certo entusiasmanti.
Quindi, quando il differenziale di rendimento tra i titoli a 10 anni e quelli a 2 anni tende ad assotigliarsi e d azzerarsi, non è un bel segnale. Se poi addirittura il differenziale diventa negativo…peggio ancora.
Oggi il rischio non si pone, ma attenzione, come detto, incuriosisce il fatto che siamo sui dei livello di minimo, già visti nel 2008 (e sappiamo che fu un periodo molto difficile) e nel 2012.
Curva tassi USA: differenziale 10-2


PIL Usa per lo stesso periodo


Se poi andate a guardare il punto di vista della FED di Atlanta, capirete che forse qualche cosa di possibile c’è…​
E chiudo questa carrellata che vi ha portato la Befana DT nel giorno dell’Epifania con un grafico che non può che confermare lo stato di rallentamento dell’economia globale (citofonare Brasile, che subisce la recessione peggiore dal 1901). E’ il grafico composto di​
– Baltic Dry Index
– Indice delle commodity CRB
– Petrolio WTI
Siamo ai nuovi minimi… dite che tutto questo conta proprio proprio nulla? Quantomeno, come sempre, siatene consapevoli.​
 
La Fed di Atlanta dimezza il Pil del quarto trimestre 2015 e sempre più indicatori parlano di ripresa. Per i fondelli

Di Mauro Bottarelli 0:05 | Ieri sui mercati ha fatto sensazione – e innescato crolli, insieme alla fine del divieto di vendita – il dato PMI manifatturiero cinese, il quale come ci mostra il grafico a dicembre è ...
5 gennaio 2016 / 2 commenti / Leggi


nute FED: la Yellen si arrende ai mercati

Scritto il 7 gennaio 2016 alle 14:27 da Danilo DT

Nel giorno della Befana e dei pesanti realizzi a Piazza Affari, abbiamo anche assistito al “minute FED”, ovvero alla lettura dei verbali dell’ultimo incontro di dicembre che ha sancito il primo rialzo dei tassi USA da giugno 2006.
Già si sapeva, il minute FED conferma che tutti i membri del board della Federal Reserve a dicembre hanno deciso in favore di un rialzo dei tasso di interesse USA (+0.25%).

CLICCATE QUI per leggere il Minute FED, che io cercherò di sintetizzare qui sotto. Andiamo per punti.
a) INFLAZIONE : La cosa interessante è quanto si dice dell’inflazione. Infatti dal verbale si evince che l’Inflazione preoccupa particolarmente che il target inflazione al 2% non è così agevole come si pensava. Secondo il FOMC, tale target verrà raggiunto solo tra due anni, nel 2018. E nel frattempo il rialzo dei tassi sarà graduale.
b) POLITICA MONETARIA: Inoltre “la politica monetaria sarà dettata dall’andamento dell’economia”,
c) EXPORT: La Fed sottolinea le difficoltà per l’export a causa di un dollaro USA troppo forte.
d) PIL: visto al ribasso, in quanto “ne’ la politica fiscale ne’ quella monetaria attualmente sono ben posizionati per aiutare l’economia ad affrontare sostanziali shock avversi”. Inoltre la Cina rappresenta indirettamente un problema per gli USA. E quanto può pesare la Cina, seconda economia al mondo, lo si sta vedendo in queste giornate borsistiche.
e) LAVORO: Sul lavoro la FED si dice abbastanza soddisfatta ma non bisogna mollare per poi poter ottenere la piena occupazione.
Questi 5 punti mostrano un quadro non positivo. Come mai?
a) è l’insuccesso della politica monetaria. Il QE non ha generato inflazione e ora bisogna sperare che il petrolio torni a salire (ieri il WTI ha fatto un bel -5.31%) e che l’economia non freni troppo
b) La FED dirige i mercati? Non più ora. La FED SUBISCE i mercati e si comporterà di conseguenza. Assecondare e limitare i danni. Ben diverso dal cercare di dirigere per ottimizzare l’economia USA
c) Dollaro troppo forte a causa della divergente politica monetaria con Euro, Yen e Yuan. Diventa difficile intervenire per la FED, ora…
d) Politica monetaria e fiscale NON possono sostenere l’economia. Ma non ve lo dico io, ve lo dice la FED!
e) Se una disoccupazione a questi livelli non soddisfa la FED è perché i dati sul lavoro non sono così “sani”. E questo la FED lo sa benissimo.
I dati di questi ultimi giorni sono stati abbastanza negativi. Non vado a farvi un elenco che andrebbe semplicemente a confermare un rallentamento chiaro ed evidente dell’economia USA con un concreto rischio di recessione anche se non nel breve periodo. Vi lascio solo uno dei migliori indici, uscito ieri, che è ancora al di sopra dell’area 50 ma che continua a deludere le attese.
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Sommate questo dato con i cinque punti sopra descritti. Forse è il caso di iniziare a sottopesare Wall Street…
facendo quindi la cosiddetta “somma delle parti”, inizia a percepersi il rischio di un “cambio di programma”. Ricordate QUESTO POST? Si parlava della “divergenza tra il pensiero del FOMC (quattro rialzi da 0.25% nel 2016) e del mercato (molto dubbioso su questi rilazi). Uno scenario di frenata così marcato potrebbe tranquillamente portare ad una revisione dei progetti della FED che quindi diminuirà la sua rapidità nell’aumento dei tassi. magari non 4 ma solo due, ad esempio. Inutile però fare pronostici. Lo ha detto proprio il Minute sopra esposto. La FED SUBISCE e quindi tutto dipenderà da come vanno le cose.
Ma fintanto che, in un modo o nell’altro, si riesce ad “assecondare”, possiamo dire che “ce la possiamo cavare”. Il problema sarà quando la FED perderà il controllo della situazione. Un esempio? STAGFLAZIONE. Ma al momento questo scenario è ancora lontano.

 
AMERICA: EMERGENZA A BORDO!


Come abbiamo più volte ricordato negli ultimi anni buona parte della performance del Pil americano era dovuta alla ripresa del mercato immobiliare e alle vendite a leva del settore automobilistico.
Bene, dopo la fase di stallo del settore immobiliare con le pesanti revisioni al ribasso della spesa per le costruzioni e le vendite di nuove case, arriva la sensibile frenata del settore automobilistico e il volo dell’economia america si trova senza due dei suoi principali motori…
In an ominous indication for December retail sales, auto sales fell a sharp 5.0 percent to an annualized rate of 17.3 million. Car sales were the weakest, down 5.2 percent to a 7.40 million rate. Truck sales, benefiting from low gas prices, were very strong through most of 2015 but not so in December, falling 4.3 percent to a 9.93 million rate. Vehicle sales make up about 1/5 of total retail sales and the weakness here will make it hard for December to show any lift. Econoday
Thanks to Econoday
Ci sono altri tre dati arrivati ieri dall’economia americana che non promettono nulla di buono.
Il primo è quello realtivo agli ordini alle fabbriche…
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In 13 mesi dal novembre 2014 ben nove mesi sono risultati negativi.
Il secondo è quello relativo alle esportazioni…
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…anche se in realtà i dati della bilancia commerciale fanno recuperare circa 0,3 punti di Pil riportando la crescita per l’ultimo trimestre intorno al 1 % circa.
Se alcune stime approssimative possono essere giuste, la revisione della spesa per costruzioni dovrebbe ridurre il risultato finale del Pil del 2015 ad un misero 1,5%, ma questo lo sapremo solo a metà 2016, quando a nessuno più importerà nulla.
In prospettiva l’inesorabile declino delle esportazioni dovuto alla forza del dollaro non è un buon segnale.

Per ultimo il calo contenuto dell’ISM dei servizi che vale circa il 70 % dell’economia e della forza lavoro americana.
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Thanks to TRADINGECONOMICS.COM
Comunque sia, le dinamiche per chi le vuole vedere sono chiare, un lento ed inesorabile declino è in atto.
Ieri sono uscite anche le “minute” ovvero i verbali dell’ultima riunione della Fed, quella nella quale sono stati alzati i tassi…
Dal documento diffuso oggi emerge che all’interno dell’istituto centrale guidato da Janet Yellen c’è una “preoccupazione significativa” sull’inflazione, che lo staff della Fed vede al target del 2% alla fine del 2018. Nei verbali si legge anche che “i rischi riguardanti le stime sul Pil reale erano visti come destinati in qualche modo al ribasso, riflesso dell’analisi dello staff secondo cui né la politica fiscale né quella monetaria attualmente sono ben posizionati per aiutare l’economia ad affrontare sostanziali shock avversi”.
Pur mostrando un po’ di ottimismo, i membri della Fed hanno “tuttavia citato una serie di preoccupazioni, inclusa la possibilità che un apprezzamento ulteriore del dollaro e una debolezza persistente dei prezzi delle materie prime possa aumentare la pressione sulle economie emergenti e che la Cina trovi difficile navigare i cambiamenti strutturali e ciclici in corso nella sua economia”. (America24)
Per chi sa di cosa stiamo parlando, questo è quanto scrive la Fed …
Concerns among investors about the high-yield bond market increased notably in the days before the meeting after an open-ended mutual fund specializing in junk bonds suspended redemptions and closed. In their discussion, several participants commented that markets for leveraged finance had been correcting since midyear–particularly for the most risky assets, including those associated with energy firms–and noted that the widening of credit spreads in corporate bond markets appeared to be largely due to the repricing of riskier assets.

Contraddizioni su contraddizioni, come quella ad esempio del solito Fisher che preannuncia chissà quanti altri rialzi dei tassi…


NEW YORK (WSI) – Nel corso del 2016 la Fed potrebbe alzare i tassi dalle 3 alle 4 volte. La conferma e’ arrivata oggi dal vice-presidente della Fed, Stanley Fisher, secondo il quale le aspettative del mercato che puntano ad un aumento del costo del denaro solo in due tranche sono troppo caute.
Durante un’intervista all’emittente Usa Cnbc, Fisher ha inoltre aggiunto che la Banca centrale americana non agisce con il “pilota automatico”.”Al momento non sappiamo quanti rialzi ci saranno di preciso”, ha detto Fisher, specificando che la Fed dovrà rispondere agli eventi che si presenteranno durante l’anno.
Mentre in giornata si premura di suggerire cautela tirando fuori l’ennesima idiozia sulla balla della bomba ad idrogeno fatta esplodere dalla Corea del Nord…
(Teleborsa) – L’incertezza dei mercati sta crescendo, secondo il banchiere della Fed, Stanley Fischer, che è anche vicepresidente della banca centrale statunitense.
Nel motivare questa affermazione, Fischer ha fatto riferimento anche alla vicenda della Corea del Nord, che ha completato il primo test della bomba ad idrogeno, amplificando i rischi sul fronte geopolitico, rispetto a quelli della crisi mediorientale. Naturalmente, il banchiere ha fatto un cenno anche alla crisi cinese, che lo scorso ottobre aveva indotto il FOMC a rinviare il primo rialzo dei tassi di interesse, ed ha ammesso che il rallentamento è più forte di quanto ci si aspettasse, anche se è difficile da quantoificare.
Questa è gente che gioca con le parole e non ha la minima idea di quello che può fare, come testimonia quest’altra incredibile ammissione.
In una incredible interview on CNBC l’ex governatore della Fed di Dallar Fisher ha ammesso che la Fed non ha più strumenti per aiutare i mercati.
Fisher ha ammesso che l’unico scopo della Fed è stato quello di cercare di creare un effetto ricchezza, alimentando bolle ovunque e che i mercati sono sopravvalutati.
Come ben sapete questa è gente che dice la verità solo dopo aver lasciato l’incarico istituzionale.

Fisher spera che il mercato lateralizzi per qualche anno in maniera da digerire l’incredibile salita di questi ultimi sei anni e mezzo
Che dire, l’importante è essere consapevoli che questa è una deflazione da debiti, tempi e dinamiche ormai le conosciamo a memoria, come pure le opportunità di investimento.
A proposito, com’era quella barzelletta sul petrolio di Machiavelli…dica TRENTATRE!
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Buona consapevolezza, in giornata dopo quello della Germania, scopriremo il senno di poi dell’America.
 
“Nel 2016 la fine degli Usa ”, profetò Messing, il veggente di Stalin
Essendo i tempi quelli che sono, molti lettori mi segnalano profezie. Molti mi hanno mandato quelle di padre Paisios del Monte Athos, scomparso nel 1994, dichiarato santo dal Sinodo ortodosso:...
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?Nel 2016 la fine degli Usa ?, profetò Messing, il veggente di Stalin - Rischio Calcolato | Rischio Calcolato





“Nel 2016 la fine degli Usa ”, profetò Messing, il veggente di Stalin - Rischio Calcolato
 
Come smontare il dato sull’occupazione Usa e prendere atto che i dati cinesi, in confronto, sono oro colato

Di Mauro Bottarelli , il 9 gennaio 2016 6 Comment





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Rullo di tamburi: quanti posti di lavoro non agricoli sono stati creati nel mese di dicembre negli Stati Uniti? Qualcosa come 292mila, contro le attese di 200mila unità e in salita dal dato – già rivisto al rialzo – di novembre di 252mila, come ci mostra il grafico.
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Un successone, non fosse per un particolare che ci mostra questo grafico:
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non solo non c’è stata l’aumento minimo dei salari che ci si attendeva – il consensus era a +0,2% – ma, anzi, per la prima volta da 14 mesi c’è stato un calo della paga oraria, scesa da 25,25 dollari a 25,24 dollari. E andando a scavare nelle ragioni di quel centesimo di calo si scopre come gli Usa creano posti di lavoro e, soprattutto, di quale tipo. Primo, a dicembre sono stati assunti altre 36.900 lavoratori a basso salario nel comparto ristorazione, ovvero baristi e camerieri, i quali oggi contano per un totale di 11,3 milioni di unità, come ci mostra il grafico,
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mentre questo altro grafico
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mette le cose in prospettiva: ovvero, il numero di baristi/camerieri e di lavoratori nel comparto della manifattura assunti dal gennaio 2015 ad oggi.
Potrei chiudere qui l’articolo, lo ammetto ma il meglio deve ancora venire. C’è poi un altro dato che vale la pena prendere in considerazione, ovvero il fatto che dei 73mila nuovi lavori nell’ambito di servizi e professioni creati a dicembre, ben 34mila sono di carattere temporaneo, come ci mostra il grafico:

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bene, oggi i lavoratori a tempo determinato negli Usa sono al numero record assoluto. Ma è questo grafico
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a mostrarci vividamente dove sta il cuore del problema: ovvero, a dicembre il numero di chi per sbarcare il lunario deve fare più di un lavoro è salito di altre 324mila unità, portando il totale a 7,738 milioni di persone, il dato più alto dall’agosto 2008: ring any bell? Insomma, di quel dato generale dei 292mila nuovi occupati, più del totale deve fare almeno due lavori per campare.

E questa tabella
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ci mostra il diluvio di lavori a basso salariali che ha garantito agli Usa quest’ennesima lettura record, stranamente con in testa i lavoratori della sanità, frutto del programma obbligatorio Obamacare. Un unico dato pare in controtendenza, ovvero quelle +45mila unità nelle costruzioni, settore con buone paghe ma che per Goldman Sachs sono dovuti unicamente alle condizioni climatiche più miti del solito, quindi facilmente destinate a sparire nel dato di gennaio. E se il dato “couriers and messengers”, +15mila unità, ci mostra lo scostamento dei consumatori verso lo shopping on-line, il dato relativo ai grandi magazzini e alle grandi catene è da recessione conclamata. Insomma, tanti nuovi schiavi salariali nella neo-feudale America dello “Yes, we can”.
E restando in tema, ecco il dato del commercio all’ingrosso

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ovvero un calo si delle scorte dello 0,3% su base mensile ma anche un calo molto netto delle vendite, -1%. E se le scorte in calo andranno a sostanziare un effetto depressivo sul Pil del quarto trimestre 2015, ecco che come ci mostra questo grafico
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la ratio scorte/vendite è salita a 1.32x, il massimo dai picchi della recessione del 2008 e anche dalle peggiori lettura di quella del 2001, mentre questo altro grafico

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mette in prospettiva lo spread record tra le due voci. E tanto per confermare quanto ho appena detto rispettivamente al Pil, proprio oggi la Fed di Atlanta ha visto al ribasso le stime per quello del quarto trimestre attraverso il suo tracciatore in tempo reale, GDPNow, sceso ora a 0,8% dall’1% fissato solo il 6 gennaio scorso, come ci mostra il grafico.
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Insomma, nel trimestre in cui stando ai dati ufficiali gli Usa hanno creato una media di 270mila nuovi posti di lavoro OGNI MESE, l’economia è cresciuta solo dello 0,8%. Delle due l’una, o siamo di fronte a una perdita di produttività di proporzioni epocali o è ora di smettere di lamentarci dei dati ufficiali cinesi… E se questo grafico

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ci mostra come la percentuale di chi è fuori dalla forza lavoro ma sta cercando un’occupazione è ancora al di sopra dei livelli pre-crisi e quest’altro
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ci mostra come sempre più americani lavorino part-time pur volendo lavorare un numero maggiore di ore (il cosiddetto “part time involontario” dovuto alle scelte economiche del datore di lavoro), il misuratore più ampio del sotto-impiego è ancora al 9,9%, come ci mostra il grafico,
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quando per essere coerente con il 5% di disoccupazione ufficiale dovrebbe essere sotto il 9%, mentre questo altro grafico
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come ben il 26,3% dei disoccupati totali negli Usa lo sia da almeno 27 settimane. Ma, tanto per non farci mancare nulla, sempre ieri sono usciti i dati aggiornati relativi al settore automobilistico e come ci mostra questo grafico,
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le scorte di veicoli a motore (ovvero, l’invenduto) è al massimo dall’agosto 2008. Per dirla più chiaramente, l’ultima volta che la ratio scorte/vendite del settore ha toccato questo livello, Lehman Brothers e General Motors nell’arco di settimane sono andate in bancarotta. E c’è di peggio, perché come ci mostra questo grafico
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dopo essere cresciuto di 15,5 miliardi a ottobre e di 22 miliardi a settembre, il credito non-revolving, quello appunto deputato agli acquisti rateali di veicoli, a novembre è salito solo di 8,3 miliardi, l’incremento mensile più basso nel settore dal febbraio 2012.
Ma tranquilli, perché questo grafico
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ci mostra come le vendite del principale competitor dei marchi statunitensi, ovvero la Volkswagen giubilata per lo scandalo emissioni proprio negli Usa e colpita dal rallentamento cinese, siano scese sotto la soglia psicologica dei 10 milioni di vetture, calando solo in dicembre del 5,2%. Ancora un po’ di credito al consumo subprime e, se la bolla non esplode fragorosamente, forse il Pil del primo trimestre di quest’anno sarà almeno positivo, grazie anche al warfare delle spese militari e quelle sanitarie legate a Obamacare.

Davvero la patria del libero mercato, non c’è che dire. Ma la prova del nove arriverà a breve: con un dato occupazionale simile, come farà la Fed a non alzare ancora i tassi nel meeting di marzo?

Io temo che per allora le “instabilità internazionali” torneranno ad essere la scusa perfetta..
Sono Mauro Bottarelli, Seguimi su Twitter! Follow @maurobottarelli
 
Secondo voi agli economisti russi questi dati sono sfuggiti?


una riflessione sugli USA

Di Nuke The Whales http://www.rischiocalcolato.it/2016...li-usa-da-parte-di-alessia.html#disqus_thread






Ecco il punto sulla situazione attuale degli Usa, con gran parte della popolazione che vive costantemente poco sopra al livello della povertà.
Basta solo perdere il lavoro e si perde tutto, sanità, casa, macchina e si finisce sotto un ponte.
Basta solo una spintarella…

Gli analisti russi stanno studiando i seguenti avvenimenti:
Eventi principali 2016:
Possibile lite tra lobby sulla politica monetaria della FED sui tassi USA: in molti chiedono il ribasso ma gli analisti affermano che ci sarà un ulteriore rialzo. Le banche centrali di tutto il mondo si lamenteranno e la crisi dei mercati emergenti si farà sentire perché un dollaro forte svaluta la moneta dei paesi emergenti.

La Federal Reserve prevede di rialzare il tasso altre quattro volte nel 2016: il mercato delle azioni e delle materie prime sarà fortemente danneggiato.

-Apparirà sempre più chiaro che il rialzo dei tassi di interesse negli Stati Uniti serve solo per rafforzare il dollaro USA.
-La riduzione degli scambi in dollari, attuata in Asia grazie agli accordi tra Cina e Russia riuscirà a impattare sul dollaro?
-Brexit: il referendum sulla uscita del Regno Unito dall’Unione Europea. Se ciò accadesse che effetto avrà sulla UE?
-Il prezzo del petrolio: Il prezzo del petrolio potrebbe continuare ad abbassarsi fino a 20 dollari al barile, l’impatto economico sarà disastroso. Alla prossima riunione dell’OPEC si deciderà per un taglio della produzione?

-Il ritorno dell’Iran sul mercato dell’oro nero quanto affosserà il prezzo del petrolio?

L’economia della Cina: il rallentamento dell’economia cinese sarà impattante e potrebbe spingere gli investitori a rifugiarsi in valute più stabili. Quale sarà l’andamento dello yuan?
Gli investitori scommettono intenti a capire chi sarà il giocatore dell’anno.
I Giochi Olimpici avranno esiti positivi sull’economia del Brasile? Gli stessi faranno dimenticare le indagini su Petrobras?



I mercati consolideranno l’idea della decadenza americana? I principali segnali della decadenza USA provengono dal gigantesco strato di popolazione americana che vive di stenti, di sussidi, di lavori saltuari, in molti hanno perso la casa, in molti si ritrovano con una pensione dimezzata. Una grossa fetta della popolazione americana non si è mai ripresa dall’ultima recessione.

Ma in molti dimenticano che negli Usa ci sono fuochi mai spenti: esistono ancora molte idee secessioniste, manca omogeneità politica tra stati repubblicani e stati democratici, sono un paese multietnico sempre meno integrato, gli afroamericani continuano ad essere repressi dal punto di vista socio-economico.

Un ovest democratico-ispanico,

un nord-est democratico-europeo,

un centro repubblicano bianco

e un sud-est repubblicano afroamericano.

Situazione tragica e complessa da guerra civile. Va ricordato che negli Usa sono presenti moltissime religioni tra loro non coese, il popolo è armato fino ai denti.
Se l’economia americana dovesse vacillare, la guerra civile potrebbe emergere.
Quali sono le bolle americane che potrebbero arrivare?
Negli Stati Uniti il rapporto tra il debito pubblico e PIL è superiore al 100 per cento, il che significa che il debito americano è più di quanto produce. Al fine di ridurre il debito, il governo degli Stati Uniti potrebbe aumentare in futuro il carico fiscale. Questa quantità di debito e la continua iniezione monetaria fanno percepire che la crisi è in arrivo.
Gli indicatori demografici (la popolazione americana sta invecchiando rapidamente) indicano che gli Stati Uniti hanno raggiunto il loro picco demografico nel periodo 2003 – 2007 e vanno verso il precipizio demografico. La realtà è che a causa dell’invecchiamento della popolazione, ci saranno meno persone con capacità di spendere.
Probabilmente gli USA dalla crisi finanziaria del 2008 non si sono mai veramente ripresi: il tasso di proprietà negli Stati Uniti è sceso al livello più basso degli ultimi 19 anni, la spesa dei consumatori per beni durevoli è diminuita, circa il 20% delle famiglie negli Stati Uniti non hanno un solo membro che lavori. Gli americani che hanno un lavoro a tempo pieno attualmente guadagnano meno, nove decimi della popolazione che lavora percepisce uno stipendio medio inferiore ai 35.000$ lordi all’anno (Dal lordo vanno tolte: le tasse statali sullo stipendio che variano da stato a stato e variano moltissimo, pagare gli onerosi piani di accumulo pensionistico e l’assicurazione sanitaria, – tutto dipende anche dai benefit che ti offre il datore di lavoro americano – e ricordiamo che molte famiglie accumulano i risparmi con appositi piani per mandare al college i figli).
Household income in the United States​
distribution of american incomes​

Solo uno su quattro ha abbastanza denaro messo da parte per coprire sei mesi di spese in caso di perdita del posto di lavoro o per grave emergenza. Circa il 69 % del bilancio federale è speso per programmi di welfare. In molti scrivono che questa “bolla artificiale di falsa stabilità” è stata pompata dalla Federal Reserve che stampa denaro senza precedenti.


Secondo voi agli economisti russi questi dati sono sfuggiti?

Ricevo e volentieri pubblico, una riflessione sugli USA da parte di Alessia. - Rischio Calcolato | Rischio Calcolato
 
Guardate ad esempio i più important buy back del 2015 e quanto hanno pesato…

…e quanto potrebbero pesare i buy back nel 2016.
 

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