Economia USA in RECESSIONE?

WALL STREET: cala la pressione rialzista dei Large Traders
Scritto il 15 gennaio 2018 alle 14:47 da Lukas

La forte pressione speculativa che ha dominato nelle ultime settimane sembra in via di esaurimento. I Large Traders dimezzano i Net Long e lanciano un segnale chiaro. Pausa di riflessione in arrivo. Analisi del COT report prodotto dal CFTC [Guest post]
Cari amici, nella settimana appena trascorsa, i mercati azionari, sia Usa che internazionali, hanno proseguito, con ritmi alquanto sostenuti, la loro inarrestabile corsa al rialzo. L’approvazione della riforma fiscale Usa ha indubbiamente fornito agli investitori nuove e fondate ragioni d’ottimismo. A seguito della stessa, infatti, le previsioni di crescita degli utili aziendali, per l’anno in corso, sono state riviste in ulteriore rialzo. Le ultime stime prevedono che gli utili della Corporate America cresceranno, nel 2018, di oltre il 13 %. Previsioni davvero allettanti, che giustificano e sorreggono il forte rally in corso nei mercati azionari.
La riforma fiscale Usa produce, tuttavia, effetti non solo sul mercato dell’equity, bensì sull’intero scenario intermarket. In particolare, registriamo, anche nell’ultima ottava, un marcato indebolimento del dollaro Usa. Non c’è da meravigliarsi, la riforma fiscale voluta da Trump, checché ne dicano, amplierà ulteriormente il già ingente deficit pubblico statunitense, da finanziare poi inevitabilmente con nuove emissioni del biglietto verde.

Meno tasse sulle imprese e deprezzamento del dollaro costituiscono peraltro i pilastri della politica economica Trumpiana, riassunti nello slogan “ America first “. A danno dell’Europa come testimonia il nuovo oneroso livello del rapporto di cambio EURUSD, ed a danno anche dell’Asia. Aspettiamoci quindi delle reazioni, soprattutto ad opera della Cina, ed una selvaggia nuova guerra valutaria. La svalutazione del dollaro, che molto probabilmente proseguirà, ha peraltro già innescato una marcata ripresa nominale delle quotazioni delle commodities, ed in particolare del Crude Oil, che nell’ultima settimana ha sfiorato nuovamente i 65 dollari al barile. Trattasi tuttavia solo di un’illusione ottica, poiché in termini reali, la rivalutazione è molto più esigua e contenuta, ossia inferiore al 5 % negli ultimi 9 mesi. Non s’intravvede pertanto un serio pericolo inflattivo, e ciò costituisce una garanzia per l’ulteriore prosecuzione di questo anomalo ed interminabile ciclo espansivo dell’economia. Tale assunto trova conferma anche negli andamenti del mercato obbligazionario.

I rendimenti sul bond decennale Usa sono sì lievitati, questa settimana, sino a quota 2,55 %, ma il differenziale con i rendimenti dei bond a due anni resta ancora ampiamente positivo e rassicurante, ossia pari 56 bps. Al riguardo, evidenzio, che, nell’ultimo mese, ossia dal momento dell’approvazione della riforma fiscale, il processo di appiattimento della yield curve Usa si è praticamente arrestato. Molto probabile pertanto che gli Usa, grazie ad essa, riescano a scavallare anche l’anno 2018 senza entrare in recessione. Ed è questo scenario, particolarmente favorevole, ossia una prosecuzione della crescita economica senza inflazione, che oggi scontano i mercati azionari, sia Usa che mondiali. Non meravigliano pertanto i nuovi record che si registrano sia negli Usa che in altri Paesi. Scenario idilliaco, per ora non scalfibile, ma che in prospettiva, come già accennato, potrebbe celare pericolosi contrasti d’interesse fra le più importanti economie del mondo.

Ciò premesso, passo ad esaminare i nuovi dati del COT REPORT settimanale, pubblicati venerdì sera dalla CFTC (Commodity Futures Trading Commission), concernenti i valori aggregati dei Futures e delle Options su tutti gli indici azionari USA, che risultano essere i seguenti:

Commercial Traders : – 67.802
Large Traders : + 45.549
Small Traders : + 22.253




Si conferma, e si assesta, la nuova configurazione del mercato dei derivati azionari Usa. Anche in quest’ultima ottava registriamo, comunque, variazioni molto ingenti nelle posizioni dei diversi operatori, pari a ben 41.380 contratti. In particolare, i Large Traders, sembrano voler decisamente allentare la forte pressione speculativa rialzista delle ultime settimane, cedono infatti l’intero lotto dei 41.380 contratti long, e tornano in una più cauta e morigerata posizione Net Long. Gli Small Traders, invece, ringalluzziti dai recenti guadagni, si mostrano sempre più fiduciosi, acquistano infatti altri 4.774 contratti long, e consolidano la loro recente e nuova posizione Net Long. I Commercial Traders, infine, riacquistano i residui 36.606 contratti long, e riducono a livelli più normali la loro abituale posizione di copertura, Net Short. Le ancora ingenti movimentazioni di quest’ultima ottava sembrano, come detto, voler annunciare una pausa nell’esponenziale trend rialzista dell’ultimo mese. In particolare il mercato sembra aver completamente scontato l’euforia indotta dall’approvazione della riforma fiscale Usa. I Large Traders, infatti, quasi dimezzano la loro esposizione Net Long.

Pausa, ossia rallentamento del ritmo d’ascesa, che non significa però correzione nè tantomeno inizio di un’inversione di trend. Le ragioni, sia macro che micro-economiche, che stanno alla base dell’ingente e prolungato rialzo delle quotazioni azionarie, sono infatti ancora tutte ben vive e vegete. La crescita economica sembra voler ulteriormente proseguire, forse anche aldilà delle precedenti previsioni temporali, inoltre non sembrano intravvedersi imminenti e seri pericoli inflattivi. Gli utili aziendali, di onseguenza, sono attesi in ulteriore crescita, e ciò garantisce e rassicura circa la tenuta dell’attuale trend rialzista. A mio avviso, nel breve termine, solo un ulteriore indebolimento del dollaro Usa potrebbe turbare la quiete e la serenità dei mercati, ed innescare reazioni e turbolenze tali da favorire, a cascata, anche una correzione delle attuali quotazioni azionarie.

Futuro prossimo si prospetta, quindi, più cauto, ma ancora positivo per i mercati azionari, che cercherò, come sempre, di tradare con il mio originale trading system, fondato sullo sfruttamento e sulla valorizzazione dell’effetto “LONG TERM MOMENTUM“, descritto negli studi e nelle ricerche dei professori Jegadeesh e Titman, ed illustrati nel mio sito Long Term Momentum Azioni Italia. In quest’inizio d’anno, il mio portafoglio denominato “ Azioni Italia – LTM “, ha conseguito una performance ampiamente positiva, pari al + 5,74 %. Performance, tuttavia, inferiore a quella realizzata dal Ftse All Share, pari nel contempo al + 6,84 %. Una sotto-performance dell’ 1,10 %, che dimostra che la nostra borsa ha corso ancor più delle nostre, già molto ottimistiche, attese e previsioni. Ma non sarà sempre così, confermiano pertanto l’attesa di una sovra- performance annua pari alla media conseguita negli ultimi 5, ossia pari al 16 %. Ciò detto, questa settimana, in coerenza con l’analisi sopra esposta, muto leggermente l’assetto del mio portafoglio, ossia riduco dall’85 all’80 % le posizioni long ed incremento dal 15 al 20 % le posizioni short, assumendo di conseguenza una posizione Net Long pari al 60 %. Chi desiderasse approfondire e ricevere maggiori informazioni sul mio trading system e sulla composizione del portafoglio “ Azioni Italia – LTM “ può consultare, se vuole, direttamente il mio sito.

Vi ringrazio per la vostra stima e fiducia, ed auguro a TUTTI gli amici di Intermarketandmore buon trading.

Lukas
 
  • 06/12/2018
Quali contraccolpi dall'inversione della curva dei rendimenti?


BoA Merrill Lynch ha fatto notizia, ad inizio settimana, proclamando un imminente «baby bear» market: una denuncia che stona, in un periodo caratterizzato dalla consueta pubblicazione di outlook per il 2019 tinti di rosa.

Si infervora il dibattito sull'inversione registrata sul segmento breve della curva dei rendimenti americana: un fenomeno che denuncia, da un lato, un eccesso di zelo da parte della Federal Reserve nell'inasprire la politica monetaria; dall'altro un anticipo eccessivo di scenari preoccupanti per la congiuntura economica. È vero, come argomentato in solitudine la scorsa estate in questa sede, che l'inversione della curva 5-2y ha anticipato sempre il successivo ribaltamento della più rilevante curva 10y-3m; ma è altresì vero che le ultime tre recessioni sono seguite un considerevole lasso di tempo dopo questo evento.
Insomma, si discute della prospettiva di una recessione che negli Stati Uniti si manifesterebbe non prima del 2021, stando allo script storico. Siamo i primi a manifestare da diversi mesi cautele e preoccupazioni per lo stato di salute dei listini azionari mondiali; ma facciamo fatica a condividere questa battaglia: il bear market non arriverà dalla curva dei rendimenti. D'altro canto, con un ISM Index a novembre salito a 59.3 punti, di quale imminente recessione stiamo parlando?
BoA Merrill Lynch ha fatto notizia, ad inizio settimana, proclamando un imminente «baby bear» market: una denuncia che stona, in un periodo caratterizzato dalla consueta pubblicazione di outlook per il 2019 tinti di rosa . A ieri soltanto 3 borse sulle prime 20 al mondo per capitalizzazione, vantavano formale uptrend, collocandosi sopra la propria media mobile a 200 giorni. Non sorprende il lancio di ieri dell'agenzia Bloomberg, che citava operatori secondo cui il 2018 è stato per gli investitori il peggiore anno dal 1972, in termini di asset class in grado di generare performance positive.
 
Crollo vendite al dettaglio USA. Scende l’unico valore fortemente positivo dell’economia mondiale

Dagli USA non arrivano buone notizie.
Nel mese di settembre si è assistito ad un crollo delle vendite al dettaglio, e questa volta c’è anche una grossa novità relativa alla composizione delle vendite stesse.
Iniziamo con il dato totale, che indica un calo dello 0,3%

La particolarità è che, questa volta, per la prima volta, si assiste ad un calo delle vendite “Non in negozio”, cioè per corrispondenza o online:


Naturalmente non sono state solo le vendite per corrispondenza ed online a calare: ci sono anche autoricambi, stazioni di servizio, rivendite di auto, rivendite di prodotti edili e general stores. Cala tutto cioè che è legato al settore auto, non solo le vendite di automobili, ma anche quello che legato alla mobilità.

Il rallentamento delle vendite al dettaglio, quindi dei consumi, è molto importante perchè significa che l’economia che in questo momento sta trainando mezzo mondo inizia a vendere meno al dettaglio, quindi a comprare meno.
I consumi USA erano forse l’unico elemento che manteneva un certo ottimismo sull’andamento dell’economia mondiale.
Ora si che sta veramente arrivando l’inverno.
 
Crollo vendite al dettaglio USA. Scende l’unico valore fortemente positivo dell’economia mondiale

Dagli USA non arrivano buone notizie.
Nel mese di settembre si è assistito ad un crollo delle vendite al dettaglio, e questa volta c’è anche una grossa novità relativa alla composizione delle vendite stesse.
Iniziamo con il dato totale, che indica un calo dello 0,3%

La particolarità è che, questa volta, per la prima volta, si assiste ad un calo delle vendite “Non in negozio”, cioè per corrispondenza o online:


Naturalmente non sono state solo le vendite per corrispondenza ed online a calare: ci sono anche autoricambi, stazioni di servizio, rivendite di auto, rivendite di prodotti edili e general stores. Cala tutto cioè che è legato al settore auto, non solo le vendite di automobili, ma anche quello che legato alla mobilità.

Il rallentamento delle vendite al dettaglio, quindi dei consumi, è molto importante perchè significa che l’economia che in questo momento sta trainando mezzo mondo inizia a vendere meno al dettaglio, quindi a comprare meno.
I consumi USA erano forse l’unico elemento che manteneva un certo ottimismo sull’andamento dell’economia mondiale.
Ora si che sta veramente arrivando l’inverno.
:) Sù-sù! Scendi dalla sedia e riponi la corda.
;) Nel Dicembre 2018 le vendite erano "crollate" di quasi 7 (sette) volte maggiore e NON è morto nessuno.:-D
 

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