Colgo l'occasione per rilevare quanto sia commercialmente importante dare un autore alle opere. In Italia, poi, la cosa è pure maggiormente esasperata, altrove si guarda la qualità del lavoro e, pur se anonimo, gli si riconosce molto spesso un valore economico adeguato. Qui nessuno compra oggi per la piacevolezza artistica, ma soprattutto per il nome. Da ciò nasce un proliferare di falsi e di false attribuzioni, la follia degli archivi e una forma di sottocultura per cui l'etichetta è tutto.
Il motivo di tutto questo non è, credo, il valore dato all'individualità nel tempo attuale, quando artisti che avrebbero meglio funzionato come sfaciacarrozze si cercano una formula\formuletta al solo scopo di apparire nuovi e farsi riconoscere. Il motivo soggiacente è puramente economico, poiché un'opera "firmata" è comunque più facile da rivendere e allora potrebbe meglio funzionare come investimento. Vale a dire che non si ricerca la qualità in sé, o non la si sa riconoscere, e allora si compensa con la "solidità" dell'investimento.
Sia ben chiaro: non sono affatto esente da questa perversione, però 1) ne sono cosciente 2) cerco pertanto di limitarne l'influenza 3) tra i pochi lavori che attacco al muro (pochi in rapporto alla quantità del "magazzino") non c'è posto per il criterio della fama sopra descritto. Anonimi o Carneadi hanno gli stessi diritti, e se la giocano con la qualità. Vorrei dire che posso vedere quasi in continuazione solo opere che ogni volta mi inviano qualche messaggio nuovo o, in alternativa, continuano a battere su un tasto che dentro di me non è ancora risolto. In pratica, devo sentirmi molto d'accordo con il carattere di ciò che vedo spesso, e contemporaneamente riprovare ogni volta un sentimento, seppur piccolo, di meraviglia.
Queste considerazioni sono una eccezione, in quanto il comportamento vergognoso della moderazione durante la finta pandemia mi scoraggia dallo scrivere cose che potrebbero "valorizzare" il loro gingillo.