Loryred
Forumer storico
Altri disegni di Robert Henri (si tenga presente che era soprattutto un ritrattista, solo secondariamente un paesaggista) (ciao, Lory, vedo adesso, grazie: che te ne pare? Io sono già certo all'80%, ma è noto che lo scopritore è sempre un po' troppo entusiasta)
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Esiste anche un Paolo Candiani, anche se più alpino, ma non ho capito la data del lavoro.
Paolo Candiani (1897-1981)
Presidente dell’Accademia di Brera, creatore del Liceo artistico di Busto Arsizio, Paolo Candiani, architetto e pittore di fama, era soprattutto operatore culturale, instancabile scopritore di talenti e mecenate nei confronti di artisti in grado di interpretare lo spirito inquieto e per certi versi oscuro dei primi decenni del ‘900. Come architetto, negli anni ’30, Candiani seppe inserirsi nella cultura decò milanese di Portaluppi e di Giò Ponti, arrivando a firmare, alla fine degli anni ’50, diversi edifici particolarmente significativi del rinnovamento – non solo edilizio – di Busto Arsizio, sua città d’origine.Di quest’epoca, e più precisamente del 1949, sono anche la “Casa delle Guide” e la “Villa” a Courmayeur, testimonianze tangibile del legame che ha sempre unito Paolo Candiani e la sua famiglia al paese lungo una storia che ha visto anche una delle sue figlie, Etta, diventare una delle prime donne maestro di sci. Come pittore Candiani fu allievo di Cesare Tallone: fece poche mostre, considerando quest’arte più che altro una esigenza interiore. Ritrattista, paesaggista, poeta del colore, ha trovato il modo di manifestare tutta la sua esigenza interiore di voler scoprire “il segreto del mondo”, come scrive Giuseppe Pacciarotti, nel suo ricordo introduttivo al catalogo della mostra “Paolo Candiani e i primi docenti del Liceo artistico” realizzata nel 1999. “Fu soprattutto di fronte all’avvincente panorama del Monte Bianco, ai picchi aspri e forti visibili dalla sua casa a Villair - si legge ancora - che Candiani in quadri costruiti e severi seppe cogliere la solennità e la poesia della natura, e il suo mistero. per questo le possenti montagne valdostane diventarono un motivo feticcio con cui sempre confrontarsi, ‘cèzannianamente’: le fissò a grande distanza, in veduta panoramica, in modo da dar loro ampia e serena spazialità non turbata da particolari aggiuntivi e dalla presenza narrativa di figure, facendo sentire, grazie a questo sapiente equilibrio, l’appagamento raggiunto e l’emozione profondamente sentita”. La pittura “en plein air” che egli aveva pur sperimentato nel corso degli anni ’30, aveva in un certo senso ignorato i volumi immensi dei monti di Courmayeur, il respiro pieno e vasto della sfida dell’artista a una natura così imponente. L’uomo maturo, consapevole della sua solida formazione artistica e soprattutto morale, raccoglie questa “sfida” e la dispiega in tutte le stagioni e situazioni che la montagna predispone per chi la ama con intensità, rappresentandola in opere che oggi, raccolte e selezionate dalla figlia Etta, vengono proposte nel cuore del paese che tanto amava. “A Courmayeur – raccontano le figlie Enrica ed Etta – trascorreva giornate intere davanti al cavalletto: si capiva che la sua vita era per l’arte e quelli erano per lui momenti di autentica gioia”