Brexit, caso Italia e crisi UE hanno un’unica origine: l’ottuso duetto franco-tedesco
L'Unione Europea si sta dissolvendo sotto gli occhi compiaciuti dei commissari, che in due anni sono riusciti a perdere Londra e ad alienare Roma. L'asse franco-tedesco si è rivelato un fallimento totale.
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Giuseppe Timpone, pubblicato il 16 Novembre 2018 alle ore 10:35
“Brexit is Brexit” aveva detto la premier Theresa May, entrando al numero 10 di Downing Street nell’estate di due anni fa, succedendo a David Cameron dopo la scioccante sconfitta al referendum sull’uscita del Regno Unito dalla UE. Ancora oggi, leggendo le cronache di quotidiani europei e non, si scopre che non sarebbero in pochi a confidare che Londra rimanga nelle istituzioni comunitarie, magari attraverso un accordo “fake”, che di fatto salvi le forme del divorzio e nella sostanza lasci intatti le relazioni con Bruxelles, oppure indicendo un secondo referendum. Evidentemente, molti eurofili stanno continuando a commettere l’errore alla base della Brexit stessa, ovvero guardano gli eventi della storia dal buco della serratura e non hanno una visione completa di quanto stia accadendo. Il governo May ha i giorni contati e il suo accordo con la UE, siglato nei giorni scorsi, verrà con ogni probabilità bocciato dalla House of Commons.
Perché? Perché Brexit is Brexit; aveva ragione la premier, la quale sembra essersi dimenticata strada facendo delle sue stesse parole.
Caos Brexit, l’accordo con la UE travolge il governo May e ora Bruxelles può esplodere
I sudditi di Sua Maestà stanno uscendo dalla UE per una ragione specifica: non vogliono restare sotto lo stesso tetto con Germania e Francia, le quali pretendono di comandare sui turni in cucina, su chi debba fare le pulizie di casa e su chi e quanto dovrebbe pagare per le bollette. A differenza dell’Italia, i britannici sono “sovranisti” per natura e non possono accettare di prendere ordini da quello stesso popolo, che non più tardi di 73 anni fa riuscirono a sconfiggere con una fiera opposizione nazionale. Mentre Re Vittorio Emanuele III abbandonava Roma per riparare a Salerno, di fatto sancendo il tradimento verso il suo popolo e ponendo fine all’autorevolezza residua della monarchia italiana, la Regina Elisabetta, madre dell’attuale sovrana, sfidava la Luftwaffe del Fuehrer e impavida camminava tra le macerie di Londra per dare sostegno ai suoi sudditi. Pensate che questo popolo si faccia indicare da Berlino il rapporto deficit/pil, la lunghezza del cetriolo e la curvatura delle banane?
“I want my money back” avrebbe esclamato la Lady di Ferro, Margaret Thatcher, sbattendo la sua epica borsa sul tavolo della riunione dei 12 capi di stato e di governo, quando nell’ottobre del 1990 a Roma scoprì che l’Italia aveva tradito la parola data sul suo non ingresso nell’euro, lasciando il Regno Unito isolato. A casa la attese il benservito del suo stesso partito, ma quella sconfitta personale nei decenni si tramutò in una vittoria nazionale, perché Londra era ed è rimasta sovrana, nel senso pregnante del termine.
Il duetto franco-tedesco, lo stesso che con la moneta unica ambiva a mettere nel sacco il resto d’Europa, nella sua ottusità mentale come poche volte nella storia, da anni pretende di guidare il Vecchio Continente, decidendo le sorti politiche, economiche e finanziarie degli altri stati membri. Pensava fino al 2016 persino di costringere il Regno Unito a entrare prima o poi nell’euro, così come nel 2011 si era convinto di essere riuscito a colonizzare l’Italia, piazzando a Palazzo Chigi qualsiasi burattino che gli facesse comodo.
L’ottusità della UE franco-tedesca
Se la gestione franco-tedesca avesse esitato qualche risultato positivo su un qualche fronte, chapeau. Invece, dietro l’arroganza di due capitali convintesi di essere davvero brave, il nulla. Ai diktat impartiti a Roma e agli altri governi sui vincoli di bilancio non è mai corrisposta e forse mai corrisponderà alcuna visione complessiva e di lungo periodo su come rendere ottimale la convivenza di 19 economie diverse in una unione monetaria.
Francia e Germania nel 2010 con la crisi della Grecia pensarono solo a salvare le proprie banche, trovando prima Atene e poi Roma quali capri espiatori perfetti, visto che la credibilità delle rispettive istituzioni non è mai stata in linea con gli standard occidentali. Ne seguirono anni di insulti, di cliché propinati in sedi formali (“il Sud Europa non può continuare a spendere i suoi soldi in donne e vino”, la magnifica espressione dell’ex presidente dell’Eurogruppo, l’olandese Jeroen Dijsselbloem) e tramite la stampa.
Con la nascita del governo giallo-verde in Italia, anziché capire le ragioni che il 4 marzo scorso hanno spinto più di un italiano su due a votare per formazioni euro-scettiche e il cui consenso nel frattempo sarebbe lievitato a circa i due terzi del totale,
Bruxelles ha attuato la tattica del bullismo istituzionale, con una ridda di dichiarazioni volutamente drammatizzanti la situazione finanziaria italiana,
al fine di fare esplodere lo spread a un livello sufficiente a mettere sotto pressione Roma. Ad oggi, l’unico risultato che i commissari sembrano essere riusciti ad ottenere è stato la lievitazione dei voti per la Lega di Matteo Salvini, che nella percezione pubblica è il leader dell’ampio schieramento anti-Bruxelles. Un capolavoro, che si aggiunge a quello di questi mesi sulla Brexit. Il team negoziale capeggiato per la UE dal francese
Michel Barnier, europeista ottuso come pochi, pretenderebbe di scindere il Regno Unito sul piano delle relazioni commerciali, assegnando all’Irlanda del Nord uno status particolare, grazie al quale le merci europee continuerebbero a fluire nel paese come oggi. Il Parlamento di Londra dirà quasi certamente di no a tale affronto alla sua unità nazionale.
I commissari, alle cui spalle si trovano ormai una cancelliera Angela Merkel politicamente morta e un Emmanuel Macron in preda a un esaurimento nervoso per assenza di consenso alla sua natura di “Giove” d’Europa, sono così compiaciuti della loro bravura da non capire che
in meno di due anni hanno perso due stati-chiave della UE: Londra, che sta per andarsene formalmente e Roma, che politicamente può considerarsi ormai fuori dall’orbita eurofila. Continuare a dipingere scenari apocalittici per l’innalzamento del deficit al 2,4% del pil (operazione in sé errata) è da idioti, almeno senza considerare che l’Italia ha sofferto del maggiore declino economico tra tutte le economie avanzate del pianeta negli ultimi 25 anni e che questo sia accaduto dentro l’euro, pur se opinabile se a causa di esso o meno.
La tattica franco-tedesca di umiliare chi non accetti un destino da subordinato ai loro desiderata si è rivelata demenziale e autolesionistica, se è vero che la stessa Germania inizia a patire sul piano politico le conseguenze della sua leadership senza visione, mentre Brexit e Trump già prefigurano rischi di lungo termine per la sua economia “export-led”.
E se la Commissione UE sotto sotto tifasse Salvini contro i 5 Stelle per salvare l’euro?
La fine della UE è già in corso
Se qualcuno crede che l’ottusità abbia come limite la salvaguardia degli interessi in gioco si sbaglia. Le classi dominanti hanno sempre dimostrato di non essere in grado di correre ai ripari, se non quando è già troppo tardi. Nemmeno l'”illuminato” Mikhail Gorbacev riuscì a salvare l’impero sovietico dalla dissoluzione, né 200 anni prima vi era riuscita la monarchia francese a mettere al sicuro sé stessa compiendo piccoli passi verso il cosiddetto terzo stato
. Dunque, la UE starebbe collassando? In parte, è già accaduto con la Brexit, ma il meglio o peggio dovrà accadere nei prossimi mesi, quando una Londra ormai ufficialmente esterna farà di tutto per colpire Bruxelles sul piano geopolitico, facendo ancora più comunella con gli USA.
E l’Italia non è un caso che si risolverà sperando nell’arrivo di un altro tecnico alla Mario Monti al governo, perché la sfida che attualmente il governo giallo-verde sta portando avanti contro gli eurocrati è ormai condivisa da larga parte degli italiani, i quali certo non vorrebbero mettere a rischio i propri risparmi con colpi di testa come il ritorno alla lira, ma non accettano più di subire supinamente le scelte europee. A meno di immaginare che i commissari ci mandino i carri armati invadendoci, l’unica soluzione possibile sarebbe un accordo che garantisca al nostro Paese un ruolo di co-gestione delle istituzioni comunitarie, altrimenti inevitabile sarà anche in questo caso il lento e inesorabile addio.
La UE così come la conosciamo sta morendo e i suoi assassini sono gli stessi che la governano, responsabili del reato di ottusità, che nella storia si è rivelato l’atteggiamento tipico di chi ritiene che il consolidamento del potere nelle proprie mani gli consenta di fare a meno di tutto il resto del mondo.
Nessuno rimpiangerà tra alcuni decenni Frau Merkel, la cui eredità sarà il caos e il ritorno ai nazionalismi. Forse, nessuno si ricorderà nemmeno che agli sgoccioli della sua carriera al governo, in Francia vi fu un tale Macron, distintosi per gaffes e insulti contro i governi non allineati al suo pensiero.
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