Alla cortese attenzione di Tashtego

I produttori italiani di pentole antiaderenti, Bialetti, Ballarini, Alluflon, Illa, TVS, sottolineano infatti che sotto accusa non è il "teflon" ma il PFOA, un agente chimico di superficie utilizzato nella fabbricazione della materia prima "teflon".
Per quanto riguarda il pentolame antiaderente, il PFOA non è parte del prodotto finito, ma è usato nel processo di fabbricazione del "teflon" in quanto materia prima. Nel corso della produzione del pentolame antiaderente, le tracce del PFOA vengono eliminate nel processo di sinterizzazione che segue l'applicazione del "teflon".
A processo ultimato, il pentolame non contiene quantità misurabili di PFOA e pertanto il consumatore non è esposto al PFOA quando usa il pentolame antiaderente, risultando tale uso perfettamente sicuro.
Le otto industrie che, a detta dei media, avrebbero accettato di eliminare il "teflon" entro il 2015, hanno in realtà accettato di eliminare entro il 2015 le emissioni di PFOA nell'atmosfera, e non certo il "teflon".
Anche la Food & Drug Administration americana, l'European Scientific Advisoring Panel ed il Direttore Generale del Centro per l'analisi dei rischi dell'Università di Harvard, hanno dichiarato che non esiste pericolo alcuno nell'utilizzo di pentolame antiaderente rivestito in "teflon".
 
LA DONNA DI SUSANNA
Nel desolante panorama editoriale italiano, diventa «coraggiosa» una giornalista che si spinge oltre i confini dell'autocensura: Costanza Rizzacasa d'Orsogna, Il titolo della sua intervista pubblicata su «A» è inequivocabile: Suni, la donna della mia vita. Occhiello: Marisela Federici svela i segreti di Susanna Agnelli. L'intervista è bella e clamorosa, rende pubblica la sussurrata relazione tra l'arcigna Suni e la splendida signora venezuelana Marisela Rivas y Cardona de Federici.
GIOVANNI AGNELLI E MARELLA CARACCIOLO AL BALLO SERRA DI CASSANO La quale non ha mai fatto nulla per nascondere ciò che anche i suoi due mariti sapevano, comprendevano, tolleravano: Marisela e Suni «si appartenevano», erano una cosa sola. C'erano ventotto anni di differenza fra loro, Suni era del 1922, Marisela del 1950. Si erano conosciute - come racconta la protagonista - «attraverso la mia amica Stella Pende. Lei era la pseudofidanzata di Gianni Bulgari, il Paul Newman ciociaro. Si vestiva da zingara, per strada le gridavano, "A' fata, sembri Sandokan". Un giorno, in auto in via Condotti, Stella indicò: "Ecco Suni". Io mi sono sporta dal finestrino e ho esclamato: "E io sono Marisela".
Edoardo e Gianni Agnelli Suni era sconcertata per la mia sfrontatezza, e anche Stella mi rimproverò ("Amorcito, come hai potuto?"). Ma io capii subito che tra noi sarebbe nato qualcosa. Suni era affascinata dalla mia esuberanza. Le piaceva che non avessi peli sulla lingua. La maggior parte della gente non sapeva prenderla. Facevano tutti tappetino, lei non lo sopportava. Suni ti amava o ti odiava. E se le stavi antipatico non lo nascondeva».
(...) «Suni è stata l'amore della mia vita», spiega Marisela. «Riempiva una parte della mia esistenza in un modo che né mio marito né i miei figli potranno fare mai, perché non hanno la stessa devozione. Tra moglie e marito il sentimento si esaurisce, con Suni ogni giorno era un'emozione nuova».
 
Il libro è "Il diario di Adamo ed Eva", dell'immenso Mark Twain.
La frase è l'epigrafe che Adamo scrive sulla tomba di Eva:
"Dovunque era lei, là era l'Eden".
Mi sembra un capolavoro. Qualcosa che dà i brividi.
Dopo essermi perso nella grandezza della verità nascosta in queste sei parole, mi sono deciso a rileggere tutto il testo.

Il diario di Adamo è sommamente divertente. Umoristico. Buffissimo.
Inizialmente lui proprio non ne vuol sapere di lei, che non sa neppure che specie di animale sia.
"La nuova creatura dice che il suo nome è Eva.
D'accordo, non ho nulla in contrario. Dice che il nome serve a chiamarla, quando vorrò farla venire. Ho risposto che, allora, è superfluo".
^___^

Il diario di Eva invece è romantico. Dolce. Commovente.
Vale la pena di riportare qualche passo illuminante.
Questo è stato scritto dopo la cacciata dal Paradiso Terrestre.
Scrive Eva: "Se guardo indietro, il Giardino per me è come un sogno.
Era meravigloso, meraviglioso al di là di ogni descrizione; così meraviglioso da rimanere incantati.
Ora è perduto, e non lo rivedrò più. Il Giardino è perdutro, ma ho trovato *lui*, e mi basta.
Mi ama come può, e io lo amo con tutta la forza.
Se mi chiedono perchè lo amo, scopro che non lo so, e che in realtà non mi importa molto di saperlo".
Straordinaria finezza: lui che la ama *come può*, perchè è vero, noi maschi più di tanto non possiamo, e lei invece lo ama con tutta la forza.

Nel finale, quarant'anni dopo, Eva ormai vecchia scrive:
"La mia preghiera, il mio più ardente desiderio è che possiamo abbandonare questa vita insieme: è un desiderio che non scomparirà mai dalla terra, ma sarà vivo nel cuore di ogni donna innamorata, sino alla fine dei tempi; e sarà chiamato con il mio nome.
Ma se uno di noi deve andarsene per primo, prego di essere io.
Senza di lui, la vita non sarebbe vita; come potrei sopportarla? Anche questa preghiera è immortale, e continuerà a essere formulata finchè durerà la mia stirpe. Io, la prima donna, mi ripeterò nell'ultima donna".
E' qui che c'è quell'epigrafe, finale, ed è qui che mi è scesa la lacrimuccia.
Grande Mark Twain.
Sì... dovunque c'è lei, la nostra Eva, là c'è l'Eden.

La sessualità esiste in quanto esiste una differenza fra i sessi, in quanto siamo stati creati maschio e femmina.
Per l'appunto Adamo fu il primo uomo ed Eva la prima donna.
Il racconto, pur di fantasia, del loro primo incontro e del loro approccio è l'oggetto dei due diari, di Adamo e di Eva, scritti da Mark Twain.
Le differenze fra il modo di concepire il rapporto con l'altro sesso tra uomo e donna sono così ben evidenziate da fare dei due racconti due piccoli trattati sulla sessualità.
L'epigrafe che Mark Twain pensa come scritta da Adamo sulla tomba di Eva ("Dovunque era lei, là era l'Eden") è illuminante per far capire come solo nell'interazione con l'altra l'uomo (e viceversa) trovi il suo completamento, la sua felicità, il suo vero paradiso, perchè fatti non fummo per viver come orsi.
E secondo me, Twain voleva dire che valeva la pena di essere cacciati dal Giardino, pur di scoprire il sesso.

Riporto un altro breve brano dal Diario di Eva, quello in cui la donna prova a analizzare il perchè lei, femmina, sente di amare lui, maschio.
E scopre che non c'è un motivo razionale, logico...

"Perchè l'amo, allora? *Semplicemente perchè è maschio*, credo.
E' questione di sesso, penso.
E' forte e bello, e lo amo per questo, lo ammiro e sono fiera di lui, ma potrei amarlo anche senza queste qualità; se fosse scialbo, lo amerei; se fosse ridotto a un rottame, lo amerei e lavorerei per lui, sarei la sua schiava, pregherei per lui e veglierei al suo capezzale fino all'ora della mia morte.
Sì, credo di amarlo perchè è *mio* ed è *maschio*. Non ci sono altre ragioni, suppongo. Perciò credo che l'amore non è il prodotto dei ragionamenti e delle statistiche. *Viene*, semplicemente - nessuno sa da dove - e non si può spiegare.
E non ce n'è neppure bisogno.
Ecco quello che penso. Ma sono solo una ragazza, la prima che abbia esaminato la faccenda, e può darsi che nella mia ignoranza e inesperienza, non l'abbia intesa nel modo giusto".

Eva così scrivEva.
 
Che un prefetto della Repubblica, per di più preposto a una città di grande importanza come Napoli, ignori che l'appellativo "signora" è il più cortese e deferente che si possa rivolgere a una donna (perfino la regina d'Inghilterra si fa chiamare "madam"), è intollerabile. Venga rimosso e mandato a ripetizioni di buona creanza elementare.
 
Nella pièce, Totò impersonava Mussolini vestito da Pinocchio e rimproverava l'Italia, interpretata dalla Magnani vestita da Salomè, per essere stata troppo adulatrice e passiva nei suoi confronti e non aver avanzato critiche, nel momento in cui era necessario farle.[1]
« Se mi volevi bene, in quei momenti
non mi dovevi fare i monumenti.
Dovevi fare almeno sol la mossa
d'organizzà uno straccio di sommossa
quand'io pontificavo dal balcone
dovevi farmi almeno un pernacchione »
 
Il manager Piergiorgio Peluso, figlio del ministro dell'Interno Anna Maria Cancellieri, ha incassato 3,6 milioni di euro di buonuscita dal gruppo assicurativo Fonsai, dopo esserne stato direttore generale per 14 mesi. Nella generosa distribuzione di prebende che le società italiane sono abituate a perpetuare - a dispetto della crisi - ai loro top manager, la vicenda di Peluso ha tutti i requisiti per battere ogni record.
Piergiorgio Peluso di Unicredit Stando ai dettagli pubblicati ieri dal sito Repubblica.it, confermati da fonti Fonsai all'Ansa, Peluso è riuscito infatti a farsi pagare una liquidazione pari a tre annualità di stipendio - normalmente assegnata ai manager mandati via - a fronte di dimissioni volontarie. Assumendo l'incarico di direttore generale, nel maggio 2011, Peluso aveva ottenuto una clausola contrattuale con la quale gli veniva riconosciuta la sontuosa buonuscita anche in caso di dimissioni volontarie se fosse intervenuto un passaggio di mano del controllo della Fonsai.
anna maria Cancellieri Il gruppo assicurativo, storicamente in mano alla famiglia Ligresti, è passato sotto il controllo della Unipol nel corso dell'estate. A luglio Peluso ha fatto scattare la clausola e se n'è andato. non è stato disoccupato a lungo. Subito dopo è stato assunto da Telecom Italia come direttore finanziario.
Prima di andare a Fonsai, Peluso era a Unicredit, responsabile dei rapporti con le grandi aziende. In quella veste si era occupato di far sottoscrivere alla banca di piazza Cordusio un aumento di capitale della Fonsai, di cui Unicredit è azionista con il 7 per cento del capitale. Un investimento di 170 milioni di euro per la sottoscrizione di titoli che oggi valgono 20 milioni.
I VERTICI DI FONDIARIA - LA FAMIGLIA LIGRESTI Fonsai versava infatti in pessime acque da anni. E curiosamente sono oggi gli stessi Ligresti, che lo assunsero, ad accusare Peluso di aver giocato sporco: secondo le loro accuse è stato lui a evidenziare, poco dopo l'insediamento, una situazione talmente critica da richiedere un nuovo pesante aumento di capitale.
FAMIGLIA LIGRESTI I Ligresti, che non erano in grado di ricapitalizzare la compagnia di assicurazioni, accusano in sostanza Peluso di aver forzato la situazione per rendere inevitabile un passaggio di mano della compagnia. I fatti sono noti. Essendo la Fonsai pesantemente indebitata con il sistema bancario, in particolare con Mediobanca, proprio negli uffici che furono di Enrico Cuccia è maturato il progetto di far salvare la compagnia dall'Unipol. il piano, nato attorno a Capodanno, è adesso in dirittura d'arrivo.
zt03 famiglia ligresti giulia salvatore jonella Stando alle accuse dei Ligresti, Peluso si sarebbe dimostrato molto furbo, o quantomeno lungimirante. L'interpretazione più favorevole al manager è invece che egli si sia dimostrato un sentimentale. il contratto firmato da Peluso come direttore generale Fonsai dimostra che il figlio del ministro dell'Interno tutto voleva fuorchè lavorare per azionisti diversi dal costruttore di Paternò. Solo questo desiderio può spiegare la determinazione con cui ha strappato la clausola secondo la quale, in caso di cambio dell'azionista di controllo, egli non avrebbe potuto sopportare il trauma, e si riservava quindi di andarsene sdegnato con tanto di risarcimento milionario.
 

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