Alla cortese attenzione di Tashtego

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“Mike Bongiorno non si vergogna di essere ignorante e non prova il bisogno di istruirsi. Entra a contatto con le più vertiginose zone dello scibile e ne esce vergine e intatto [… ] pone grande cura nel non impressionare lo spettatore, non solo mostrandosi all’oscuro dei fatti, ma altresì decisamente intenzionato a non apprendere nulla.
 
La star del volley francese e anche il suo enfant terrible: Earvin Ngapeth, il principale artefice del titolo Europeo e della World League della Francia nel 2015, è andato sotto processo oggi a Parigi, accusato di aver aggredito un controllore delle ferrovie transalpine. Il ricevitore attaccante di 24 anni è stato processato dopo un fermo di polizia a luglio per atti di violenza su un controllore, intralcio al traffico ferroviario e calunnie. La richiesta del Pm di Parigi per Earvin Ngapeth è di 3 mesi con la condizionale e 3000 euro di multa. La sentenza verrà emessa il 4 aprile. Come si ricorderà Ngapeth, non a caso soprannominato in francia il "Nicolas Anelka del volley", aveva già usufruito della condizionale per una causa precedente a Montpellier. Quasi certamente Ngapeth farà appello. Ma è chiaro che questa situazione personale non lo aiuta a giocare più sereno. Originariamente in programma nel mese di ottobre, il processo era stato rinviato a causa di una trasferta del giocatore. La giustizia lo accusa di avere colpirlo il 21 luglio scorso un controllore a cui avrebbe chiesto di ritardare la partenza di un TGV per aspettare un amico.
 
João Magueijo, portoghese, fisico teorico, in La particella mancante. Vita e mistero di Ettore Majorana, genio della fisica
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(in libreria per i tipi di Rizzoli) non parla solo del neutrino – noto come “fermione di Majorana” o, appunto, come “particella di Majorana” – ma anche del fatto che la particella mancante sia Ettore Majorana stesso. E Magueijo avanza l'ipotesi che Ettore Majorana fosse omosessuale, fuggito da una madre dispotica, scappato dall'incompatibilità con i “ragazzi di via Panisperna”, forse, in un estremo tentativo di allontanarsi da se stesso.Ettore Majorana non era una persona facile e di lui non si conoscono relazioni con donne. Così Magueijo, tra il serio e il faceto, ipotizza l'omosessualità del fisico siculo. Ipotesi molto pirandelliana. Ovviamente il libro non parla solo di questo, ma ricostruisce – in maniera seria e approfondita – la vita di Ettore Majorana.
 
E’ sempre il solito vizio pedagogico un po’ sinistroide: “Date ai vostri lettori libri elevati, smetteranno di leggere Volo e leggeranno quelli”. Tipo in Unione Sovietica quando in TV davano solo musica classica, letture di romanzi classici e dibattiti politici: appena hanno visto SanRemo con Albano&Romina gli sembrava musica che arrivava direttamente dal Paradiso.
 
Mangiare troppo induce il cervello ad invecchiare, aumentando la probabilità di avere problemi al cervello durante l'età senile.
 
Etiopia 1937:
il massacro dimenticato di MICHELE STRAZZA Tra i tanti massacri perpetrati dagli Italiani in Etiopia durante il fascismo, di particolare efferatezza sono quelli eseguiti nel 1937 dopo il fallito attentato al Vicerè Rodolfo Graziani ad Addis Abeba.
Il 19 febbraio, in occasione della nascita di Vittorio Emanuele, primogenito di Umberto II di Savoia, il Vicerè dà ordine di preparare una cerimonia pubblica nel giorno della festa della Purificazione della Vergine secondo il calendario copto.
Graziani, volendo imitare un'usanza etiope, decide di distribuire a ciascuno dei poveri di Addis Abeba due talleri d'argento, uno in più rispetto a quanto ha sempre distribuito Hailè Selassiè. Insieme agli invitati una folla di derelitti confluisce, così, nel cortile del palazzo imperiale ("ghebbì"). Improvvisamente due intellettuali eritrei (Abraham Debotch e Mogus Asghedom) lanciano contro il palco 7 o 8 bombe a mano uccidendo quattro italiani, tre indigeni e ferendo una cinquantina di presenti, tra cui lo stesso Graziani, colpito da 350 schegge.
Dopo i primi momenti di panico e indecisione vengono chiuse le uscite del vasto cortile per evitare la fuga degli attentatori. Subito si scatena il fuoco di fucileria dei militari italiani e degli ascari libici sulla folla che cerca di fuggire. Si spara per tre ore. Molte persone vengono uccise anche a colpi di scudiscio nei saloni del palazzo.

Fuori partono fulminee le rappresaglie, che proseguiranno per parecchi giorni. Rodolfo GrazianiAnche le chiese non vengono risparmiate. Così racconta quei momenti il giornalista Ciro Poggiali, ferito leggermente ad una gamba: «Tutti i civili che si trovano ad Addis Abeba, in mancanza di una organizzazione militare o poliziesca, hanno assunto il compito della vendetta condotta fulmineamente coi sistemi del più autentico squadrismo fascista. Girano armati di manganelli e di sbarre di ferro, accoppando quanti indigeni si trovano ancora in strada. Vengon fatti arresti in massa; mandrie di negri sono spinti a tremendi colpi di curbascio come un gregge. In breve le strade intorno al tucul sono seminate di morti. Vedo un autista che dopo aver abbattuto un vecchio negro con un colpo di mazza gli trapassa la testa da parte a parte con una baionetta. Inutile dire che lo scempio si abbatte contro gente ignara ed innocente. (...) 20 febbraio 1937, sabato. (...) Sono stato a visitare l'interno della chiesa di San Giorgio, devastata dal fuoco appiccato fuori tempo con fusti di benzina, per ordine e alla presenza del federale Cortese. (...) Alla sera cerco invano di ottenere dal colonnello Mazzi di telegrafare al giornale. Gli ordini di Roma sono tassativi: in Italia si deve ignorare. (...) Il colonnello Mazzi mi smentisce che nel santuario di San Giorgio siano state trovate mitragliatrici; è segno che l'incendio non era giustificato. Per tutta la notte, con un accanimento anche più feroce che nella notte precedente, si continua l'opera di distruzione dei tucul. Spettacoli da tragedia delle immense fiammate notturne. La popolazione indigena è tutta sulla strada. Impressionante indifferenza dei capannelli di donne e di bambini intorno alla masserizie fumanti. Non un grido, non una lacrima, non una recriminazione. Gli uomini si tengono nascosti, perché rischiano di essere finiti a randellate dalle orde punitive. Episodi orripilanti di violenze inutili. Mi narrano che un suddito americano, per avere soccorso un ferito abissino, è stato bastonato dalle squadre dei randellatori».

Così descrive il massacro il prof. Harold J. Marcus: «Poco dopo l'incidente, il comando italiano ordinò la chiusura di tutti i negozi, ai cittadini di tornare a casa e sospese le comunicazioni postali e telegrafiche. In un'ora, la capitale fu isolata dal mondo e le strade erano vuote. Nel pomeriggio il partito fascista di Addis Abeba votò un pogrom contro la popolazione cittadina. Il massacro iniziò quella notte e continuò il giorno dopo. Gli etiopi furono uccisi indiscriminatamente, bruciati vivi nelle capanne o abbattuti dai fucili mentre cercavano di uscire. Gli autisti italiani rincorrevano le persone per investirle col camion o le legarono coi piedi al rimorchio trascinandole a morte. Donne vennero frustate e uomini evirati e bambini schiacciati sotto i piedi; gole vennero tagliate, alcuni vennero squartati e lasciati morire o appesi o bastonati a morte».
Il fallito attentato diventa, dunque, l'occasione per quello che Mussolini definisce, in un telegramma a Graziani del 20 febbraio, «inizio di quel radicale repulisti assolutamente (...) necessario nello Scioà». E il giorno dopo, sempre il Duce, telegrafa: «Nessuno dei fermi già effettuati e di quelli che si faranno deve essere rilasciato senza mio ordine. Tutti i civili e religiosi comunque sospetti devono essere passati per le armi e senza indugi».
Le violenze, come già detto, continuano per molti giorni, andando ben al di là dei tre giorni successivi nei quali si scatena la rappresaglia immediata. Circa 700 indigeni, rifugiatisi nell'ambasciata inglese, vengono fucilati appena usciti da questa.
Non si conosce il numero esatto delle vittime nei primi giorni successivi all'attentato. Fonti etiopi parlano di 30.000 vittime, fra 3.000 e 6.000 secondo la stampa straniera del tempo.
Gli attentatori, intanto, nonostante la taglia di 10.000 talleri messa sulle loro teste non si trovano. Su ordine di Graziani alla fine di febbraio vengono fucilate decine di notabili e ufficiali etiopi
 

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