Alta velocità in val di Susa

ciro ha scritto:
sharnin ha scritto:
...l'opposizione diventa una moda.

Aldilà delle panzanate di essere tagliati fuori dalle linee commerciali per i prossimi 150 anni... devo dire che la Bresso fa una figura pietosa nel dire queste cose... lasciamo stare la follia del Ponte sullo Stretto inserito in un sistema che è ancora in monorotaia non elettrificata...

..mi sai dire chi paga e chi incassa per la TAV?


..la risposta di questa IMMANE PORCHERIA sta qua....

......basta aprire un pò i cassetti e leggersi i mandatori dei lavori....


I SOLITI ....che pagano i soliti.... per dire (intelligentemente?) le solite cose....

mah!

poveretta l'europa!


La TAV, come il Ponte, fa parte del sistema di Corridoi europei, e si sta facendo nel resto d'Europa, se non si farà in Val di Susa si farà a nord delle Alpi
 
ciro ha scritto:
sharnin ha scritto:
...l'opposizione diventa una moda.

Aldilà delle panzanate di essere tagliati fuori dalle linee commerciali per i prossimi 150 anni... devo dire che la Bresso fa una figura pietosa nel dire queste cose... lasciamo stare la follia del Ponte sullo Stretto inserito in un sistema che è ancora in monorotaia non elettrificata...

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Ponte: General Contractor Impregilo

Il colosso italiano delle costruzioni nato dalla fusione delle grandi aziende di riferimento del gruppo Fiat-Agnelli (Cogefar, Impresit e Lodigiani).
Dall'aprile di quest'anno, è stato nominato quale membro del Cda il dottor Francesco Paolo Mattioli, ex manager Fiat e Cogefar-Impresit, oggi consulente della holding di Torino e responsabile del progetto per le linee ad alta velocità ferroviaria Firenze-Bologna e Torino-Milano di cui le società del gruppo Fiat ricoprono il ruolo di General Contractor. Più che manager-consulente Mattioli è da vent'anni l'uomo ombra della famiglia Agnelli e di quel Cesare Romiti padre di Pier Giorgio neoamministratore delegato di Impregilo.

Gemina, è il vero e proprio cuore strategico-finanziario di Impregilo. Sarà utile menzionarne i soci di rilievo. Innanzitutto Spafid S.p.A. (21,8%), società controllata da Miotir S.p.A. (la cassaforte della famiglia Romiti) e nominalmente dallo stesso Cesare Romiti; Mediobanca (12,5%) "salotto buono" della finanza italiana e per decenni feudo incontrastato del siciliano Cuccia; la Epifarind-Italmobiliare-Italcementi (5,1%); Premafin-Sai-Fondiaria (3%) del noto costruttore Salvatore Ligresti, anch'egli siciliano; le Assicurazioni Generali (2,3%); Capitalia (2,1%) e infine il Credit Suisse First Boston (2%). Il patto di sindacato è stato sottoscritto da Cesare Romiti, Piergiorgio Romiti (neoamministratore delegato di Gemina e Impregilo), Paolo Savona (ex A.d. di Impregilo e odierno presidente del Cda di Gemina), i vertici di Mediobanca, Capitalia, Edison (ex Montedison), Pirelli & C., Assicurazioni Generali, Fassina Partecipazioni, la Italmobiliare presieduta da Giampiero Pesenti (che è anche amministratore delegato di Italcementi).
Italmobiliare è una società leader nel settore della finanziazione immobiliare e attraverso la controllata Italcementi è a capo delle maggiori aziende produttrici nel mondo di materiali da costruzione (cemento, calcestruzzo e inerti). Oltre a Gemina, Italmobiliare vanta partecipazioni in Unicredito Italiano, Mediobanca, BPU - Banche Popolari Unite, Mcc Mediocredito Centrale, Consortium (finanziaria in cui sono presenti ancora Capitalia, le Assicurazioni Generali e la Mediolanum della famiglia Berlusconi), Mittel, RCS MediaGroup (holding che controlla il Corriere della Sera, la Gazzetta dello Sport, i periodici e i libri del Gruppo RCS.), Poligrafici Editoriale.
Da Gemina, Italmobiliare ha acquistato lo scorso anno circa 10,5 milioni di azioni Rcs MediaGroup, divenendone uno dei maggiori azionisti con Mediobanca, Fiat partecipazioni, gli imprenditori Ligresti, Diego Della Valle e Francesco Merloni, Banca Intesa, Capitalia, Pirelli & C.. Il legame Pesenti-Agnelli è infine segnato dal recente ingresso nel Cda di Italmobiliare di Gabriele Galateri di Genola, già amministratore delegato del Gruppo Fiat e vero e proprio braccio destro dello scomparso Umberto Agnelli nella gestione delle finanziarie di famiglia IFI-IFIL.

È il febbraio 2005 e una cordata composta da quattro gruppi finanziari (Argofin-Techint-Investindustrial-Autostrade) fa il suo ingresso nel capitale sociale di Impregilo

Argofin è la finanziaria dell'imprenditore Marcellino Gavio, attivissimo nelle concessioni autostradali e nei grandi lavori ferroviari. Ad Argofin risale il controllo di due delle maggiori imprese di costruzioni italiane, Itinera e Grassetto, quest'ultima rilevata parzialmente da Salvatore Ligresti, il siciliano a capo del gruppo finanziario-assicurativo che abbiamo visto tra gli azionisti di Gemina-Impregilo e che vanta pure, attraverso la controllata Premafin-Sai, il possesso del 5% di Italmobiliare.
L'holding di Marcellino Gavio è inoltre proprietaria del 56,52% della società Autostrada Torino-Milano, del 90% dell'Autostrada Torino-Piacenza, di quote azionarie delle autostrade Ventimiglia-Savona e Roma-L'Aquila-Teramo e di una quota del 6,25% delle Ferrovie Nord. Dalla Fiat Impresit l'imprenditore ligure ha rilevato la finanziaria Siway, acquisendo il controllo di metà del capitale della società Salt che cestisce l'autostrada Genova-Livorno. Gavio rappresenta l'undicesima realtà italiana nel settore del trasporto per conto terzi, con una flotta di oltre 400 camion e un fatturato di una settantina di miliardi all'anno. Detiene inoltre una quota sociale di Consortium, la finanziaria che ha scalato con successo Mediobanca.
La Techint è invece la holding dei Rocca, una delle famiglie più ricche d'Italia, da sempre fedele alleata degli Agnelli. È il settore siderurgico il cuore pulsante del gruppo Rocca: la Techint controlla le principali società siderurgiche italiane dello storico gruppo Dalmine e importanti acciaierie in America latina, Stati Uniti, Tailandia, Giappone e Cina. Alla produzione dell'acciaio sono state affiancate altre redditizie attività, principalmente la realizzazione di grandi infrastrutture stradali e ferroviarie e la gestione dei servizi (acqua e sanità).
Investindustrial è il fondo in mano alla famiglia Bonomi, vero e proprio gotha finanziario-immobiliare alleato del gruppo Pesenti (un Bonomi, Giorgio, siede nel consiglio di amministrazione di Italmobiliare).

Tra le new-entry nel capitale Impregilo, il Gruppo Autostrade S.p.A. a capo di buona parte del sistema autostradale italiano, il più grande d'Europa. A seguito del processo di privatizzazione, Autostrade è divenuta la roccaforte della famiglia dei Benetton di Treviso. Amministratore delegato del gruppo è Vito Alfonso Gamberale, già general manager del gruppo Eni, poi A.d. di SIP, Telecom Italia e TIM e vicepresidente di 21 Investimenti S.p.A., la società di partecipazioni industriali controllata da Benetton, Banca Intesa, Deutsche Bank e Assicurazioni Generali. Oggi il 50,1% di Autostrade appartiene alla società finanziaria Schemaventotto, controllata a sua volta da Edizione Holding-Benetton (60%), dalla Fondazione CRT (13,3%), Albertis (13,3%), Assicurazioni Generali (6,6%) e Unicredit (6,6%). Avevamo già incontrato le Generali quale importante azionista di Gemina e Consortium-Mediobanca, mentre Unicredit è tra i soci-creditori di Impregilo.
Un determinante "appoggio esterno" alle famiglie Gavio-Rocca-Bonomi-Benetton nella scalata al colosso delle costruzioni in gara per la realizzazione del Ponte è stato fornito da Efibanca e dalla Società Italiana per Condotte d'Acqua. Efibanca è la merchant bank di BPL Banca Popolare di Lodi.

Le Coop "rosse", nella gara del Ponte sullo Stretto vedono ... la C.M.C. Cooperativa Muratori & Cementisti di Ravenna (in associazione con Impregilo).
Anche la Società Italiana per Condotte d'Acqua (terzo gruppo italiano di costruzioni in fatturato, interamente acquisito dai privati dalla ex IRI) non poteva mancare all'appuntamento con il Ponte di Messina. Condotte compare infatti nell'associazione di imprese guidata da Impregilo per il General Contractor; di Impregilo la società Condotte è pure partner nella realizzazione dei lavori per l'Alta Velocità, il sistema Mose a Venezia e l'ammodernamento dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria. Nel febbraio 2003, Condotte ha acquistato da Impregilo il 24% del capitale del Consorzio COCIV (Consorzio Collegamenti Integrati Veloci), affidatario, da parte di TAV S.p.A., della progettazione e realizzazione della linea ferroviaria Milano-Genova, più il 12,2% di ATI Ingegneria, il raggruppamento temporaneo d'imprese a cui COCIV ha sub-affidato la progettazione di parte della suddetta tratta ferroviaria.
Società Italiana per Condotte d'Acqua è controllata per il 98,85% dalla società Ferfina S.p.A., holding finanziaria di partecipazione; a sua volta, il 15% di Ferfina è controllato da Efibanca, società del gruppo BPL Investimenti.
.
Nel Cda di Capitalia siede di diritto un rappresentante della Regione Siciliana, altra azionista di minoranza della Società Stretto di Messina; la Regione detiene infatti direttamente il 3,3% di Capitalia e indirettamente, attraverso la Fondazione Banco di Sicilia, un altro 3,2%.
....

Impregilo
L’8 aprile 2005 Autostrade per l’Italia S.p.A. ha partecipato, con una quota di capitale pari al 20%, alla costituzione di IGLI S.p.A., società nata con l’obiettivo di contribuire al rafforzamento finanziario e strategico di Impregilo, una delle principali società italiane nel settore delle costruzioni. Partecipano inoltre al capitale di IGLI: Tesir S.r.l. (Gruppo Techint; 30%), Argo Finanziaria S.p.A. (Gruppo Gavio; 30%) ed Efibanca S.p.A (20%).
In base a un accordo con Gemina S.p.A., nell’ambito di un aumento di capitale di Impregilo per 650 milioni di euro, il 15 luglio 2005 IGLI è divenuta titolare del 12,59% del capitale sociale di quest’ultima.
Il 7 settembre 2005 IGLI ha incrementato ulteriormente la propria partecipazione in Impregilo, passando dal 12,59% al 15,53%.
Al fine di finanziare l’investimento in Impregilo, IGLI ha provveduto ad un aumento di capitale pari a 120 milioni di euro, con un investimento complessivo da parte di Autostrade per l’Italia pari a 24 milioni di euro.

***

La Cooperativa Muratori & Cementisti – Cmc di Ravenna, nell’ambito del raggruppamento di imprese guidato da Impregilo, ha ottenuto l’aggiudicazione della gara per l’appalto della realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina.
Il General Contractor che realizzerà la prestigiosa opera è stato scelto dalla Società Stretto di Messina al termine della valutazione delle offerte presentate che ha visto l’assegnazione del miglior punteggio sia tecnico sia economico alla cordata di cui fa parte Cmc.
Cmc detiene una quota del 13% della società costituita, oltre che dalla capogruppo Impregilo, da Sacyr SA, Società Italiana Condotte, Ishikawajma-Harima Heavy Industries Co. e Aci Consorzio Stabile del Gruppo Gavio. La società progettista è Cowi.
Il Ponte sullo Stretto di Messina, con una lunghezza di 3.666 metri, sarà il più lungo ponte del mondo. La campata centrale sarà lunga 3.300 metri, con un impalcato di 60.4 metri. Ci saranno sei corsie stradali, due corsie di servizio e due binari.
L’aggiudicazione della gara è avvenuta sulla base di un’offerta di 3.880 milioni di Euro, con uno sconto, quindi, del 12,33% rispetto ai 4.430 milioni di Euro indicati a base d’asta.
La quota di Cmc è di oltre 500 milioni di Euro.
Il tempo massimo di realizzazione del progetto è stato indicato in 70 mesi.
 
Ad alta velocità verso l'immobilismo

dal sito www.lavoce.info:

Ad alta velocità verso l'immobilismo
di Andrea Boitani e Marco Ponti


Il collegamento ferroviario ad alta velocità (Av) tra Torino e Lione sta attirando molta attenzione sulla stampa per le proteste degli abitanti e dei sindaci della Val di Susa, che temono un impatto ambientale dell’opera devastante.
Molti politici nazionali, di maggioranza come di opposizione, dicono invece che la Tav Torino-Lione si deve fare comunque e che non si può permettere agli interessi particolari dei valligiani di prevalere su quello nazionale di realizzare un’infrastruttura così strategica per il futuro dell’Italia.
Stimati giornalisti temono il prevalere di una deleteria "cultura del non fare" o, peggio, il ritorno di un "piccolo mondo antico italiano". (1)
Lasciamo da parte le preoccupazioni ambientaliste e gli esasperati localismi (ignobilmente cavalcati dall’estremismo politico) e cerchiamo di capire se, al di fuori della retorica, l’alta velocità Torino-Lione sia veramente così strategica per l’Italia o se vi siano altre grandi opere ferroviarie più urgenti.
E di valutare se proprio l’avvio dell’opera non possa esso sì configurarsi come un caso di "piccolo mondo antico italiano" e non finisca per contribuire alla "cultura del non fare" e, peggio, alla "pratica del non fare" (le cose giuste). (2)

Dove e quando
Partiamo da qualche fastidiosa informazione tecnica, di quelle che i sostenitori della strategicità tendono a ignorare. Il progetto Tav Torino-Lione si compone, in realtà, di tre parti. Quella al centro dell’attenzione in questi giorni è solo la tratta di valico o parte comune italo-francese, di 79,5 km. Quasi interamente in galleria (64 km), collegherebbe St. Jean de Maurienne in Francia e Bussoleno in Piemonte.
In queste due località vi sarebbe la connessione con la linea storica, almeno finché le tratte tra Bussoleno e Torino e tra St. Jean e Lione non saranno completate.
E qui si può fare la prima osservazione: date le caratteristiche del progetto, la parte di valico sarà fruibile solo quando sarà del tutto completata, cioè secondo le previsioni ufficiali, tra il 2018 e il 2020.
Fino ad allora, i treni continueranno a percorrere per intero la linea storica, dal momento che si è deciso di realizzare le due tratte di adduzione dopo e non prima della tratta di valico.
Quanto è lecito che sia differita la disponibilità di un’infrastruttura per continuare a definirla strategica? E quale ritardo nel completamento dei lavori è tollerabile per la strategicità, tenendo conto che i tempi di realizzazione sono nella maggior parte dei casi molto più lunghi di quelli previsti?

Quale domanda di traffico?
Secondo le stime del Gruppo di lavoro intergovernativo italo-francese , lo stato della domanda di traffico sulla tratta ferroviaria Torino-Lione (nel 1997) era così riassumibile: 10,1 milioni di tonnellate di merci e 1,3 milioni di passeggeri per anno, di cui il 60 per cento in transito notturno.
Nel 2004 il traffico merci è sceso a 8,5 milioni di tonnellate/anno.
Il traffico passeggeri era ed è rimasto irrisorio.
La concorrenza dei voli low cost tra Roma, Genova, Milano o Torino e Parigi rende prevedibile un’ulteriore diminuzione del traffico.
Pochi sono e pochi rimarranno i viaggiatori che vanno soltanto da Torino a Lione e viceversa.
Ancora in virtù delle stime ufficiali del Gli, tenendo conto della realizzazione dei valichi ferroviari svizzeri del Gottardo di base e del nuovo Loethchberg, il traffico merci sulla linea storica per il valico di Modane salirebbe a 12,1 Mtonn/anno nel 2015.
Ma tale previsione non poteva tenere conto della diminuzione di traffico negli anni più recenti e quindi va ritenuta ottimista.
Con il potenziamento della linea esistente, la capacità della tratta potrebbe arrivare a 20 Mtonn/anno. Se tale potenziamento venisse realizzato e ogni camion in transito per i valichi stradali venisse tassato per ulteriori 100 euro, la domanda ferroviaria per Modane potrebbe salire fino a 16,9 Mtonn/anno nel 2015.
Con la realizzazione del progetto Av, e mantenendo la tassa sui camion, la domanda potrebbe arrivare fino a 21,1 Mtonn/anno.
Su queste previsioni di domanda bisogna, però, fare la tara: non tengono conto che la domanda tende a crescere in valore, ma non altrettanto in peso. (3)
La capacità della nuova linea sarebbe di 40 Mtonn/anno, da aggiungere alle 10 della linea storica così com’è o delle 20 della linea storica potenziata. Inoltre, si sta raddoppiando la linea ferroviaria costiera con la Francia, che non è molto distante dalla Val di Susa.
Si realizzerebbe, dunque, un’opera per far rimanere inutilizzata dal 58 al 65 per cento della capacità.
Sempre secondo le stime del Gli, l’opera non contribuirebbe a uno spostamento "spontaneo" di traffico dalla strada alla rotaia, che rimarrebbe intorno al 39 per cento del totale, contro il 38 per cento del 1997: gli aumenti di traffico sulla linea ferroviaria Torino-Lione si avrebbero a scapito di altre linee ferroviarie.
I benefici ambientali (aggregati) e di decongestionamento delle arterie stradali sarebbero nulli o vicini allo zero. Dunque, la strategicità non sta nel cambio modale.
Del resto, ponendo vincoli "a termine" molto stringenti sulle emissioni dei camion si potrebbe ottenere un risultato migliore dal punto di vista ambientale attraverso il progresso tecnico dell’industria motoristica.

I costi e i finanziamenti
Il costo della sola tratta di valico stimato dalla società Ltf - Lyon-Turin Ferroviarie, aggiornato al 2003, è di 6,7 miliardi di euro, con una crescita dal 2000 del 17 per cento (stime del Gli).
Applicando lo stesso tasso di crescita medio annuo, oggi le previsioni dovrebbero arrivare a 7,46 miliardi di euro.
In base al "Memorandum di intesa" del 5 maggio 2004, l’Italia si farà carico del 63 per cento dei costi non coperti dall’Unione Europea e la Francia del 37 per cento.
Per la tratta esclusivamente italiana (Bussoleno-Torino), dovrebbe aggirarsi sui 4,6 miliardi di euro, cui vanno aggiunte le spese per adeguare il nodo di Torino e quelle per il potenziamento della linea storica, necessaria a far fronte ai previsti incrementi di domanda da adesso al 2020.
Le previsioni più accreditate ritengono che il costo per il bilancio pubblico italiano dovrebbe aggirarsi intorno ai 13 miliardi di euro. Ma l’esperienza internazionale insegna che, in media, i costi delle opere ferroviarie sono più alti di un buon 30 per cento rispetto alle previsioni. In questo caso, il costo per il bilancio italiano salirebbe a circa 17 miliardi di euro.
Non c’è forse il rischio che un costo così ingente porterà con sé ritardo nei finanziamenti e quindi ritardo nella realizzazione dell’opera, allontanando nel tempo la sua utilità economica?
Anche dando ampio peso alle esternalità ambientali, tutte le analisi costi-benefici condotte dal Gli, sotto diverse ipotesi, conducevano a risultati negativi. (4)
Secondo quali criteri può definirsi strategica un’opera i cui costi (probabilmente sottostimati) superano largamente i benefici, pur stimati molto generosamente?
Sarebbe ragionevole attendersi che chi afferma la strategicità fornisse qualche giustificazione un po’ più robusta di quelle basate su uno "sguardo alla cartina geografica". (5)

Ci sono opere più utili?
Trascuriamo alcune opere stradali e le infrastrutture delle grandi città, che pure appaiono tra le più urgenti .
Rimaniamo alle grandi opere ferroviarie inserite nella Legge Obiettivo.
Tra queste c’è il valico del Brennero che appare di grande interesse. Una prima analisi costi-benefici condotta da ricercatori del Politecnico di Milano in base a ipotesi molto prudenti sull’evoluzione della domanda e sui costi, cioè sottostimando la crescita della domanda e sovrastimando i costi, come è sempre doveroso negli studi di fattibilità seri, ha mostrato che il valore attuale netto per la collettività dell’opera sarebbe positivo, anche tenendo conto del costo opportunità dei fondi pubblici.
In effetti, il quadruplicamento dell’asse ferroviario del Brennero, ha costi finanziari assai più limitati della Torino-Lione: nel 2003 si stimava un costo complessivo di 2,6 miliardi di euro per il 50 per cento di competenza italiana.
Anche rivalutandolo allo stesso tasso annuo con il quale si è rivalutato il costo della Torino-Lione, si arriverebbe ai 3 miliardi di euro.
E l’abituale extra-costo del 30 per cento porterebbe a 3,9 miliardi.
Inoltre, già oggi, la domanda sia per le merci che soprattutto per i passeggeri è assai più elevata e ha un più alto tasso di crescita sulla tratta Verona-Monaco che non sulla Torino-Lione.
Infine, l’opera potrebbe essere completata nel 2011 e non nel 2020, fatti salvi i ritardi consueti.
Ma se tante risorse pubbliche verranno impegnate per la Torino-Lione cosa resterà per il Brennero? Qualcuno, naturalmente dirà che bisogna fare l’una e l’altra opera e altre ancora.
Ma, date le limitatissime risorse a disposizione per investimenti pubblici, questo significa dispersione dei finanziamenti e quindi rallentamento delle realizzazioni, anche delle opere utili e urgenti. È questo il trionfo vero del non fare, nella peggiore tradizione del "piccolo mondo antico italiano".


(1) Guido Gentili su Il Sole 24 Ore del 16 novembre 2005.

(2) A tali fini e utilizziamo soltanto dati ufficiali (ove possibile aggiornati), contenuti nel Rapporto del 2000 del Gruppo di lavoro intergovernativo (Gli) italo-francese incaricato quasi dieci anni fa di analizzare la fattibilità dell’opera: "Nuovo collegamento ferroviario Torino-Lione", dicembre 2000.

(3) Si commerciano beni più pregiati e meno materie prime. Inoltre, come riconosceva il Gli nel suo Rapporto, per il 54 per cento dei traffici verso il Nord-Ovest l’alternativa di passare per i valichi svizzeri significa, in realtà, accorciare il percorso in media di 50 km. Ciononostante, nelle previsioni il 90 per cento del maggior traffico è stato attribuito al valico ferroviario di Modane.

(4) Così conclude sulla Torino-Lione la commissione francese incaricata dell’audit di vari progetti di investimento ferroviari:«Bien que fondés sur des présupposés méthodologiques discutables, les résultats actuellement disponibles montrent que ce n’est clairement pas sa rentabilité socio-économique qui peut conduire à justifier ce project. Le nouvelles études de Ltf fondées sur des trafics voisins tendent à confirmer ce résultat en adoptant des hypothèses raisonnables de valorisation des effets externes». Rapport d’audit sur le grandes projets d’infrastructures de transport. Le projets ferroviaires, Annex F1, Paris, fevrier, 2003.

(5) Il già citato Guido Gentili su Il Sole 24 Ore del 16 novembre 2005.

18 novembre 2005
 
Re: Ad alta velocità verso l'immobilismo

Prodi:
Tav. "Sono convinto che dietro una protesta così forte ci siano motivazioni che vanno almeno ascoltate; per spiegare che l'opera è necessaria e capire quali cambiamenti siano compatibili con le loro esigenze, per riparare eventuali danni". Sulla Tav, Prodi sembra avere un'idea precisa: "Ho esaminato i dossier, ho parlato con la De Palacio, delegata del Corridoio 5, e sono convinto che non possiamo prendere decisioni che tengono fuori l'Italia dai corridoi europei".
(Repubblica)
 

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