News, Dati, Eventi finanziari amico caro, te lo dico da amico, fatti li.... qui e' tutta malvivenza

2015
IL "PIANO TASSE" TRA CONDIZIONALITA' E ILLUSIONE FINANZIARIA: ORWELL E LA REINVENZIONE CONTINUA DELLA RUOTA



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1. Non è vero che il c.d."piano tasse" preannunziato dal vertice del governo, (50 miliardi ma in 5 anni, cioè, molto più modestamente, 10 miliardi all'anno, se detto con "sobrietà"), sia una cosa estemporanea e "priva di coperture". Questa accusa non regge alla luce delle più elementari conoscenze del quadro di de-sovranizzazione in cui l'Italia è inserita.
Preliminarmente basta porsi la solita domanda: qual'è LA SPIEGAZIONE DI ULTIMA ISTANZA? Cioè il METODO?


La risposta, - se non si fosse accecati dall'idea che l'€uropa è bella e ci salva dalla corruzione, e perciò è al di sopra di ogni sospetto-, è facile a darsi. Insomma nulla di "improvvisato", ma, invece, qualcosa di molto programmatico.


2. Se la legge di stabilità si imposta in estate, è del tutto ovvio che qualsiasi campagna di comunicazione tattico-strategica al riguardo va iniziata proprio adesso.
Quindi adesso è il momento di utilizzare a piene mani la ILLUSIONE FINANZIARIA, secondo i manuali più basic:
"Ora, parlando di dottrine economiche che domineranno il campo della politica fiscale italiana,...abbiamo introdotto il concetto di "illusione finanziaria".

La "illusione finanziaria" indica una "tecnica di governo" fondata sulla comunicazione "istituzionale", mirata, (tra l'altro) a far sentire come minore il peso di misure fiscali restrittive (nuovi tributi o tagli alla spesa pubblica), in modo da rendere meno forte il dissenso a politiche di "lungo termine" che, nel breve termine, potrebbero portare a reazioni da parte dell'opinione pubblica, in termini di perdita di consenso per il governo.

Vi diamo qualche lume teorico su questo punto:


Amilcare Puviani (v., 1903) all'inizio di questo secolo...definì ‟illusione finanziaria" la ‟rappresentazione erronea delle ricchezze pagate o da pagarsi a titolo d'imposta o di certe modalità del loro impiego".

L'illusione modifica la valutazione delle scelte dello Stato da parte del cittadino o del suddito contribuenti, la cui condotta, di conseguenza, risulta parimenti modificata.

Si possono distinguere due gruppi di motivi dell'illusione finanziaria: i passivi e gli attivi.

I motivi passivi - che consistono nell'ignoranza o nell'insufficiente conoscenza che i governanti e la collettività hanno del bilancio pubblico, degli scopi e dei vantaggi dei servizi pubblici, delle leggi tributarie e del sistema impositivo - danno origine a fenomeni di illusione finanziaria non solo nella collettività, ma negli stessi governanti.

I motivi attivi consistono in quegli atti che vengono posti deliberatamente in essere dai governanti al fine di modificare i giudizi e le valutazioni dei governati sia sull'imposizione che sulla spesa, oscurando l'entità e/o la natura della prima ed esaltando gli aspetti benefici della seconda.

L'illusione finanziaria, va pure aggiunto, non altera le scelte finanziarie soltanto a danno dei contribuenti e dei destinatari dei servizi pubblici; l'ignoranza dei governanti è spesso causa di illusione altresì a danno dell'ente politico (v. Parravicini, 1969).

3. Ma per capire davvero la questione dobbiamo ricorrere anche ad un'altra premessa, evidente davanti agli occhi di tutti i commentatori mediatici, ma altrettanto ignorata: LA CONDIZIONALITA' E LA TRISTE METAFORA DEL MEMORANDUM GRECO: L'EUROPA DEL NUOVO "STATO DI ECCEZIONE" CHE DISTRUGGE LA DEMOCRAZIA.
Rammentiamo:
"Si tratta dunque di un disegno, corrispondente al programma ordoliberista riflesso nei trattati (v.par.4), che esige un sistema coercitivo di imposizione, ai paesi debitori, di tali riforme strutturali: il sistema prescelto è quello della condizionalità. Essa è direttamente modellata sulle "lettere di intenti" imposte dal FMI ai paesi bisognosi di liquidità in valuta di riserva (attraverso vari strumenti finanziari patteggiati dai paesi aderenti al Fondo, che qui non rilevano) proprio a causa del loro indebitamento con l'estero, sempre per motivi di importazioni eccedenti le esportazioni, e quindi del debito privato commerciale.
Il sistema della CONDIZIONALITA' dunque, pur avendo la veste, meramente formale, della determinazione di una "Agenzia" di diritto internazionale, corrisponde invariabilmente alla prevalenza degli interessi non tanto dei paesi creditori in sè, quanto dei rispettivi "prestatori", cioè dei soggetti finanziari e bancari e dei sottostanti complessi industriali, prevalenti nelle transazioni commerciali mondiali.
Per questo motivo, come abbiamo visto più volte in questa sede, si parla di "diritto internazionale privatizzato" (v.par.9), da parte di un attento studioso di politica economica internazionale come Lordon.
La condizionalità, dunque, è la ratifica, per via di accordi stipulati tra queste agenzie o "entità" prestatrici (in seconda battuta), delle conseguenze inevitabili del liberoscambismo, imposto dai detti complessi industriali e bancari dei paesi più forti nel quadro politico-economico mondiale."

4. E' da molto tempo che la condizionalità predetermina le politiche fiscali italiane e i nostri governi sanno che occorre adeguarvisi per poter rimanere in sella.
D'altra parte, l'esempio Grecia non è, in questo momento, tale da lasciare àdito a dubbio alcuno.
Il piano tasse risponde a queste precise prescrizioni della Commissione che trovate più sotto, già riflesse nelle eloquenti tabelle allegate al DEF, e già implicate nella lettera BCE dell'estate 2011 (la sua attuazione, infatti, può terminare solo con la completa privatizzazione e colonizzazione italiana).
Queste prescrizioni, in qualche modo continuano ad aleggiare, sempre in modo da non doversene scostare, pur dovendosi evitare di arrivare a perdere troppo consenso con una realizzazione di intensità eccessiva:

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5. Insomma, spostare il carico fiscale dal reddito di imprese e persone fisiche (leggi: costo del lavoro), significa finanziare tutto ciò agendo su: IVA, riduzione delle agevolazioni fiscali (detrazioni e deduzioni, allargando la base imponibile, alla faccia della diminuzione nominale delle aliquote), aumento della imposizione patrimoniale (id est, revisione delle rendite catastali, di cui abbiamo parlato tante volte e, magari, reintroduzione dell'IMU sulla prima casa, perchè Piketty è vivo e lotta insiema ad ESSI).


A sua volta, vediamo come il DEF approvato il 10 aprile confermi questo quadro in termini di futuri ed inevitabili saldi:

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6. Per finire, "a ritroso", un'ulteriore serie di misure, altrettanto disponibili (anche scontando la Corte costituzionale), quali suggerite dalla lettera BCE e sempre attuali, e che consentono qualsiasi tipo di copertura in "illusione finanziaria", e continuando a "distruggere la domanda interna":

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Questo infatti, era il testo della "lettera", che fa sempre bene rammentare e non perdere mai di vista (come, ripetiamo, insegna l'esperienza greca), anche perchè spiega perfettamente come il presunto alleggerimento delle aliquote Ire si leghi al completamento delle mitologiche "riforme":
"a) E' necessaria una complessiva, radicale e credibile strategia di riforme, inclusa la piena liberalizzazione dei servizi pubblici locali e dei servizi professionali. Questo dovrebbe applicarsi in particolare alla fornitura di servizi locali attraverso privatizzazioni su larga scala.
b) C'é anche l'esigenza di riformare ulteriormente il sistema di contrattazione salariale collettiva, permettendo accordi al livello d'impresa in modo da ritagliare i salari e le condizioni di lavoro alle esigenze specifiche delle aziende e rendendo questi accordi più rilevanti rispetto ad altri livelli di negoziazione. L'accordo del 28 Giugno tra le principali sigle sindacali e le associazioni industriali si muove in questa direzione.

c) Dovrebbe essere adottata una accurata revisione delle norme che regolano l'assunzione e il licenziamento dei dipendenti, stabilendo un sistema di assicurazione dalla disoccupazione e un insieme di politiche attive per il mercato del lavoro che siano in grado di facilitare la riallocazione delle risorse verso le aziende e verso i settori più competitivi.
2.Il Governo ha l'esigenza di assumere misure immediate e decise per assicurare la sostenibilità delle finanze pubbliche.
a) Ulteriori misure di correzione del bilancio sono necessarie. Riteniamo essenziale per le autorità italiane di anticipare di almeno un anno il calendario di entrata in vigore delle misure adottate nel pacchetto del luglio 2011. L'obiettivo dovrebbe essere un deficit migliore di quanto previsto fin qui nel 2011, un fabbisogno netto dell'1% nel 2012 e un bilancio in pareggio nel 2013, principalmente attraverso tagli di spesa. E' possibile intervenire ulteriormente nel sistema pensionistico, rendendo più rigorosi i criteri di idoneità per le pensioni di anzianità e riportando l'età del ritiro delle donne nel settore privato rapidamente in linea con quella stabilita per il settore pubblico, così ottenendo dei risparmi già nel 2012. Inoltre, il Governo dovrebbe valutare una riduzione significativa dei costi del pubblico impiego, rafforzando le regole per il turnover (il ricambio, ndr) e, se necessario, riducendo gli stipendi.
b) Andrebbe introdotta una clausola di riduzione automatica del deficit che specifichi che qualunque scostamento dagli obiettivi di deficit sarà compensato automaticamente con tagli orizzontali sulle spese discrezionali.
c) Andrebbero messi sotto stretto controllo l'assunzione di indebitamento, anche commerciale, e le spese delle autorità regionali e locali, in linea con i principi della riforma in corso delle relazioni fiscali fra i vari livelli di governo. Vista la gravità dell'attuale situazione sui mercati finanziari, consideriamo cruciale che tutte le azioni elencate nelle suddette sezioni 1 e 2 siano prese il prima possibile per decreto legge, seguito da ratifica parlamentare entro la fine di Settembre 2011. Sarebbe appropriata anche una riforma costituzionale che renda più stringenti le regole di bilancio.

3. Incoraggiamo inoltre il Governo a prendere immediatamente misure per garantire una revisione dell'amministrazione pubblica allo scopo di migliorare l'efficienza amministrativa e la capacità di assecondare le esigenze delle imprese. Negli organismi pubblici dovrebbe diventare sistematico l'uso di indicatori di performance (soprattutto nei sistemi sanitario, giudiziario e dell'istruzione). C'é l'esigenza di un forte impegno ad abolire o a fondere alcuni strati amministrativi intermedi (come le Province). Andrebbero rafforzate le azioni mirate a sfruttare le economie di scala nei servizi pubblici locali."

7. E' chiaro che ora, su queste indefettibili linee, ci dicono che la "copertura" verrà trovata anche da tagli alla sanità, - mediante i costi standard (in gran parte già realizzati con il sistema previsto dall'art.17, comma 1, lett.a), del DL n.98/2011, modificato dal D.L. n.95/2012, che vi invito a verificare, la cui applicazione è ancora in corso) e giro di vite sulle prestazioni specialistiche - e dalla "drastica potatura delle società partecipate e degli enti pubblici statali". Ovvio che si tratti di una parte "ad effetto" di tutto il sistema, dato che le poste contabili di tali tagli risulterebbero sì odiose per i cittadini ma non certo di misura tale da coprire la manovra.

8. Il complemento di "riforme", poi, sta nella "sterilizzazione" della contrattazione collettiva nazionale, che divenga, in pratica, consentita essenzialmente a livello aziendale: ed anche qui la Grecia insegna ("Le misure previste dall'accordo L'accordo per avere gli aiuti è costato molto a Tsipras, più di quanto credesse dopo l'euforia post-referendum. E' stato costretto ad accettare il ritorno della Troika, l'abolizione della contrattazione collettiva, la reintroduzione dei licenziamenti collettivi e soprattutto la creazione di un fondo dove confluiranno asset pubblici da vendere o monetizzare, per arrivare a 50 miliardi da cui attingere per pagare il debito Esm. In pratica i creditori prestano aiuti ma chiedono un'ipoteca in beni dello Stato". - See more at: Grecia, è spaccatura nel partito di Tsipras. Portavoce di Syriza: "Golpe a Bruxelles" - Rai News)

E la deflazione salariale agirà a pieno ritmo.
Per questo lo zuccherino delle aliquote sul reddito può essere tranquillamente digerito senza danni...per ESSI.
Qualcuno lo spieghi a quelli del FQ...



Pubblicato da Quarantotto a 11:25 2 commenti: Invia tramite emailPostalo sul blogCondividi su TwitterCondividi su FacebookCondividi su Pinterest
 
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«INVECE DI DARCI L’EURO AUTENTICO, CI HANNO DATO UN EURO FALSO». PAROLA DEL PROF. GIUSEPPE GUARINO (di G. PALMA)


Autentica banconota napoletana….

Nel 1994, con la creazione dell’IME (Istituto Monetario Europeo), viene prevista la nascita – entro il 1° gennaio 1999 – della BCE (Banca Centrale Europea) e del SEBC (Sistema Europeo delle Banche Centrali) che avrebbe coordinato la politica monetaria unica. Al fine di poter giungere alla fase finale, ciascuno Stato firmatario del Trattato di Maastricht (1992) avrebbe dovuto rispettare cinque criteri di convergenza. La realizzazione dell’unione economica e monetaria costituisce infatti una delle finalità più importanti del Trattato di Maastricht (TUE), il quale ne stabiliva appunto i criteri per poterne far parte, i cosiddetti “parametri di Maastricht”:
Rapporto tra deficit pubblico e PIL non superiore al 3%;
Rapporto tra debito pubblico e PIL non superiore al 60% (Italia e Belgio venivano esentati dal rispettare questo parametro);
Tasso d’inflazione non superiore dell’1,5% rispetto a quello dei tre Paesi più virtuosi;
Tasso d’interesse a lungo termine non superiore al 2% del tasso medio degli stessi tre Paesi più virtuosi;
Permanenza negli ultimi due anni nello SME senza fluttuazioni della moneta nazionale.

Il 1° gennaio 1999, con l’inizio della terza fase dell’UEM, vengono fissati i tassi di cambio irrevocabili (i c.d. cambi fissi) tra l’Euro e le valute dei Paesi aderenti all’unione monetaria. Una vera e propria iattura sulla quale ho già scritto tantissimo!

Ma i gravi aspetti di criticità di questa moneta unica non si riducono solo a quelli da me più volte denunciati nei miei libri ed articoli (che non ritengo opportuno ripetere in questa sede), infatti c’è un altro importantissimo aspetto da tenere in considerazione: CI HANNO DATO UN €URO FALSO!
A tal proposito il prof. Giuseppe GUARINO, classe 1922, nel suo libro “Cittadini europei e crisi dell’Euro” (Editoriale Scientifica, Napoli 2014) scrive che “il 1.1.1999 il lancio dell’euro, la moneta disciplinata dal TUE, non avvenne. La moneta regolata dal TUE, per la quale il governo tedesco si era fortemente battuto ed alla cui adozione aveva condizionato la propria adesione, non è mai nata. In data 1.1.1999, con il nome di euro, generando così la fallace impressione che si trattasse della moneta creata e disciplinata dal TUE, fu lanciata con immissione nei mercati quale moneta comune avente valore legale degli Stati senza deroga, una moneta soggetta ad una disciplina diversa. La disciplina della moneta immessa nei mercati il 1.1.1999 era contenuta in un “regolamento” (n. 1466/97), adottato con il procedimento disciplinato dagli artt. 103. N. 5 e 189 c) del TUE. Il procedimento non conferiva alcuna autorità a modificare il Trattato ed aveva un oggetto del tutto diverso. Il reg. 1466/97 nello stesso momento in cui si avvaleva dell’art. 103 TUE, in realtà lo violava, utilizzandolo per un oggetto e finalità diverse […]. La modifica introdotta dal reg. 1466/97 rispetto al TUE (Maastricht), sul piano formale, è consistita nella abrogazione di un diritto-potere, quello degli Stati di concorrere alla crescita con la propria “politica economica”, concorrendo così anche alla crescita dell’Unione, sostituendola con un obbligo/obbligo, gravante sugli Stati, avente come contenuto il pareggio di bilancio a medio termine, da conseguirsi nel rispetto di un programma predeterminato. Gli elaboratori delle norme non si sono resi conto delle conseguenze che sarebbero derivate dall’aver messo a base del sistema, un “obbligo” al posto di un “potere”. Cancellando l’obiettivo della crescita, il reg. 1466/97 ha in realtà cancellato ogni attività politica nel sistema[1].

In pratica – per dirla con parole povere – il 1° gennaio 1999 non avvenne il lancio della moneta unica prevista dal TUE (Maastricht), bensì di una cosa ben diversa disciplinata illegittimamente da un Regolamento dell’UE (Reg. n. 1466/97), in aperto contrasto con il contenuto, gli strumenti e soprattutto le finalità del Trattato di Maastricht. Alla luce delle predette argomentazioni è lo stesso Guarino a sostenere che «Invece di darci l’euro autentico, ci hanno dato un euro falso».

Lo dico ai vari personaggi da avanspettacolo che continuano a sostenere acriticamente l’Euro anche di fronte al massacro sociale cui assistiamo inermi ormai da più di sei anni: il prof. Guarino, nelle sue puntuali critiche all’Euro e ai Trattati dell’UE, non esprime mai opinioni personali ma svolge unicamente analisi giuridiche su presupposti inconfutabili! Con buona pace di coloro che dovrebbero avere l’umiltà di inchinarsi di fronte allo spessore culturale e scientifico di un ragazzo di appena 93 anni.
E che il buon Dio ce lo preservi ancora per molto!
 
Abbattiamo la Frode Bancaria e il Signoraggio


Ieri alle 6.07 · Modificato · https://www.facebook.com/pages/Abbattiamo-la-Frode-Bancaria-e-il-Signoraggio/208622872545749#

COME FUNZIONA IL FONDO SALVA STATI?
Ogni nazione versa tot miliardi ( ad esempio l'Italia sta versando 125 miliardi, 25 all'anno per 5 anni )
Se vai in crisi e non riesci a pagare il debito loro vengono a "salvarti" e ti "prestano" un tot, (ad esempio gli 80 miliardi chiesti dalla Grecia in questi giorni), che sono ancora i tuoi soldi, ma ora te li prestano, perché ormai é roba loro. Li devi restituire con gli interessi, che fanno raddoppiare la cifra in 20 o 30 anni.
... A garanzia vengono messi beni dello stato. Non riesci a pagare? Via le ferrovie! Via gli acquedotti! Via le pensioni! Via i fondi per la sanità!
E una generazione lavora per restituire alle banche dei soldi che erano già del popolo, raddoppiati.
E giù nella buca, lungo la spirale del debito...

Altro...







Mi
 
24 luglio, 2015 di byebyeunclesam

Il Pentagono conclude che l’America non è sicura se non conquista il mondo. Il piano di guerra USA contro la Russia

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Il Pentagono ha rilasciato la sua “Strategia militare nazionale degli Stati Uniti d’America 2015” in giugno.
Il documento annuncia un cambio di obiettivo, dai terroristi ad “attori statuali” che stanno “sfidando le norme internazionali”. E’ importante capire cosa queste parole significhino. I governi che sfidano le norme internazionali sono nazioni sovrane che perseguono politiche indipendentemente dalle linee di Washington. Questi “Stati revisionisti” sono minacce non perché pianifichino di attaccare gli Stati Uniti, che il Pentagono ammette non sia un obiettivo né della Russia né della Cina, ma perché essi sono indipendenti.
Siate sicuri di cogliere il punto: la minaccia è l’esistenza di Stati sovrani la cui indipendenza di azione li rende “Stati revisionisti”. In altre parole, la loro indipendenza è in disaccordo con la dottrina neoconservatrice di “Unica Potenza”, che dichiara che le azioni indipendenti siano un diritto solo di Washington. L’egemonia data a Washington dalla storia preclude ad ogni altra nazione la possibilità di essere indipendente nelle sue azioni. Per definizione, una nazione con una politica estera indipendente da Washington è una minaccia.
Il rapporto del Pentagono definisce come “Stati revisionisti” la Russia, la Cina, l’Iran e la Corea del Nord. L’obiettivo primario è posto sulla Russia. Washington spera di cooptare la Cina, nonostante le “tensioni nell’area Asia-Pacifico” causate dalla difesa cinese della sua sfera di influenza, una difesa “incoerente con il diritto internazionale” (questo detto dagli USA, grandi violatori del diritto internazionale), girando quello che rimane del mercato dei consumatori americani alla Cina. Non è ancora certo che l’Iran sia scampato allo stesso destino che Washington ha imposto all’Irak, all’Afghanistan, alla Libia, alla Siria, alla Somalia, allo Yemen, al Pakistan, all’Ucraina e, attraverso la sua complicità, alla Palestina.
Il rapporto è sufficientemente audace nella sua ipocrisia, come del resto ogni documento di Washington, da dichiarare che la Casa Bianca e i suoi vassalli “sostengono le istituzioni e i processi dedicati alla prevenzione dei conflitti, al rispetto della sovranità e al rafforzamento dei diritti umani.” Questo detto dall’apparato militare di un governo che ha invaso, bombardato e rovesciato 11 governi, uccidendo e costringendo all’esodo milioni di persone dal regime di Clinton a quello attuale che sta lavorando per rovesciare governi in Armenia, Kirghizistan, Ecuador, Venezuela, Bolivia, Brasile, e Argentina.
Nel documento del Pentagono, la Russia è sotto attacco per non aver agito “in accordo con le norme internazionali” che significa che la Russia non segue l’egemonia di Washington e non si comporta come un vassallo, che è il comportamento da riservare all’Unica Potenza.
In altre parole, questo è un rapporto scritto dai Neoconservatori al fine di fomentare la guerra con la Russia.
Nient’altro può essere detto in merito a questo rapporto del Pentagono, che giustifica la guerra a oltranza finché nessuno esista. Senza guerra e conquiste gli Stati Uniti non sono sicuri. Questo percorso verso una fine del mondo nucleare viene ripetuto in maniera martellante ogni giorno nelle teste degli Americani e dei vassalli europei dalle agenzie di stampa occidentali. “La guerra ci rende sicuri!”.
Il modo di Washington di guardare alla Russia è lo stesso che Catone il Censore riservava a Cartagine. Catone finiva ogni suo discorso al Senato Romano con la frase “Carthago delenda est”.
Questo rapporto del Pentagono ci dice che la guerra con la Russia è il nostro futuro a meno che la Russia non accetti di diventare uno Stato vassallo come ogni altro Paese in Europa, il Canada, l’Australia, l’Ucraina e il Giappone. Altrimenti, i Neoconservatori hanno deciso che è impossibile per gli Americani tollerare di vivere in un mondo in cui gli altri Paesi prendano decisioni indipendentemente da Washington. Se l’America non può essere l’Unica Potenza che decide per il mondo, meglio che si muoia tutti. Almeno è quanto mostreranno i Russi.
Paul Craig Roberts
Fonte – traduzione di M. Janigro
 
Mori
Un PM coraggioso ha aperto un processo contro il golpe finanziario: non lasciamolo solo.


Nel 2011 l’Italia subì un colpo di Stato. Il governo capeggiato da Silvio Berlusconi, non convinto di percorrere la via dell’austerità, parlò di uscita del nostro Paese dall’euro e la finanza immediatamente passo all’attacco sostituendo Berlusconi con un proprio governo, quello di Mario Monti. Qui il punto non è difendere o meno Berlusconi, che dopo aver subito tutto questo, per bieca convenienza, si alleò con chi lo aveva deposto votando un atto eversivo come il pareggio in bilancio in Costituzione. Il pareggio in bilancio rappresenta infatti la resa dell’Italia alla dominazione straniera, impedendo al Paese il libero esercizio della propria sovranità economica con violazione evidente dei principi fondamentali della Costituzione (artt. 1-11).
Che cosa accadde nel 2011 lo sappiamo bene. La banca centrale europea annunciò che non avrebbe più comprato i nostri titoli di Stato sul mercato secondario. Le agenzie di rating iniziarono a declassare i nostri titoli di Stato e Deutsche Bank vendette i titoli italiani in suo possesso. L’azione coordinata degli organismi finanziari provocò l’impennata artificiale dello spread. Tutto questo ovviamente non bastava a portare alla resa di Berlusconi che ben sapeva che uscendo dall’euro e recuperando la sovranità monetaria in un Paese di grande produttività e forza industriale come l’Italia non avrebbe avuto alcun problema a disintegrare il dominio finanziario. Allora la finanza colpì le sue aziende e la paura di perdere la propria ricchezza lo portò alla resa ed all’avvento di Mario Monti, ovvero colui che con le sue politiche ha distrutto il Paese rendendo scientemente molto più difficile di allora un’uscita dal cappio europeo. Monti ha infatti distrutto, con politiche mirate, i settori trainanti dell’economia italiana a finché la ribellione non potesse più essere una scelta praticabile.
Il disegno fu semplice e chiaro, la crisi dello spread si concluse non per le azioni distruttive di Monti ma unicamente quando la banca centrale tornò ad annunciare che avrebbe comprato illimitatamente i titoli di Stato italiani sul mercato secondario. Ovviamente tale azione fu subordinata a politiche lacrime e sangue volte allo smantellamento della sovranità italiana. Insomma nel 2011 subimmo un’occupazione paragonabile a quelle di carattere militare.
Il Paese non reagì all’aggressione e la classe politica si posizionò sulle tipiche posizioni collaborazioniste che vediamo in atto ancora oggi con Padoan al timone. Avete letto bene, ho scritto Padoan e non Renzi. Renzi infatti è l’uomo immagine scelto dalle forze d’occupazione, ma il Paese è governato dal ministro dell’economia, uomo di stretta fiducia della finanza.
E veniamo a Michele Ruggiero, è questo il nome dell’unico PM italiano che ha avuto le “palle” di reagire concretamente a questa situazione. Ovviamente visto che la competenza in merito agli atti eversivi commessi (delitti contro la personalità dello Stato punibili ex artt. 241 e ss. c.p.) appartiene alla dormiente Procura di Roma, Ruggiero ha dovuto “inventarsi” qualcosa per dare una prima spallata agli invasori. E la sua intuizione giuridica ha portato al superamento dell’udienza preliminare ed all’apertura del dibattimento in un processo dove i fatti del 2011 verranno analizzati con attenzione. Si celebrerà un processo dove la sovranità e l’indipendenza del Paese saranno al centro del dibattito.
L’intuizione del PM di Trani è brillante. Ruggiero infatti ha trovato il modo di attaccare la finanza portando alla sbarra otto tra analisti e manager delle agenzie di rating Fitch e Standard&Poor’s. Tali agenzie sono accusate di manipolazione del mercato (ecco come il PM ha aggirato la competenza romana) per aver fornito false informazioni sull’affidabilità dell’Italia come creditore. Lo scopo che il PM ben conosce fu una destabilizzazione dell’Italia sui mercati finanziari deprezzando i titoli di Stato. Tutto questo per imporre un colpo di Stato che mantenesse l’Italia sotto il dominio finanziario.

Michele Ruggiero ha svelato all’Italia, grazie ad un’e-mail interna di S&P dell’agosto del 2011, che già tre mesi prima delle dimissioni di Berlusconi, prima ancora della lettera con cui BCE detto la politica di austerità che l’Italia avrebbe dovuto attuare per avere il suo supporto, l’agenzia sapeva del cambio di governo in Italia. Nella lettera, come confermato da numerosi organi di informazione, si consigliava agli investitori di “prendere tempo” perché in Italia c’era la possibilità che venisse imposto un governo tecnico perché Berlusconi era sotto pressione da ogni parte. Ecco che l’oggetto del processo riguarderà indirettamente proprio quei delitti contro la personalità dello Stato che la Procura romana ignora. Insomma da Trani, in caso di condanna e conferma che nel 2011 l’Italia subì un colpo di Stato, potrebbe partire l’offensiva nazionale all’occupazione straniera che ci sta annientando giorno dopo giorno con l’avvallo dei collaborazionisti al governo.
L’economia da sola non salverà il Paese. Non può farlo. Il Paese si salverà solo se assieme alla ripresa di politiche economiche volte all’interesse nazionale la Magistratura colpirà, Costituzione e codice penale alla mano, quel potere finanziario costituito che ci ha portato in questo incubo, recuperando da essi il maltolto con quegli strumenti giuridici che l’azione penale consente. Dobbiamo riprenderci quel tessuto produttivo che ci è stato sottratto con azioni criminali.
Peraltro tornando a Padoan è tutt’altro che irrilevante rammentare ai lettori che lo stesso ha deciso di non far costituire lo Stato contro le agenzie di rating nel processo in corso, non procedendo neppure alle richieste di risarcimento per quei danni erariali che la Procura aveva evidenziato (su tutti i 2,5 miliardi pagati da Monti senza fiatare a Morgan Stanley in forza del declassamento dell’Italia da parte di S&P. Soldi dovuti in virtù di una clausola di un contratto derivato incredibilmente sottoscritto dal governo italiano. Clausola prontamente onorata dal servile Monti nonostante S&P, che conta tra i suoi azionisti proprio Morgan Stanley, fosse già sotto inchiesta).

Insomma mentre qualche euro imbecille insiste nel dire che Monti ha salvato il Paese la realtà è che un PM ed un GUP hanno già dimostrato il contrario e questo nonostante l’assordante silenzio mediatico e l’ostruzionismo del governo che si schiera con i nemici del Paese. Ruggiero ha ironicamente definito sorprendente la scelta di Padoan di non costituirsi, comunque ciò che conta è che il processo va avanti.
Sosteniamo questa Procura coraggiosa che può fare il primo fondamentale passo che porterà anche alla futura condanna di almeno 3/4 della classe politica italiana che ha lavorato al fianco dei nostri nemici perseguendo lo smantellamento della sovranità e dell’indipendenza nazionale.
Ruggiero da speranza a tutto il Paese e noi non dobbiamo lasciarlo solo. Diffondiamo quanto sta accadendo rammentando anche che durante il processo saranno escussi come testi tra gli altri addirittura Monti, Padoan, Draghi e Prodi. Ovvero alcuni dei principali traditori della nostra Repubblica.
Seguiremo il processo passo dopo passo soprattutto perché proprio da tali testimonianze si potrà dare ulteriore impulso alle denunce che porto da tempo avanti contro la cessione della sovranità nazionale. Sarà istruttivo sentire Monti e Padoan che raccontano quanto da essi compiuto davanti ad un PM che li vorrebbe alla sbarra con il ben diverso ruolo di imputati.
Speriamo che anche a Roma qualche Magistrato sappia rendere onore al lavoro del Collega e trovi il coraggio di procedere.


http://scenarieconomici.it/un-pm-co...ro-il-golpe-finanziario-non-lasciamolo-solo/#2


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posted by Maurizio Gustinicchi
L’ISTAT E L’USO DISTORTO DELLE INFORMAZIONI: TASSAZIONE RENZIANA ALLE AZIENDE RIDOTTA DEL 9,9%

Oggi, ieri per chi legge, ho avuto il piacere di assistere ad un interessante duello, in cui l’eroe era questo signore:

che mi ha spinto a scrivere questo pezzo.
Il tutto nasce dalla solita disinformazione che enti, sulla carta indipendenti dai governi, ogni tanto puntualmente sono disponibilissimi a fare onde sostenere il potente di turno.
A dire il vero il mitico Istat era da un po’ che si comportava abbastanza seriamente ma questa volta, forse dietro spinta di qualcuno o qualcosa, l’ha sparata veramente grossa:

Ma dove si nasconde l’inganno? E parlo d’inganno poiché la realtà nel paese è questa:

Oggi avremo modo di capire quanta falsa sia l’informazione nel paese.
La verità diffusa è questa:
“Le tasse sulle imprese sono calate del 9,9% nel 2014 con un risparmio di 2,6 miliardi. E’ quanto calcola un working paper dell’Istat su “La tassazione effettiva della tassazione in Italia”. La riduzione è dovuta alle misure sull’Ace (Aiuto alla crescita economica) e l’Irap. Oltre metà delle aziende, più precisamente il 57,3%, ha avuto così una pressione fiscale più bassa”.
Ma la verità quella vera, in realtà, è completamente differente, lo studio di Antonella Caiumi e Lorenzo Di Biagio si basa su un modello di simulazione che analizza, a partire dalle dichiarazioni dei redditi, l’impatto delle riforme fiscali effettuate. Quello che esce è questo:
“la pressione fiscale rimane alta per le imprese del commercio e quelle piccole e medie”, mentre è più bassa per le aziende che fanno parte di gruppi”.
Quindi, come vediamo, in realtà l’informazione viene completamente distorta e si da al paese quella pillola comunicazionale che serve a Renzi per tentare di avere sostegno anche di fronte a decisioni che creano sofferenze immani al paese. Si sostengono le multinazionali a scapito del 95% delle aziende italiane che sono rappresentate da PMI!
E questo non rappresenta proprio una difesa degli interessi nazionali come da art. 139 della costituzione italiana!
Ma scendiamo nel dettaglio della vera informazione:

In effetti, se ci fermiamo al primo livello dei dati, le diminuzioni ci sono (ma come detto sopra, solamente per le multinazionali), ed i dati sono:
– Ires meno 7,669 miliardi di euro;
– Irap meno 4,229 miliardi di euro.
Ora però, sostenere che la sommatoria di queste due diminuzioni corrisponda ad una riduzione del 9,9% delle tasse alle aziende è una grandissima imprecisione. Difatti, nel calcolo delle tasse pagate, andrebbe aggiunta anche l’IMU e la TASI pagata sui capannoni e i contributi ai fini inps (aumentati, questi, di circa 1 miliardo e mezzo di euro nel 2014 aul 2013):

Quindi, il risparmio finale sarà:
– Ires + Irap = 11,898 a cui va sottratto per intero l’incremento della contribuzione INPS;
– 1,563 miliardi di euro, il valore dell’IMU e della TASI (che ad occhio e croce si rimangia tutto il valore di cui sopra), nonché tutte le addizionali regionali e comunali.
Il totale, quindi, diventa 10,335 miliardi di euro.
Ora, anche presupponendo che i quasi 12 miliardi di cui sopra rappresentino il 9,9% delle tasse pagate dalle aziende, vuol dire che in teoria le aziende pagano solamente 120 miliardi di euro.
Facendo finta che la base della tassazione totale delle aziende sia quella, ora noi dobbiamo aggiungere anche i 211,771 miliardi di euro di contributi INPS.
Ne deriva il seguente nuovo calcolo:
10,335 / (120+211,771) = 3,11%
Attenzione, questo dato comunque va a solo ed esclusivo vantaggio delle multinazionali, non del 95% delle aziende italiane che sono piccole e che non hanno goduto affatto di tale vantaggio.​
In aggiunta a ciò, possiamo dire che se alle multinazionali è stato diminuito il carico fiscale, dato che le entrate sono aumentate, il resto degli attori economici ha invece visto incrementare notevolmente l’esborso verso lo stato.​
Sempre per aggiungere danno al danno, questo è il tendenziale del primo trimestre 2015 verso analogo periodo del 2014:​
Le entrate totale sono aumentate (in particolar modo ancora una volta i contributi sociali) mentre le uscite si sono contenute.​
Questa strategia di risanamento dei conti pubblici (che vi segnalo oramai da tempo) è giocoforza recessiva:​
– alzo le tasse;​
– taglio le uscite.​
Si tratta della stessa tattica Montiana che ha distrutto il 25% della capacità produttiva del paese. E solo grazie a Marchionne che il tutto non crolla miseramente sotto i colpi di una carestia nutriente che di espansivo non ha nulla!​
Quindi, per concludere, il progetto di:​
– distruzione delle PMI italiane in ogni settore;​
– per sostituirle con le fabbriche cacciavite alla messicana;​
– e svendere terreni agricoli, industrie agroalimentari e stabilimenti balneari/alberghieri ad americani e tedeschi​
sta procedendo alla grande, con la collaborazione della più grande delle disgrazie che mai il nostro paese ha visto crescere e moltiplicarsi a dismisura al proprio interno: il Partito Democratico !
Maurizio Gustinicchi

http://scenarieconomici.it/listat-e...azione-renziana-alle-aziende-ridotta-del-99/#1
 
Abbattiamo la Frode Bancaria e il Signoraggio


Ieri alle 4.55 ·




Fu proprio nel '92 che stroncarono il reale potere della classe politica, gettando il paese in pasto alle banche e agli speculatori finanziari. "Alto tradimento" alla nazione, è questo che si chiama. Squali impenitenti. Una bella coltellata sanguinolenta alla schiena del popolo italiano. E hanno segnato la morte dell'Italia pure col sorriso sulle labbra, sti smidollati.
http://youtu.be/Joj4syv6R5s:D:D:D:cool::cool::cool::cool:





La svalutazione della lira nel 1992 - Bettino Craxi su George Soros
Riflessioni di Bettino Craxi e Paolo Cirino Pomicino sulle speculazioni che stanno dietro alla svalutazione della lira nel settembre 1992. ARTICOLO CORRELATO...:D:D:Dricordiamolo cordialmente visto che nn e' tutto oro quel che luccica, ma nn e' tutta me...da quel che puzza:Dciao samir:D
youtu.be
 
PIU' FILOGERMANICI DI SINN (che è "quasi" d'accordo con Stiglitz): IL 25 LUGLIO E LA NEO-SALO' GIA' INTRECCIATI



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1. Dialogavamo via mail con Sergio Govoni:
"...dovendo fare il punto frattalico della questione quali elementi vedresti a conferma dell'attualità del 25 luglio (tra situazione interna e internazionale)?"


Ed ecco la risposta di Sergio:
"Schematicamente, questi elementi (o suggestioni) mi vengono in mente:
- Alla riunione del Gran Consiglio corrisponde il riposizionamento pubblico dei vari Gallino etc, come da post di Bagnai.

- Alla consapevolezza che la guerra è ormai persa da parte tedesca corrisponde la proposta di Schäuble alla Grecia di uscire dall'euro, così come all'inasprimento militare la proposta di "ministero delle Finanze della zona euro" uscita, mi sembra, ieri.
- A Radio Londra corrisponde, in maniera vagamente sotterranea, il New York Times: pensiamo agli interventi di Krugman e di Stiglitz e ad altri suggestivi articoli, come quello che hai citato a Milano in cui si diceva tranquillamente che i media greci sono controllati oligarchicamente.
- Allo sbarco in Sicilia: una linea di credito USA per il debito short term italiano sull'estero (quello che Francesco Lenzi aveva quantificato l'anno scorso in 580 miliardi, http://orizzonte48.blogspot.it/2014/05/le-incerte-opzioni-di-salvezza-italiana.html).
Del resto Stiglitz in un'intervista su Repubblica ha parlato di una linea di credito della Fed per la Grecia (però per evitare la Grexit: "E visto la Bce non vuole adempiere alle sue responsabilità, la Federal
Reserve deve creare una linea di credito speciale per la Grecia."
http://www.repubblica.it/economia/2015/07/11/news/joseph_stiglitz_america_in_prima_linea_bisogna_evitare_grexit_e_quel_referendum_non_e_stato_inutile_-118865539).
Più in generale, qualche altra misura che possa sembrare una mano tesa sul lato finanziario, forse anche soltanto annunciata.
- Allo sbarco in Normandia che cosa può corrispondere? Forse un bailout delle banche francesi quando esploderà la Deutsche Bank?
Viene anche da pensare che alla NATO possa poi corrispondere frattalicamente il TTIP
".



2. Apro e leggo l'International New York Times di oggi, alla pagina degli "autorevoli commenti" e, a conferma delle intuizioni di Sergio, mi ritrovo due articoli, rispettivamente di Stiglitz e del "mitico" Hans-Werner Sinn (/pag.8).
Il primo lo trovate in rete qui, essendo del New York Times (edizione USA) di due giorni fa. Titolo: "Greece, the Sacrificial Lamb".
Il secondo anche; e ha un titolo ancora più interessante, considerato che si tratta di Hans-Werner in persona (e non "semplicemente" di Herr Schauble): "Why Greece Should Leave the Eurozone"


Il "succo" del primo (per chi facesse troppa fatica a leggere in inglese), è una certa conferma che Radio Londra in effetti, continua a trasmettere: nonostante qualche cedimento sul fronte "inglese".
A pagina 18 dello stesso "International" c'è infatti un articolo di un giornalista inglese, Hugo Dixon, - che si qualifica, non a caso, per essere pro-permanenza di UK dentro l'UE-, secondo il quale in Grecia le cose potrebbero andare "benissimo" a posto. Ciò in quanto la Grecia applichi tutte le misure di riforma chieste dall'ultimo accordo coi creditori e ottenga un nuovo accordo entro la fine di agosto, cioè credito aggiuntivo senza ulteriori condizionalità (!), sicchè, divenuta la Grecia credibile (insomma, Mario Monti style), si giunga all'inclusione della stessa Grecia nel programma BCE di acquisto di titoli, cioè nel QE da cui è ora esclusa.
Per Dixon, il clima di fiducia così restaurato e gli interessi ridotti sul debito pubblico, consentirebbero - coi fondi aggiuntivi apprestati dai creditori (dopo il nuovo accordo fattibile per fine agosto), sotto la supervisione della BCE- di ricapitalizzare il sistema bancario greco per un ammontare tra i 10 e i 25 miliardi di euro. Ciò consentirebbe di rimuovere i limiti attualmente imposti alla circolazione dei capitali e di evitare un bail-in prevenendo l'ulteriore rush dei depositanti in corso (da anni) in Grecia.
Fatto questo, la Merkel consentirebbe di ristrutturare, quanto a scadenze e livello degli interessi, il debito greco verso le "istituzioni". Il tutto, secondo una visione in cui si afferma esplicitamente che la crescita dipende essenzialmente dalla "fiducia", a partire da ottobre (quando cioè si farà il consuntivo della realizzazione credibile dell'austerità da parte dei creditori-€urogruppo).


3. Capite bene che questa approssimativa visione macroeconomica, tutta incentrata sul lato finanziario-monetarista e neo-classico delle "aspettative", è esattamente quanto ha portato la Grecia all'attuale disastro: una totale, ostinata e sconnessa (da qualsiasi considerazione del funzionamento dell'economia reale), fede nell'austerità espansiva e un'indifferenza totale ai meccanismi di crescita della domanda. Basti dire che il sistema bancario greco, alla fine di questo "valzer", sarebbe in mano ai creditori esteri ma con la garanzia creata dalla tassazione crescente sui contribuenti greci che, invece, saranno sempre meno, dato che i disoccupati, attuali e futuri (in sicura crescita), le tasse non possono semplicemente pagarle.


La visione di Dixon, è esattamente quella del mainstream italiano, che oggi si riversa, sfruttando l'onda mediatica del...Comune di Roma, sull'utilità di indispensabili privatizzazioni del patrimonio pubblico e di drastici tagli della spesa pubblica per abbassare le tasse; tutto questo, proprio in un momento in cui ciò significa svendita di asset strategici sotto-sotto costo, a mani estere, fallendo per di più ogni obiettivo di riduzione.


4. Ma tale visione è smentita dalla ennesima lucida ricostruzione di Stiglitz, nell'articolo sopra citato, relativa agli effetti dell'austerità.
Stiglitz, sottolineando per l'ennesima volta che l'austerità è alla base della prolungata depressione greca (e, ovviamente, non solo di quella greca), rammenta come già le condizionalità del FMI negli anni '90 (nel caso dei paesi asiatici che ebbero la malaugurata idea di rivolgersi ad esso), si risolsero in una miriade di riforme strutturali che, lungi dall'essere funzionali ai "grandi cambiamenti" richiesti, finivano per favorire un interesse particolare su quelli generali.
Per la Grecia, Stiglitz fa l'esempio del "latte", laddove la trojka ha imposto di favorire ulteriormente il latte a lunga conservazione importato (in primis olandese), senza che però, data la struttura oligopolistica degli operatori stranieri, ciò porti alcun vantaggio di prezzo ai consumatori greci (la trojka ha infatti chiesto di abolire l'identificabilità del latte fresco con scadenza a 5 giorni...).
Fa poi il caso della abolizione, imposta dalla Trojka, della ritenuta alla fonte, trans-frontaliera, sulle tasse dovute dagli investitori esteri, per redditi prodotti in Grecia; in contrapposizione a ciò, però, le imprese medie e piccole nazionali, greche, dovrebbero anticipare all'inizio del periodo di imposta tutte la tasse dovute sui redditi futuri.
Stiglitz evidenzia così che non solo l'austerità non può funzionare di per sè (e non ha minimamente funzionato), ma che essa finisce per favorire la definitiva liquidazione della democrazia, che si accompagna a l' "inclusive capitalism", e il rafforzamento delle oligarchie locali che non verrebbero minimamente coinvolte nelle misure di austerità (in cambio della consueta complicità alla colonizzazione, e liquidazione a prezzi di saldo, della struttura produttiva residua dei pochi non oligarchi rimasti in piedi: una tendenza che in Italia le PMI dovrebbero conoscere ma...sembrano totalmente ignorare).


5. Dunque, la neo-Radio Londra qualche segnale continua a darlo: e non trascurerei quanto segnalato da Paolo Corrado, e qui già anticipato nel corso dei mesi scorsi, circa una "certa tendenza", in USA, a promuovere nuovamente la domanda, cercando di innalzare i salari reali di un mercato del lavoro eccessivamente deflazionista e controproducente per gli investimenti: "Ai dipendenti di ristoranti fast food sarà alzato il salario minimo da $8.75 a $15. Altri settori dovrebbero seguire in tutto il paese."





6. Ma veniamo a quanto ci dice Sinn, che ci conferma che i tedeschi, come dice Sergio, abbiano la consapevolezza che la guerra (nella versione tutta finanziaria, pubblica e privata, frattalicamente rilevante) ormai sia persa, ma non per questo rinunciano alla lotta, utilizzando ogni possibile contromisura ed espediente a disposizione per non dichiarare la resa (cioè per non essere loro a porre fine all'euro, uscendo dall'eurozona e perdendo il colossale vantaggio competitivo a cui si riduce sostanzialmente, oggi ed ormai, la loro convenienza).
Alla faccia dei libbberisti spaghetti-tea party, che continuano a negare (a reti TV more solito unificate) ogni evidenza, Sinn ammette che: "un terzo del credito pubblico di "salvataggio" fluito verso la Grecia è stato usato per salvare i creditori privati; un terzo è andato a finanziare il deficit delle partite correnti greche (cioè sempre a creditori privati, per crediti insorti successivamente, per consentire ai greci di continuare a importare prodotti esteri da cui dipende totalmente la loro sopravvivenza, ndr.); e un terzo si è vaporizzato per finanziare la fuga di capitali dalla Grecia (cioè sempre per via bancaria e sempre come conseguenza delle aspettative legate alla irrisolvibilità dei primi due aspetti; per quanto in Italia il sistema mediatico non voglia ascoltare neppure...Sinn, ndr.).


7. L'articolo è sostanzialmente in linea con quanto detto da Stiglitz: il credito accordato alla Grecia condizionato dall'austerità è servito ad evitare la bancarotta (cioè la non recuperabilità dei crediti esteri) ma ha fallito nel revitalizzare l'economia.
Per Sinn, la svalutazione interna residua che la Grecia deve ancora operare (a differenza dell'Irlanda, in ben altre condizioni sul lato dell'offerta, però), è ancora troppo elevata: fino ad un 22%, oltre il 9% già realizzato, e ciò per allinearsi ai livelli salariali dei vicini bulgari, rumeni e...turchi. La "sinergica" soluzione della reflazione nel resto dell'eurozona, secondo Sinn, potrebbe realizzarsi per via del QE di Draghi: ma lo definisce solo un "tentativo" e ci dice che comunque avrebbe effetto solo tra una decina di anni: ammesso che il resto dell'eurozona si attesti prontamente sull'inflazione al 2% (ipotesi ormai piuttosto remota), e che la Grecia rimanga a inflazione 0 per tutto tale periodo!


8. Insomma, Sinn, pragmaticamente, esclude che la correzione keynesiana di espansione della domanda ipotizzata originariamente da Tsipras, porterebbe a risultati positivi perchè allontanerebbe senza fine la correzione competitiva, cioè la svalutazione interna e porterebbe le Grecia a riaccumulare debito privato estero, costringendo a nuove linee di credito della Trojka solo per pagare, COI SOLDI DEI CONTRIBUENTI DEGL ALTRI PAESI UEM, le ulteriori inevitabili importazioni.


Perciò Sinn, arriva alla conclusione che "la migliore alternativa è la Grexit, accompagnata da ristrutturazione del debito, aiuto umanitario per l'acquisto dei beni IMPORTATI indispensabili (e siamo sempre lì...ndr.), con una "opzione" per il ritorno nell'euro. La Grecia potrebbe reintrodurre la dracma come unica valuta a corso legale. Tutti gli attuali prezzi, salari, contratti e saldi di bilancio, incluso il debito interno ed esterno, sarebbero convertiti in rapporto 1 a 1 con la dracma, che declinerebbe immediatamente di valore.
La svalutazione indurrebbe i greci a comprare prodotti domestici, piuttosto che importati. Il turismo avrebbe un'enorme spinta, e la fuga di capitali sarebbe invertita. I ricchi greci farebbero tornare i capitali fuggiti, comprerebbero immobili e li ristrutturerebbero, alimentando un boom delle costruzioni. Via via che il deficit commerciale divenisse un surplus, i creditori avrebbero indietro parte dei loro crediti..."

"E' vero che la Grexit chiarirebbe che l'appartenenza all'eurozona non è irreversibile (
come abbiamo visto, ormai la proposta stessa di Schauble l'aveva chiarito, ndr.), e potrebbe esporre i paesi membri ad attacchi speculativi. Ma ciò è poco probabile, come dimostra la calma reazione dei mercati al controllo dei capitali e al no al referendum in Grecia..."



9. Insomma, dopo il "forza Schauble!", dovremmo auspicare che i nostri governanti si prendessero Sinn come consulente economico.


Ma lo sviluppo degli eventi non è così lineare: anzi, è proprio frattalico.
La classe dirigente (oligarchica e pro-oligarchica) italiana, è più fedele alla...convenienza tedesca degli stessi economisti neo-classici tedeschi. Una linea "antisovrana", (chissà perchè...), che non pare disposta ad alcun compromesso, neppure quando i tedeschi, - che non possono ignorare il valore paradigmatico di quanto detto come accettabile sulla Grecia-, lo sarebbero.
Certo, una cosa è consentire a una Grecia, da sempre inoffensivo "agnello sacrificale" sull'altare dell'€uro-sogno, di riprendersi la sovranità; altra cosa è consentirlo ai principali concorrenti sui mercati UE, cioè all'Italia. Anche ora, cioè anche se l'apparato italiano è stato in buona parte "bombardato" a tappeto.


La condiscendenza tedesca sulla salvezza italiana fuori dall'euro non sarebbe probabilmente altrettanto concedibile: eppure, se "l'Italia" si ridestasse, a questo punto, ammessa la reversibilità dell'euro da parte tedesca, la Germania non avrebbe quasi nessuna arma, giuridica e nemmeno realisticamente economica, per impedire la Ital€xit.


10. Per questo, allo stato dell'evoluzione della questione del rabbioso tramonto dell'euro, si può dire che la transizione tra il 25 luglio e l'instaurazione della neo-Salò, prona autodistruttivamente ai tedeschi, (contro ogni evidenza ben nota persino ai tedeschi!), non è ben distinguibile nei fatti.
Si può tentare di capirne più, in dettaglio, lo svolgimento in questi giorni convulsi di presa d'atto del collasso dell'euro-follia, come dimostra la ormai conclamata ingestibilità di TUTTI I COMUNI ITALIANI.

Quello che è certo è che, stante la granitica negazione delle VERE CAUSE DEL FALLIMENTO IN ATTO, sia il 25 luglio - cioè il tentativo ultimo del regime di salvare il salvabile trovando un capro espiatorio per autoperpetuarsi- che la neo-Salò (in tempi di guerra non guerreggita ma monetaria-finanziaria), non ce li toglierà nessuno.
Aspetto le vostre analisi con interesse...


Pubblicato da Quarantotto a 12:15 4 commenti: Invia tramite emailPostalo sul blogCondividi su TwitterCondividi su FacebookCondividi su Pinterest









sabato 25 luglio 2015

OMNIBUS E IL DRIFT DEL MAINSTREAM SUL NEO 25 LUGLIO: "ARI-FATE PRESTO"?



Incipit "by the way":
A proposito (Mieli-Rutelli), il "civismo" di Milano, fuori dal c€ntro, che è un grand€ giardino:


Degrado, il prefetto in campo:Milano ha nove zone a rischio

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Come Milano ha abbandonato le sue periferie


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Ex multis...




1. Dunque, dicevamo...Questo è il link alla trasmissione Omnibus a cui ha partecipato oggi Alberto Bagnai


http://www.la7.it/omnibus/rivedila7/omnibus-25-07-2015-159691


342



Al di là del merito della questione, una cosa mi è parsa veramente significativa: OGGI E' IL 25 LUGLIO.
E' il 25 luglio e si vedono eminenti rappresentanti del super-mainstream italiano mettere in campo tutti gli elementi indicati come tipici del 25 luglio frattalico sul versante della "politica italiana", anche (e proprio) nella sua versione attuale "al rallentatore".
In tal senso, veramente impressive gli interventi di Mieli. E tutto questo, in attesa di una rielaborazione attualizzata dell'ipotesi, va considerato al netto dei ricalcoli cronologici e rammentando che si tratta di un divertissment.


2. Al pari di Rutelli, sono anche io curioso di capire come mai si siano seccate le piante sulla "Cristoforo Colombo": magari c'è che un appalto non può essere rinnovato, alla sua scadenza, perchè, semplicemente, hanno agito le norme di taglio lineare sui trasferimenti alla finanza locale; magari per pagare i debiti verso le imprese e... non accumularne altri. Magari c'entra pure qualcuna delle numerose norme di "ricontrattazione al ribasso-o-risoluzione" sugli affidamenti di appalto in corso.
Come in tutta Italia. Ma proprio tutta: basta cercare (altro che "civismo, signora mia!").
Magari, si scoprirebbe, (a parte gli eccessi di affidamenti a trattativa diretta: ma se il sindaco deve essere plebiscitariamente eletto, il consenso da qualche parte va ricompensato...), che, essendo la burocrazia tecnica servente il vertice capitolino (organizzativamente e funzionalmente), in pratica, sempre la stessa, Rutelli non avrebbe probabilmente potuto ottenere risultati molto diversi da quelli dell'Amministrazione attuale.


3. Chissà: i "problemi che non si riescono a risolvere" (cit.Mieli) forse dipendono da qualcosa che ha a che vedere con la neo-struttura €uro-imposta dell'amministrazione pubblica italiana ("Alberto...lo nascesti!").
Solo che, al tempo di Rutelli, l'effetto restrizione della liquidità (cioè l'uccidere la domanda interna per via di consolidamento fiscale), e quindi della possibilità di azione politica, non aveva ancora agito, semplicemente perchè i nodi non erano ancora venuti al pettine in termini di "crisi (€uropea) di bilancia dei pagamenti".
E' chiaro come il sole che se non puoi effettuare scelte, - e le poche che fai sono talmente rarefatte che la corruzione "si vede" pure molto di più!-, le NON SCELTE DIVENGONO "RESPONSABILITA'" ma per omissione, per asfissia delle finanze pubbliche (anche se mal gestite e "biscottate", ma non peggio che in altri paesi del mondo...).
Che i partiti subiscano senza reagire questa situazione di impedimento alla scelta politica è, ovviamente, un effetto programmatico del vincolo esterno ("internazionalizzazione"): sappiamo pure che questo significa che i partiti di massa, come ci illustra bene Rodrik (che forse Mieli dovrebbe leggersi) non esistono più.


4. Alla fine, tranne che per gli spunti lanciati da Alberto, naturalmente raccolti con aplomb impassibile (forse, a quanto pare, nel backstage pubblicitario, "meno"), tutti gli altri parevano d'accordo sul fatto che la soluzione fosse: "PRIVATIZZIAMO", TUTTO E "FATE PRESTO!".


Insomma, al di là del dettaglio delle analisi, il drift del mainstream sull'orlo (?) del neo-25 luglio, si può così riassumere (brutalmente? Sinteticamente? Ormai non fa differenza):
a) questa classe politica non sa gestire l'ordoliberismo, cioè l'intervento, anche ampio, dello Stato, limitato a garantire le regole di funzionamento del mercato.
Non si può dimenticare, in proposito, il colloquio Lippmann (qui, P.6), laddove Miksch, dice: “in questa politica neoliberale è possibile che gli interventi economici siano tanto ampi e numerosi quanto in una politica pianificatrice, ma sarà la loro natura a essere differente”.
b) La democrazia idraulica tradisce il suo mandato, che è di garantire il risultato avuto di mira, fin dall'inizio, dalle oligarchie finanziarizzate.
c) Quindi, essendo irreversibile il modello del mercato, finanziarizzato e sovranazionale, togliamo il "sociale" (cioè la versione "strategica" che caratterizza l'ordoliberismo, come Roepke ben ci spiega, v.P.6, confermando Hayek) e...
d) passiamo direttamente alla dittatura benefica e indispensabile auspicata da Hayek...nell'interesse della libertà (degli operatori di mercato).


5. Solo che la dittatura, oggi, in pieno internazionalismo federalista a trazione germanica, si chiama Trojka: ed è tanto liberatoria. Se si sfiducia l'attuale politica e si anéla a questo assetto, la differenza con la Salò del post 25 luglio non è poi tanta.
Estote parati...



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Pubblicato da Quarantotto a 20:57 13 commenti: Invia tramite emailPostalo sul blogCondividi su TwitterCondividi su FacebookCondividi su Pinterest










 
PIU' FILOGERMANICI DI SINN (che è "quasi" d'accordo con Stiglitz): IL 25 LUGLIO E LA NEO-SALO' GIA' INTRECCIATI



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1. Dialogavamo via mail con Sergio Govoni:
"...dovendo fare il punto frattalico della questione quali elementi vedresti a conferma dell'attualità del 25 luglio (tra situazione interna e internazionale)?"


Ed ecco la risposta di Sergio:
"Schematicamente, questi elementi (o suggestioni) mi vengono in mente:
- Alla riunione del Gran Consiglio corrisponde il riposizionamento pubblico dei vari Gallino etc, come da post di Bagnai.

- Alla consapevolezza che la guerra è ormai persa da parte tedesca corrisponde la proposta di Schäuble alla Grecia di uscire dall'euro, così come all'inasprimento militare la proposta di "ministero delle Finanze della zona euro" uscita, mi sembra, ieri.
- A Radio Londra corrisponde, in maniera vagamente sotterranea, il New York Times: pensiamo agli interventi di Krugman e di Stiglitz e ad altri suggestivi articoli, come quello che hai citato a Milano in cui si diceva tranquillamente che i media greci sono controllati oligarchicamente.
- Allo sbarco in Sicilia: una linea di credito USA per il debito short term italiano sull'estero (quello che Francesco Lenzi aveva quantificato l'anno scorso in 580 miliardi, http://orizzonte48.blogspot.it/2014/05/le-incerte-opzioni-di-salvezza-italiana.html).
Del resto Stiglitz in un'intervista su Repubblica ha parlato di una linea di credito della Fed per la Grecia (però per evitare la Grexit: "E visto la Bce non vuole adempiere alle sue responsabilità, la Federal
Reserve deve creare una linea di credito speciale per la Grecia."
http://www.repubblica.it/economia/2015/07/11/news/joseph_stiglitz_america_in_prima_linea_bisogna_evitare_grexit_e_quel_referendum_non_e_stato_inutile_-118865539).
Più in generale, qualche altra misura che possa sembrare una mano tesa sul lato finanziario, forse anche soltanto annunciata.
- Allo sbarco in Normandia che cosa può corrispondere? Forse un bailout delle banche francesi quando esploderà la Deutsche Bank?
Viene anche da pensare che alla NATO possa poi corrispondere frattalicamente il TTIP
".



2. Apro e leggo l'International New York Times di oggi, alla pagina degli "autorevoli commenti" e, a conferma delle intuizioni di Sergio, mi ritrovo due articoli, rispettivamente di Stiglitz e del "mitico" Hans-Werner Sinn (/pag.8).
Il primo lo trovate in rete qui, essendo del New York Times (edizione USA) di due giorni fa. Titolo: "Greece, the Sacrificial Lamb".
Il secondo anche; e ha un titolo ancora più interessante, considerato che si tratta di Hans-Werner in persona (e non "semplicemente" di Herr Schauble): "Why Greece Should Leave the Eurozone"


Il "succo" del primo (per chi facesse troppa fatica a leggere in inglese), è una certa conferma che Radio Londra in effetti, continua a trasmettere: nonostante qualche cedimento sul fronte "inglese".
A pagina 18 dello stesso "International" c'è infatti un articolo di un giornalista inglese, Hugo Dixon, - che si qualifica, non a caso, per essere pro-permanenza di UK dentro l'UE-, secondo il quale in Grecia le cose potrebbero andare "benissimo" a posto. Ciò in quanto la Grecia applichi tutte le misure di riforma chieste dall'ultimo accordo coi creditori e ottenga un nuovo accordo entro la fine di agosto, cioè credito aggiuntivo senza ulteriori condizionalità (!), sicchè, divenuta la Grecia credibile (insomma, Mario Monti style), si giunga all'inclusione della stessa Grecia nel programma BCE di acquisto di titoli, cioè nel QE da cui è ora esclusa.
Per Dixon, il clima di fiducia così restaurato e gli interessi ridotti sul debito pubblico, consentirebbero - coi fondi aggiuntivi apprestati dai creditori (dopo il nuovo accordo fattibile per fine agosto), sotto la supervisione della BCE- di ricapitalizzare il sistema bancario greco per un ammontare tra i 10 e i 25 miliardi di euro. Ciò consentirebbe di rimuovere i limiti attualmente imposti alla circolazione dei capitali e di evitare un bail-in prevenendo l'ulteriore rush dei depositanti in corso (da anni) in Grecia.
Fatto questo, la Merkel consentirebbe di ristrutturare, quanto a scadenze e livello degli interessi, il debito greco verso le "istituzioni". Il tutto, secondo una visione in cui si afferma esplicitamente che la crescita dipende essenzialmente dalla "fiducia", a partire da ottobre (quando cioè si farà il consuntivo della realizzazione credibile dell'austerità da parte dei creditori-€urogruppo).


3. Capite bene che questa approssimativa visione macroeconomica, tutta incentrata sul lato finanziario-monetarista e neo-classico delle "aspettative", è esattamente quanto ha portato la Grecia all'attuale disastro: una totale, ostinata e sconnessa (da qualsiasi considerazione del funzionamento dell'economia reale), fede nell'austerità espansiva e un'indifferenza totale ai meccanismi di crescita della domanda. Basti dire che il sistema bancario greco, alla fine di questo "valzer", sarebbe in mano ai creditori esteri ma con la garanzia creata dalla tassazione crescente sui contribuenti greci che, invece, saranno sempre meno, dato che i disoccupati, attuali e futuri (in sicura crescita), le tasse non possono semplicemente pagarle.


La visione di Dixon, è esattamente quella del mainstream italiano, che oggi si riversa, sfruttando l'onda mediatica del...Comune di Roma, sull'utilità di indispensabili privatizzazioni del patrimonio pubblico e di drastici tagli della spesa pubblica per abbassare le tasse; tutto questo, proprio in un momento in cui ciò significa svendita di asset strategici sotto-sotto costo, a mani estere, fallendo per di più ogni obiettivo di riduzione.


4. Ma tale visione è smentita dalla ennesima lucida ricostruzione di Stiglitz, nell'articolo sopra citato, relativa agli effetti dell'austerità.
Stiglitz, sottolineando per l'ennesima volta che l'austerità è alla base della prolungata depressione greca (e, ovviamente, non solo di quella greca), rammenta come già le condizionalità del FMI negli anni '90 (nel caso dei paesi asiatici che ebbero la malaugurata idea di rivolgersi ad esso), si risolsero in una miriade di riforme strutturali che, lungi dall'essere funzionali ai "grandi cambiamenti" richiesti, finivano per favorire un interesse particolare su quelli generali.
Per la Grecia, Stiglitz fa l'esempio del "latte", laddove la trojka ha imposto di favorire ulteriormente il latte a lunga conservazione importato (in primis olandese), senza che però, data la struttura oligopolistica degli operatori stranieri, ciò porti alcun vantaggio di prezzo ai consumatori greci (la trojka ha infatti chiesto di abolire l'identificabilità del latte fresco con scadenza a 5 giorni...).
Fa poi il caso della abolizione, imposta dalla Trojka, della ritenuta alla fonte, trans-frontaliera, sulle tasse dovute dagli investitori esteri, per redditi prodotti in Grecia; in contrapposizione a ciò, però, le imprese medie e piccole nazionali, greche, dovrebbero anticipare all'inizio del periodo di imposta tutte la tasse dovute sui redditi futuri.
Stiglitz evidenzia così che non solo l'austerità non può funzionare di per sè (e non ha minimamente funzionato), ma che essa finisce per favorire la definitiva liquidazione della democrazia, che si accompagna a l' "inclusive capitalism", e il rafforzamento delle oligarchie locali che non verrebbero minimamente coinvolte nelle misure di austerità (in cambio della consueta complicità alla colonizzazione, e liquidazione a prezzi di saldo, della struttura produttiva residua dei pochi non oligarchi rimasti in piedi: una tendenza che in Italia le PMI dovrebbero conoscere ma...sembrano totalmente ignorare).


5. Dunque, la neo-Radio Londra qualche segnale continua a darlo: e non trascurerei quanto segnalato da Paolo Corrado, e qui già anticipato nel corso dei mesi scorsi, circa una "certa tendenza", in USA, a promuovere nuovamente la domanda, cercando di innalzare i salari reali di un mercato del lavoro eccessivamente deflazionista e controproducente per gli investimenti: "Ai dipendenti di ristoranti fast food sarà alzato il salario minimo da $8.75 a $15. Altri settori dovrebbero seguire in tutto il paese."





6. Ma veniamo a quanto ci dice Sinn, che ci conferma che i tedeschi, come dice Sergio, abbiano la consapevolezza che la guerra (nella versione tutta finanziaria, pubblica e privata, frattalicamente rilevante) ormai sia persa, ma non per questo rinunciano alla lotta, utilizzando ogni possibile contromisura ed espediente a disposizione per non dichiarare la resa (cioè per non essere loro a porre fine all'euro, uscendo dall'eurozona e perdendo il colossale vantaggio competitivo a cui si riduce sostanzialmente, oggi ed ormai, la loro convenienza).
Alla faccia dei libbberisti spaghetti-tea party, che continuano a negare (a reti TV more solito unificate) ogni evidenza, Sinn ammette che: "un terzo del credito pubblico di "salvataggio" fluito verso la Grecia è stato usato per salvare i creditori privati; un terzo è andato a finanziare il deficit delle partite correnti greche (cioè sempre a creditori privati, per crediti insorti successivamente, per consentire ai greci di continuare a importare prodotti esteri da cui dipende totalmente la loro sopravvivenza, ndr.); e un terzo si è vaporizzato per finanziare la fuga di capitali dalla Grecia (cioè sempre per via bancaria e sempre come conseguenza delle aspettative legate alla irrisolvibilità dei primi due aspetti; per quanto in Italia il sistema mediatico non voglia ascoltare neppure...Sinn, ndr.).


7. L'articolo è sostanzialmente in linea con quanto detto da Stiglitz: il credito accordato alla Grecia condizionato dall'austerità è servito ad evitare la bancarotta (cioè la non recuperabilità dei crediti esteri) ma ha fallito nel revitalizzare l'economia.
Per Sinn, la svalutazione interna residua che la Grecia deve ancora operare (a differenza dell'Irlanda, in ben altre condizioni sul lato dell'offerta, però), è ancora troppo elevata: fino ad un 22%, oltre il 9% già realizzato, e ciò per allinearsi ai livelli salariali dei vicini bulgari, rumeni e...turchi. La "sinergica" soluzione della reflazione nel resto dell'eurozona, secondo Sinn, potrebbe realizzarsi per via del QE di Draghi: ma lo definisce solo un "tentativo" e ci dice che comunque avrebbe effetto solo tra una decina di anni: ammesso che il resto dell'eurozona si attesti prontamente sull'inflazione al 2% (ipotesi ormai piuttosto remota), e che la Grecia rimanga a inflazione 0 per tutto tale periodo!


8. Insomma, Sinn, pragmaticamente, esclude che la correzione keynesiana di espansione della domanda ipotizzata originariamente da Tsipras, porterebbe a risultati positivi perchè allontanerebbe senza fine la correzione competitiva, cioè la svalutazione interna e porterebbe le Grecia a riaccumulare debito privato estero, costringendo a nuove linee di credito della Trojka solo per pagare, COI SOLDI DEI CONTRIBUENTI DEGL ALTRI PAESI UEM, le ulteriori inevitabili importazioni.


Perciò Sinn, arriva alla conclusione che "la migliore alternativa è la Grexit, accompagnata da ristrutturazione del debito, aiuto umanitario per l'acquisto dei beni IMPORTATI indispensabili (e siamo sempre lì...ndr.), con una "opzione" per il ritorno nell'euro. La Grecia potrebbe reintrodurre la dracma come unica valuta a corso legale. Tutti gli attuali prezzi, salari, contratti e saldi di bilancio, incluso il debito interno ed esterno, sarebbero convertiti in rapporto 1 a 1 con la dracma, che declinerebbe immediatamente di valore.
La svalutazione indurrebbe i greci a comprare prodotti domestici, piuttosto che importati. Il turismo avrebbe un'enorme spinta, e la fuga di capitali sarebbe invertita. I ricchi greci farebbero tornare i capitali fuggiti, comprerebbero immobili e li ristrutturerebbero, alimentando un boom delle costruzioni. Via via che il deficit commerciale divenisse un surplus, i creditori avrebbero indietro parte dei loro crediti..."

"E' vero che la Grexit chiarirebbe che l'appartenenza all'eurozona non è irreversibile (
come abbiamo visto, ormai la proposta stessa di Schauble l'aveva chiarito, ndr.), e potrebbe esporre i paesi membri ad attacchi speculativi. Ma ciò è poco probabile, come dimostra la calma reazione dei mercati al controllo dei capitali e al no al referendum in Grecia..."



9. Insomma, dopo il "forza Schauble!", dovremmo auspicare che i nostri governanti si prendessero Sinn come consulente economico.


Ma lo sviluppo degli eventi non è così lineare: anzi, è proprio frattalico.
La classe dirigente (oligarchica e pro-oligarchica) italiana, è più fedele alla...convenienza tedesca degli stessi economisti neo-classici tedeschi. Una linea "antisovrana", (chissà perchè...), che non pare disposta ad alcun compromesso, neppure quando i tedeschi, - che non possono ignorare il valore paradigmatico di quanto detto come accettabile sulla Grecia-, lo sarebbero.
Certo, una cosa è consentire a una Grecia, da sempre inoffensivo "agnello sacrificale" sull'altare dell'€uro-sogno, di riprendersi la sovranità; altra cosa è consentirlo ai principali concorrenti sui mercati UE, cioè all'Italia. Anche ora, cioè anche se l'apparato italiano è stato in buona parte "bombardato" a tappeto.


La condiscendenza tedesca sulla salvezza italiana fuori dall'euro non sarebbe probabilmente altrettanto concedibile: eppure, se "l'Italia" si ridestasse, a questo punto, ammessa la reversibilità dell'euro da parte tedesca, la Germania non avrebbe quasi nessuna arma, giuridica e nemmeno realisticamente economica, per impedire la Ital€xit.


10. Per questo, allo stato dell'evoluzione della questione del rabbioso tramonto dell'euro, si può dire che la transizione tra il 25 luglio e l'instaurazione della neo-Salò, prona autodistruttivamente ai tedeschi, (contro ogni evidenza ben nota persino ai tedeschi!), non è ben distinguibile nei fatti.
Si può tentare di capirne più, in dettaglio, lo svolgimento in questi giorni convulsi di presa d'atto del collasso dell'euro-follia, come dimostra la ormai conclamata ingestibilità di TUTTI I COMUNI ITALIANI.

Quello che è certo è che, stante la granitica negazione delle VERE CAUSE DEL FALLIMENTO IN ATTO, sia il 25 luglio - cioè il tentativo ultimo del regime di salvare il salvabile trovando un capro espiatorio per autoperpetuarsi- che la neo-Salò (in tempi di guerra non guerreggita ma monetaria-finanziaria), non ce li toglierà nessuno.
Aspetto le vostre analisi con interesse...


Pubblicato da Quarantotto a 12:15 4 commenti: Invia tramite emailPostalo sul blogCondividi su TwitterCondividi su FacebookCondividi su Pinterest









sabato 25 luglio 2015

OMNIBUS E IL DRIFT DEL MAINSTREAM SUL NEO 25 LUGLIO: "ARI-FATE PRESTO"?



Incipit "by the way":
A proposito (Mieli-Rutelli), il "civismo" di Milano, fuori dal c€ntro, che è un grand€ giardino:


Degrado, il prefetto in campo:Milano ha nove zone a rischio

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Come Milano ha abbandonato le sue periferie


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Ex multis...




1. Dunque, dicevamo...Questo è il link alla trasmissione Omnibus a cui ha partecipato oggi Alberto Bagnai


http://www.la7.it/omnibus/rivedila7/omnibus-25-07-2015-159691


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Al di là del merito della questione, una cosa mi è parsa veramente significativa: OGGI E' IL 25 LUGLIO.
E' il 25 luglio e si vedono eminenti rappresentanti del super-mainstream italiano mettere in campo tutti gli elementi indicati come tipici del 25 luglio frattalico sul versante della "politica italiana", anche (e proprio) nella sua versione attuale "al rallentatore".
In tal senso, veramente impressive gli interventi di Mieli. E tutto questo, in attesa di una rielaborazione attualizzata dell'ipotesi, va considerato al netto dei ricalcoli cronologici e rammentando che si tratta di un divertissment.


2. Al pari di Rutelli, sono anche io curioso di capire come mai si siano seccate le piante sulla "Cristoforo Colombo": magari c'è che un appalto non può essere rinnovato, alla sua scadenza, perchè, semplicemente, hanno agito le norme di taglio lineare sui trasferimenti alla finanza locale; magari per pagare i debiti verso le imprese e... non accumularne altri. Magari c'entra pure qualcuna delle numerose norme di "ricontrattazione al ribasso-o-risoluzione" sugli affidamenti di appalto in corso.
Come in tutta Italia. Ma proprio tutta: basta cercare (altro che "civismo, signora mia!").
Magari, si scoprirebbe, (a parte gli eccessi di affidamenti a trattativa diretta: ma se il sindaco deve essere plebiscitariamente eletto, il consenso da qualche parte va ricompensato...), che, essendo la burocrazia tecnica servente il vertice capitolino (organizzativamente e funzionalmente), in pratica, sempre la stessa, Rutelli non avrebbe probabilmente potuto ottenere risultati molto diversi da quelli dell'Amministrazione attuale.


3. Chissà: i "problemi che non si riescono a risolvere" (cit.Mieli) forse dipendono da qualcosa che ha a che vedere con la neo-struttura €uro-imposta dell'amministrazione pubblica italiana ("Alberto...lo nascesti!").
Solo che, al tempo di Rutelli, l'effetto restrizione della liquidità (cioè l'uccidere la domanda interna per via di consolidamento fiscale), e quindi della possibilità di azione politica, non aveva ancora agito, semplicemente perchè i nodi non erano ancora venuti al pettine in termini di "crisi (€uropea) di bilancia dei pagamenti".
E' chiaro come il sole che se non puoi effettuare scelte, - e le poche che fai sono talmente rarefatte che la corruzione "si vede" pure molto di più!-, le NON SCELTE DIVENGONO "RESPONSABILITA'" ma per omissione, per asfissia delle finanze pubbliche (anche se mal gestite e "biscottate", ma non peggio che in altri paesi del mondo...).
Che i partiti subiscano senza reagire questa situazione di impedimento alla scelta politica è, ovviamente, un effetto programmatico del vincolo esterno ("internazionalizzazione"): sappiamo pure che questo significa che i partiti di massa, come ci illustra bene Rodrik (che forse Mieli dovrebbe leggersi) non esistono più.


4. Alla fine, tranne che per gli spunti lanciati da Alberto, naturalmente raccolti con aplomb impassibile (forse, a quanto pare, nel backstage pubblicitario, "meno"), tutti gli altri parevano d'accordo sul fatto che la soluzione fosse: "PRIVATIZZIAMO", TUTTO E "FATE PRESTO!".


Insomma, al di là del dettaglio delle analisi, il drift del mainstream sull'orlo (?) del neo-25 luglio, si può così riassumere (brutalmente? Sinteticamente? Ormai non fa differenza):
a) questa classe politica non sa gestire l'ordoliberismo, cioè l'intervento, anche ampio, dello Stato, limitato a garantire le regole di funzionamento del mercato.
Non si può dimenticare, in proposito, il colloquio Lippmann (qui, P.6), laddove Miksch, dice: “in questa politica neoliberale è possibile che gli interventi economici siano tanto ampi e numerosi quanto in una politica pianificatrice, ma sarà la loro natura a essere differente”.
b) La democrazia idraulica tradisce il suo mandato, che è di garantire il risultato avuto di mira, fin dall'inizio, dalle oligarchie finanziarizzate.
c) Quindi, essendo irreversibile il modello del mercato, finanziarizzato e sovranazionale, togliamo il "sociale" (cioè la versione "strategica" che caratterizza l'ordoliberismo, come Roepke ben ci spiega, v.P.6, confermando Hayek) e...
d) passiamo direttamente alla dittatura benefica e indispensabile auspicata da Hayek...nell'interesse della libertà (degli operatori di mercato).


5. Solo che la dittatura, oggi, in pieno internazionalismo federalista a trazione germanica, si chiama Trojka: ed è tanto liberatoria. Se si sfiducia l'attuale politica e si anéla a questo assetto, la differenza con la Salò del post 25 luglio non è poi tanta.
Estote parati...



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Pubblicato da Quarantotto a 20:57 13 commenti: Invia tramite emailPostalo sul blogCondividi su TwitterCondividi su FacebookCondividi su Pinterest










 
LE INCERTE OPZIONI DI SALVEZZA ITALIANA NELL'ERA DELLA FINANZA CHE PERDE IL SUO RAPPORTO DI STRUMENTALITA' CON L'ECONOMIA REALE. -1
luglio 2014:):):V:V:V:V


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Cari lettori (concetto che allargo alla, più o meno omogenea, community di twitter),
sono reduce da un convegno a Rovereto (nell'ambito di una delle giornate dell'Alterfestival) che mi ha mostrato come, a livello locale, esistano forme di auto-oganizzazione associativa attive e capace di svolgere un'azione pragmatica di coinvolgimento del "pubblico" e specialmente, "aperta"; cioè non necessariamente legata alla matrice di un'unica voce critica dell'€urofollia, ammettendo un sano pluralismo di approcci.
Questo pluralismo, lungi dal provocare disorientamento e controversie autolesioniste, appare piuttosto il presupposto ideale per trovare una cornice unitaria degli sforzi comuni volti ad elaborare una linea collettivamente spendibile, che intendiamo come contrapposizione alla deprimente continuità delle soluzioni che l'attuale classe di governo ha (è il caso di dirlo) nel mirino.


In questo e in una serie di prossimi post, ci occuperemo dunque, delle prospettive e degli strumenti di politica economica (e fiscale) alternativa all'approccio €uro-continuista che pare essersi sviluppato attualmente (come mostra il precedente posta appena linkato, in relazione allo scenario acutamente delineato nel post di Francesco Lenzi).


Tratteremo dunque di come qualificare, nell'ambito delle teorie economiche, quella che il mainstream indica di voler (forse) ora adottare, di quali articolati problemi ci pone in concreto la fine della valuta unica, come pure degli alternativi scenari in cui questa potrebbe verificarsi (ipotesi in cui includiamo anche la gamma di soluzioni che vanno dalla mitizzata "modifica dei trattati", che allude alla uto-distopica "altra Euopa", alla più sensata eurodissoluzione concordata).


Vi dico subito che tratteremo anche dell'ipotesi di Cesare Pozzi che, con ragionevolezza in premessa assolutamente condivisibile, ci dice, - è meglio chiarirlo subito- che first of all, dobbiamo disporre di un modello coerente e consapevole che rilanci e valorizzi gli assets di sistema di cui ancora oggi l'Italia (non si sa ancora per quanto) dispone.
Il suo "facciamoci buttare fuori", implica la priorità di questa realizzazione politico-economica e, sopratutto di modello di sviluppo industriale. Quali siano le meditate conseguenze del fissare una tale priorità programmatica, verrà in dettaglio passato in rassegna; ma possiamo preannunciare che, in termini di Costituzione democratica e di riattivazione della fondamentale Costituzione economica, la soluzione sintetizzata da Cesare, rinvia direttamente sia alla sovranità sia alla indispensabile ed immediata "disponibilità" di una nuova e diversa classe dirigente (politica e "economica" nel senso riferibile alle istituzioni autorappresentative delle forze produttive).


In questo quadro ci occuperemo anche dell'ormai tristemente famoso European Redemption Fund, che purtroppo famoso è solo all'interno della parte più informata e consapevole dell'opinione pubblica, e non certo della nostra classe politica.
L'ERF, comunque lo si voglia realizzare, è una misura drasticamente neo-classica, liberista nelle sue necessarie premesse teoriche e pratiche. E questo ancorchè fosse inserito in un vagheggiato neo-europeismo "arcadico", cioè di preteso allentamento dei limiti del deficit pubblico attuali, - che a stretto diritto sono individuabili nel (molto probabilmente illegittimo) pareggio di bilancio "strutturale" (piuttosto che nel 3% imprudentemente speso da esponenti del governo, che non paiono coscienti dei "vincoli esterni" in cui hanno inconscientemente imbarcato la società italiana) presenta comunque un costo esiziale. L'ERF, infatti, obbliga al raggiungimento di un avanzo primario del pubblico bilancio dell'ordine di 5-7 punti di PIL all'anno (a seconda delle più o meno fantasiose ipotesi di alleggerimento del tetto del deficit da "rinegoziare", non si sa bene come e quando).
Come ciò sia compatibile con qualsiasi ipotesi di crescita, rimane un mistero.

Ci (ri)occuperemo anche del TTIP, cioè del nuovo trattato di liberoscambio transatlantico che incombe, con le sue trattative segrete e con la già constatabile incognita sulle incombenti incertezze di tenuta del modello socio-economico di entrambe le parti coinvolte (USA ed UE). E comunque, non ultimo, con la sua prospettiva di un enforcement delle sue regole affidato ai panels di giustizia arbitrale "privatizzata" che, composti da avvocati designati dai grandi gruppi multinazionali interessati, può imporre agli Stati condanne finanziariamente insostenibili e modifiche ordinamentali in contrasto stridente con le rispettive norme costituzionali fondamentali.

Fatta questa essenziale precisazione, che spero di aver espresso in termini sufficientemente chiari, mi rendo conto che il tema, o il "complesso" di questi temi, si presta a svariate interpretazioni, se non altro, ove subentri la suggestione della fissazione di un paradigma "critico" che divenga a sua volta affetto da rigidità (nelle soluzioni).
Per questo nei post che seguiranno, utilizzeremo il contributo dato dai più attenti commenti per incardinare, in un dialogo "partecipato", il discorso relativo ai vari oggetti preannunziati; insomma useremo la logica (democratica) dell'accertamento dell'impatto delle varie opzioni "super-regolatorie" presenti sul tappeto, senza mai dimenticare di verificarne la compatibilità coi principi fondamentali e non soggetti a revisione della nostra Carta Fondamentale.

Cominciamo col riportare una serie di mail che Francesco Lenzi mi ha inviato un uno scambio cui, come vedrete, ha partecipato sinteticamente ma significativamente, lo stesso Cesare Pozzi (cui chiedo venia se riterrà che il suo intervento risulti suscettibile di precisazioni ulteriori, per meglio consentirgli di esprimere il suo sempre prezioso pensiero: come lui ben sa, le sue analisi sono sempre massimamente benvenute su questo blog e, anzi, aneliamo ad averne). Aggiungo che, "ad usum lectoris", ho talvolta espanso il senso di alcune mie frasi in modo da renderle meno ellittiche e più immediatamente comprensibili, ma senza tradire, spero, il "thema" del contraddittorio instaurato:


1- Il dialogo inizia da questa mail che condusse al post di Francesco sopra linkato:
"Caro Francesco (spero questa sia ancora la tua mail),
sto rimuginando da alcuni giorni sul ruolo di Blackrock; in chiave frattalica e non meramente venture-speculativa.

Mi ha colpito l'articolo di Forte oggi, se non sbaglio su "Il Giornale", che rivela che alla fine del 2011, Blackrock, nella sua proposta, ci avrebbe, in caso, "aiutato" a mobilitare 200 miliardi per acquisti di debito con sottostante cartolarizzazione di beni pubblici.

So che tu valuti il tutto come essenziale presenza venture-speculativa su un mercato a prezzi stracciati come quello italiano, ma nondimeno la frequenza e collocazione di tali investimenti "di sistema" non può non far pensare (Lutwak stesso disse che in caso di euroexit il nostro sistema bancario, quantomeno, sarebbe dovuto passare in mani straniere).

Insomma, non voglio seccarti, ma ti va di provare a fare un post con un'analisi ragionata da par tuo?
...

Spero di riuscire a tentarti :-)
Un caro saluto,
Luciano"


2- "Ciao Luciano,
Riguardo il ruolo che gli Usa hanno giocato in quel periodo tra luglio 2011-luglio 2012 mi pare che, con le ultime rivelazioni di Geithner e il resoconto di Spiegel sul FT, si sia chiarito che se l'euro è ancora tra noi è perchè l'ha voluto Obama, preoccupato che un'ondata di instabilitá finanziaria propagata dal break-up dell'eurozona verso gli Usa avrebbe creato molti problemi al loro sistema finanziario ancora convalescente. Il ruolo di Blackrock in quel periodo è stato perfettamente funzionale al disegno complessivo.

Fosse stato per i tedeschi (così come han sempre detto in tutte le precedenti nostre crisi valutarie '63 - '74 -'92) probabilmente saremmo stati giá fuori.

Quindi cosa potrá succedere adesso? Il punto da seguire è secondo me solo gli Usa. Decideranno loro.

Io credo che abbiano sottovalutato la tirchieria dei tedeschi.
Il piano Geithner prevedeva di tenere insieme i cocci con "riforme" nei periferici e politica monetaria espansiva per gonfiare o i prezzi o gli immobili in Germania e tenere il saldo estero dell'eurozona sottocontrollo. Ora si ritrovano in una situazione in cui 2 (Cina e Giappone) dei tre grandi creditori hanno fatto ciò che gli venne richiesto nel post-Lehman. L'altro invece, la Germania, ha fatto poco o niente. A questo punto io controllo due cose:
1.Eur/Usd. Se superasse la resistenza di 1,38-1,4 potrebbe volare verso 1,5 o più e a quel punto finisce tutto per il colpo di grazia all'economia reale di Francia e Italia. Anche a 1,4, cmq, mi pare che si sia in affanno, ma magari un altro annetto si va avanti.
Se invece si dovesse svalutare, le conseguenze probabili sarebbero deflazione esportata verso Usa, aumento del surplus estero della zona euro, maggiore pressione sui valori delle attivitá finanziarie e reali soprattutto in Germania (con il DaX e il Bund che son giá oltre i massimi storici). Non proprio una situazione confortevole per Weidmann che potrebbe a questo punto "suggerire" di abbandonare la zona euro ed evitare di cadere da un punto troppo alto. Perchè anche loro dovranno cadere, in un modo o in un altro. A meno che non decidano di condividere i guadagni fatti fino ad oggi.


2. Stato di salute del mercato finanziario Usa. Ormai son ritornati gonfi come nel 2007. Il piccolo rialzo dei tassi dello scorso anno ha fermato il mercato immobiliare. Poi c'è il problema degli student loans e car loans. Un Crollo del mercato USA (Hussman ormai da 6/7 mesi mette in guardia su una possibile correzione di oltre il 50%), che si abbattesse su questo stato della zona euro, la farebbe sparire in un attimo.

Questo a grandi linee lo stato delle cose. I capitali Usa sono ritornati in eurozona per comprare assets da rivendere alla BCE con la prossima operazione straordinaria di giugno-luglio (che è molto probabile debba fare).
E questo è stato un normale movimento speculativo, che se non ci fosse stato il Belgio :) avrebbe giá smosso gli equilibri. Ma ormai ci siamo. Interessante sará vedere da giugno in poi quale sará lo scenario prevalente. Sempre considerando che in un modo o in un altro la Germania verrá obbligata a ridurre il suo surplus.

Questo in sintesi come la vedo.
...

Un caro saluto e a presto,

Francesco"


3- Per selezionare quanto di più immediato interesse, e non già espresso pubblicamente nel post medesimo di Francesco, perveniamo direttamente a questa mail:
"ciao Luciano,
ti mando questo post che riassume a grandi linee quale sia lo scenario che ritengo prevalente per i prossimi mesi. Non credo tanto ad una mission di interventismo da parte delle truppe finanziarie americane per stabilizzare l'economia italiana in preparazione di un ital-Exit.
Come ho descritto nel post la situazione degli Stati Uniti non è solida per niente. Non è solida per reggere ad una uscita che non sia in qualche modo programmata e supportata finanziariamente.
Non credo che in Italia avremo, almeno nei prossimi 2-3 anni, qualcuno in grado di aver il coraggio di portarci fuori da questo pantano avendo un piano sufficientemente solido per reggere il periodo del change-over.
Ho fatto una serie di letture sulla crisi del sud est asiatico del 1997 e l'elemento critico per l'Italia di oggi, come l'est asia di allora, è l'entità dei debiti esteri a breve.
Sono credo troppi per gestire in autonomia l'uscita. Servirebbe un grosso supporto finanziario della FED, e non credo sia ancora un loro interesse strategico. Almeno non nei prossimi mesi. Credo piuttosto che sia arrivato il momento in cui costringeranno la Germania a decidere cosa vuol fare da grande.



Quanto a BlackRock: dalla seconda metà del 2013 vari report di Blackrock suggerivano l'intervento nei periferici della zona euro per la loro bassa valutazione e per i limitati rischi di un breakup.
Il comportamente ha avuto quindi un chiaro effetto anticipatore: compro attivi euro sottovalutati, euro si apprezza (anche grazie ai surplus commerciali crescenti), aumentano pressioni deflattive, aumentano spinte per allentamenti monetari e di tassi di interesse, aumentano valori degli assets, realizzo plusvalenze. Le ultime indicazioni sono per una fine corsa dei valori, l'attesa è per quello che Draghi ha annunciato per Giugno. Da lì in poi vedremo la capacità dei tedeschi di reggere ai capital inflows.

Ti chiedo, visto che l'ho scritto nel tempo libero di oggi pomeriggio, di perdonarmi se non sono sufficientemente chiari alcuni passaggi o se alcune parti non sono scritte per bene. Aggiungi pure le modifiche che credi.

Fammi sapere.
Un caro saluto e a presto.
Francesco"

4- La mia risposta, a sua volta, ritengo possa dare alcuni punti di riferimento del grado di sviluppo della discussione, almeno per quanto riguarda la mia attenzione verso il fondamentale "riflesso istituzionale" di ogni possibile dinamica in gioco:
"Caro Francesco,
grazie.
Stasera sono stato a cena con i proff. Giacchè e Pozzi e parlando di Blackrock il primo è esattamente della tua idea. Pozzi a sua volta sostiene la stessa cosa che mi dici quanto ai crediti a breve, ed esprime dubbi quanto alla nostra forza negoziale-commerciale (come prevalenti price-taker) ed alla possibilità di reggere al c.d. "effetto sostituzione" (avendo perso il controllo di troppe filiere in cui siamo solo produttori intermedi, e/o facilmente aggredibili dai concorrenti di altre aree labor intensive o in cui la connessione tra produzione di beni strumentali e natura del prodotto sia caratterizzata, appunto, da una facile "surrogabilità" sul piano delle tecnologie già disponibili).
La situazione è tragica: rimango dell'idea che, recuperando risorse produttive (risparmio bloccato nella "trappola della liquidità") e un serio disegno industriale, nel medio periodo ce la possiamo cavare, ma a condizione di avere una banca centrale con funzioni di tesoriere e adeguate protezioni di repressione finanziaria e di "inversione" fiscale.
Ma richiede una classe politica e industriale di cui ora non c'è traccia. Vabbè, ci vorrano i CNL, perchè la Costituzione prevede e anzi imporrebbe azioni del genere..
A presto,
L. "


5- E' più chiaro ora, per chi avesse ancora dei dubbi sull'ordine generale dei problemi pratici da affrontare?
Andiamo dunque a questa ulteriore importante risposta:
"Io sono meno pessimista (forse anche per natura) sulla situazione prossima ventura.
Ha ragione Pozzi sull'interrogarsi in cosa sia rimasto delle filiere italiane e quale possa essere l'effetto sostituzione della svalutazione, ma credo, proprio perché siamo sempre più price-taker e non price-maker, la valuta ritorni ad costituire uno degli elementi essenziali.
Nel senso che se la filiera funziona sul prezzo (stante la media della qualità del prodotto) è stato proprio il non potersi adattare alla competizione di prezzo delle economie emergenti che ha segnato (parte) del declino della manifattura italiana. In sostanza, se partecipi a delle filiere produttive e sei nelle parti intermedie, le pressioni sui prezzi riesci ad assorbirle meglio se puoi giocare sul cambio. Viceversa se il posizionamento è nelle parti più a valle della filiera.
Poi, certo, è molto una questione politica. E' logico che se per uscire imponi il blocco dei capitali, trattenendo all'interno dell'Italia qualcosa come 1000 miliardi di euro, è normale che vai a creare diversi problemi ai nostri partner. Ed anche gli scambi commerciali ne risentirebbero sensibilmente.


Quanto poi al contesto finanziario/fiscale, posto che gli USA (ma anche GER e FRA) non ci faranno uscire da soli imponendo un blocco dei capitali, credo che il livello dei tassi giochi comunque a nostro favore.
Quello che si dice degli USA, sulla loro ripresa, è molto esagerato. Hanno sicuramente seguito una strada migliore della nostra, ma dal punto di vista della domanda interna hanno ancora molto da fare per ristabilirsi e poi c'è l'incognita di cosa potrebbe succedere al mercato finanziario con questo livelli di valutazioni. I tassi staranno bassi per molto tempo e se son bassi in USA saranno molto bassi anche qua da noi (euro o non euro).
La leva fiscale poi è servita in tutti questi anni per comprimere la dinamica della domanda interna cercando di tenere a bada le importazioni. Non credo che, una volta riaggiustati i cambi reali, l'interesse della nuova classe politica dirigente sia di continuare a fare lo sceriffo di Nottingham.



E poi, un'altra cosa da considerare è che l'Italia, nonostante il disastro di questi 15 anni non è uno dei Pigs.
Portogallo, Spagna, Grecia e Irlanda hanno tutte una posizione sull'estero negativa per oltre il 100% del PIL, difficile che senza una forte ristrutturazione del debito loro possano andare avanti fuori dall'euro. L'Italia no, ha poco più del 20%PIL (in effetti attualmente sfiora il 30% ndr.) di debito, una cosa assolutamente gestibile.
Inoltre il saldo commerciale con l'Unione europea, durante il periodo 1999-2012, è stato positivo per circa l'1% del PIL.
La grossa perdita di competitività l'abbiamo avuta verso l'esterno della zona euro. Molto interessante in questo senso è il paper del 2010 del FMI http://www.imf.org/external/pubs/ft/wp/2012/wp12236.pdf che cito spesso anche su twitter.
Fondamentale per capire che il nostro non è stato un problema di competitività intra eurozona (siamo meno competitivi dei tedeschi, ma lo eravamo più degli spagnoli, dei portoghesi, ecc...) ma è stato soprattutto nei confronti degli emergenti e della dipendenza dalle risorse energetiche. Anche il solo riaggiustamento del cambio euro/dollaro, intorno 1,1/1,15 potrebbe darci sollievo nell'immediato. Purtroppo c'è il "piccolo" problema del surplus tedesco.


Insomma, premesso che non abbiamo ancora molto tempo perchè il sistema economico è arrivato ormai sull'orlo del collasso, se veramente la BCE costringesse i tedeschi a levarsi di torno, potremmo avere, già nel breve termine un forte sollievo.
Poi si tratta di decidere cosa vorremo fare da grandi, ma credo che così come il sistema economico si è indirizzato sul terziario e gli immobili alla fine degli anni novanta perchè c'erano margini molto più ampi che non su gran parte del manifatturiero, il recupero di redditività sul manifatturiero guiderebbe i nuovi investimenti. Questo nell'immediato.
Per il dopo, lo sappiamo.
Speriamo bene e che le cose succedano sufficientemente in fretta.
Un caro saluto,
Francesco"

6- Il "colloquio" (oggettivamente non-Lippman...) è così proseguito.
Come vedrete coinvolge, da parte mia lo stesso problema dell'ERF e i suoi riflessi sull'azione fiscale e sulla sostenibilità in termini di crescita o, quantomeno, di ragguardevole out-put gap:
"La tua analisi è confortante: al riguardo ho sempre chiesto a Cesare se avesse dei dati per supportare la "vulnerabilità" strutturale della nostra posizione nelle famose filiere. Lui sostiene che nessuno "vuole" o, comunque, ha il coraggio di fare uno studio serio; Confindustria in primis, che si affida a statistiche rudimentali (ad es; il report Istat sul import ed export, non ci dice nulla sulla nostra capacità di resistenza settore per settore e sulla riespandibilità della produzione sull'intera filiera, quale che ne sia il modo: investimenti, know how e professionalità residue e loro accessibilità nel breve).
Su tutto quello che dici, incombe ovviamente l'ERF: con un avanzo primario "vincolato" dall'UEM a 6/7 punti di PIL (salvo triple o quadruple dip - cioè ulteriore recessione- da consolidamento, e rateo maggiore per via di denominatore in tracollo), sia S (risparmio) che I (investimenti) rischiano di diventare strutturalmente negativi (e non c'è strategia industriale che tenga).
In caso posso aprire un dibattito sul blog pubblicando questa tua mail (precedente)?
Un caro saluto,
L."

7- Questa la risposta di Francesco:
"Non ho certamente dati precisi che, salvo l'ufficio studi della confindustria, pochi altri potrebbero avere sulla capacità di reggere del nostro sistema produttivo in caso di una svalutazione one-shoot e poi un cambio maggiormente amministrabile.
Mi baso sull'esperienza diretta del mio settore tessile e sulle analisi fatte da istituti tipo fondazione "Edison" e Symbolia.
Il nostro problema è tutto sul mercato interno perché quando una Nazione grande come la nostra, nonostante un differenziale di competitività con i tedeschi del 20 e del 10% con i Francesi, arriva ad esportare il 30% del PIL ha a disposizione tutte le risorse per potersi pagare le importazioni.
Quindi, anche vedendo il modo con cui nel tempo si è mosso il saldo estero in funzione del Reer (tasso di cambio reale, ndr.), non credo che dal punto di vista manifatturiero avremo grosse difficoltà (sempre in termini di capacità di assorbire lo shock da svalutazione che comunque nei primi mesi ci sarà) a riprendere i margini perduti e quindi la capacità produttiva e di conseguenza gli investimenti.
Il mio cruccio sul changeover riguarda la solidità del sistema finanziario.
I debiti a breve sull'estero sono 580 miliardi. Circa 240 sul Target2 il resto principalmente in capo alle banche.
La situazione è molto simile a quella della crisi dell'Est Asia, in cui, sebbene i bilanci pubblici fossero buoni, il deficit di CA non così esplosivo, la rivalutazione del dollaro sullo Yen, la successiva perdita di competitività, la fuga speculativa ed infine il deprezzamento, portarono a quello che Krugman ha chiamato Balance sheet effects.
In questa tipologia di crisi, quando se ne vanno i capitali a breve e la valuta si deprezza (quindi l'entità dei debiti esteri aumenta), le banche si trovano a dover liquidare gli assets e comprimere gli impieghi, dando il colpo di grazia all'economia reale, precedentemente provata dalla perdita di competitività.
Infatti, a seguito della svalutazione la crisi in est asia peggiorò, anche se gli Stati erano fondamentalmente sani e il sistema aveva recuperato competitività attraverso la svalutazione. Solo i prestiti internazionali del FMI e una swap line della FED stabilizzarono la situazione in Sud Corea ed Indonesia. In Tailandia invece la cosa fu risolta, con minori danni e senza un finanziamento ponte dall'estero, con il blocco dei capitali. Ma quest'ultima soluzione, come ti dicevo, credo sia poco percorribile (politicamente) per noi.
Rimane l'assistenza finanziaria della Banca del Mondo, la FED, che ci permetterebbe di fare il roll-over sui debiti a breve senza provocare il Balance sheet effect. Bisogna vedere quali carte, e se ci sarà mai la volontà politica, si hanno per richiedere questo tipo di assistenza (come poi venne fatto anche nella crisi della lira del 1963).


Quanto all'ERF, ti dico la mia, così a sensazione, non credo che lo vogliano per primi i tedeschi. Se le elezioni vanno come devono andare, e poi la BCE inizia ad attivare altre misure di allentamento monetario, sarà politicamente costoso anche per il governo tedesco andare avanti sulla mutualizzazione del debito (anche se garantita da quanto di meglio potremmo avere). Magari, più probabile che potranno attivarlo al sopraggiungere di una nuova tempesta finanziaria, spacciandola per àncora di salvataggio offerta ai Paesi deboli. Rimane però quando scritto da Geithner nel suo libro, cioè che a loro non interessa tenerci dentro se questo porta ad una qualsiasi forma di trasferimento.
Riguardo la nostra conversazione puoi tranquillamente pubblicare tutto.

ciao.
Francesco"

8- Ai fini dell'argomento in trattazione, possiamo tralasciare alcuni passaggi intermedi che riguardavano aspetti monetari e di politiche delle banche centrali (sia la BCE che, in prospettiva, una "nuova" banca centrale italiana, riportata alla pubblicizzazione delle sue funzioni in termini conformi agli artt.1, 4 e 47 Cost, quantomeno).
E' interessante, a chiusura di questo dialogo a due, che in fondo parte dall'analisi di alcune considerazioni svolte da Cesare Pozzi, vedere la breve, ma "densa", chiosa che svolge egli stesso. Ovviamente questa va presa con tutte le riserve di "fretta" e esigenza di serio approfondimento che egli stesso enuncia, non di meno prefigurando dei temi che rimangono estremamente rilevanti, (qualche che ne sia la verifica nei famosi "studi" settore per settore riguardanti la capacità produttiva e le residue filiere industriali italiane):
"...Ho letto il tuo scambio di mail con Francesco Lenzi: ogni punto apre una discussione da affrontare a voce.
In sintesi ti faccio due considerazioni: gli americani hanno perso il controllo della situazione e, se pensiamo possano aiutare la nostra ripresa, i drivers che guidano moneta e relative politiche non sono più legati alle esigenze delle strutture sociali, ma sono determinati da motivazioni squisitamente speculative. Quando i mercati finanziari perdono il loro ruolo di strumentalità rispetto all'economia reale e si inverte il rapporto di potere prevalgono gli obiettivi della parte peggiore, che ci vede come carne da macello o tacchino da spennare.
In questo quadro non esiste più lo spazio per "potersi adattare alla competizione di prezzo delle economie emergenti": da economia divenuta "price taker" attraverso la svalutazione del cambio, ci avviteremmo su noi stessi.
Purtroppo anche l'idea che non abbiamo un problema di competitività intra eurozona si basa sul non considerare il peso indispensabile sul nostro export del deficit energetico: il pareggio sostanziale che si è registrato da quando c'è l'€ non può certo compensare la quantità di energia che dobbiamo importare per mantenere il mostro modello di vita e di produzione. Anche qui dovremmo avere un progetto alternativo ...
Perdona, non sono stato sicuramente chiaro, ma ne parliamo di persona.
Un abbraccio,
Cesare"


Ovviamente, in questa ricognizione del campo di indagine, al momento, ci fermiamo qui.
Ma mi pareva importante delineare in premessa i problemi concretamente sul tappeto.
Fermo restando, come vedremo, e come ben sa chi ha seguito in streaming il dibattito tra me e Cesare a Rovereto, che, sul piano macroeconomico esistono, a mio parere, una serie di "misure" indispensabili che dovranno accompagnare ogni possibile ipotesi di rilancio dell'economia e del benessere sociale italiani.Da queste misure dipende una serie di variabili, affidate a decisioni tecniche ma prima ancora politiche, che possono influire considerevolmente sull'evoluzione dello scenario.
 

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