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La nostra ignoranza è la LORO forza.


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QUANDO LA TV FA INFORMAZIONE, raro ma capita.
Giovanni Minoli parla delle famiglie del petrolio, le 7 sorelle e lo strapotere che controllano e che ha causato, e causa ancora oggi, guerre in quelle nazioni che possiedono l'oro nero.






"Le Sette Sorelle" - LA STORIA SIAMO NOI
LA STORIA SIAMO NOI ( RAI 3) "Le Sette Sorelle"
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martedì 25 agosto 2015

'STA CINA: I MERCATI INTERNI E IL FRANCHISING "WALL STREET"





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1. Qualcuno si affretta a dire: ma dov'è il problema?
Consideriamo che le esportazioni in Cina costituiscono rispettivamente il 3.7% e il 5.4% delle esportazioni totali dell'eurozona e della Germania.
Poi arriva qualche espertone e ci dice che le difficoltà di crescita della Cina pongono in pericolo il settore del lusso "made in Italy": un settore che pesa relativamente poco sull'export italiano, a rigore, e che, in ogni modo, è ormai quasi tutto a controllo estero.




La mappa del nuovo Made in Italy

grafico.png

"Non è un caso, insomma, se la crescita dell’export italiano sta esplorando e sempre più esplorerà le nuove geografie dello sviluppo. Quella dei Paesi Iets (Indonesia, Egitto, Turchia, Sudafrica) realtà dove la popolazione ha un’età media inferiore a 30 anni e nei quali è prevista, nei prossimi anni, una rapida crescita dei consumi interni, le previsioni di crescita dell’export italiano tra il 2014 e il 2016, viaggiano attorno a una media del 10%, così come quella dei Next-7 (Corea del Sud, Egitto, Filippine, Indonesia, Messico, Nigeria, Turchia). O ancora quella dei Rapid-Growth Market (Arabia Saudita, Argentina, Brasile, Cile, Cina, Corea del Sud, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Hong Kong, India, Indonesia, Malesia, Messico, Nigeria, Polonia, Qatar, Repubblica Ceca, Russia, Sudafrica, Thailandia, Turchia e Ucraina), Paesi ricchi di materie prime e con basso costo della manodopera. Qui la crescita delle esportazioni italiane è stimata attorno al 9,6%, con un peso sul totale che passerà dal 21,7% nel 2011 al 24% nel 2016. La stessa Africa subsahariana potrebbe essere in un futuro prossimo un’importante bacino di sviluppo per questo nuovo made in Italy, visto che già ora le importazioni dei Paesi dell’area sono trainate da progetti infrastrutturali e da investimenti nel settore petrolifero, che vedono coinvolte alcune grandi imprese italiane."


grafico-grigio.png



2. E poi arriva qualche altro espertone e ci dice pure che la Cina mette in crisi il Brasile (che esporta in Cina soia e altre materie prime), che mette in crisi le grandi multinazionali (tipo Siemens e Caterpillar) che producono o esportano in Brasile e, ovviamente, in tutto il resto del mondo che non...potrebbe più esportare in Cina.


Insomma, messa così, si capisce che è tutto un fatto di contrazione delle esportazioni e di modello free-trade arrembante e, come vedremo, finanziarizzato e senza ripensamenti; come avevamo già detto.
La potremmo mettere anche in questi termini: si aspettava da tanto questo momento, per compiere la revenge sulla Cina, e pareggiare i conti dell'export, dopo che per tanti anni si era subita la sua "aggressività", e invece la Cina che ti fa? Ti va in crisi.


4. Forse, l'ha fatto apposta, suggeriscono alcuni.
In un certo senso è vero: come dice Sapelli su "Il Messaggero" di oggi, la Cina intende, comunque, "passare da un modello fondato sull'esportazione (del manifatturiero mondiale accentrato presso il suo territorio), a un modello fondato su un mix di esportazioni e di creazione di mercato interno, per porre l'Impero di Mezzo al sicuro dalle fluttuazioni del commercio mondiale. Solo che la creazione di un mercato interno sta andando incontro a ripetuti fallimenti. La condizione per crearlo è staccare i contadini dalle campagne e gettarli nelle città dove non c'è spazio per l'autoconsumo e l'autoproduzione, non solo del cibo".
Invece, si ritrovano, oggi, con "decine di città programmate e costruite che sono vuote: i contadini non abbandonano le campagne in misura sufficiente per introdurre il mercato" Dopo averci illustrato gli eccessi repressivi per realizzare manu militari questo disegno, Sapelli conclude: "la crisi è di natura strutturale ed è tipica di un ersatz (surrogato) dell'economia capitalista simile a quella del nazismo: una sorta di capitalismo monopolista di Stato a dominazione militare e non politica, come dimostrano le recenti vicende dove emerge chiaramente come l'esercito sempre più prevalga sul partito".


In tutto questo sarebbero "compassionevoli e allarmanti...le idee di coloro (FMI compreso) che si cullano nell'ipotesi che l'abbassamento di valore dello yuan abbia di mira l'entrata nel mercato sia della moneta sia dell'economia cinese tutta..."
E dunque: "la prima conseguenza della situazione cinese è la moltiplicazione delle tendenze in atto verso una deflazione mondiale tipica dell'avvento di una terribile stagnazione planetaria...
Occorre invertire il passo e capire che l'unica salvezza è fare ciò che la Cina non riesce a fare. Ossia abbandonare la via della crescita fondata sulle esportazioni e i bassi salari. Essa è fallita.
Solo i mercati interni e la creazione del capitale umano, ossia di persone ben preparate e ben pagate che lavorano sicure tutta la vita, solo una nuova economia di piena occupazione può garantire lo sviluppo e la crescita. Altrimenti faremo tutti la fine della Cina".


5. Vi ho riportato questa analisi di Sapelli e le sue conclusioni perchè ci portano dritti a un altro interrogativo, quello vero: ma quali sono le condizioni in cui si realizza la piena occupazione e la valorizzazione del capitale umano, nella sicurezza del posto di lavoro?
Noi lo sappiamo; lo abbiamo visto tante volte. Ci piacerebbe che Sapelli sviluppasse il discorso esplicitamente.


6. E lo stesso vale per Krugman che sul NY Times di oggi, ci racconta: "Cosa sta causando la contrazione globale? Probabilmente un misto di fattori. La crescita demografica sta rallentando in tutto il mondo (...!) e nonostante tutto i clamore sulle nuove tecnologie, non pare si stia creando nè un innalzamento della produttività nè la domadna per investimenti nelle imprese. L'ideologia dellìasuterità, che ha condotto a una debolezza senza precedenti nella spesa pubblica, si è aggiunta al problema. E la bassa inflazione in tutto il mondo, che singifica bassi interessi anche quando le economie sono in espansione, ha ridotto lo spazio per tagliare i tassi quando le economie sono indebolite....I "policy makers" dovrebbero seriamente prendere in esame la possibilità che l'eccesso di risparmio (ndr: figlio delle logiche export-oriented, della finanziarizzazione e della redistribuzione verso l'alto della ricchezza, in una frase, figlie di questo mercato del lavoro - Draghi dixit- dove il salario segue la produttività reale e non quella nominale), la persistente debolezza globale è la nuova normalità"


7. E allora?
Per Krugman: "La mia sensazione è che ci sia una profonda mancanza di volontà, anche tra i più sofisticati responsabili delle politiche economiche, di accettare questa realtà".
E Krugman ci pare eccessivamente cauto e, anzi, "eufemistico", quando aggiunge:
"Ciò è in parte (?!) dovuto a "special interests": Wall Street non vuole sentire che un mondo instabile esiga una forte regolazione finanziaria, e politicamente chi vuole distruggere il welfare State non vuole sentire che la spesa pubblica e l'ndebitamento non siano problemi nella situazione attuale".
Krugman, dunque, fa un passo in più, rispetto alla diagnosi senza terapia di Sapelli. Come al solito, il problema è la democrazia in senso sostanziale. Quella "lavoristica" che si rivela, più che mai, il vero motore dello sviluppo sostenibile.


7. La democrazia costituzionale italiana, per dire...
Speriamo che, visto che l'€uropa è quanto di più lontano e anzi di opposto a questo modello, qualcuno se ne ricordi e lo rivendichi. Magari la Corte costituzionale, anche se è molto improbabile ormai.
Magari qualche rinascente partito di massa: ma senza finanziamento pubblico ai partiti, - cioè senza la garanzia che non siano i gruppi finanziari più forti ad indirizzare il gioco elettorale nella "finzione idraulica" -, la Wall Street di turno (è un marchio "politico" di frande suggestione e diffusione) ci può sempre trascinare sempre più nel baratro.
Con nuove riforme strutturali e privatizzazioni...


Pubblicato da Quarantotto a 12:21 2 commenti:
 
martedì 25 agosto 2015

'STA CINA: I MERCATI INTERNI E IL FRANCHISING "WALL STREET"





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1. Qualcuno si affretta a dire: ma dov'è il problema?
Consideriamo che le esportazioni in Cina costituiscono rispettivamente il 3.7% e il 5.4% delle esportazioni totali dell'eurozona e della Germania.
Poi arriva qualche espertone e ci dice che le difficoltà di crescita della Cina pongono in pericolo il settore del lusso "made in Italy": un settore che pesa relativamente poco sull'export italiano, a rigore, e che, in ogni modo, è ormai quasi tutto a controllo estero.




La mappa del nuovo Made in Italy

grafico.png

"Non è un caso, insomma, se la crescita dell’export italiano sta esplorando e sempre più esplorerà le nuove geografie dello sviluppo. Quella dei Paesi Iets (Indonesia, Egitto, Turchia, Sudafrica) realtà dove la popolazione ha un’età media inferiore a 30 anni e nei quali è prevista, nei prossimi anni, una rapida crescita dei consumi interni, le previsioni di crescita dell’export italiano tra il 2014 e il 2016, viaggiano attorno a una media del 10%, così come quella dei Next-7 (Corea del Sud, Egitto, Filippine, Indonesia, Messico, Nigeria, Turchia). O ancora quella dei Rapid-Growth Market (Arabia Saudita, Argentina, Brasile, Cile, Cina, Corea del Sud, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Hong Kong, India, Indonesia, Malesia, Messico, Nigeria, Polonia, Qatar, Repubblica Ceca, Russia, Sudafrica, Thailandia, Turchia e Ucraina), Paesi ricchi di materie prime e con basso costo della manodopera. Qui la crescita delle esportazioni italiane è stimata attorno al 9,6%, con un peso sul totale che passerà dal 21,7% nel 2011 al 24% nel 2016. La stessa Africa subsahariana potrebbe essere in un futuro prossimo un’importante bacino di sviluppo per questo nuovo made in Italy, visto che già ora le importazioni dei Paesi dell’area sono trainate da progetti infrastrutturali e da investimenti nel settore petrolifero, che vedono coinvolte alcune grandi imprese italiane."


grafico-grigio.png



2. E poi arriva qualche altro espertone e ci dice pure che la Cina mette in crisi il Brasile (che esporta in Cina soia e altre materie prime), che mette in crisi le grandi multinazionali (tipo Siemens e Caterpillar) che producono o esportano in Brasile e, ovviamente, in tutto il resto del mondo che non...potrebbe più esportare in Cina.


Insomma, messa così, si capisce che è tutto un fatto di contrazione delle esportazioni e di modello free-trade arrembante e, come vedremo, finanziarizzato e senza ripensamenti; come avevamo già detto.
La potremmo mettere anche in questi termini: si aspettava da tanto questo momento, per compiere la revenge sulla Cina, e pareggiare i conti dell'export, dopo che per tanti anni si era subita la sua "aggressività", e invece la Cina che ti fa? Ti va in crisi.


4. Forse, l'ha fatto apposta, suggeriscono alcuni.
In un certo senso è vero: come dice Sapelli su "Il Messaggero" di oggi, la Cina intende, comunque, "passare da un modello fondato sull'esportazione (del manifatturiero mondiale accentrato presso il suo territorio), a un modello fondato su un mix di esportazioni e di creazione di mercato interno, per porre l'Impero di Mezzo al sicuro dalle fluttuazioni del commercio mondiale. Solo che la creazione di un mercato interno sta andando incontro a ripetuti fallimenti. La condizione per crearlo è staccare i contadini dalle campagne e gettarli nelle città dove non c'è spazio per l'autoconsumo e l'autoproduzione, non solo del cibo".
Invece, si ritrovano, oggi, con "decine di città programmate e costruite che sono vuote: i contadini non abbandonano le campagne in misura sufficiente per introdurre il mercato" Dopo averci illustrato gli eccessi repressivi per realizzare manu militari questo disegno, Sapelli conclude: "la crisi è di natura strutturale ed è tipica di un ersatz (surrogato) dell'economia capitalista simile a quella del nazismo: una sorta di capitalismo monopolista di Stato a dominazione militare e non politica, come dimostrano le recenti vicende dove emerge chiaramente come l'esercito sempre più prevalga sul partito".


In tutto questo sarebbero "compassionevoli e allarmanti...le idee di coloro (FMI compreso) che si cullano nell'ipotesi che l'abbassamento di valore dello yuan abbia di mira l'entrata nel mercato sia della moneta sia dell'economia cinese tutta..."
E dunque: "la prima conseguenza della situazione cinese è la moltiplicazione delle tendenze in atto verso una deflazione mondiale tipica dell'avvento di una terribile stagnazione planetaria...
Occorre invertire il passo e capire che l'unica salvezza è fare ciò che la Cina non riesce a fare. Ossia abbandonare la via della crescita fondata sulle esportazioni e i bassi salari. Essa è fallita.
Solo i mercati interni e la creazione del capitale umano, ossia di persone ben preparate e ben pagate che lavorano sicure tutta la vita, solo una nuova economia di piena occupazione può garantire lo sviluppo e la crescita. Altrimenti faremo tutti la fine della Cina".


5. Vi ho riportato questa analisi di Sapelli e le sue conclusioni perchè ci portano dritti a un altro interrogativo, quello vero: ma quali sono le condizioni in cui si realizza la piena occupazione e la valorizzazione del capitale umano, nella sicurezza del posto di lavoro?
Noi lo sappiamo; lo abbiamo visto tante volte. Ci piacerebbe che Sapelli sviluppasse il discorso esplicitamente.


6. E lo stesso vale per Krugman che sul NY Times di oggi, ci racconta: "Cosa sta causando la contrazione globale? Probabilmente un misto di fattori. La crescita demografica sta rallentando in tutto il mondo (...!) e nonostante tutto i clamore sulle nuove tecnologie, non pare si stia creando nè un innalzamento della produttività nè la domadna per investimenti nelle imprese. L'ideologia dellìasuterità, che ha condotto a una debolezza senza precedenti nella spesa pubblica, si è aggiunta al problema. E la bassa inflazione in tutto il mondo, che singifica bassi interessi anche quando le economie sono in espansione, ha ridotto lo spazio per tagliare i tassi quando le economie sono indebolite....I "policy makers" dovrebbero seriamente prendere in esame la possibilità che l'eccesso di risparmio (ndr: figlio delle logiche export-oriented, della finanziarizzazione e della redistribuzione verso l'alto della ricchezza, in una frase, figlie di questo mercato del lavoro - Draghi dixit- dove il salario segue la produttività reale e non quella nominale), la persistente debolezza globale è la nuova normalità"


7. E allora?
Per Krugman: "La mia sensazione è che ci sia una profonda mancanza di volontà, anche tra i più sofisticati responsabili delle politiche economiche, di accettare questa realtà".
E Krugman ci pare eccessivamente cauto e, anzi, "eufemistico", quando aggiunge:
"Ciò è in parte (?!) dovuto a "special interests": Wall Street non vuole sentire che un mondo instabile esiga una forte regolazione finanziaria, e politicamente chi vuole distruggere il welfare State non vuole sentire che la spesa pubblica e l'ndebitamento non siano problemi nella situazione attuale".
Krugman, dunque, fa un passo in più, rispetto alla diagnosi senza terapia di Sapelli. Come al solito, il problema è la democrazia in senso sostanziale. Quella "lavoristica" che si rivela, più che mai, il vero motore dello sviluppo sostenibile.


7. La democrazia costituzionale italiana, per dire...
Speriamo che, visto che l'€uropa è quanto di più lontano e anzi di opposto a questo modello, qualcuno se ne ricordi e lo rivendichi. Magari la Corte costituzionale, anche se è molto improbabile ormai.
Magari qualche rinascente partito di massa: ma senza finanziamento pubblico ai partiti, - cioè senza la garanzia che non siano i gruppi finanziari più forti ad indirizzare il gioco elettorale nella "finzione idraulica" -, la Wall Street di turno (è un marchio "politico" di frande suggestione e diffusione) ci può sempre trascinare sempre più nel baratro.
Con nuove riforme strutturali e privatizzazioni...


Pubblicato da Quarantotto a 12:21 2 commenti:
 
posted by Valerio Franceschini
Gli Statuti della Bank of England (di Valerio Franceschini)


Lo statuto iniziale fu siglato nel 1694, e sebbene siano state introdotte numerose novità nei successivi, molte furono le caratteristiche fondamentali del primo statuto che restarono costanti per il successivo secolo e mezzo.
Come detto, la Banca finanziò il governo per 1.200.000 £, in cambio di una rendita pari a 100.000,00 £ annue per interessi.
L’atto costitutivo originario non concesse alla banca la posizione privilegiata di banchiere del governo come sarebbe accaduto più tardi, con gli atti costitutivi successivi di rinnovamento, né concesse alla Banca di essere l’istituto legale di offerta di moneta.
La caratteristica fondamentale contenuta nel primo atto costitutivo fu quella di raccolta di capitali per sostenere le spese belliche contro la Francia, in cambio dei quali il governo prometteva una rendita annuale sotto forma di interessi.
Aspetti fondamentali dei contratti di prestito erano comunque di maggior favore per il Governo. Il prestito, per esempio, non era esigibile.
La Banca non avrebbe potuto richiedere la restituzione anticipata.
Di converso, al Governo era riconosciuto il diritto opzionale di pagare in anticipo quanto preso a prestito e dissolvere la Banca, con il preavviso di un anno, e in qualsiasi momento a partire dall’undicesimo anno di vita dell’atto costitutivo.
Gli atti costitutivi successivi seguirono lo stesso schema generale.
Nel 1695, il Parlamento deliberò l’atto costitutivo di una banca “rivale”, la Land Bank, la quale non riuscì a costituirsi causa il fallimento nella raccolta dei capitali necessari che avrebbero dovuto essere imprestati al Governo.
La sfida di Land Bank motivò la BoE a chiedere un privilegio di esclusiva nel charter successivo, quello del 1697.
Nel 1708, durante la guerra di Successione spagnola, in cambio di un nuovo prestito, la BoE ottenne una forma di protezione dall’altrui competizione: furono proibite dalla legge associazioni impegnate in business di natura bancaria che contassero più di sei individui.
L’atto del 1708 conferì alla banca il monopolio di società di emissione: “the intention was to give the Bank of England a monopoly of joint-stock banking, and had any other institution of more than six partners attempted to carry on a banking business in England . . it would have suppressed’’.
Il primo atto istitutivo (1694) e i successivi due (1697- 1708) definivano il contratto iniziale: il governo avrebbe usato la sua autorità per imporre mezzi restrittivi della concorrenza in favore della Banca, la quale in cambio avrebbe garantito prestiti permanenti e supporto finanziario.
I successivi sarebbe stati scritti in base alle circostanze, dato che un iniziale contratto permanente non sarebbe stato in grado di prevedere il contesto futuro, né prevenire eventuali comportamenti opportunistici dell’una o dell’altra parte. il processo di rinegoziazione avrebbe permesso al governo e alla Banca di adeguarsi ai cambiamenti economici e politici.
Ogni statuto conteneva una clausola in base alla quale le parti avrebbero potuto rinegoziare l’accordo iniziale rispetto alle mutate condizioni di contesto e permettere sanzioni in caso di fenomeni di opportunismo.
In breve, la Banca non fu concepita come istituzione permanente per ovviare ai problemi di incompletezza contrattuale.
L’esistenza della banca venne concepita come una serie di accordi, rinegoziati ad intervalli regolari, per gestire due tipi di incertezze: cambiamenti imprevisti nella politica fiscale e incertezza circa la futura distribuzione degli utili tra le parti.
Per ciò che concerne i cambiamenti nella politica fiscale, le future esigenze finanziarie del governo sarebbero state un complessa combinazione di probabilità tra la guerra, la propria capacità di credito, l’accesso ad altre forme di credito (rendite, lotterie, e vari prestiti a breve) e la sua capacità di gestire spese ed entrate per contingenze impreviste.
Di fronte a tale persistente incertezza finanziaria,il governo restava titolare del diritto di sciogliere la Banca. Come detto, vi era, da contratto, il diritto per il Governo, ripagando il suo debito permanente con la Banca, di sciogliere la società con un anno di preavviso.
Questo era per il Governo uno strumento di leva, in quanto la minaccia di scioglimento avrebbe potuto essere usato per ottenere ulteriore assistenza finanziaria.
Il governo avrebbe potuto usare la minaccia di rinegoziare i termini del debito esistente per ottenere nuovi prestiti dalla Banca o per facilitare il consolidamento di altri finanziamenti in essere (a breve e lungo termine)innestando questi ulteriori prestiti al debito dovuto alla Banca. In generale,si trattava di una minaccia per mezzo della quale il buon comportamento della società avrebbe potuto essere assicurato.
Mentre il contratto di prestito era asimmetrico, nel senso che il Governo aveva mantenuto potere decisionale sulla continuazione della Bank of England, anche la Banca derivò vantaggi dalla rinegoziazione dei suoi statuti. Ancora più importante, la dipendenza del governo dalla Banca ha consentito di proteggere il suo monopolio di fronte a nuovi concorrenti la cui esistenza non era stata prevista alla sua fondazione. In questo senso è esemplificativo il caso del Credito Fondiario (Land Bank).
Lo statuto del 1694 non conteneva alcuna limitazione sul diritto di istituzione, da parte del Parlamento, di banche concorrenti. Ma quando il Parlamento agisce opportunisticamente istituendo il Credito Fondiario nel 1695, la Banca d’Inghilterra richiese, nello statuto di rinegoziazione del 1697, che gli fosse riconosciuto, da parte del Governo, il monopolio legale.
Allo stesso modo, quando la Banca si rese conto che il suo statuto non impediva l’aumento di personalità giuridiche (private) concorrenti della banca, si assicurò una nuova clausola nel recharterdel 1708 la quale stabiliva che nessuna impresa costituita da più di sei persone avrebbe potrebbero emettere fatture o banconote in Inghilterra.
Coevi dibattiti parlamentari suggeriscono che il governo e la Banca avessero compreso il valore di questa flessibilità. Nel 1781, ad esempio, cinque anni prima della data di opzione, il primo ministro Lord North aveva auspicato il passaggio di un nuovo Statuto che avrebbe assicurato al governo un prestito di £ 2.000.000 al 3%, in cambio di estendere tutti i privilegi della Banca privilegi sino al 1812.
Il Primo Ministro North chiarì che l’affare avrebbe potuto alleviare l’onere finanziario della guerra americana. L’intero ammontare del prestito sarebbe stato utilizzato per pagare il costoso debito della marina che ”era appeso come una macina da mulino sul collo del credito pubblico”.
Per alcuni membri del parlamento, l’utilizzo di prestiti della Banca era secondario rispetto alla distribuzione degli utili tra il governo e la Banca, e i recharters si dimostrarono essere le opportunità di ridistribuirli.
Nei dibattiti sulla distribuzione dei benefici tra il governo e la Banca, Il Parlamento ha lottato con il problema della stima del valore attuale dello statuto della Banca. Nel 1781, diversi membri, tra cui Savile, sostennero che tutti i profitti della banca erano attribuibili al suo statuto.
Altri, come North, Jenkinson e Ewer (Governatore della Banca), sostenevano che una parte dei profitti le derivavano dalla sua reputazione, dal capitale e dalla competenza della squadra dei dirigenti. Chiaramente, alcuni di questi fattori erono endogeni allo statuto, come alcuni membri hanno sottolineato.
David Ricardo era di questo parere. In un dibattito sul rinnovo dello statuto del 1800, Ricardo si proclamò del tutto contrario al rinnovo dello statuto, perché era convinto che ”ogni centesimo fatto dalla Banca sarebbe dovuto appartenere al pubblico” (Hansard’s Parliamentary Debates, 1822).
Lo statuto del 1844 istituisce, all’art. 1, un Dipartimento separato per l’emissione di cambiali e di banconote, il cosiddetto “Dipartimento di emissione della Banca d’Inghilterra,” il quale resta completamente distinto rispetto da quello di attività bancaria generale.
All’art 10, è stabilito che ” nessuna persona che non sia un banchiere che al sesto giorno di maggio 1844, la quale sia stata legittimamente incaricata di fare o emettere biglietti di banca in qualsiasi parte del Regno Unito, può emettere banconote”, l’art 11 stabilisce forti restrizioni contro l’emissione di banconote:
… Non è lecito ad un banchiere per disegnare, accettare, fare o emettere ogni polizza di nota scambio o cambiali o impegno per il pagamento di denaro per pagare al portatore su richiesta, o di prendere in prestito, devono, o prendere, in Inghilterra o Galles, le somme o somma di soldi sulle fatture o note di banchiere come al portatore su richiesta”.
Lo statuto del 1946 fu “An Act to bring the capital stock of the Bank of England into public ownership and bring the Bank under public control, to make provision with respect to the relations between the Treasury, the Bank of England and other banks and for purposes connected with the matters aforesaid.”
La Banca, con questo statuto, viene nazionalizzata
 
Washington DC
Il gigante bancario Citigroup trasferisce le riserve auree in Russia

agosto 26, 2015 Lascia un commento

What Does It Mean 25 agosto 2015
Sanford Weil, Rupert Murdoch, Valdimir Putin, Robert Kraft

Un curioso rapporto del Ministero delle Finanze che circola al Cremlino riferisce che la Banca Centrale della Russia (CBR) ha “accettato di proteggere” 3 milioni di once d’oro del valore di oltre 3,5 miliardi di dollari del gigante dei servizi bancari e finanziari statunitense Citigroup, con inoltre quasi 100 miliardi di dollari liquidi. Secondo il rapporto, 1,4 milioni di once di oro ora protetti nelle casseforti della CBR, sono stati spediti direttamente dal Venezuela dopo un complesso accordo ad aprile tra la nazione sudamericana e Citigroup, e altri 1,6 milioni di once provenienti da vari Paesi con cui il colosso dei servizi bancari e finanziari ha rotto i legami nell’ultimo anno e mezzo, 11 nazioni, tra cui il Giappone, con cui Citigroup ha rotto, spiega il rapporto, perché anche di fronte le sanzioni occidentali Citigroup ha rifiutato di rompere con la Federazione (russa), e il direttore finanziario John Gerspach ha semplicemente detto al regime di Obama che “Non lasceremo la Russia”. Citigroup sulla sua pagina web, come questa relazione rileva, spiega ulteriormente il rapporto con la Federazione, affermando: “La storia di Citi in Russia è iniziata quasi 100 anni fa ed è strettamente legata alle vicende drammatiche svoltesi in quel periodo nel Paese. Citi ha sempre agito da collegamento tra l’economia russa e le altre economie mondiali e ha giocato un ruolo importante nello sviluppo commerciale e delle relazioni economiche estere del Paese. Citi arrivò in Russia alla vigilia della Rivoluzione. Nel 1916, Citi, allora chiamata National City Bank (NCB), sottoscrisse obbligazioni a sostegno del governo dell’Impero russo mentre la prima guerra mondiale riscuoteva il pedaggio sulle risorse del Paese“. Dei 100 miliardi di dollari in contanti della Citigroup “accettati per essere protetti” dalla CBR, la presente relazione continua, sono stati trasportati a Mosca da Cairo la scorsa settimana, prima dell’odierna decisione della Banca centrale d’Egitto che approva la vendita dei beni del gigante bancario nel Paese all‘International Commercial Bank (ICB), come aveva annunciato a giugno. Quanto al motivo per cui Citigroup trasferisce in segreto 100 miliardi in contanti dalle filiali egiziane, il rapporto non dice nulla, ma il Ministero delle Finanze nota che oro e denaro della Citigroup “accettati per essere protetti” dalla CBR, ora sono sottoposti alle leggi della Federazione e non sono soggetti a reclami di qualsiasi soggetto estero, compresi gli Stati Uniti. Quanto al motivo per cui Citigroup ha bisogno di tale straordinaria protezione dei propri beni, gli esperti del MoF nella relazione spiegano che va imputata all’implacabile assalto del regime di Obama, tra cui una multa di 700 milioni per “Pratiche sleali e ingannevoli” di un paio di settimane prima e un’indagine sui prestiti agli studenti che il colosso bancario teme possa comportare altre sanzioni finanziarie… oltre ai 7 miliardi di dollari che è stato costretto a pagare lo scorso anno per le pratiche sui prestiti ipotecari. Ancora più importante da notare, questi esperti dicono nel rapporto che la leadership della Citigroup è “molto preoccupata” dall’economia statunitense in via di collasso, come è stato evidenziato negli Stati Uniti dal lunedì nero che ha visto più di 1,8 miliardi di dollari svanire sui stimati 24,1 miliardi di dollari detenuti dal pubblico statunitense.
Anche se la Cina ha ridotto il tasso a fronte del peggiore crollo del mercato nazionale in 20 anni, per il momento l’ha disaccoppiato dal resto dei mercati mondiali creando un’illusoria momentanea stabilità, avverte la relazione, e le vendite del 24 agosto non furono causate dai cinesi, ma dalla confusione globale totale… con il peggio che deve venire nelle prossime settimane. È fondamentale notare che questa terribile valutazione del MoF è sostenuta da Damian McBride, consigliere dell’ex-primo ministro inglese Gordon Brown, che cupamente ha dichiarato: “Consigli per il crollo incombente, No.1: mettete il denaro in un posto sicuro; non pensate che banche e sportelli bancomat (ATM) restino aperti, o che le carte di credito funzionino. No.2: Avete abbastanza acqua in bottiglia, scatolame e altri beni essenziali a casa per un mese? In caso contrario, fate la spesa. No.3: decidete un punto in cui riunirvi con i vostri cari in caso di interruzione di trasporti e comunicazioni; da dove potete recarvi da qualche parte“.
Mentre sempre più forze nucleari statunitensi e russe convergono sul fronte occidentale, la relazione conclude tristemente con i consigli al regime di Obama di uno dei suoi migliori consiglieri economici, Paul Krugman, secondo cui una guerra mondiale o contro gli alieni è necessaria per sistemare l’economia; si vede facilmente dove tutto questo porta… più prima che poi. E anche se Citigroup ora protegge se stessa, ci si può solo chiedere quanti altri ce ne siano. Ma non importa cosa succede, anche il peggio, nessuno potrà dire che non è stato avvertito… solo che non ascoltano.
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
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Filed under Covert Operation, Geopolitica, Imperialismo Tagged with accordi commerciali, anti-egemonia, anti-egemonismo, Asia, Banca Centrale della Russia, Beijing, Blocco antiegemonico, blocco eurasiatico, borse, Brics, Cina, Cina e Russia, Citigroup, commercio internazionale, covert operation, Covert Operations, crisi economica, dedollarizzazione, Dipartimento del Tesoro USA, dollaro, economia, economia internazionale, economia mondiale, economia politica, equilibrio mondiale, equilibrio strategico, Europa, FED, Federal Reserve, Federal Reserve Bank, Federal Reserve System, Federazione Russa, finanza, finanza mondiale, Geoeconomia, globalismo, globalizzazione, guerra asimmetrica, guerra commerciale, guerra coperta, guerra d'influenza, guerra d'intelligence, guerra economica, guerra finanziaria, guerra occulta, Imperialismo, intelligence, istituzioni finanziarie internazionali, mass media, mercato, mercato mondiale, mercato regionale, mondialismo, mondializzazione, Mondo Multipolare, monetarismo, multipolarismo, Nuovo ordine mondiale, Oro, Pechino, politica della sicurezza, politica economica, politica internazionale, politica mondiale, relazioni economiche, relazioni internazionali, Repubblica Popolare Cinese, Repubblica Popolare di Cina, riserve valutarie, risorse finanziarie, risorse valutarie, Russia, Russia e Cina, sanzioni economiche, sfera d'influenza, sistema bancario, sistema finanziario, sistema internazionale, sistema monetario, sistema valutario, sovranismo, sovranità, Stati Uniti, strategia, https://aurorasito.wordpress.com/tag/usa/
 
Washington DC
Il gigante bancario Citigroup trasferisce le riserve auree in Russia

agosto 26, 2015 Lascia un commento

What Does It Mean 25 agosto 2015
Sanford Weil, Rupert Murdoch, Valdimir Putin, Robert Kraft

Un curioso rapporto del Ministero delle Finanze che circola al Cremlino riferisce che la Banca Centrale della Russia (CBR) ha “accettato di proteggere” 3 milioni di once d’oro del valore di oltre 3,5 miliardi di dollari del gigante dei servizi bancari e finanziari statunitense Citigroup, con inoltre quasi 100 miliardi di dollari liquidi. Secondo il rapporto, 1,4 milioni di once di oro ora protetti nelle casseforti della CBR, sono stati spediti direttamente dal Venezuela dopo un complesso accordo ad aprile tra la nazione sudamericana e Citigroup, e altri 1,6 milioni di once provenienti da vari Paesi con cui il colosso dei servizi bancari e finanziari ha rotto i legami nell’ultimo anno e mezzo, 11 nazioni, tra cui il Giappone, con cui Citigroup ha rotto, spiega il rapporto, perché anche di fronte le sanzioni occidentali Citigroup ha rifiutato di rompere con la Federazione (russa), e il direttore finanziario John Gerspach ha semplicemente detto al regime di Obama che “Non lasceremo la Russia”. Citigroup sulla sua pagina web, come questa relazione rileva, spiega ulteriormente il rapporto con la Federazione, affermando: “La storia di Citi in Russia è iniziata quasi 100 anni fa ed è strettamente legata alle vicende drammatiche svoltesi in quel periodo nel Paese. Citi ha sempre agito da collegamento tra l’economia russa e le altre economie mondiali e ha giocato un ruolo importante nello sviluppo commerciale e delle relazioni economiche estere del Paese. Citi arrivò in Russia alla vigilia della Rivoluzione. Nel 1916, Citi, allora chiamata National City Bank (NCB), sottoscrisse obbligazioni a sostegno del governo dell’Impero russo mentre la prima guerra mondiale riscuoteva il pedaggio sulle risorse del Paese“. Dei 100 miliardi di dollari in contanti della Citigroup “accettati per essere protetti” dalla CBR, la presente relazione continua, sono stati trasportati a Mosca da Cairo la scorsa settimana, prima dell’odierna decisione della Banca centrale d’Egitto che approva la vendita dei beni del gigante bancario nel Paese all‘International Commercial Bank (ICB), come aveva annunciato a giugno. Quanto al motivo per cui Citigroup trasferisce in segreto 100 miliardi in contanti dalle filiali egiziane, il rapporto non dice nulla, ma il Ministero delle Finanze nota che oro e denaro della Citigroup “accettati per essere protetti” dalla CBR, ora sono sottoposti alle leggi della Federazione e non sono soggetti a reclami di qualsiasi soggetto estero, compresi gli Stati Uniti. Quanto al motivo per cui Citigroup ha bisogno di tale straordinaria protezione dei propri beni, gli esperti del MoF nella relazione spiegano che va imputata all’implacabile assalto del regime di Obama, tra cui una multa di 700 milioni per “Pratiche sleali e ingannevoli” di un paio di settimane prima e un’indagine sui prestiti agli studenti che il colosso bancario teme possa comportare altre sanzioni finanziarie… oltre ai 7 miliardi di dollari che è stato costretto a pagare lo scorso anno per le pratiche sui prestiti ipotecari. Ancora più importante da notare, questi esperti dicono nel rapporto che la leadership della Citigroup è “molto preoccupata” dall’economia statunitense in via di collasso, come è stato evidenziato negli Stati Uniti dal lunedì nero che ha visto più di 1,8 miliardi di dollari svanire sui stimati 24,1 miliardi di dollari detenuti dal pubblico statunitense.
Anche se la Cina ha ridotto il tasso a fronte del peggiore crollo del mercato nazionale in 20 anni, per il momento l’ha disaccoppiato dal resto dei mercati mondiali creando un’illusoria momentanea stabilità, avverte la relazione, e le vendite del 24 agosto non furono causate dai cinesi, ma dalla confusione globale totale… con il peggio che deve venire nelle prossime settimane. È fondamentale notare che questa terribile valutazione del MoF è sostenuta da Damian McBride, consigliere dell’ex-primo ministro inglese Gordon Brown, che cupamente ha dichiarato: “Consigli per il crollo incombente, No.1: mettete il denaro in un posto sicuro; non pensate che banche e sportelli bancomat (ATM) restino aperti, o che le carte di credito funzionino. No.2: Avete abbastanza acqua in bottiglia, scatolame e altri beni essenziali a casa per un mese? In caso contrario, fate la spesa. No.3: decidete un punto in cui riunirvi con i vostri cari in caso di interruzione di trasporti e comunicazioni; da dove potete recarvi da qualche parte“.
Mentre sempre più forze nucleari statunitensi e russe convergono sul fronte occidentale, la relazione conclude tristemente con i consigli al regime di Obama di uno dei suoi migliori consiglieri economici, Paul Krugman, secondo cui una guerra mondiale o contro gli alieni è necessaria per sistemare l’economia; si vede facilmente dove tutto questo porta… più prima che poi. E anche se Citigroup ora protegge se stessa, ci si può solo chiedere quanti altri ce ne siano. Ma non importa cosa succede, anche il peggio, nessuno potrà dire che non è stato avvertito… solo che non ascoltano.
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
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AGENZIA ENTRATE: ILLEGITTIMA FINO AI VERTICI

Pubblicato da redazione in Disclosure, Il Curatore, Ispirazionale, Pensiero e Sovranità, Risorse, Titoli di testa 18 agosto 2015 0 3 Visite

LA DECADUTA DEI DECADUTI!

Per ottenere la Verità, bisogna risalire sempre alla fonte.
E lo abbiamo chiesto alla più alta carica del Ministero delle
Economie e Finanze, la dott.ssa Rossella ORLANDI.
A Lei:
Abbiamo notificato le istanze di accesso agli atti
Abbiamo ufficialmente formulato le nostre richieste
Abbiamo ricevuto le Sue “delegate” risposte
Abbiamo fatto Tutto questo per i nostri iscritti ed iscrivendi
Lo abbiamo fatto per Verità e Giustizia nei confronti di chi ha lottato per la propria Dignità di Onesto Cittadino
Abbiamo atteso in silenzio che agisse, rispondendoci solo per profferir “vaneggio” in Atti.
Con lo stesso Tronfio e Vanagloria, ebbe l’ardire a tentare di persuadere i più, rilasciando in pubblico queste pretenziose parole:
“Atti firmati da dirigenti decaduti sono validi, ricorsi vergognosi. Gli atti firmati dai dirigenti decaduti dopo la sentenza della Consulta sono legittimi, spendere soldi in ricorsi non solo è inutile ma vergognoso.”

Di Vergognoso c’è solo lo spregio di NON voler applicare la Legge, dando prova e seguito in rispetto ad una Sentenza della Consulta, facendo l’unica cosa legittima possibile a farsi:
DIMETTERSI!

Invero continua col dire e col fare,
In spregio ad ogni rispetto della vita privata dei cittadini, in spregio del loro Diritto, in spregio dello stesso Stato cui Lei appartiene ed a cui dovrebbe dar conto.
Quello Stato che già solo per definizione stessa è il POPOLO.
Nel malsano tentativo ultimo, di riuscire a convincere i Contribuenti e persuadersi del fatto, che oltre ai Falsi Dirigenti,
Lei stessa per PRIMA, NON ha nessun Titolo a rivestire quell’incarico che oggi ancora detiene.
Tanto abbiamo inteso e tanto continueremo a fare, per TUTTI!
Ricordando che:
Il Ministero delle Finanze dal 1990 ad oggi, dopo aver decapitato i propri dirigenti, ne ha riassunto una piccola parte (…..) solo ed esclusivamente attraverso concorsi riservati anziché pubblici, per cui tutti gli atti firmati da costoro non sono Nulli o Annullabili ma GIURIDICAMENTE INESISTENTI!
Il Direttore
TuDiVi
p.s. Vien da chiedersi:
Finora a chi abbiamo notificato i nostri atti?

Infatti, dopo la pausa estiva glielo chiederemo Ufficialmente.
Aiutateci ad Aiutare.
Non costa niente chiederci come fare.
Divulgate per il Bene di Tutti Noi!
Chiunque può avvalersi della Procedura Certificata TuDiVi,
conseguendo di rientrare a pieno titolo come Soci, in quei Diritti da Noi nel tempo richiesti, notificati ed ufficializzati agli Enti competenti – Agenzia delle Entrate ed Equitalia.
[email protected]

Per rimanere aggiornati: PAGINA TUDIVI

Che la Dott.ssa Rossella Orlandi (ossia la più alta carica del Ministero dell’Economia e Finanze) sia anche Lei un falso dirigente lo sappiamo non solo perché lo spiega la Corte Costituzionale con la Sentenza n. 37/2015, dove si conferma che in ottemperanza a quanto previsto dall’art. 97 della Costituzione,
si diventa Dirigenti solo dopo aver superato un PUBBLICO CONCORSO,

ma soprattutto perché troviamo il suo nome incluso nell’elenco dei vincitori del Concorso Interno per Dirigenti, bandito dal Ministero delle Finanze e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.8 del 29 gennaio 1993 IV serie speciale, concorso riservato al personale in servizio inquadrato nella Nona Qualifica Funzionale.
E allo stesso modo della Dott.ssa Orlandi, anche la Dott.ssa Rulli e la Dott.ssa Petrella risultano essere falsi dirigenti, anche loro vincitrici dei concorsi interni riservati, il cui bando è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 53 dell’8 luglio 1997.
Queste ultime due False Dirigenti, per anni sono state incaricate della predisposizione e trasmissione delle controdeduzioni ai ricorsi presentati dai Veri Dirigenti del Ministero delle Finanze e delle Intendenze di Finanza, Veri Dirigenti che da oltre 15 anni rivendicano la loro restituzione ai ruoli dirigenziali di legittima appartenenza, ossia a quei ruoli e a quelle qualifiche individuate nel D.M. del 28.12.1972 pubblicato sulla G.U. 11.09.1973, nelle quali erano stati regolarmente inquadrati al momento della loro assunzione in servizio, con le modalità di cui all’art.10 della Legge n.397/75, quali vincitori di pubblici concorsi indetti per coprire posti vacanti nei ruoli dirigenziali della Carriera Direttiva Ordinaria disciplinata dal D.P.R. n. 748/72.
Veri Dirigenti che come confermato dalla Corte Costituzionale con la Sentenza n. 521 del 26.11–17.12.1987 pubblicata sulla G.U. 30.12.1987 e n. 228/97, avanzavano nelle varie qualifiche della stessa Carriera/Categoria (individuate nel suddetto D.M. del 28.12.1972) in base all’anzianità di servizio e giudizi di non demerito, ed il cui ruolo di anzianità risultava incardinato nella Dirigenza, a partire dalla qualifica iniziale di Consigliere o Vicedirettore.
Pertanto appare evidente che i Dirigenti assunti nei Ruoli Dirigenziali della Carriera Direttiva Ordinaria disciplinata dal D.P.R. n.748/72, non potevano venire inquadrati nelle qualifiche Funzionali, cosi come viene confermato dall’art. 1 della Legge n.312/80 che aveva escluso dallo stesso inquadramento nelle qualifiche funzionali, compresa la nona qualifica, anche il personale dei Ruoli ad Esaurimento, ossia il personale che l’art. 33 del D.lgs n.105/90 individuava collocato in posizione intermedia, SOPRA la nona qualifica funzionale, ma SOTTO LA QUALIFICA INIZIALE della Carriera Direttiva Ordinaria disciplinata dal D.P.R. n. 748/72.
Veri Dirigenti la cui rivendicazione fino ad oggi è stata respinta anche dalla Magistratura grazie alle false controdeduzioni stilate da falsi dirigenti (Rulli Petrella) che hanno impedito così la restituzione ai propri ruoli coloro che avevano diretto per oltre venti anni le Intendenze di Finanza ed i più prestigiosi uffici finanziari, gli unici che potevano sottoscrivere l’iscrizione al ruolo dei tributi evasi e rendere legittime le cartelle esattoriali.
Veri Dirigenti a cui sono stati sottratti importanti documenti che erano custoditi dentro i propri fascicoli personali, fascicoli che dovevano venire custoditi con le modalità previste dall’art. 55 e 152 del D.P.R. n.3/57, documenti che dimostrano inequivocabilmente l’avvenuta usurpazione/scippo della loro carriera/categoria, lo scippo del loro Ruolo di anzianità e conseguentemente lo scippo del loro diritto ad ottenere l’Incarico Dirigenziale assegnato in questo modo illecito e illegittimo a dei Falsi Dirigenti.
fonti:
http://www.zonafrancasardegna.com/…/528-solo-la-gazzetta-uf…
http://www.firstonline.info/…/b6d298b0-1fe6-4536-b768-a3af1
 


Krugman conferma che Auriti aveva ragione

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KRUGMAN: PICCOLI PASSI VERSO AURITI SULLA MONETA
Di Daniele Pace
In un articolo del 2012, del quale siamo venuti a conoscenza solooggi grazie ai tanti estimatori di Auriti sparsi in rete, l'economista premio Nobel Paul Krugman, rispondeva alla domanda su cosa è il denaro posta da Noah Smith, assistente professore di finanza alla Stony Brook University, afferma che la moneta oggi è una convenzione sociale, avvicinandosi nel suo pensiero ad Auriti.


Come riportato da Il Sole 24 ore, la domanda di Smith era “La moneta non vale niente di più della carta su cui è stampata?” a cui Paul Krugman ha risposto chiaramente “No, è una convenzione sociale”.
[leggi articolo su http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2012-11-03/sono-bolle-monetarie-denaro-090632.shtml?uuid=Ab03ndzG ]

Paul Krugman non arriva certamente alle definizioni di Auriti ma il suo approccio sembra essere molto positivo in quanto centra finalmente il cuore del problema, ovvero il processo di creazione del valore, pur non nominandolo e non riuscendone a coglierne gli aspetti più intimi.
Ma possiamo comunque dire che Krugman è riuscito in una riflessione che mai ci si aspetterebbe da un economista, all'inizio di un percorso, che speriamo voglia proseguire, e che porta inevitabilmente, una volta terminato, alla Proprietà Popolare della Moneta e al suo Valore Indotto.
Certamente questo non fa di Krugman né un Auritiano, né tanto meno un economista affidabile da porre a nuovo idolo dei popoli, ma avere il conforto di alcune riflessioni da parte di un premio Nobel potrà senz'altro portare il dibattito di tanti cittadini che oggi cercano di comprendere il problema monetario, verso punti di vista non esclusivamente economici che possano finalmente aprire uno spiraglio su un approccio superiore; quell'approccio giuridico che riporterebbe la società al di sopra dell'economia come logico che sia, essendo questa un fenomeno sociale e quindi senza comportamenti autonomi ma da regolare con le leggi.
Rimettere la società, con tutte le sue dottrine, al suo posto naturale, sopra l'economia, è il primo passo da compiere se si vuole comprendere il problema.
La nostra epoca ha invece posto l'economia sopra alla società, quasi in posizione divina, distorcendo in questo modo ogni tentativo evolutivo della razza umana, non più homo sapiens ma homo oeconomicus. Stravolgendo l'etica stessa della società.
Questo l'articolo di Krugman potrebbe essere illuminante per chi non ha mai letto Auriti e sarebbe l'occasione per approfondire cosa intendeva Krugman semplicemente leggendo i testi di Auriti. Mentre per i conoscitori del professore di Teramo è certamente un piccolissimo passo verso lo scoperta dei campi di giudizio dei valori da parte degli economisti.
Krugman infatti scrive che: “È vero che le banconote non possiedono nessun valore intrinseco [...] se io sono disposto ad accettarle [NdA, le banconote] è solo perché sono convinto di poterle a mia volta dare a qualcun altro. Ma nulla impedisce che questo processo di circolazione della moneta vada avanti all'infinito”.
Krugman sta esattamente confermando il Valore Indotto del professor Auriti in cui il valore (potere d'acquisto) nasce all'accettazione perché se ne prevede l'uso (della moneta) in cambio di beni.
Continuando Krugman afferma che: “È una convenzione, che funziona fintanto che il futuro è come il passato” portando il discorso monetario in una relazione di fasi nel tempo , come diceva Auriti, da assimilare al diritto di proprietà in quanto interesse giuridicamente tutelato: “Ovviamente queste convenzioni possono venir meno, ma lo stesso può succedere con cose come i diritti di proprietà”, anche se questo passaggio di Krugman non è espresso in modo chiaro come in Auriti, in cui il diritto di proprietà della moneta appartiene al cittadino essendo essa bene economico giuridicamente tutelato in quanto è uno strumento della convenzione sociale regolamentato dal diritto.
Ma proseguendo se ne intuisce la piccola intuizione: “Anzi, si potrebbe sostenere che quasi tutti i beni in un'economia moderna devono il proprio valore alle convenzioni sociali: le banconote possono perdere il loro valore, ma lo stesso può succedere a ogni tipo di titolo e contratto cartaceo, che vale qualcosa, in definitiva, solo perché la legge dice che è così”, anche se la formazione economica di Krugman in questo passaggio ,riferito chiaramente alla moneta moderna e all'economia, porta ad un'inversione del ruolo della giurisprudenza che dovrebbe regolare i comportamenti sociali già esistenti e non determinarli, tanto più che egli stesso definisce la moneta come convenzione sociale.
Questa inversione infatti ha permesso alle élite dominanti di imporre la moneta privata delle banche invece di regolare un comportamento sociale, quello dell'uso dello strumento monetario, ma anche del baratto nei primi scambi commerciali, che aveva in passato determinato la neutralità del mezzo di scambio come nel caso della moneta di bronzo romana.
In particolare però dobbiamo precisare quello che Krugman non ha colto nel passaggio le banconote possono perdere il loro valore”, in quanto la “perdita di valore” della moneta è esclusivamente nel simbolo ma non nel valore dello strumento monetario. Una moneta per legge potrebbe certamente andare fuori corso e perdere di valore in quanto simbolo rappresentativo di una determinata valuta , come è accaduto in passato per tutte le monete, anche con le lire ; ma il valore monetario, come strumento della convenzione sociale, non perde mai di valore, non va fuori corso ma cambia solo simbolo rappresentativo. La moneta non solo non perderebbe mai di valore, come dire che se ne perderebbe l'idea stessa di convenzione sociale, ma proprio questa sua natura la rende non privatizzabile essendo una convenzione sociale , come ha riconosciuto Krugman. La follia moderna è stata quella di stabilire per legge che la moneta da usare non sia di proprietà del popolo, nè emessa dallo Stato
Anche sul ruolo delle tasse Krugman cade nell'interpretazione sbagliata. Ricordando che egli stesso definisce la moneta come convenzione sociale, possiamo richiamare quanto giustamente affermato da Davide Storelli nella 9a puntata della sua rubrica “Il valore del denaro”, ovvero che i cittadini non accettano moneta per pagare le tasse, ma per scambiare beni di cui hanno bisogno. ( anzi, farebbero a meno di pagare le tasse - NdR )



Le tasse inoltre avevano una giustificazione quando la moneta era di metallo prezioso, raro e da reperire in natura, da rifondere e ridistribuire, ma non oggi con la moneta Fiat / convenzione sociale, illimitata e a costo zero.
Nel proseguire il confronto tra moneta e un qualsiasi bene economico che crea una bolla speculativa (confronto utilizzato per trovare una spiegazione tra moneta e beni economici) Krugman fa un'affermazione molto importante: “Una volta che ci si rende conto che una convenzione sociale non è assolutamente la stessa cosa di una bolla, molte convinzioni errate analoghe vengono smontate.”
Ovvero una volta che ci si rende conto che la convenzione sociale della moneta non è una merce, crollano molti dei dogmi economici, ma soprattutto si spostano gli studi monetari dal campo economico alla dottrina sociale e giuridica.
Infine “Ultima considerazione: l'idea che il valore di una moneta debba basarsi su un "fondamentale", anche se è un caposaldo delle teorie economiche di destra, ha forti somiglianze con la teoria del valore-lavoro di Marx. In entrambi i casi non si tiene conto del fatto che il valore è una qualità emergente, non un'essenza: la moneta possiede un valore di mercato basato sul ruolo che ha nella nostra economia. Punto e basta”.
In questa frase possiamo rintracciare un'altra affermazione molto importante, ovvero che la moneta non ha un valore intrinseco (essenza), ma un “valore emergente” nasce da un'esigenza sociale di scambi commerciali. Un “valore emergente” che altro non è che il valore indotto e il potere d'acquisto dell'alternanza di fasi di tempo, indicati come circolazione monetaria.
Anche se Krugman si ferma a questa definizione, con la separazione di Auriti tra simbolo e valore certamente questa frase è una traccia importante a conferma del lavoro del professore nel suo processo di creazione del valore come attività mentale spirituale.
In conclusione l'articolo di Krugman non ha certamente nessun aspetto innovativo se non quello di vedere un premio Nobel dell'economia ortodossa accennare ad un diverso approccio al problema, l'unico in grado di portare una soluzione definitiva alla sofferenza dei popoli.
Passare dalla moneta merce o la moneta-strumento finanziario alla moneta come convenzione sociale sembra già un passo da gigante per un economista ortodosso e potrebbe indicare la via a molti cittadini impegnati nella comprensione.
 



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CHEMIOTERAPIA IN UNA MANO
Redazione | 28-08-2015 Categoria: Salute



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Chemioterapia: quel che succede se una goccia cade sulla mano nuda...

Pubblicato: 18 Agosto 2015 Scritto da Cristina Bassi http://thelivingspirits.net
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Se è necessario prendere tutte queste precauzione dall'esterno...che succederà mai quando entra nel corpo?

Una bruciatura e una ferita [vedi immagine sotto]: questo il risultato di una perdita di chemioterapia sulla mano nuda.
Come non sorprendersi se le persone sono preoccupate di ciò che potrebbe capitare dentro i loro corpi quando la chemioterapia viene iniettata per endovena? Come non sorprendersi se le infermiere e gli infermieri indossano guanti protettivi? Ma anche perché sorprendersi se una percentuale così alta di oncologi si rifiuta di sottoporsi ai trattamenti che caldeggiano invece per i loro pazienti?
Il paziente ha tutto il diritto di preoccuparsi sul danno che avviene dentro il suo corpo, mentre le viene somministrata per endovena una dose di chemioterapia . Qui potete trovare altre informazioni ed immagini: www.ricmasten.com/PCaOdyssey/Prostate%20spill%20page.html
ANDARE IMMEDIATAMENTE NEL REPARTO DI EMERGENZA

Le informazioni che seguono sono apprese da un sito web di un college medico, specializzato nel trapianto di midollo spinale, accompagnato da un "supporto" di chemioterapia. Questo testo particolare discute delle procedure in loco che devono essere eseguite, sia con l'abbigliamento che con conseguente apparato, quando si verifica una perdita di chemioterapia.
Nella immagine che apre questo articolo, si nota una infermiera che indossa un abbigliamento protettivo come da regolamento, per gestire una simile perdita.
“Tessuti, tamponi, garze e simili che sono contaminati, i guanti esterni e i copri-scarpe, vengono messi nel primo sacco rifiuti chemio, che viene poi chiuso e annodato e collocato in un secondo sacco rifiuti. Il restante abbigliamento protettivo e i guanti restanti, sono collocati nel secondo sacco rifiuti chemio.
Una volta rimossi, gli occhialini protettivi possono essere riciclati e vengono messi in un sacco, separatamente, con chiusura a cerniera e mandati in farmacia con il kit relativo alla chemio con perdite.
I sacchi di rifiuti chemio, devono essere sigillati in sicurezza e depositati in containers relativi a rifiuti con pericoli biologici. Dopo ogni caso del genere , di perdite di chemioterapia, occorre poi compilare un rapporto di “incidente medico”'.
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Se la pelle entra in contatto con la medicina, bisogna procedere come segue:
• rimuovere i guanti e l'abbigliamento protettivo
• risciacquare molto accuratamente l'area contaminata, con acqua calda
• lavare accuratamente con sapone e sciacquare di nuovo con acqua calda.
• se la pelle non si è lacerata, avvolgere con accuratezza l'area colpita, con delle garza satura di candeggina diluita allo 0,05% e sciacquare con acqua calda.
• se la pelle invece si è lacerata, usare acqua ossigenata al 3% e lavar via poi con acqua calda
* Annotare la medicina o le medicine con cui si è entrati in contatto, poichè ci potrebbe essere un antidoto specifico.
• Andare immediatamente nel reparto di emergenza.

Ecco questo è cio’ che viene pompato nel paziente che si sottopone a trattamento convenzionale. La natura tossica della chemioterapia è tale che molti medici non vi ripongono alcuna fiducia.
La più parte dei pazienti malati di cancro in questo paese, muore di chemioterapia. La chemioterapia non elimina cancri al seno, al colon o ai polmoni. Questo fatto è stato documentato per oltre un decennio, tuttavia i medici usano ancora la chemioterapia per questi tumori – dr Allen Levin, MD UCSF The Healing of Cancer
Se contraessi il cancro, non andrei mai in un centro oncologico, per il trattamento standard. I pazienti di cancro che vivono lontani da questi centri, hanno più possibilità di vita. Professor Charles Mathe, specialista oncologo francese.
Per quanto ancora possiamo continuare ad autorizzare la chemioterapia come trattamento cruciale contro il cancro?
FULL STORY HERE
fonte:http://www.cancertutor.com/chemospill/
traduzione Cristina Bassi per www
 
CHEMIOTERAPIA IN UNA MANO
Redazione | 28-08-2015 Categoria: Salute



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Chemioterapia: quel che succede se una goccia cade sulla mano nuda...

Pubblicato: 18 Agosto 2015 Scritto da Cristina Bassi http://thelivingspirits.net
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Se è necessario prendere tutte queste precauzione dall'esterno...che succederà mai quando entra nel corpo?

Una bruciatura e una ferita [vedi immagine sotto]: questo il risultato di una perdita di chemioterapia sulla mano nuda.
Come non sorprendersi se le persone sono preoccupate di ciò che potrebbe capitare dentro i loro corpi quando la chemioterapia viene iniettata per endovena? Come non sorprendersi se le infermiere e gli infermieri indossano guanti protettivi? Ma anche perché sorprendersi se una percentuale così alta di oncologi si rifiuta di sottoporsi ai trattamenti che caldeggiano invece per i loro pazienti?
Il paziente ha tutto il diritto di preoccuparsi sul danno che avviene dentro il suo corpo, mentre le viene somministrata per endovena una dose di chemioterapia . Qui potete trovare altre informazioni ed immagini: www.ricmasten.com/PCaOdyssey/Prostate%20spill%20page.html
ANDARE IMMEDIATAMENTE NEL REPARTO DI EMERGENZA

Le informazioni che seguono sono apprese da un sito web di un college medico, specializzato nel trapianto di midollo spinale, accompagnato da un "supporto" di chemioterapia. Questo testo particolare discute delle procedure in loco che devono essere eseguite, sia con l'abbigliamento che con conseguente apparato, quando si verifica una perdita di chemioterapia.
Nella immagine che apre questo articolo, si nota una infermiera che indossa un abbigliamento protettivo come da regolamento, per gestire una simile perdita.
“Tessuti, tamponi, garze e simili che sono contaminati, i guanti esterni e i copri-scarpe, vengono messi nel primo sacco rifiuti chemio, che viene poi chiuso e annodato e collocato in un secondo sacco rifiuti. Il restante abbigliamento protettivo e i guanti restanti, sono collocati nel secondo sacco rifiuti chemio.
Una volta rimossi, gli occhialini protettivi possono essere riciclati e vengono messi in un sacco, separatamente, con chiusura a cerniera e mandati in farmacia con il kit relativo alla chemio con perdite.
I sacchi di rifiuti chemio, devono essere sigillati in sicurezza e depositati in containers relativi a rifiuti con pericoli biologici. Dopo ogni caso del genere , di perdite di chemioterapia, occorre poi compilare un rapporto di “incidente medico”'.
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Se la pelle entra in contatto con la medicina, bisogna procedere come segue:
• rimuovere i guanti e l'abbigliamento protettivo
• risciacquare molto accuratamente l'area contaminata, con acqua calda
• lavare accuratamente con sapone e sciacquare di nuovo con acqua calda.
• se la pelle non si è lacerata, avvolgere con accuratezza l'area colpita, con delle garza satura di candeggina diluita allo 0,05% e sciacquare con acqua calda.
• se la pelle invece si è lacerata, usare acqua ossigenata al 3% e lavar via poi con acqua calda
* Annotare la medicina o le medicine con cui si è entrati in contatto, poichè ci potrebbe essere un antidoto specifico.
• Andare immediatamente nel reparto di emergenza.

Ecco questo è cio’ che viene pompato nel paziente che si sottopone a trattamento convenzionale. La natura tossica della chemioterapia è tale che molti medici non vi ripongono alcuna fiducia.
La più parte dei pazienti malati di cancro in questo paese, muore di chemioterapia. La chemioterapia non elimina cancri al seno, al colon o ai polmoni. Questo fatto è stato documentato per oltre un decennio, tuttavia i medici usano ancora la chemioterapia per questi tumori – dr Allen Levin, MD UCSF The Healing of Cancer
Se contraessi il cancro, non andrei mai in un centro oncologico, per il trattamento standard. I pazienti di cancro che vivono lontani da questi centri, hanno più possibilità di vita. Professor Charles Mathe, specialista oncologo francese.
Per quanto ancora possiamo continuare ad autorizzare la chemioterapia come trattamento cruciale contro il cancro?
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fonte:http://www.cancertutor.com/chemospill/
traduzione Cristina Bassi per www
 
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