ANCHE SE GIRIAMO IL MONDO IN CERCA DI CIO' CHE E' BELLO, O LO PORTIAMO GIA' IN NOI O NON LO TROVEREMO MAI.

Ci siamo: il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) è sulla rampa di lancio.

Dopo la sua approvazione in Consiglio dei ministri, bucherà la stratosfera parlamentare fra oggi e domani
e raggiungerà il pianeta Bruxelles nel fine settimana.


Si può dire, per semplicità, che il piano è composto, per una parte, da interventi di spesa e, per un’altra, da riforme normative strutturali.


Per adesso limitiamoci ai primi, dato che le seconde sono ancora da definire.

Il loro ventaglio è ampio:
dalla sanità alla ricerca,
dalle strade alle ferrovie,
dalla scuola alla digitalizzazione,
dall’energia solare alla banda larga, per un totale di 220 miliardi.

Due volte, più o meno, la cifra che con il Piano Marshall gli Stati Uniti destinarono alla ricostruzione italiana alla fine della guerra.

Tutto bene, allora?


Per la verità, accanto a molte luci, ci sono anche ombre.


Al di là di alcuni progetti marginali sui quali si può discutere, complessivamente il piano è ben costruito,
equilibrato nella ripartizione, dettagliato.

Individua perfino il numero di stazioni ferroviarie da ammodernare, di asili da costruire, di scuole da rifare.

Roba seria, insomma, niente di paragonabile con quello buttato giù dal governo precedente.


Inoltre e finalmente, privilegia la spesa produttiva,
quella che in teoria crea ulteriore ricchezza, lavoro, investimenti di privati, incrementa il Pil e la produzione.


A questo proposito, tuttavia, è opportuno non farsi illusioni:

sebbene la spesa prescelta sia quasi tutta qualificabile come produttiva,
è da tenere presente che il moltiplicatore Keynesiano, che si collega proprio a questo tipo di spesa,
è più un mito infiocchettato col nastro marxista per giustificare il centralismo e l’economia di stato, che una verità assoluta.


Nei prossimi anni capiremo se il moltiplicatore si è davvero “attivato”.

È possibile che alla fine, quando faremo i conti, la sorpresa sia amara........


“Che cielo ti salvi dalla guazza e dagli assassini”, disse il Grillo parlante a Pinocchio
in procinto di entrare nella foresta per poi incontrare il Gatto e la Volpe.
 
Come tutti i cosiddetti “baby boomer”, cioè i figli del preteso boom economico italo-europeo
nati per lo più a inizio anni Sessanta, ero convinto di essere stato educato in un clima autoritario e repressivo.

Papà ad esempio – ma soprattutto mamma – non mi permisero mai
di tornare a casa dopo mezzanotte fino al compimento dei diciotto anni.

Da qualche mese però ho dovuto ricredermi.


Il Governo Conte, prima e quello attuale, adesso, hanno stabilito il coprifuoco alle 22:
per di più i diciotto anni li ho superati da un pezzo e nel frattempo, in Italia, c’è stata la rivoluzione sessuale.

Ci sono leggi che permettono l’aborto e il divorzio – che ormai è quasi diventato la regola dopo alcuni anni di matrimonio –
e fra poco sarà possibile anche l’eutanasia.

La cannabis ancora non è legalizzata.

Magari con il tempo evolveremo anche in questo settore...
se non altro per gli introiti che potrebbero derivarne a questo Stato miserabile e straccione.


In compenso,
non posso muovermi dalla mia città
non posso rientrare a casa dopo le 22
e se vado in un’altra regione devo portarmi dietro la “giustifica”.

Un paternalismo che neppure i padri patriarchi che abbiamo avuto noi “baby boomer” osavano inculcarci con l’educazione.

Il massimo del paradosso è stato raggiunto alcuni giorni orsono,
con i titoli sparati in prima pagina dai massimi organi di stampa nazionale a proposito delle sanzioni penali
a carico di chi falsificherà gli eventuali pass vaccinali,
che dovrebbero servire per ritornare a muoversi tra le regioni e, in genere, a vivere come prima o quasi.


Mi è saltata agli occhi questa miserabile mentalità repressiva e del sospetto:

ma come, la legge deve ancora essere scritta mentre la sanzione è già minacciata?


È mai possibile che sia bastato questo
clima di odio, di cui parlava Bettino Craxi all’epoca di “Mani pulite”,

condito con un po’ di demenziali prediche giustizialiste dei vari protagonisti e delle comparse di questi anni terribili,

per trasformare l’Italia nella Germania Est
?


E chi ha votato per i partiti che impersonano questa disgrazia,
che ha portato l’Italia alla povertà assoluta e alla fine dello Stato di diritto,
la mattina riesce ancora a guardarsi allo specchio?
 
Mamma mia come è brutto essere diversi.


Oggi l'Italia riapre parzialmente i ristoranti.

Tenendo in considerazione però due condizioni ben precise:

il rispetto del coprifuoco che scatta alle ore 22

ed il servizio esclusivamente all'aperto.


Una decisione che ha penalizzato molte attività che non dispongono delle possibilità di garantire il paletto imposto dal governo.

In questi giorni le proteste dei ristoratori sono state forti, ma Alessandro Cecchi Paone
pare avere la soluzione al problema: puntare sul delivery food.

Il giornalista ha così provato a dare una lezione ai titolari delle attività di ristorazione,
invitandoli a sposare la causa del servizio di consegna a domicilio:

"Perché voi imprenditori non prendete il posto di una politica miope?
Vi siete messi d'accordo capendo che è cambiato il modo di lavorare?
I tanti italiani che hanno imparato a farsi mandare da mangiare a casa non cambieranno abitudine".

Le sue parole hanno provocato l'immediata reazione di Gianluigi Paragone, leader di Italexit, in collegamento a Non è l'arena su La7:

"Ma tu sei matto, ma tu sei matto. È una tragedia il delivery, ucciderà la ristorazione italiana".

"Tu a me non puoi spiegare nulla, tu a me non puoi spiegare nulla perché non conosci il mondo", ha replicato il giornalista.

Secondo cui il delivery "è normale da decenni nel mondo", conosciuto invece dal nostro Paese solamente per le circostanze dettate dall'emergenza Coronavirus.

Cecchi Paone sostiene che se si seguisse la linea di Paragone, i ristoratori rischierebbero di non riaprire più: "Col delivery ci campa tutto il mondo avanzato".


Contro la posizione di Cecchi Paone si è schierato anche un ristoratore di Napoli,
che domani non potrà riaprire perché ha atteso fino alla fine che la categoria fosse garantita.

Ha comunque tenuto a sottolineare che il delivery può funzionare solo per un cibo
che è ritagliato e che nasce per essere internazionale, che non sia la nostra cucina:

"Poi, se a qualcuno piace mangiare lo spaghetto alle vongole fatto praticamente come se fosse una colla...
Là il gusto è chiaro allora. Sarebbe piacevole che parlasse solamente chi sa e di cosa conosce".



Il giornalista anche in questa occasione ha voluto replicare al ristoratore, accusandolo di non capire nulla di economia e di futuro dell'Italia:

"Lei non sa cosa sta per succedere in questo Paese.
Lei faccia la pasta alle vongole e non si occupi di economia".


"Apra un ristorante e faccia il delivery...", ha concluso il ristoratore.

paone ....... pur di fare notizia è sempre pronto a prendere pesci in faccia,,,,,,,,oltre che in kulo come sappiamo gli aggrada


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Ultima modifica:
Giovanni Milesi non è più fra noi, da oltre un mese.

Morto per un ictus, ma sul quale ha sicuramente influito
la vergognosa storia di un’espropriazione forzata e di una vendita all’asta
che dovrebbe far vergognare chi gestisce sia il sistema creditizio,
sia quello di riscossione forzata, sia di messa all’asta.



Giberto e Demetrio Milesi erano imprenditori edili.

Poi, con la crisi, le cose vanno male.

A garanzia di un debito bancario viene messa la casa.

Due rate del mutuo non pagate e la casa prende il volo.

Viene venduta nell’unico modo conosciuto in Italia per l’estinzione del debito: l’asta giudiziaria.

Un sistema sbagliato , manipolato, che distrugge i valori immobiliari.

Infatti anche la loro casa viene svalutata e viene svenduta.


Il caso però fa notizia perchè, subito dopo, la loro casa viene rimessa in vendita a quattro volte il suo valore.



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Il caso è stato anche presentato a Rai 3 in un servizio, perchè clamoroso:







Siamo uno dei pochissimi paesi che vede una sola via d’uscita dal debito con garanzia immobiliare: la vendita all’asta.

Nessuna prelazione, magari pagata, per l’espropriato,
pochissime possibilità di riuscire a rinegoziare il mutuo,
anche perché, nel frattempo, si è diventati cattivi pagatori
e quindi si esce dalle possibilità di ottenere credito
, anche se si è gestito bene un’azienda di famiglia per, magari, trenta anni.

I fratelli Milesi erano tornati a fare, con tanta umiltà, i manovali.

Su Change è partita anche una raccolta firme per ridare alla famiglia Milesi la loro casa.


Intanto Giovanni Milesi è morto.
Che possa riposare in pace, lui.
 
Una società oscura costituita lo scorso settembre collegata a un appaltatore DARPA / FBI
che ha venduto un dispositivo spia Internet di ” intercettazione legale ” alle agenzie governative e alle forze dell’ordine un decennio fa,
ha rilevato una parte enorme degli indirizzi Internet inattivi del Pentagono il giorno dell'insediamento di Biden, secondo Associated Press.


Si tratta di 175 milioni di indirizzi IP che erano precedentemente di proprietà del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti
circa 1/25 delle dimensioni dell’attuale Internet e oltre il doppio dello spazio Internet effettivamente utilizzato dal Pentagono.


“È enorme. Questa è la cosa più importante nella storia di Internet”, ha affermato Doug Madory,
direttore dell’analisi di Internet presso la società di gestione della rete Kenntic.


L‘azienda, Global Resource Systems, è stata fondata da un avvocato di Beverly Hills
e ora risiede in uno spazio di lavoro condiviso sopra una banca della Florida.


La società non ha risposto a telefonate o e-mail da The Associated Press.

Non ha alcuna presenza sul web, sebbene abbia il dominio grscorp.com.

Il suo nome non compare nella directory della sua Plantation, Florida,
domicilio, e un addetto alla reception ha lasciato un vuoto quando un giornalista di AP ha chiesto
un rappresentante dell’azienda in ufficio all’inizio di questo mese.

Ha trovato il suo nome su un elenco di inquilini e ha suggerito di provare l’email.

I registri mostrano che la società non ha ottenuto una licenza commerciale a Plantation.


Costituita in Delaware e registrata da un avvocato di Beverly Hills,
Global Resource Systems LLC ora gestisce più spazio Internet rispetto a China Telecom, AT&T o Comcast.
Associated Press


Un nome è collegato a Global Resource Systems nel registro delle imprese della Florida, quello di Raymond Saulino,
che nel 2018 è stato elencato nei registri aziendali del Nevada come amministratore delegato
di una società di sicurezza informatica / sorveglianza Internet chiamata Packet Forensics.

Secondo il rapporto, “L’azienda aveva quasi 40 milioni di dollari in contratti federali divulgati pubblicamente negli ultimi dieci anni,
con l’FBI e l’Agenzia per i progetti di ricerca avanzata per la difesa del Pentagono tra i suoi clienti”.


Perché il Pentagono ha scelto Global Resource Systems – una società legata a un individuo “inquietante” e poco chiaro – il giorno dell’insediamento ?

“Quanto al motivo per cui il Dipartimento della Difesa lo avrebbe fatto, sono un po ‘sconcertato, come te”, ha detto ad AP il pioniere di Internet Paul Vixie.


Alla fine il Pentagono ha dovuto dire qualcosa, ma di molto parziale:

l’esercito vuole “valutare, valutare e prevenire l’uso non autorizzato dello spazio degli indirizzi IP DoD”,
ha detto una dichiarazione rilasciata venerdì da Brett Goldstein, capo del Servizio digitale per la difesa del Pentagono, che gestisce il progetto.

Spera inoltre di “identificare potenziali vulnerabilità” come parte degli sforzi per difendersi dalle cyber-intrusioni da parte di avversari globali,
che si infiltrano costantemente nelle reti statunitensi, a volte operando da blocchi di indirizzi Internet inutilizzati.

La dichiarazione non specificava se il “progetto pilota” avrebbe coinvolto appaltatori esterni.

Alcune voci vogliono che la società potrebbe utilizzare questo spazio enorme per predisporre delle “Trappole” (Honeypot) per gli Hacker,
ma è tutto molto fumoso o estremamente riservato e, soprattutto non è chiaro perchè lo Global Resource Systems,
che sembra una via di mezzo fra la Spectre di James Bond e lo Shield della Marvel.


Tra l’altro il nome Global Resource Systems è legato ad un’altra società,
che operava dalla stessa posizione circa una decina di anni fa,
e che era stata al centro di accuse molto gravi di spamming tramite email.

Quello che cambia fra le due società è solo la forma delle stesse.

Che ci sia un legame ?

Che stesse operando già allora per il Dipartimento dell Difesa?


Insomma un grosso mistero inquietante.
 
Arriva lui ....ironman.


Il tema sul tavolo di Agorà nella puntata di lunedì 26 aprile sono le riaperture.

Il programma di approfondimento mattutino sotto la conduzione di Luisella Costamagna su Rai 3,
si interroga sui probabili risvolti a seguito del decreto riaperture varato dal Cdm di Mario Draghi.

Ospite in collegamento Fabrizio Pregliasco, virologo dell’Università Statale di Milano e membro del Cts nella Regione Lombardia.


Il professore chiarisce subito la necessità di una riapertura nell’immediatezza
sottolineando il clima di tensione tra i commercianti che vogliono tornare a lavorare.

"Le riaperture erano auspicate, richieste, desiderate, rende bene l’idea di una molla compressa
che in qualche modo non deve esplodere. Ma io temo che un prezzo da pagare lo avremo con queste aperture
e sarà un rialzo del numero dei casi. Non sarà immediato, siamo in una situazione buona,
con i numeri al ribasso da cinque settimane circa ma purtroppo ancora tanti positivi che possono contagiare”.


Sul coprifuoco si esprime anche Pregliasco:

“Sicuramente non è forte la valenza scientifica e non si può definire una differenza tra le fasce orarie.
Il fatto è una facilitazione dei contagi che può portare la mobilità che è l’elemento determinante per la diffusione del virus.
Andando in giro e stando in giro di aumenta la probabilità dell’infezione attraverso un numero infinitesimale dei contatti.
In questo momento le riaperture devono essere progressive, questo elemento valutiamolo nel breve
nell’arco di una settimana/dieci giorni per capire come le cose si evolvono e quindi riaprire con uno step successivo.
Anche per un valore psicologico, la molla dobbiamo lasciarla andare lentamente ed evitare l’effetto esplosivo”.
 
L’estrema sinistra ha identificato un nuovo nemico: i libri.

Ed è pronta a tutta per combatterlo, terrorizzata da questi arcani oggetti irreperibili negli anfratti dei centri sociali.

A tal punto da coinvolgere in questa improvvida pugna anche il sindaco Pd di Cernusco sul Naviglio,
comune di circa 35mila abitanti a due passi da Milano.

Così sulla pagina Facebook di Martesana Libera, nota ai più per essere sconosciuta a tutti al di là della screziata galassia antifà,
si rivendica un incredibile traguardo raggiunto nella guerra ai misteriosi libri.


“Ieri mattina una delegazione di Martesana Libera ha incontrato il Sindaco di Cernusco sul Naviglio, dr. Ermanno Zacchetti,
per la consegna delle oltre 18mila firme raccolte a partire dal 26 gennaio scorso in calce a una petizione popolare per la chiusura della libreria Altaforte”.


Dunque un sindaco di una città italiana ha accolto a braccia aperte chi vorrebbe chiudere una libreria,
soggetti che vorrebbero stabilire arbitrariamente cos’è degno di essere incluso nella società civile
e cosa invece debba essere relegato nell’antro oscuro della barbarie.

E con tutta evidenza in quest’ultima categoria, per cotanti esegeti del nulla, vanno inseriti i libri a loro indigesti.

E’ però ancor più grave che un primo cittadino appoggi queste iniziative.


”Il Sindaco, dal canto suo, nel rammentare le ridotte competenze in materia,
ha sottolineato come Cernusco sul Naviglio sia un Comune che si ispira senza tentennamenti ai valori dell’antifascismo,
memore della sua storia nella Resistenza, e che continuerà nella sua opera di vigilanza
e di segnalazione delle attività di Altaforte alla Questura di Milano
,
esprimendo viva preoccupazione per la situazione creatasi”, scrive Martesana Libera su Facebook,
pubblicando una foto dell’incontro col sindaco.


Molto grave dicevamo, e pure pericoloso.

Perché un simile atteggiamento rischia di alimentare un clima d’odio (questo sì reale) fucina di atti scongiurabili.

Ricordiamo due episodi, a titolo esemplificativo. A Milano, nell’aprile 2015, un rogo di matrice antifascista distrusse la libreria Spazio Ritter.

A Firenze, due anni dopo, nella notte di Capodanno una bomba anarchica colpì la libreria Il Bargello.

Entrambe le librerie furono prese di mira perché di destra.


E’ allora quantomeno d’uopo chiedersi: cosa vuol fare il sindaco Zacchetti?

Attivarsi davvero per avallare il folle progetto di chiudere una libreria?

Al riguardo Francesco Polacchi, editore di Altaforte,
ha scritto una lettera al primo cittadino di Cernusco
sul Naviglio.

Lettera che pubblichiamo di seguito, attendendo anche noi una doverosa risposta da parte del sindaco.

La lettera di Polacchi (Altaforte)

Egregio sig. Sindaco,
Trovo disgustoso che lei accetti e riceva persone che chiedono di chiudere una libreria.


Gramsci asseriva che “la politica è una questione di occupazione di spazi”, e voi avete una tremenda paura che dei libri possano far male.


Il mondo di sinistra è d’altronde oggi ridotto così, un tempo dicevate “vietato vietare”, mentre oggi siete i primi censori e i primi a non interessarvi dei veri problemi dei cittadini.


Ma su un lato la ringrazio, perché nella sua melliflua attenzione ai particolari mi ha comunque permesso di capire altre cose ancora, dettagli che mi sfuggivano.


Nella giornata di ieri ho presentato una querela nei confronti di Martesana libera
avendo fatto un accesso forense alla proprietà del sito internet che li riguarda e che ho scoperto appartenere ad una società pisana.


Sara questione di tempo, ma prima o poi andremo davanti a un giudice e vedremo cosa succederà.


Nel frattempo la storia si ricorderà di questo episodio, di un sindaco che colloquia con chi vuole chiudere una libreria.


Una domanda: ma perché non la fa lei una bella manifestazione contro la libreria? Sarebbe più sincero.
 
Ironman due....manca ancora il terzo .......

Ci risiamo, la fondazione Gimbe torna a fare inaccettabili ramanzine in occasione delle riaperture.
Ogni qualvolta si presenta una qualche riapertura e si allenta qualche restrizione,
c’è chi si scatena con presagi funesti su impennate di contagi e decessi e chi, come Gimbe,
si straccia le vesti per gli italiani irresponsabili.

La fondazione specializzata in analisi sui dati della pandemia
e soprattutto in moniti alla cittadinanza torna alla carica oggi che gran parte del Paese torna finalmente in zona gialla.

“Tornando quasi tutta Italia in giallo, è evidente che ci sarà una risalita dei casi,
dipenderà dal comportamento dei cittadini quanto rilevante sarà questa salita.
I controlli servono, però questo è il momento di una grande alleanza tra politica, cittadini e servizi sanitari”


Come già fatto in passato, Cartabellotta (che secondo Scopus non è proprio in vetta alla classifica degli esperti)
fa allarmismo sul ritorno delle zone gialle.

“Noi oggi sappiamo che il colore rosso funziona sempre,
l’arancione presenta un’efficacia minore e non perfettamente costante,
il giallo non determina nessun impatto sulla riduzione dei contagi, soprattutto da quando c’è la variante inglese“.


In sostanza, Cartabellotta mette le mani avanti:
la zona gialla non funziona, i contagi risaliranno, quanto risaliranno dipenderà da quanto saranno diligenti i cittadini.

E come unica soluzione che propone?

Un piano di gestione a medio termine.

Intanto l’economia è ferma, intere categorie in ginocchio.

E lui parla di coprifuoco alle 22 o alle 23 come quisquilie.

Dettagli insignificanti rispetto a quanto sia pericoloso riaprire.

Ricordiamo che solo una settimana fa :“Se i contagi risaliranno rischiamo di giocarci l’estate“.


A posto.
 
È stata individuata anche in Veneto la variante indiana del Coronavirus.

Lo ha reso noto il presidente regionale Luca Zaia.

«Si tratta di due cittadini indiani di Bassano, padre e figlia, con la variante indiana.
Le varianti ormai sono migliaia, e prima o poi arrivano tutte.
Affrontiamo giorno dopo giorno questi aspetti, e andiamo avanti»
 
Qualche anno fa, non solo in Germania, ha destato enorme scalpore l’uscita di Lui è tornato,
il romanzo paradossale del giornalista Timur Vermes.

L’idea da cui nasce il plot è semplice e geniale:
la scoperta (ovviamente immaginaria) che Adolf Hitler non è realmente morto,
e anzi si è risvegliato – sempre uguale a sé stesso, e però in un mondo totalmente cambiato – nella Berlino del 2011.

Così, il romanzo risulta tutto giocato sul filo del rasoio:
Vermes si immedesima perfettamente nel mondo di ragionare di Hitler,
alle prese con novità “intollerabili” (una per tutte: una Germania inspiegabilmente piena di Turchi!),
e quindi impietoso e svelto nel giudicare la classe politica ora al potere (“mascalzoni di basso livello”).

Nel gioco di specchi costruito da Vermes, l’autore ottiene effetti irresistibilmente comici,
ma non rinuncia a rendere la ferocia ideologica e la convinzione fanatica di Hitler,
tuttora determinato a condurre in porto la sua missione storica.

Insomma, il registro è leggero, ma non c’è alcuna scivolata giustificazionista.

Piano piano, però, la cosa si fa più seria.

Hitler è proprio Hitler, lo dichiara esplicitamente, lo proclama: eppure, nessuno gli crede.

Lo considerano un imitatore, un comico, un comedian, e ovviamente lo portano in tv.

Il successo di pubblico è sconvolgente: audience alle stelle, milioni di clic su YouTube, ragazzini impazziti con i selfie.

E qui Vermes – come su un tavolo autoptico – disseziona il cadavere della nostra società ipermediatizzata, nevrotica, superficiale:
l’intervista che dovrebbe inchiodare il nazista alle sue responsabilità, al contrario, lo “lancia”;
i magistrati prima aprono l’inchiesta e poi la chiudono “perché l’arte non si censura”;
i giornaloni mainstream e i relativi intellettuali di riferimento dibattono,
avvoltolati e persi nelle loro chiacchiere inutili, e – in ultima analisi – finiscono per celebrare e premiare Hitler.


Ora, non è quasi mai il caso di accostare un romanzo a un saggio.

Eppure produce un analogo effetto di spiazzamento, di riflessione acuta e dolorosa sul passato,
ma pure sul presente, il saggio appena uscito (edizioni Piano B, 15 euro) dal titolo
Goebbels, 11 tattiche di manipolazione oscura.

Ne è autore il filosofo, e storico delle idee e delle religioni, Gianluca Magi, con una bella prefazione di Jean-Paul Fitoussi.

Magi, con metodo e rigore scientifico, esamina le caratteristiche della propaganda nazista
e il modo di operare del suo massimo artefice, Joseph Goebbels
(dalla semplificazione all’esaltazione dell’unanimità, dalla volgarizzazione all’orchestrazione,
dal continuo rinnovamento all’esagerazione calcolata, dal travisamento al silenziamento, passando per la verosimiglianza).

Ma, pagina dopo pagina, più il lettore avanza e più
(senza nemmeno il bisogno che Magi forzi la mano o suggerisca parallelismi troppo rozzi con il presente)
è in grado di fare da sé l’atroce scoperta:

non si tratta solo di una tragica parentesi della storia,

non si tratta nemmeno di qualcosa di sepolto negli oscuri cassetti della storia,

ma di una tecnologia di manipolazione dei media e dell’opinione pubblica di impressionante attualità.



L’autore, giustamente, non risparmia nulla a Goebbels: arroganza, narcisismo, disprezzo per gli esseri umani.

Ma non ha timore di mostrarci anche la sua genialità, pur applicata alle detestabili imprese che conosciamo.

Eppure, come si diceva, la parte più coraggiosa del saggio è quella – neanche troppo subliminale – che parla a noi e di noi, all’oggi e dell’oggi.


Quella in cui Magi riflette sulla paura, sull’arma del terrore che potenzia e rende iper-efficace qualunque “ordinaria” attività di manipolazione.

O ancora la parte in cui l’autore evoca alcuni esperimenti di psicologia sociale, in cui un gruppo di persone viene diviso tra “prigionieri” e “guardiani”,

con gli effetti e le reazioni più inquietanti che possiamo immaginare.

“L’abito fa il monaco”, annota sconsolato ma lucidissimo Fitoussi nella prefazione.



Magi passa in rassegna i metodi e gli espedienti goebbelsiani, ma ha sempre la capacità di richiamarci ai rischi attuali:

la stessa attenzione ai grandi eventi,
al gigantismo delle parate di regime,
ai mega spettacoli,
serve a dare l’idea dell’unanimità di pensiero, anzi a costruire un muro di unanimismo,
e quindi a piegare ogni resistenza individuale rispetto al (vero o presunto) orientamento della massa.


Così, Magi ci consegna una lezione indimenticabile:

il mostro è accanto a noi, e serve a poco negarlo o esorcizzarlo.

Occorre guardarlo negli occhi, capirlo, studiarlo.

Per evitare che alcuni metodi, pur in contesti totalmente diversi, possano in qualche modo riproporsi.
 

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